L'Europa tardoantica e medievale. I territori entro i confini dell'Impero. L'Italia: Venezia e i centri lagunari
La formazione della città di V. rappresenta il frutto di un fenomeno insediativo progressivo, i cui primi sporadici accenni si colgono nelle fonti tardoantiche, ad esempio in una lettera di Cassiodoro del 537/8 ai tribuni marittimi, che mostrano un’area scarsamente abitata, funzionale alla pesca e alla produzione del sale.
Un popolamento vero e proprio si genera solo dall’inizio del VII secolo, a seguito del clima di instabilità prodotto dall’arrivo dei Longobardi (568), così che gli abitanti di centri costieri preferirono trasferirsi nelle isole della laguna, ridisegnate dall’alluvione del 588, ritenute più sicure sia per la situazione orografica, sia per le opere di difesa giustinianee già esistenti, che prevedevano anche un castrum nella civitas Rivoalti. Così, in analogia con quanto accadrà nel corso del VII secolo lungo le prospicienti coste dalmate a causa delle incursioni arabo- slave, gli abitanti di Aquileia si trasferirono a Grado, quelli di Oderzo a Eracliana, quelli di Altino a Torcello, quelli di Padova a Malamocco e Chioggia. Lo spostamento degli abitati comportò spesso anche il trasferimento delle sedi vescovili. La prima sede del potere civile bizantina è stata riconosciuta in Cittanova Eracliana, centro fondato nel 639 dai profughi di Oderzo e così denominata in onore dell’imperatore Eraclio, ma già nella seconda metà dell’VIII secolo si spostò sull’isola di Malamocco, per poi trasferirsi in maniera definitiva, all’inizio del secolo successivo, a Rialto.
La posizione lagunare determinò la vocazione commerciale dei nuovi insediamenti che, grazie anche ai forti contatti con l’impero bizantino, finirono col rappresentare un elemento di mediazione anche politica e culturale tra Oriente e Occidente. Gradualmente, il centro sorto a Rialto – il cuore dell’odierna V. – acquisì progressiva importanza, cui non fu estranea la traslazione delle reliquie di s. Marco da Alessandria nell’828, imponendosi come centro agglutinante rispetto agli insediamenti delle isole minori e divenendo sede ducale già nel IX secolo. Con V. nasce un unicum, un insediamento con caratteristiche dichiaratamente urbane, ma che non risponde ad alcun canone, tanto è condizionato dalla situazione orografica: la città si sviluppa lungo il suo asse principale, il Canal Grande, attraversato da ponti di collegamento fra le due rive, che sono percorse da un dedalo di strade e di calli, in un alternarsi di vie d’acqua e terrestri che prescindono da un orientamento, ma che comunque rispondono a un programma urbanistico. Tra XI e XII secolo divenne il centro dell’omonima repubblica, città la cui vocazione commerciale e politica acquisì un peso estremamente rilevante nei rapporti con l’Oriente.
Se la storia pienamente medievale di V. è ben nota da abbondanti fonti documentarie e dall’analisi architettonica degli alzati, le fonti archeologiche si sono rivelate determinanti per la conoscenza delle meno conosciute fasi altomedievali, pur nelle difficoltà di indagine. Infatti, la continuità di vita e l’affollarsi di costruzioni impediscono una lettura organica del territorio, mentre le condizioni di scavo accrescono la difficoltà di un’indagine archeologica. Una felice eccezione è costituita da Torcello, oggetto di indagini che costituirono il prototipo per l’allora nascente archeologia medievale in Italia, grazie all’impegno di G.P. Bognetti e all’attività della scuola polacca che, agli inizi degli anni Sessanta del Novecento, condusse materialmente gli scavi nell’isola. Queste indagini hanno evidenziato come Torcello fosse anche un centro artigianale: di rilevante importanza sono i resti di un’officina vetraria di VIII secolo, la cui completezza di impianto ha dato un grande apporto alla conoscenza della produzione vitrea altomedievale. Sull’isola sorgevano inoltre la cattedrale dedicata alla Vergine Assunta, oltre che altre più modeste chiese che attestavano la vitalità anche religiosa di quello che nel X secolo l’imperatore Costantino Porfirogenito conosceva come un emporion mega, funzione che manterrà fino al predominio di V., dopo di che la sua rilevanza sarà soprattutto religiosa. Fu sede della famiglia ducale degli Orseolo, che promossero all’inizio dell’XI secolo la ricostruzione della cattedrale, documentata nella sua facies altomedievale da pochi resti strutturali e da frammenti di arredo architettonico, e probabilmente anche il vicino martyrium dedicato a s. Fosca.
La documentazione archeologica è nettamente inferiore per gli altri insediamenti, ma è noto il ritrovamento di un battistero, ora non più esistente, a Cittanova Eracliana, nei pressi di un’area funeraria, e di una struttura a carattere religioso o funerario, tutti indagati attorno al 1950 e attualmente non più rintracciabili. La continuità culturale con il mondo bizantino è documentata anche a livello formale dai resti musivi della cattedrale di Jesolo (Equilum), la cui datazione oscilla tra VI e VII secolo, pertinenti a una fase successiva al primitivo impianto dell’aula di culto, alla cui fase altomedievale è legata una parte della decorazione scultorea ancora esistente, e dagli scarsi reperti musivi e scultorei dell’abbazia di S. Ilario a Fusina.
La nascita di V. dalla sede di Rialto è strettamente connessa con la traslazione delle reliquie di s. Marco, tanto che in prima istanza queste furono ospitate nel Palazzo Ducale, in attesa della costruzione, a partire dall’829, di una basilica a esse dedicata. Il ruolo di questo edificio di culto, ribadito dalla sua collocazione presso il Palazzo Ducale, comportò la scarsa rilevanza assunta, nelle fonti e nella funzione topografica, dalla cattedrale dedicata a s. Pietro Apostolo, un edificio di IX secolo successivo a un precedente impianto, entrambi nel sestiere di Castello. La valenza delle reliquie marciane fu in prima istanza politica, come arma di difesa nei confronti del tentativo di sottomissione della sede metropolitana di Aquileia e Grado, e venne a rafforzare il trattato franco-bizantino dell’814, stipulato per fermare le pretese carolingie sui territori lagunari. Sul piano architettonico e topografico si assiste, oltre alla costruzione del palatium e delle due cappelle ducali di S. Teodoro e di S. Marco, alla predisposizione di opere di difesa che prevedevano una fortificazione murata a est e lo sbarramento del Canal Grande con una catena. Alla fine del IX secolo V. perse la connotazione federativa e assunse una configurazione propriamente urbana, sia pure con i condizionamenti orografici che la caratterizzano, anche grazie all’opera del doge Pietro Tribuno, la cui volontà riorganizzatrice del territorio della città è tramandata dalle fonti (Giovanni Diacono), ma al momento priva di conferme archeologiche. Un nuovo grande impulso costruttivo va collocato alla metà dell’XI secolo, quando venne edificata la nuova basilica di S. Marco (1063) per volontà ducale, sul modello dell’Apostoleion di Costantinopoli, in una filiazione non solo architettonica e formale, ma che sanciva l’assunzione dell’evangelista Marco al rango di apostolo, un chiaro messaggio al patriarchio di Grado, filo-romano. L’attuale basilica riflette questa fase costruttiva, malgrado le numerose aggiunte successive, che riguardano anche le pregevolissime decorazioni musive e marmoree; vi è conservata fra l’altro parte del ricchissimo bottino conquistato dai Veneziani nel corso della quarta crociata, all’inizio del XIII secolo e che costituisce il fulcro del Tesoro di S. Marco.
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