L'Europa tardoantica e medievale. I territori entro i confini dell'Impero. L'area germanica
Espressione geografica con la quale, storicamente, si definisce e racchiude la parte dell’Europa centro-orientale compresa fra la linea che unisce i porti di Hollingstedt, sul Mare del Nord, e di Haithabu sul Baltico (Schleswig-Holstein) a nord, il corso del fiume Elba a est, della Moldava e dell’Inn a sud lungo il versante settentrionale delle Alpi Bavaresi, e la riva destra del Reno a ovest.
Tali confini, soggetti nel corso del tempo ad ampliamenti, determinano un territorio che, a dispetto della mobilità delle popolazioni insediate e della loro tendenza a sciogliersi e ricomporsi in gruppi di varia entità e denominazione, ha mantenuto sempre la propria identità, sino alla costituzione dell’odierno Stato della Germania (ted. Deutschland, “terra del popolo che parla la lingua del volgo”). La particolare natura di questa denominazione si configura sin dal suo primo ipotetico apparire, nel III sec. a.C., attraverso i popoli che la recano (Germanei alleati dei Galli Insubri nella battaglia di Clastidium, nel 222 a.C.), in relazione alle terre collocate al di là della barriera geofisica delle Alpi, laddove, secondo la definizione delle fonti greche, come Eratostene di Cirene, che accenna alla Hercinia silva (Caes., Bell. Gall., VI, 24), e quelle prodotte dalla scuola di Krates di Mallo e influenzate dalle relazioni di viaggio di Pytheas di Marsiglia, non è possibile “vedere di giorno”. A partire dall’invasione di Cimbri, Teutoni e Ambroni (113-101 a.C.), la scoperta progressiva di quest’ampia distesa di terre sconosciute e non ancora definite nei loro limiti prosegue di pari passo con l’avanzata delle legioni oltre i confini della provincia Narbonense. Giulio Cesare, trucidati i Germani guidati da Ariovisto (58 a.C.) e consolidata la conquista della Gallia, descrive la Germania come un vasto territorio a est del Reno prevalentemente inospitale, dove le popolazioni conducono una vita di stenti e privazioni e la superficie è quasi interamente coperta da una foresta difficilmente penetrabile (la Hercinia silva o Selva Nera), popolata da animali fantastici (Caes., Bell. Gall., VI, 24-29; Plin., Nat. hist., XVI, 19). Il proposito di scoraggiare qualunque ulteriore spedizione militare al di là del Reno viene prontamente contraddetto da Augusto, maggiormente consapevole dell’importanza strategica di quest’area, incuneata fra le sorgenti renane e danubiane ed estesa sino alle coste del Mare del Nord.
Le operazioni militari, condotte contemporaneamente per mare e per terra, raggiungono e in qualche modo determinano i confini della Germania, risalendo i corsi del Meno, della Saale e del Weser e portandosi sino alla bassa valle dell’Elba e ai margini della Boemia (12-7 a.C., 6/7 d.C.). Oltre ad abbreviare le distanze e ad assicurare il controllo delle vie per raggiungere le coste del Baltico, note sin dalla Protostoria per l’ambra e, da qui al II sec. d.C., occupate dai Goti (cultura di Wielbark), tali conquiste ampliano notevolmente l’orizzonte delle conoscenze geografiche su questo settore dell’Europa quasi ignoto (Tac., Germ., I, 1-2; V, 1-3). La disfatta di Quintilio Varo nella Selva di Teutoburgo (9 d.C.) mette in luce i problemi insiti nel cercare di esercitare il pieno controllo su tribù in continua trasformazione, tanto nella denominazione quanto nel numero dei componenti e nella sede, ma al tempo stesso accresce l’interesse per i loro territori, aperti alla penetrazione commerciale già dalla metà del I sec. a.C.
La missione esplorativa di un eques, inviato da un certo Giuliano, al tempo di Nerone (54-69 d.C.), lungo la via dell’ambra sino al Baltico (Plin., Nat. hist., XXXVII, 45), è in qualche modo il simbolo di un costante movimento di uomini e prodotti (oggetti di bronzo, vetro e ceramica sigillata) attraverso l’area germanica, muovendo dai principali centri della frontiera lungo i fiumi maggiori (la Lippe da Vetera/Xanten, la Ruhr da Asciburgium/Duisburg, la Sieg da Bonna- Bonn, la Lahn e il Meno da Mogontiacum/Magonza, la Moldava e l’Oder da Carnuntum/Petronell) e in atto sino a quando, nel III-IV sec. d.C., l’avvenuto consolidamento di alcune tribù in formazioni etniche di maggiore entità e la spinta delle popolazioni nomadi asiatiche portano queste ultime a invadere e, talora, a stabilirsi direttamente nelle province dell’Impero. I ritrovamenti avvenuti dalla metà del XIX secolo di cospicue quantità di aurei, denari e sesterzi nelle torbiere, nelle tombe e in depositi in associazione a spade e giavellotti di produzione romana (scavi di Thorsbjerg e Nydam nello Scheleswig-Holstein), divengono quasi una costante nella cultura materiale di queste tribù, avvalorando le notizie delle fonti storiche romane sul versamento periodico di somme di denaro ai diversi capi, allo scopo di garantirne la fedeltà e l’alleanza all’Impero. L’avvio, nella metà del III secolo, della produzione di aurei nelle zecche romane dei maggiori centri renani (Magonza, Colonia, Bonn), si colloca in questa direzione e influenza il conio di esemplari destinati alla circolazione nell’impero franco sino al IX secolo.
Non disponendo di informazioni precise sui territori occupati dalle principali popolazioni germaniche, costituitesi e documentate da questo periodo in avanti, valgono le indicazioni fornite dagli autori latini di poco posteriori e dagli areali entro cui riunire le emergenze archeologiche di probabile loro pertinenza. Fra la molteplicità di nomi, talora accomunati nell’etnonimo Germani senza la considerazione della particolare origo ma delle zone di provenienza, emergono nell’area esaminata quelli degli Alamanni, dei Bavari e dei Sassoni, preludendo alla creazione di potentati che per tutto il Medioevo e i secoli successivi costituiscono l’ossatura dell’ordinamento politico della Germania, con limiti esterni ben precisi rispetto ai nuclei slavi, in costante pressione verso ovest, e a popoli affini, quali i Goti, i Gepidi, i Franchi e i Longobardi, diretti verso territori prossimi o all’interno dell’Impero nelle sue due parti. L’insediamento degli Alamanni nel bacino idrografico della media e alta valle del Reno, appropriandosi quasi stabilmente, nella seconda metà del III secolo, degli agri decumates romani ed espandendosi nelle terre a est della Selva Nera, in precedenza dei Suebi (Tac., Germ., 38-39), e a nord, in direzione di Magonza, è seguito dal frazionamento politico in regna, populi e pagi, secondo la terminologia latina, sottoposti a capi, che il governo imperiale definisce reges, e distribuiti in abitati per i quali si scelgono posizioni elevate, visibili al di sopra delle selve, e ben difendibili (fortezza di Runde-Berg, presso Urach, nel Württemberg), prossime alla viabilità principale. Fattorie, prevalentemente in legno, si distribuiscono nelle terre coltivabili, sostituendosi ma non sovrapponendosi alle villae rusticae, laddove il territorio coincida con aree colonizzate dai Romani, e l’amministrazione locale viene gestita in nuclei insediativi di piccole dimensioni, sorti attorno a residenze di corte.
Gli spazi funerari, inizialmente caratterizzati da sepolture per singoli o gruppi familiari emergenti della società locale, con ricchi corredi, che si distinguono dai campi di fosse e cinerari privi di alcun oggetto, riservati alla popolazione comune, vengono sostituiti, dalla metà del V secolo e sino alla fine del VII - inizi dell’VIII secolo, dall’adozione di tombe orientate in senso ovest-est e disposte per file parallele all’interno di grandi necropoli. Tale pratica è ritenuta l’indizio di un incremento demografico, dovuto a uno sviluppo dell’agricoltura e, in generale, dell’economia, con le conseguenti crescita e maggiore distribuzione degli insediamenti, nonché la migliore definizione politica del ducato Alamannorum, secondo quanto riferito dalle fonti carolinge. La cristianizzazione, favorita dalla definitiva sottomissione ai Franchi nel 505/6 ma concretizzatasi solo agli inizi del VII secolo, e l’influenza esercitata dalle importazioni di merci e beni di prestigio dall’ambito romano (vetri, gioielli, vasellame copto di bronzo), tramite lo snodo dell’antica Augusta Vindelicum (Augsburg, in Svevia, sede diocesana dal 630), comportano presto alcune varianti nel costume funerario, con l’adozione di usi propriamente mediterranei nella scelta degli oggetti da porre assieme al defunto (la moneta poggiata sulle labbra, una croce in lamina d’oro cucita sull’abito) e con lo spostamento delle tombe privilegiate dai settori riservati nelle aree cimiteriali, alle chiese. Lo stesso accade nei territori confinanti, sulla sponda orientale del Lech, occupati dai Bavari (o Baiuvari), un gruppo costituitosi forse dalla fusione di elementi diversi (in particolare alamanni, longobardi, eruli e turingi), avvenuta, fra la seconda metà del V secolo e la prima metà del VI (corredi delle necropoli di Altenerding e Straubing, in Baviera), nei territori pertinenti all’antica provincia della Raetia II. Il processo si compie con la costituzione di un ducato (dinastia degli Agilolfingi), la cui sede viene stabilita a Ratisbona. L’avanzata dei Franchi non compromette affatto le ampie autonomie delle quali gode sino alla sua definitiva sottomissione, nel 788, con trasformazione in provincia ecclesiastica a sé, divisa nelle diocesi di Ratisbona, Frisinga, Passau e arcidiocesi di Salisburgo (fondazione dei monasteri di Niederalteich, Polling e Wessobrunn) e appogiata su centri di cultura e spiritualità, quali le abbazie di St. Quirin a Tegernsee e St. Benedikt a Benediktbeuern.
Mancano notizie certe sulle dinamiche insediative attuate da questa etnia nelle aree in precedenza amministrate dai Romani. Non si hanno dati sull’esistenza di centri abitati organizzati, ma solo su villaggi, prossimi alle necropoli (Kirchheim, presso Monaco di Baviera) e caratterizzati da capanne seminterrate, per le attività artigianali, ed edifici di tipo residenziale maggiormente articolati ed estesi, con ampio impiego del legno. Il medesimo materiale si trova utilizzato anche nelle chiese più antiche, risalenti ai primi anni del VII secolo (Aschheim, nei dintorni di Monaco), presto, però, sostituito dalla pietra, adoperata anche nei monasteri. L’azione di conversione della popolazione al cristianesimo, al di fuori delle comunità romane residue, promossa dai missionari irlandesi (Eustasio, fondatore del monastero di Weltenburg) e, successivamente, franchi (Emmeram a Ratisbona, Ruperto a Salisburgo, Corbiniano a Frisinga) e incrementata dai vescovi locali, si limita ai territori politicamente o culturalmente sottoposti ai Bavari, trovando notevoli resistenze nel resto dell’area germanica, quasi interamente posta sotto il controllo sassone.
L’etnia dei Sassoni, conosciuta intorno alla metà del II sec. d.C., è originaria delle terre a nord dell’Elba (nucleo degli Albingi settentrionali) e nell’arco di trecento anni si muove verso ovest e sud, seguendo e occupando, da una parte, le coste della Frisia e le basse valli del Weser e dell’Ems, sino quasi al Reno, dove viene respinta dai Franchi, e, dall’altra, l’entroterra, penetrando in profondità nel territorio germanico a sud dell’Elba e inglobando così molteplici tribù (Engri o Angrivari, Vestfali e Ostfali), sino a completare la propria espansione con la conquista, nel 531, della Turingia, e ponendo nella valle della Saale le premesse per la formazione di una nuova etnia (detta “della Sassonia superiore”), con la partecipazione di componenti slave, turingie e franche. Sebbene manchi una conoscenza dettagliata dell’esatta distribuzione degli insediamenti sassoni in tutti i loro vasti territori, si riconosce la mancanza di veri e propri centri di riferimento. Questi vengono in genere sostituiti da fortezze (gli esempi di Warendorf, Eresburg, Bad Iburg e Sigiburg) e da un gran numero di corti rurali prevalentemente in legno, soprattutto nel VI e VII secolo, costituite da un edificio a tre navate (parte residenziale, artigianale e stalla) con attorno alcuni ambienti giustapposti (magazzini, officine). La diffusione della lavorazione della pietra e il suo utilizzo nella cantieristica si datano alla sconfitta nella guerra trentennale contro i Franchi (772-804) e alla rapida e obbligata conversione al cristianesimo, simbolicamente segnata dall’abbattimento della quercia sacra di Irminsul presso Hereburg, ai margini della Selva di Teutoburgo (Vestfalia).
L’esigenza, infatti, di distinguere i nuovi edifici dalle preesistenze e di rendere evidente, tramite fondazioni civili ed ecclesiastiche, l’identità dei vincitori rispetto ai sudditi si aggiunge al bisogno di solidità e di maggiore complessità degli edifici. Mancando qualunque genere di organizzazione religiosa, si estendono verso est le province vescovili di Colonia e Magonza, creando al loro interno le diocesi di Paderborn – eletta anche, con l’erezione di un palatium (cappella della Salvatorkirche), a polo centrale dell’amministrazione civile e strategica delle terre conquistate (806) –, Münster (804), Osnabrück (790-800), Minden (787), Brema, Hildesheim (815), Verden, Halberstadt e Amburgo (arcivescovato nell’834). Si assiste alla moltiplicazione del numero delle chiese e dei monasteri, con il rispetto, per gli edifici di culto, del modello d’impianto basilicale con transetto continuo e cripta cruciforme (Corvey, a sud di Hildesheim, in Hannover; Alt-St. Thomae a Soest, Hohensyburg presso Dortmund).
L’esigenza, infine, di consolidare i confini nord-orientali di un’area non più indistinta, ma qualificabile sotto la denominazione comune di Germania, rispetto alle estensioni dell’Holstein orientale e del bassopiano prussiano, abitate da popolazioni slave ancora pagane, e alla penisola danese dello Jutland, comporta il rafforzamento del limes Saxoniae, documentato già nel pieno dell’VIII secolo e impostato su un’ampia foresta, profonda sino a un massimo di 20 km, e su una serie di fortificazioni (in prevalenza torri con recinto), collocate in corrispondenza della viabilità o di punti dominanti dei passaggi obbligati. La divisione dell’impero franco stabilita a Verdun nell’843, con l’assegnazione della Germania a Ludovico il Germanico, e a Meersen nell’870, e la deposizione nell’887 di Carlo III il Grosso, ultimo rappresentante della dinastia carolingia, comporta per i ducati ereditari di Sassonia, Turingia, Franconia, Svevia e Baviera, eredi dei territori delle maggiori etnie germaniche tardoantiche, la conquista della piena autonomia, organizzata in una monarchia elettiva (regno di Germania) sotto il controllo degli stessi duchi. L’acquisizione della corona da parte di Enrico I di Sassonia (919-936) apre di fatto la strada alla dinastia sassone degli Ottoni, inaugurando nel X secolo per il regno, nominalmente compreso nel più ampio Sacro Romano Impero, una fase di espansione verso settentrione e oriente, ai danni soprattutto di Slavi e Danesi. Nella vita civile si avvia un periodo di sviluppo dell’architettura e delle arti figurative al di là della committenza imperiale, che arriva alla metà dell’XI secolo. Da questo momento in avanti le vicende dell’area germanica si inquadrano nella meglio definita storia del regno, costituente il nucleo su cui si imposta la nascita della moderna nazione europea.
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