L'Europa tardoantica e medievale. Le testimonianze islamiche nella Penisola Iberica: Granada
Città (ar. Ġarnāţa) dell’Andalusia, che durante il tardo Medioevo fu una delle più importanti e più popolose città occidentali. Capitale del regno ziride nell’XI secolo e del regno nasride tra il 1238 e il 1492, giunse a occupare un’estensione di oltre 170 ha.
Pur avendo continuità topografica con l’antica Iliberri preromana e romana, il mutamento toponomastico avvenne con l’arrivo dei musulmani nella Penisola Iberica e durante il confuso periodo che va dall’epoca tardoromana fino alla ripresa della città sotto la dinastia ziride, già nell’XI secolo. Sappiamo che all’inizio del IV secolo la città di Iliberri ospitava una prima comunità cristiana che celebrò, negli anni 300-302, un concilio a carattere normativo del quale si conservano gli atti, che tra l’altro attestano l’esistenza di un’importante comunità ebraica, come in tante altre città della Spagna. Non essendo ancora chiari i limiti della città in età iberica e altoimperiale, ancor meno è possibile determinarli nel periodo tardoantico. L’esistenza di grandi ville rustiche nelle aree vicine testimonia senza dubbio un processo di decadimento della vita urbana, sebbene manchino al momento dati archeologici all’interno della stessa città che consentano di confermare questa ipotesi. Testimonianze scritte e un documento epigrafico hanno costituito la base per supporre che la città facesse parte di una rete di fortificazioni di frontiera del regno visigoto, contro i domini bizantini della Penisola Iberica. L’iscrizione proviene dall’Alhambra ed è commemorativa della fondazione di tre chiese nel VII secolo, una delle quali dedicata a s. Stefano, e insieme con un testo arabo più tardo ha consentito di ipotizzare l’esistenza di una prima fortezza visigota nell’attuale sito dell’Alhambra, sebbene nessun resto in situ consenta di confermare tale ipotesi.
Dopo il loro arrivo, nel 711, i musulmani trasferirono la capitale del distretto in un nuovo sito, Madinat Ilbira, distante circa 10 km, sebbene non ci siano ragioni per ritenere che la vecchia Iliberri fosse del tutto abbandonata. Tutta una serie di toponimi – Hisn Garnata, Castella, Nativola, Ilipula, ecc. – che compaiono nei testi e nelle iscrizioni, continuano a essere oggetto di interpretazioni diverse per quanto riguarda il loro significato e la loro localizzazione, in ogni caso in relazione con il problema della continuità-abbandono e della trasformazione della primitiva Iliberri in Garnata, mancando ancora una volta la conferma di un qualsiasi argomento in base a testimonianze di cultura materiale. Sembra in ogni caso confermato che appoggiandosi alla popolazione ebrea, con la quale va posto in relazione il nome di Garnata, il territorio dell’antica Iliberri o delle vicine colline dell’Alhambra e del Mauror sia stato fortificato già nell’VIII secolo. Molto probabilmente un primo recinto musulmano dovette occupare la stessa area della Iliberri romana. Anteriori all’XI secolo potrebbero essere alcuni resti di fortificazioni, soprattutto la Puerta Hizna Román o “di Hernán Román” e un circuito di mura a essa relazionato, venuti alla luce nel corso degli scavi condotti tra il 1983 e il 1988. Una nuova cinta muraria, tuttora esistente, venne edificata all’esterno di questa, presumibilmente nell’XI secolo; queste fortificazioni hanno convissuto fino a epoca moderna.
La città nell’XI secolo iniziò la sua espansione dalla primitiva area della collina sulla riva destra del fiume Darro, fino alla pianura, nella quale si andò consolidando il centro religioso e commerciale. Successivi allineamenti di mura testimoniano questo sviluppo, che si va configurando con recinti urbani quasi autonomi, con porte interne alle mura e comunicanti con le moschee, oltre a piazze da cui si dipartono gli assi stradali che articolano l’impianto urbanistico e che si differenziano soltanto per il loro carattere di vie di collegamento tra gli elementi principali della città. Il circuito murario primitivo, senza dubbio anteriore all’XI secolo e noto come Alcazaba Vieja, corrispondeva sicuramente al nucleo principale della città romana. I suoi limiti settentrionale e orientale si conservano ancora, insieme ai resti delle mura con due porte, mentre quelli meridionale e occidentale non sono certi. Già nell’XI secolo venne realizzato un ampliamento fino ai limiti occidentale e meridionale della collina, per ospitare gli alcázares o palazzi dei sovrani ziridi. Risalgono a questa epoca due porte, la Puerta Monaita e la Puerta Nueva o “de las Pesas”. Dopo questi ampliamenti la città si estese nella pianura sia a sud-est, costituendo il nucleo principale della medina, che a est, nel quartiere di Axaris.
L’area della medina, che era attraversata dal fiume Darro, comprendeva il quartiere ebraico, posto lungo il pendio dell’Alhambra, e il Mauror, una collina che certamente era già fortificata e le cui difese vennero allora rinforzate. La vecchia Alcazaba e questi due castelli circondavano e proteggevano una estesa città posta sulle due sponde del Darro. La caduta della dinastia ziride a opera degli Almoravidi e il periodo della dominazione delle dinastie nordafricane non comportarono una decadenza della vita urbana. Con gli Almoravidi G. divenne la loro capitale in al-Andalus e fu oggetto di contesa tra gli Almohadi e il regno di Murcia di Ibn Mardanish. Infine nel 1238, dopo la caduta del regno almohade e prima della riconquista cristiana, G. divenne la capitale di un nuovo regno, un ultimo residuo della Spagna musulmana. Muhammad ibn al-Ahmar, fondatore della dinastia nasride, stabilì la sua residenza sulla collina dell’Alhambra, che egli stesso e i suoi successori si preoccuparono innanzi tutto di fortificare e quindi di dotare di palazzi e di giardini molto belli, trasformando le nuove mura in una vera e propria città palatina, con piena autonomia strutturale rispetto al resto della città.
Sia gli edifici conservati, fondamentalmente i palazzi di Comares e “de los Leones”, sia i siti venuti alla luce nel corso degli scavi realizzati soprattutto nel Novecento, ci mostrano un modello di città aulica secondo la tradizione orientale, con giustapposizione di palazzi e di nuclei abitativi autonomi, senza un impianto urbanistico prestabilito e con una comunicazione tra le varie strutture limitata a una rete viaria di piccole stradicciole prive di prospettive urbane. Case e palazzi si distinguono appena non tanto per le dimensioni, quanto per la ricchezza delle decorazioni, mantenendo una unità tipologica, con l’eccezione del palazzo detto “de los Leones”, opera di Muhammad V (1354-1391), che spicca per originalità nell’architettura ispano-musulmana. Fuori dell’Alhambra, la città venne ampliata da nuovi quartieri, uno a sud, circondato da mura sicuramente alla fine del XIII secolo, e un altro a nord, fortificato alla metà del XIV secolo e che, congiunto con l’Alcazaba Vieja, costituisce l’attuale quartiere del Albaicín, nome che deriva da uno dei quartieri di quest’ultimo ampliamento, il Rabad al-bayyazin (quartiere dei falconieri). Sia in questo quartiere di Albaicín, che ha mantenuto in larga parte la struttura e il carattere della città vecchia, che nelle altre zone della città, gli scavi, oggi praticati in maniera sistematica, cominciano a svelare alcuni degli enigmi in merito alle origini e allo sviluppo urbano e a mostrare qualcosa della vita dell’ultima città medievale andalusa.
Biblliografia
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