L'iconografia della donna con bambino nell'arte siriana: una forma allegorica di potere?
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il tema iconografico della donna con il bambino compare nel III millennio a.C. e può essere messo in relazione con la presenza della popolazione khurrita nel nord della Siria. La città di Tell Mozan, capitale di un regno khurrita nel III millennio a.C., conserva una serie di impronte di sigillo della casa regnante con tale raffigurazione. Questa immagine è presente in altri monumenti celebrativi di alcuni centri della Siria del nord e trova una caratteristica corrispondenza con i testi di Ebla della seconda metà del III millennio a.C. che riguardano il ruolo della regina nella corte eblaita.
L’iconografia della donna con bambino in grembo ricorre nella produzione artistica del Vicino Oriente antico in differenti periodi. Tale scena è diversamente interpretata: talora come la raffigurazione di una divinità nell’atto di allattare ed accudire un giovane re (i re mesopotamici spesso vantano una ascendenza divina e fanno riferimento, nelle loro iscrizioni, ad una dea che li ha allevati ed allattati); talora come la rappresentazione di una donna che allatta il proprio bambino. In particolare, quando questa scena ricorre su placchette di terracotta, non si può escludere che si tratti di una sorta di ex voto o di amuleto protettivo per donne in gravidanza.
Nella seconda metà e in particolare nell’ultimo quarto del III millennio a.C., nella Siria settentrionale questa iconografia ricorre su almeno due monumenti, rinvenuti a Tell Chuera e a Tell Halawa, e su alcune impronte di sigillo rinvenute nel palazzo reale dell’antica città di Urkesh (l’odierno Tell Mozan). Questi documenti sembrano indicare che questa iconografia ha implicazioni politiche e trasmette uno specifico messaggio strettamente legato all’amministrazione del potere regale.
Urkesh è la capitale del regno dei Khurriti. Di conseguenza, è plausibile chiedersi se la diffusione di questa codificata immagine della donna con bambino non sia da mettere in relazione con la cultura di questa popolazione: le stesse stele di Tell Chuera e Tell Halawa possono quindi essere inserite in questo panorama culturale ed ascritte all’arte khurrita. Tell Chuera sarebbe l’esempio, mentre le testimonianze da Tell Mozan si daterebbero al momento dell’espansione accadica nella Siria settentrionale.
La stele di Tell Chuera, datata, in base al contesto archeologico, all’ultima fase del periodo protodinastico, raffigura una teoria di sette figure femminili, due delle quali sorreggono un bambino. Queste sono usualmente identificate con divinità, ma la mancanza di copricapi con corna – che solitamente contraddistinguono gli esseri divini – non permette un’identificazione certa delle immagini, rappresentate frontalmente.
La stele di Tell Halawa, datata tra la fine del periodo accadico e l’inizio del successivo periodo della III Dinastia di Ur, è frammentaria: nel frammento maggiore, nel registro centrale è raffigurata una processione di figure femminili di cui una porta in braccio un bambino. Differentemente dalla stele di Tell Chuera, le figure femminili della stele di Halawa sono sicuramente di natura umana, dal momento che portano i capelli raccolti dietro la nuca in un’acconciatura che contraddistingue le regine, donne di corte e inservienti in altre raffigurazioni del periodo accadico e dell’arte della III Dinastia di Ur.
Le immagini più esplicite sono conservate sulle impronte di sigillo rinvenute a Tell Mozan: in questo caso, la sicura identificazione del personaggio femminile con il bambino in grembo è inequivocabile grazie all’iscrizione cuneiforme che registra il nome della regina, Uniqtum, moglie del re di Urkesh, Tupkish (re dal 2269 al 2240 a.C. ca.). Questi sigilli sono datati al terzo quarto del III millennio a.C., contemporanei all’inizio del regno del sovrano accadico Naram-Sin, o immediatamente precedenti. L’immagine ufficiale della regina con il bambino in braccio ricorre, come marchio regale della dinastia locale che governa su Urkesh, sia nel sigillo dinastico della regina con la coppia regale seduta l’uno di fronte all’altra e al centro, verosimilmente, il principe ereditario, sia nei sigilli che appartengono al personale che lavora nell’ala di palazzo riservata alla regina.
L’immagine della regnante locale con il bambino in braccio diventa pertanto il simbolo di distinzione della glittica di palazzo, di cui anche i personali e più ristretti servitori sono dotati. È il segno di riconoscimento che permette a chi possiede il sigillo di accedere alle ali del palazzo riservate alla regina, e testimonia della speciale fiducia di cui i servitori del palazzo godono da parte dei signori di Urkesh. La nutrice Zamena è in possesso di un sigillo dinastico che la raffigura di fronte alla regina seduta con il bambino in braccio: l’iscrizione incisa sul sigillo reca non solo il nome del proprietario del sigillo stesso, ma determina il rango di affiliazione con la sovrana. Zamena è probabilmente la nutrice che ha accudito e cresciuto la regina e che ha pertanto seguito la sua signora una volta divenuta regina di Urkesh. La raffigurazione della regina con il bambino fa parte di un programma figurativo che mette in risalto la rappresentazione della famiglia regale e assicura quindi la discendenza nel tempo del potere tramite la simultanea effigie della coppia regale con i loro figli. Questi sigilli di palazzo sono pertanto il corrispettivo laico delle due stele rinvenute a Tell Chuera e Tell Halawa, e fanno parte di quel sistema culturale e politico del mondo hurrita della Siria settentrionale e dell’alta Mesopotamia.
Il contenuto ideologico è diverso da quello delle contemporanee rappresentazioni dei sovrani mesopotamici, che prediligono scene belliche a celebrazione delle loro imprese militari, ma trova interessanti corrispondenze nella più antica documentazione epigrafica di Ebla (che precede il periodo accadico e quindi anche i sigilli di Tell Mozan).
La documentazione eblaita mette in particolare risalto il ruolo della regina, consorte del re, nella trasmissione del potere regale con una quasi precisa anticipazione di ciò che, sul piano figurativo, esprimono le immagini della glittica di Tell Mozan.
I testi di Ebla registrano i nomi delle regine, consorti dei sovrani di Ebla. Dusigu è l’ultima moglie del re Irkab-Damu, ma non ha mai assunto il titolo di regina, sebbene ricopra indubbiamente un importante ruolo a corte: tuttavia, quando suo figlio Ishar-Damu diviene re di Ebla, ella assume il prestigioso titolo di “grande madre del re” reggendo probabilmente il potere per un lasso di tempo, vista la giovane età del figlio. Per far salire al trono suo figlio, essa ha probabilmente dovuto vincere la competizione tra tutte le dame di corte per promuovere i propri figli come unici e legittimi eredi al trono della città.
I testi della cancelleria di Ebla mostrano come, al contrario, nella generazione seguente, si introduca una formula che chiarisce chi è l’erede legittimo al trono. Tabur-Damu, moglie del re Ishar-Damu, assume il titolo di regina di Ebla e un testo in particolare definisce i figli della coppia regale come “figli della regina”: sembra che questa precisazione serva ad indicare che solo coloro che sono “figli della regina” siano effettivamente i nati dall’unione della coppia del re e della regina di Ebla e abbiano quindi il diritto di succedere al potere. Gli altri figli avuti dal sovrano di Ebla con altre dame di corte non possono avanzare alcuna pretesa al trono. Questo aspetto sembra evidente in due testi amministrativi: un primo testo registra la nascita del figlio della coppia regale senza nominarlo, ma definendolo semplicemente “figlio della regina”; un secondo testo, più antico, registra invece la nascita di un figlio del re avuto da una relazione con un’ignota donna di palazzo che viene espressamente chiamato per nome nel testo senza tuttavia la peculiare precisazione “figlio della regina”.
Le immagini della glittica di palazzo di Tell Mozan, sebbene più tarde rispetto alla documentazione epigrafica di Ebla, sembrano far riferimento a questo sistema di riconoscimento della legittimità dell’erede al trono: il figlio è seduto in grembo alla regina e il sigillo dinastico della regina di fronte a Tupkish, re di Urkesh, diventa una sorta di emblema di famiglia e, in senso più largo, del potere della città. La coppia re e regina è il cardine di un sistema politico che assicura la discendenza nel tempo della dinastia regnante.
La significativa corrispondenza tra il formulario dei testi di Ebla e i più tardi sigilli di Tell Mozan è interessante: i testi di Ebla definiscono e distinguono gli eredi al trono come “figli della regina”; i sigilli di Tell Mozan esprimono in immagini questo rapporto, ponendo il figlio legittimo della coppia regale in grembo alla regina. Tuttavia, Uniqtum, nel suo personale sigillo, dove è raffigurata di fronte al sovrano consorte Tupkish, e nei sigilli del personale che da lei dipende, non è mai definita regina: nel primo caso essa è designata come la “moglie di Tupkish”; negli altri casi i proprietari del sigillo sono definiti dipendenti (nutrice, cuoco ecc.) di Uniqtum, senza l’aggiunta di alcun titolo. Sembra quindi che l’identificazione di Uniqtum come moglie del sovrano di Urkesh e quindi regina (anche quando nell’iscrizione non è espressamente detto), avvenga tramite l’immagine codificata della regnante con in grembo il bambino, frutto dell’unione coniugale con Tupkish e conseguentemente erede legittimo al trono. Il sigillo che reca invece la definizione di Uniqtum come regina, sebbene conservato solo parzialmente, non porta la raffigurazione della sovrana con il bambino in grembo. I sigilli di Tell Mozan sono diversi, per stile ed iconografia, dalla contemporanea produzione glittica della Siria e della Mesopotamia, e presentano propri caratteri locali, espressione della cultura hurrita presente a Urkesh. Se si considera che il regno di Tupkish e della consorte Uniqtum può essere cronologicamente collocato nella fase iniziale (o di poco precedente) del regno di Naram-Sin (prima quindi che sua figlia Tar’am-Agade diventi regina di Urkesh sposando un locale sovrano khurrita), la ricorrente iconografia di Uniqtum con il bambino in grembo potrebbe essere spiegata con l’esigenza di affermare, tramite l’uso di stili iconografici locali, un’indipendenza anche politica da Akkad, sottolineando la continuità dinastica del regno di Tupkish.