L’iconografia di Costantino il Grande nell’arte e nella civiltà della Russia
Mentre nell’arte dell’Occidente latino l’immagine e l’iconografia di Costantino il Grande conoscono una storia lunga e articolata, che, partendo dai ritratti imperiali marmorei1 e dal ricchissimo repertorio numismatico2 arriva a riflettersi nella scultura medievale con le famose ma nondimeno enigmatiche immagini equestri che compaiono, isolate, nella decorazione tanto delle chiese romaniche in Francia e in Spagna quanto delle cattedrali gotiche in Germania e in Francia3, nell’arte dell’Oriente cristiano la figura di Costantino assume quelle dimensioni sacrali che si rispecchiano in relativamente pochi ma ben definiti tipi iconografici4.
Non bisogna dimenticare, tuttavia, che il Costantino che si impone in ambito orientale si ispira e si ripropone prima di tutto dell’immagine imperiale romana. L’arco di trionfo di Costantino – modello privilegiato tanto dell’architettura quanto della scultura medievale – ossia la colossale testa marmorea del Campidoglio e l’immagine del sovrano sul soffitto della basilica di Costantino a Treviri sono gli esempi classici del culto latino del primo imperatore cristiano, concepito, nel pensiero e nell’arte occidentali, soprattutto nella sua dimensione storica5.
Il ruolo di Costantino nella cultura dell’Oriente cristiano, nella liturgia e nell’agiografia bizantina (e quindi anche in quella russa), è invece completamente diverso, in quanto sostanzialmente opposto alla comprensione prevalentemente storica della sua immagine, che viceversa è dominante in Occidente. Nell’Oriente cristiano, Costantino è un santo, e non uno tra i tanti. Il suo legame con la croce è strettissimo, intimissimo e diretto. Infatti, la visione del segno della croce – «in hoc signo vinces» – prima della battaglia contro Massenzio e l’inventio della vera croce da parte della madre di Costantino, sant’Elena, conferiscono un’energia straordinaria e trasformante a quel legame, rendono l’imperatore un santo «pari agli apostoli», gli fanno occupare un posto del tutto speciale sia nell’agiografia cristiana orientale sia nella storia bizantina, dove numerosi imperatori portano il suo nome. Il suo culto e la sua tipologia iconografica si sviluppano in primo luogo sulla base della Vita di Costantino scritta da Eusebio di Cesarea nel IV secolo. Naturalmente, anche Costantinopoli, la nuova capitale dell’Impero, nella cui toponomastica il nome dell’imperatore viene immortalato, possiede molteplici immagini scultoree e pittoriche di Costantino6. Tre chiese di Costantinopoli sono dedicate al nuovo santo. Nel mosaico, risalente al X secolo, che si trova all’entrata della basilica di Santa Sofia, Costantino, raffigurato a sinistra, offre alla Vergine il modello della città di Costantinopoli, mentre a destra Giustiniano porge a lei il modello della summenzionata basilica. È in ambito bizantino che prendono forma gli elementi essenziali della storia leggendaria e dell’iconografia di san Costantino7. Il ciclo biografico di questo imperatore privilegia le scene relative al suo sogno e alla sua visione della croce. Un posto importante nella storia della sua iconografia occupa l’immagine di Costantino in quanto milite equestre. Anche la leggenda dell’inventio della vera croce da parte della madre Elena viene amalgamata dall’iconografia di Costantino: così si sottolinea il significato protettivo e salvifico della croce e la sua funzione apotropaica. Molteplici sono i reliquari, i trittici in avorio, le croci e gli altri oggetti di lusso che alludono all’inventio della vera croce da parte di Costantino ed Elena glorificando sia quell’evento sia la croce stessa, immagine di Cristo e della sua vittoria sulla morte. La forma della croce vittoriosa (che di solito si distingue per i lati che si allargano verso l’esterno ed è accompagnata dal motto ic Xc nika, proprio della croce del sogno di Costantino) si diffonde nell’intero mondo cristiano. L’immagine di Costantino compare nelle rappresentazioni del primo concilio di Nicea che si conoscono sia attraverso i codici latini e greci a partire del IX secolo sia gli affreschi di Georgia, Serbia, Romania, Bulgaria e Cipro. Nelle chiese di fondazioni regie balcaniche, i re medievali sono presentati quali ‘Nuovi Costantini’, in conformità con l’immagine di colui che per primo promuove il cristianesimo a livello imperiale8.
Anche in Russia il principe Vladimir, che nel 988 accoglie la fede cristiana e fa battezzare il suo popolo, nelle cronache russe viene considerato come un ‘Nuovo Costantino’9. Nella Russia medievale, tuttavia, lontana non soltanto da Roma ma anche da Bisanzio, l’assimilazione del culto di Costantino e la penetrazione degli elementi essenziali dell’iconografia costantiniana hanno le loro particolarità. È importante sottolineare che la Russia assimila il cristianesimo orientale un secolo dopo l’iconoclastia bizantina, nella sua forma più ortodossa e nella sua tipologia più canonizzata. L’immagine dell’imperatore romano e la sua leggenda non sono dunque estranee alla cultura cristiana russa, anzi, fanno parte integrante del suo mondo agiografico. Tuttavia quell’immagine è percepita in Russia attraverso la figura del basileus bizantino. Naturalmente Costantino è venerato in Russia quale primo imperatore bizantino, fondatore di Costantinopoli e della basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Anche in Russia, l’inventio della vera croce lo distingue dagli altri santi: Costantino è considerato anche dalla Chiesa russa come un santo «ravnoapostolskii», ossia «pari agli apostoli». La festa del santo cade il 21 maggio, mentre sant’Elena è commemorata il 6 marzo. Queste date hanno un riflesso nel calendario popolare russo, che prescrive di seminare il grano di lino e il grano saraceno nei giorni dei santi Olena (ossia Elena) e Costantino.
Formatesi a Bisanzio, probabilmente attorno al X secolo10, le varianti del tema iconografico dell’inventio, dell’esaltazione e della glorificazione della vera croce da parte di san Costantino e della madre sant’Elena hanno da subito una diffusione straordinaria: esse si rinvengono nelle chiese di Cappadocia del X-XI secolo11 e si osservano nella maggioranza dei cicli degli affreschi delle chiese balcaniche a partire dal XII secolo12. Tra le fondazioni monastiche imperiali bizantine dell’XI secolo, questo tema appare nei mosaici della chiesa di Hosios Lukas, in un tipo iconografico perfettamente stabilito e che si diffonde presto dovunque nel mondo ortodosso. Si tratta delle rappresentazioni di Costantino ed Elena in posizione frontale ed eretta: le due figure stanno ciascuna a un fianco della croce, che è collocata al centro della composizione. Costantino ed Elena indossano abiti regali bizantini e portano in testa corone ornate da pietre preziose. In molti casi anche la croce è adorna di pietre preziose e perle. Le mani delle due figure tendono verso la croce in un gesto che, mentre sottolinea l’essenziale importanza della preziosa reliquia, insieme invita alla sua glorificazione e alla sua venerazione.
Questa iconografia conosce nel tempo una evoluzione all’interno del mondo ortodosso (Russia inclusa), che porta a talune essenziali varianti: Costantino ed Elena in posizione strettamente frontale o in posizione prossima a quella di tre quarti, con le teste rivolte verso la croce; la raffigurazione di questi personaggi in piedi, o, in alcuni casi, rappresentati a mezzo busto. Naturalmente, in ogni caso specifico, la variante iconografica sottolinea il significato particolare della scena. Gli schemi iconografici con le figure in posizione frontale caratterizzano piuttosto il tema dell’inventio della croce, alludendo, al tempo stesso, alla vittoria di Costantino per mezzo della croce, ossia alla sua visione. Le figure posizionate di tre quarti e rivolte verso la croce, posta nel centro, trasmettono l’idea e l’atto dell’esaltazione della santa croce. Queste varianti si rinvengono anche nell’arte russa d’età medievale.
Sin dal principio dell’affermazione e della diffusione in Russia dell’arte ecclesiastica ortodossa e, in ogni caso, dall’XI secolo in poi, i programmi della decorazione delle chiese russe con mosaici e con affreschi includono le diverse varianti iconografiche del tema dell’inventio, dell’esaltazione e della glorificazione della vera croce che si sono già affermate nell’arte bizantina. Notevole interesse rivestono le immagini di Costantino ed Elena con la santa croce all’interno del ciclo di affreschi presente nella cattedrale di Santa Sofia di Kiev13 e realizzato da diverse officine di pittori bizantini alla metà dell’XI secolo. In questo ciclo, che si propone non solo elaborato ed estremamente complesso, ma anche ricolmo di figure di santi difensori della Chiesa e della fede cristiana, le figure di Costantino ed Elena si rinvengono due volte, sempre sulle parti inferiori di pilastri posti sotto la cupola: una volta nella parte nordorientale e, per la seconda volta, nella parte meridionale della cattedrale, precisamente nell’annesso ‘di San Michele’. Si tratta, in entrambi i casi, di immagini solenni, che esprimono grande forza e senso di monumentalità.
Un altro noto esempio di questa scena, risalente alla seconda metà dell’XI secolo, si è preservato in modo del tutto frammentario. Si tratta delle immagini di Costantino ed Elena nell’annesso ‘dei martiri’ nella cattedrale di Santa Sofia di Novgorod. Sono gli esempi più antichi di pittura monumentale che offre detta cattedrale, costruita a partire del 1048, dal momento che le altre parti dell’edificio che presentano pittura parietale risalgono al XII secolo. Questi esempi danno un’idea degli inizi della pittura monumentale a Novgorod, che rimangono comunque enigmatici. Non solo la testa di sant’Elena, particolarmente ben conservata, porta una corona ornata di perle, ma anche il collo del suo vestito è coperto di perle, a testimonianza della ricchezza dell’abito regale usualmente indossato dalla santa. I tratti del volto, disegnati da una pennellata forte, sicura, nervosa e raffinata al tempo stesso, sono caratterizzati dalle larghe arcate delle sopracciglia e dal disegno sicuro degli enormi occhi, dal naso aquilino e dalla piccolissima bocca di colore rosso carminio leggermente curvata in un sorriso: elementi, questi, che contribuiscono tutti alla presentazione del carattere altamente aristocratico del personaggio. Il dipinto a secco è eseguito senza modellato, tramite forti e larghi tocchi di colori intensi ma chiari e leggeri – celeste, rosa, arancione –, separati l’uno dall’altro. Essi valorizzano lo sfondo chiaro, quasi bianco, dell’immagine, contribuendo alla squisitezza dell’impressione generale. Un largo tocco di pennello rosso carminio, posato sulla guancia, quasi fosse una mela rossa, è particolarmente distintivo della pittura bizantina della seconda metà dell’XI secolo. Queste caratteristiche pittoriche non hanno analogie nella pittura russa dell’epoca. E anche se la figura di Elena è accompagnata dall’iscrizione del suo nome in russo, Olena, il carattere stesso dell’espressione pittorica costituisce la testimonianza dell’attività, nella Novgorod dell’XI secolo, di maestranze giunte dall’impero bizantino. È difficile dire se si tratti di pittori invitati direttamente dalla capitale bizantina – da Cargrad, ‘citta’ degli zar’, come gli slavi chiamavano Costantinopoli – o venuti da un altro centro artistico dell’impero. In ogni caso, questi pittori conoscono perfettamente i modelli costantinopolitani e i metodi dell’espressione pittorica, particolarmente raffinata, propria dell’epoca di Michele VII Ducas. Tali metodi si riflettono nelle miniature dei codici imperiali ed esemplare al proposito è il codice delle Omelie di san Giovanni Crisostomo (Parigi, Bibliothèque Nationale di France, ms. Coislin 79) appartenuto all’imperatore bizantino Niceforo III Botaniate, la cui decorazione fu avviata a Costantinopoli nel 1078, all’epoca di Michele VII Ducas. Nello stesso tempo, la particolare espressività dell’immagine di Novgorod non consente di rifiutare risolutamente associazioni con la pittura bizantina dell’Italia meridionale dello stesso periodo, in particolare con quella della Campania dell’XI secolo, soprattutto con i tipi dei volti che caratterizzano la pittura della basilica di S. Angelo in Formis. Sono associazioni del tutto legittime, specie se si pensa alla ricchezza delle relazioni culturali, religiose e politiche che Novgorod, a cavallo tra XI e XII secolo, ha con l’Italia, e più esattamente con Roma. Una delle più significative testimonianze di tali relazioni, seppure rivestita di abiti leggendari, è la comparsa, nella Novgorod di quel periodo, di sant’Antonio Romano, il santo arrivato a Novgorod da Roma «su di una pietra», come racconta la sua leggenda. Fondatore di un grande monastero presso Novgorod, egli svolge un ruolo importante nell’affermazione della cultura ecclesiastica in quella città14.
Nel nord della Russia, anche a Pskov, nel ciclo degli affreschi della cattedrale della Trasfigurazione del Salvatore (metà del XII secolo), all’interno del monastero Mirozski, le immagini dei santi Costantino ed Elena con, nel mezzo, la croce figurano nella parte inferiore della parete occidentale della chiesa, sotto le due grandi scene che rappresentano la Discesa dello Spirito Santo e L’Ultima Cena15.
Al 1170 risale un altro importante ciclo di affreschi, quello della chiesa di S. Cirillo, a Kiev. Esso presenta, fra l’altro, anche la scena del Ritrovamento della Croce, con questa ultima posta nel mezzo, tra le figure di Costantino ed Elena.
Così, attorno al XII-XIII secolo, come nei Balcani e in altre aree del mondo ortodosso16, anche in Russia il gruppo di Costantino ed Elena raffigurati con la croce nel mezzo diviene parte costitutiva di programmi iconografici importanti e sviluppati. La Russia medievale del periodo premongolo conosce la stessa ricchezza e la stessa varietà tematica e iconografica dell’immagine di Costantino. Purtroppo, di questo periodo sono pervenuti soltanto pochi cicli completi. Nella struttura iconografica dei cicli pittorici che decorano le chiese in Russia, tale gruppo è di solito situato nella parte dell’edificio sacro occupata dal ciclo cristologico, visto che i santi Costantino ed Elena sono coloro che ritrovano ed esaltano la santa croce. Nella maggioranza dei casi i due santi sono rappresentati sulla parte inferiore delle pareti o dei pilastri del tempio, esprimendo così non soltanto il loro ruolo di difensori della Chiesa e della fede cristiana, ma anche quello di sostenitori, che danno appoggio all’edificio stesso della Chiesa.
Questa scena si è preservata in alcune chiese di Novgorod del XIII secolo. Gli affreschi della chiesa della Trasfigurazione di Kovalevo, presso Novgorod (1380 circa), completamente ricostruita e restaurata dopo la distruzione avvenuta durante la Seconda guerra mondiale, si distinguono per la loro grande monumentalità e raffinatezza. Qui le figure alte e slanciate dei santi Costantino ed Elena sono raffigurate in piedi, con la croce nel mezzo, secondo l’iconografia tradizionale17. La composizione di Costantino ed Elena della chiesa di Kovalevo si distingue per la straordinaria ricchezza cromatica e la luminosità dei colori, chiari e forti. Le vesti imperiali, di colore rosso, sono ornate di ricami blu coperti di perle; i nimbi di colore arancione sono circondati da cerchi bianchi che rinforzano lo splendore di queste immagini collocate sullo sfondo celeste. I tratti finissimi e leggermente asimmetrici dei volti sono sottolineati dalle zone scure delle ombre, conformemente a un espediente tipico della pittura bizantina della fine del XIV secolo.
Le parti inferiori delle figure di Costantino ed Elena si sono conservate probabilmente nella chiesa di S. Teodoro Stratilate (1380-1390) di Novgorod. Tra gli affreschi delle chiese di Novgorod del XV secolo, le figure del primo imperatore cristiano e di sua madre si ritrovano sui pilastri della chiesa della Madre di Dio del monastero di Zverin.
I ritrovamenti recenti confermano l’esistenza e lo sviluppo, nell’antica Russia, di un panorama iconografico costantiniano ricco e sviluppato. In tal senso è di particolare interesse la scena dell’Esaltazione della Santa Croce, che è presente nella chiesa della Trasfigurazione del Salvatore di Polotsk e risale alla seconda metà del XII secolo. Si tratta di una scoperta degli ultimi anni, compiuta da Vladimir Sarabianov, storico dell’arte medievale e restauratore18. In questa rappresentazione, la soluzione iconografica di questo tema si distingue per la ricchezza di dettagli, cosa di per sé assai rara. Le monumentali sagome dei santi Costantino ed Elena sono raffigurate in piedi di tre quarti. I santi volgono le loro mani verso l’ambone, sul quale si trova il vescovo nell’atto di elevare la croce (si è preservata soltanto la parte inferiore della sua figura), mentre i diaconi con le candele processionali si dirigono verso di lui. Nell’arco sotto l’ambone sono rappresentate quattro figure di fedeli con le mani alzate in adorazione: la figura centrale è nel tipo iconografico dell’orante. Si tratta di uno degli esempi più solenni e fastosi dell’iconografia di Costantino ed Elena che si trovino in terra di Russia. Il carattere celebrativo dell’opera è sottolineato non soltanto dal ritmo processionale e dai gesti della folla in adorazione della croce, ma anche dalla monumentalità delle immagini dei sovrani, dalla ricchezza delle loro corone regali e dei loro abiti di corte coperti di pietre preziose. Sebbene non possa esservi dubbio che l’iconografia di questa scena abbia le sue radici nell’arte bizantina del periodo posticonoclastico, non se ne conoscono modelli più antichi: nel famoso manoscritto del Menologio di Basilio II, che risale all’incirca al 985 (Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Vat. Gr. 1613, f. 35), la scena dell’Esaltazione della Santa Croce si limita alla rappresentazione dell’ambone, su cui il vescovo sta per elevare la croce, e di due altre figure, sui gradini dell’ambone: a sinistra un giovane diacono con la candela, e a destra un santo padre più anziano e barbuto. Le figure laterali di Costantino e di Elena sono assenti. Sorprendentemente, esse non sono presenti neanche nella scena analoga del bizantino Salterio di Teodoro, che risale all’XI secolo (Londra, British Library, Ms. Add. 19352, f. 131v). Qui la scena è collocata ai margini, a guisa di illustrazione del versetto di Sal 98,5: «Esaltate il Signore nostro Dio». Al contenuto di questo Salmo corrisponde il rito dell’esaltazione descritto nel De cerimoniis aulae byzantinae da Costantino VII Porfirogenito, al quale partecipa l’imperatore stesso, che si trova sui gradini dell’ambone, quasi fosse un ‘Nuovo Costantino’, per assimilazione a Costantino il Grande.
L’affresco di Polotsk, scoperto di recente, è per il momento, dunque, l’esempio più antico di questa iconografia nel mondo ortodosso. Esso prova la raffinata cultura spirituale propria dell’epoca della principessa Eufrosinia di Polotsk (1101-1173), lei stessa donna di grandi conoscenze teologiche, badessa e protettrice delle arti, impegnata in prima persona nella copiatura dei manoscritti. La scena dell’Esaltazione della Santa Croce nella cattedrale di Polotsk costituisce anche una testimonianza importante dell’adattamento, nella Russia del XII secolo, di modelli iconografici complessi, che riflettono riti e cerimonie della corte bizantina. Purtroppo, altri esempi di analoga iconografia, elaborata senza dubbio nell’ambito dell’arte di Costantinopoli stessa e sviluppata negli ambienti artistici che gravitano intorno alla corte costantinopolitana dal X secolo in poi, si conoscono soltanto nell’arte postbizantina. Tre secoli più tardi una composizione che richiama quella di Polotsk compare nella chiesa della Santissima Croce di Agiasmati (1500 circa), a poca distanza dal villaggio montano di Platanistasa, a Cipro: nella rappresentazione, che pure è complessa e con numerose figure, compare sì l’immagine di Costantino, ma quella di sua madre Elena non era prevista. Entrambi i personaggi sono invece presenti nella scena dell’Esaltazione della Santa Croce che si trova nella chiesa di Ano Viannos nella Creta meridionale.
Nella produzione artistica dell’antica Russia è riservata un’attenzione del tutto particolare a un tema, del resto largamente diffuso anche sul piano del culto e della devozione, che collega Costantino il Grande con san Nicola. Come è noto, quest’ultimo è il santo più venerato in ogni parte della Russia, e nella devozione popolare segue immediatamente il Cristo e la Vergine19. Nicola è sì protettore dei viaggiatori e dei marinai, difensore dal male, pacificatore, guaritore, ma soprattutto è il cudotvotec, ossia il taumaturgo, colui che fa miracoli. Proprio in questo ruolo, egli appare in sogno a Costantino, consigliandogli di annullare il decreto di condanna a morte di tre generali-stratilati in quanto tale atto avrebbe potuto attirare calamità sull’Impero. La leggenda si è poi fissata nella Vita di San Nicola scritta nel X secolo20 da Simeone Metafraste. Naturalmente la scena dell’apparizione in sogno del santo a Costantino, che fa parte del ciclo iconografico della vita di san Nicola, affonda le proprie origini in Bisanzio. Nella pittura, il primo esempio conosciuto si rinviene nell’icona bizantina di san Nicola, con scene della sua vita, che si trova nel monastero di S. Caterina al Sinai e risale al XII secolo21. L’iconografia di questa scena si fonda sulla formula iconografica usata per la rappresentazione dei sogni di Giuseppe o di Giacobbe, ma anche su quella impiegata per la raffigurazione della visione dello stesso Costantino, cui appaiono il segno della croce e le parole che gli assicurano la vittoria22.
La scena dell’apparizione di san Nicola a Costantino è inserita in numerose icone postbizantine del santo, circondata dai cicli della sua vita23. Si tratta di un episodio della vita di san Nicola che giunge in Russia probabilmente attorno al XIV secolo. In ogni caso, questa scena è già inserita tra quelle della sua vita nell’icona della seconda metà del XIV secolo conservata nella Galleria Tretiakov di Mosca24. Sono particolarmente numerosi gli esempi di raffigurazione di questo miracolo del santo sulle icone russe del XVI, XVII e XVIII secolo. In esse, che pure presentano diverse varianti del santo (san Nicola di Zaraisk, san Nicola di Mojaisk, san Nicola di Velikoretsk e altri ancora), quest’ultimo appare sempre circondato da scene della sua vita25. Di particolare significato è l’icona di san Nicola con scene della sua vita risalente al 1682 e firmata dal pittore di icone Simeon Spiridonov. Essa proviene dalla chiesa di S. Giovanni Crisostomo di Iaroslavl ed è oggi collocata presso il Museo d’arte di questa città.
La crescente attenzione che verso l’inizio del XVI secolo si registra per l’immagine di san Costantino nell’iconografia, nell’arte e nel pensiero dell’antica Russia va collegata alla nota valorizzazione del ruolo del santo nella nuova concezione dello Stato russo e della sua capitale, concepita ora, dopo la caduta di Costantinopoli, come ‘Terza Roma’. La conferma del ruolo di san Costantino nel pensiero e nell’arte, che si afferma in Russia dopo la caduta dell’impero bizantino, si riflette particolarmente nella diffusione di temi iconografici che sottolineano il nuovo ruolo politico ed ecclesiastico della Russia quale erede dell’impero bizantino e prosecutrice delle sue tradizioni imperiali ed ecclesiastiche. È, infatti, assai significativo che proprio in quel periodo nell’arte russa cominci a svilupparsi il tema dei concili ecumenici della Chiesa, anzitutto del primo concilio di Nicea del 32526. Mentre questo tema è già noto sia nella miniatura bizantina del IX, del X e dell’XI secolo sia nella pittura monumentale tanto della Georgia del XII secolo27 quanto dei Balcani del XIII secolo28, esso non sembra essere diffuso nell’antica pittura russa del periodo premongolo e affermarsi qui prima della fine del XV secolo. In ogni caso, i primi esempi conosciuti della raffigurazione del primo concilio di Nicea nell’arte russa risalgono all’inizio del XVI secolo. Di questi fa parte la scena dipinta sulla parete meridionale della chiesa della Natività della Vergine del monastero di S. Teraponte, nella regione di Vologda (Russia settentrionale). Il famosissimo ciclo di affreschi realizzato da Dionigi e dai suoi figli si distingue per un linguaggio lineare particolarmente raffinato, per l’armonia delle composizioni e per la delicatezza e la luminosità eccezionali della gamma cromatica. Esso risale al 1502-1503. La composizione che raffigura il primo concilio della Chiesa, collocata in un ambiente architettonico sormontato dalla raffigurazione della città di Nicea, fa pensare all’impiego (discorso che vale anche per le scene che raffigurano gli altri concili e pure per molte altre composizioni della pittura parietale della chiesa) dei podlinniki, ossia dei ‘libricini di modelli’ iconografici. Ciò permette dunque di supporre l’esistenza e la diffusione di questo schema iconografico nell’arte russa anche prima degli affreschi del monastero di S. Teraponte, sebbene i libricini di modelli oggi noti che contengono questa scena risalgano solo a periodi posteriori, in particolare al XVIII secolo29.
L’iconografia della scena del primo concilio di Nicea nella pittura russa risale senza dubbio agli esempi bizantini già confermatisi e diffusisi da tempo nella pittura greca e balcanica30. Lo studio dei primi esempi conosciuti della raffigurazione del primo concilio della Chiesa permette di seguire il formarsi della sua iconografia e il delinearsi del suo contenuto dogmatico. Se nella miniatura che raffigura il primo concilio di Nicea nel famoso codice del IX secolo delle Omelie di Gregorio Nazianzeno31, il centro è occupato dal trono con il Vangelo e l’imperatore Costantino si trova alla destra di esso, già nel Menologio di Basilio II, che risale al X secolo32, al centro della scena si trova la rappresentazione della croce: Costantino e un vescovo sono seduti ai due lati di essa, mentre nella parte inferiore è raffigurata la caduta di Ario.
Negli esempi successivi noti è l’imperatore Costantino che si trova seduto sul trono, al centro della composizione, circondato dai vescovi; questa è l’immagine del primo concilio nel Salterio Barberini33 dell’XI secolo. Lo schema iconografico, con l’imperatore seduto sul trono fra i vescovi e la caduta di Ario rappresentata in basso, diventa con il tempo un esempio caratteristico dell’iconografia del primo concilio di Nicea. Proprio quest’ultimo esempio iconografico servirà da modello ai pittori russi.
La rilevanza ideologica che nell’arte russa assume la raffigurazione del primo concilio di Nicea con la presenza dell’imperatore Costantino, risiede prima di tutto nell’affermazione, tramite questa scena, di idee dogmatiche e politiche importantissime. Attraverso questa scena si traducono le idee dello Stato russo ortodosso quale successore dell’impero bizantino, di Mosca come Terza Roma e dell’indistruttibilità dell’autorità degli zar; idee esposte nelle epistole dell’abate Filofei (Filotheos) e dal monaco-scrittore Iosif di Volotsk nel XV secolo, all’epoca degli zar Ivan III (1440-1505) e Basilio III (1479-1535). Inoltre, le conclusioni dogmatiche raggiunte durante il concilio di Nicea nel 325 – affermazione del Credo della Chiesa, condanna della dottrina di Ario e annientamento dell’arianesimo – furono anche un’arma eccellente nella lotta contro i vari movimenti ereticali diffusi in Russia a cavallo fra il XV e il XVI secolo.
Infatti, quest’arma si rende necessaria nel complesso e movimentato quadro ideologico creatosi nella Russia di questo periodo. È l’epoca in cui si diffondono i movimenti ereticali più diversi fra loro, e tra questi quello dei ‘giudeizzanti’ è particolarmente resistente34. Non è un caso che la condanna di questo movimento, nel 1504, da parte del sinodo ecclesiastico di Mosca, sia seguita dalla comparsa di numerose raffigurazioni del primo concilio di Nicea con la presenza dell’imperatore Costantino, accompagnato dalla scena della condanna e della disfatta di Ario nella maggioranza dei cicli pittorici delle chiese e delle cattedrali russe del XVI secolo.
Nel 1507 questa scena compare, infatti, tra gli affreschi della cattedrale della Risurrezione di Cristo, a Volokolamsk; nel 1513-1515 vede la luce nella cattedrale della Dormizione della Vergine, al Cremlino di Mosca; nel 1518-1519 figura tra i dipinti della chiesa del monastero di Cudov (o ‘dei Miracoli’), sempre al Cremlino di Mosca. Nel 1563 essa occupa un posto importante nel ciclo di affreschi della cattedrale della Trasfigurazione di Cristo, a Iaroslavl. La raffigurazione del primo concilio di Nicea diviene dunque immagine della vittoria della fede ortodossa sull’eresia, espressione dell’eredità culturale, politica, ecclesiastica e dogmatica dell’impero bizantino in Russia, simbolo dell’immutabilità del potere autocratico degli zar e della loro autorità.
In tale ambito ideologico, durante il XVI e il XVII secolo, si realizzano anche le icone con la raffigurazione del primo concilio di Nicea. Tra queste si distinguono quella della Galleria Tretiakov di Mosca e quella del Museo di Rostov35, realizzate tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII. Si tratta di immagini le cui funzioni e destinazioni sono del tutto particolari. Ambedue sono commissionate per le chiese dedicate ai Santi Padri dei concili ecumenici – l’icona oggi a Mosca era destinata alla chiesa del monastero di S. Danilo a Mosca, mentre l’icona oggi a Rostov era dipinta per la chiesa dei Ss. Padri dei consigli ecumenici esistente a Rostov nel XVI-XVII secolo. Sono icone dalla struttura complessa, sormontata dalla raffigurazione architettonica della città di Nicea con molteplici chiese e fortezze. Nella parte superiore, al centro, troneggia Costantino, circondato dai santi Padri; nella parte inferiore di nuovo compare l’imperatore, che è rivolto verso il gruppo dei Santi Padri e dà la schiena agli eretici dai copricapi bianchi; la caduta di Ario è rappresentata nell’angolo di destra, mentre nell’angolo di sinistra si trova la raffigurazione della visione avuta in sogno da san Pietro di Alessandria: il Cristo bambino appare a questo santo nel vestito rotto in due pezzi. Si tratta senz’altro di un’allusione all’errore dogmatico di Ario, che nega l’indissolubilità delle nature umana e divina di Cristo. Sebbene la dedicazione di chiese ai Santi Padri dei concili ecumenici sia abbastanza rara e le icone conservatesi raffiguranti il primo concilio di Nicea addirittura rarissime, tuttavia l’esistenza di descrizioni della loro iconografia nei libricini di modelli pervenutici attesta una diffusione molto più significativa di quelle immagini36.
Le immagini dei santi Costantino ed Elena, della storia dell’inventio della vera croce e della sua esaltazione acquistano un’importanza ideologica particolare nell’arte e nel pensiero russo dopo la caduta dell’impero bizantino, quando la Russia assorbe pienamente il retaggio imperiale bizantino e conduce una politica imperiale e coloniale ampia e ambiziosa. Lo prova significativamente il fatto che in Russia, a partire della fine del XV secolo, si moltiplicano le chiese dedicate a san Costantino o ai santi Costantino ed Elena. Numerosi monasteri, cattedrali e chiese dedicati alla festa dell’Esaltazione della santa croce (27 settembre) cospargono il territorio sempre più vasto dell’impero russo.
È vero che le prime chiese consacrate a san Costantino sono menzionate già nelle fonti del XIV secolo. Una chiesa in onore di san Costantino e costruita in legno si trova nel XIV secolo nel Cremlino di Mosca; essa è ricostruita in pietra alla fine del XV secolo per volontà della zarina Elena Glinskaja, madre di Ivan il Terribile. Questa chiesa, conosciuta come Tsareconstantinovskaia – la «chiesa di Costantino degli zar», o la «chiesa dello zar Costantino» – era la chiesa degli ecclesiastici di corte. Ricostruita nel XIX secolo, dopo i danni causati dalla guerra napoleonica nel 1812, essa viene distrutta su ordine di Stalin nel 1928.
Una delle torri del Cremlino, costruito nel XIV secolo esso pure in legno, porta il nome dei santi Costantino ed Elena. Proprio dalle porte di questa torre il principe Dimitri Donskoi partì con i suoi guerrieri per la battaglia di Kulikovo contro i tartari, nel 1380, dove ottenne la prima vittoria sul nemico. Dalle porte di questa torre è portata al cospetto delle truppe di Dimitri Donskoi l’icona miracolosa della Vergine di Vladimir, capolavoro dell’arte costantinopolitana del XII secolo (Mosca, chiesa della Galleria Tretiakov). Dopo la ricostruzione in pietra dei muri e delle torri del Cremlino, per mano di architetti italiani, tra XV e XVI secolo, le porte della torre di Costantino ed Elena (eretta dall’architetto Pietro Antonio Solari) continuano a essere considerate una delle entrate principali del Cremlino, e tali restano sino ai nostri giorni.
La maggior parte delle chiese dedicate ai santi Costantino ed Elena risale, comunque, a un’epoca successiva al XV secolo; discorso che vale per le chiese di Pskov (1500-1600), di Vologda (XVI secolo), di Sviyazhsk (XVI secolo). Numerosi edifici ecclesiastici consacrati ai due santi risalgono anche al XVII secolo, come la chiesa sotterranea del monastero della Nuova Gerusalemme, al XVIII secolo, come le chiese di Kiev, Simferopol, Kharkov, Kichinev, Mitino, Belcy, al XIX secolo (chiesa di Vladikavkaz) e persino al XX secolo (chiesa di Novocherkassk). È interessante notare che numerose chiese ortodosse fuori della Russia sono dedicate ai santi Costantino ed Elena come portatori e propagatori della fede ortodossa. Così è per le chiese ortodosse di Berlino, Colonia, Brugge.
Quanto ai monasteri, alle cattedrali e alle chiese dedicate alla festa dell’Esaltazione della santa croce (Krestovozdvizenski monastir, Krestovozdvizenski sobor, Krestovozdvizenskaia cerkov), tra i relativamente pochi edifici costruiti prima del XVI secolo bisogna anzitutto menzionare il complesso monastico di Romanov-Borisoglebsk (oggi Tutaev) vicino a Iaroslavl, che risale al XIII-XIV secolo ed è ricostruito nel XVII secolo. Il monastero dedicato all’esaltazione della vera croce, costruito a Mosca nel XV-XVI secolo, fu fortemente danneggiato durante l’invasione napoleonica del 1812. Al XVII secolo risalgono non solo la cattedrale dell’Esaltazione della Santa Croce di Borovsk, ma anche quella di Solikamsk e quella di Irkutsk, in Siberia.
La cattedrale dell’Esaltazione della Santa Croce è una delle prime cattedrali della nuova capitale, San Pietroburgo. La città fu fondata nel 1703, la cattedrale poco dopo, nel 1718, e costruita negli anni 1740-1748, probabilmente secondo il progetto dell’architetto I.Y. Schumacher. La cattedrale è completamente riedificata verso la metà del XIX secolo dall’architetto V. Morgan, secondo il progetto di E.I. Dimmert.
Cattedrali dedicate all’esaltazione della santa croce sorgono presto un po’ dovunque: al XVIII secolo risalgono quelle di Kiev, Tobolsk, Poltava e Ufa; al XIX secolo quelle di Kolomna, Kazan, Belgorod, Kislovodsk, Stavropol, Nizni Novgorod, Samara, Kherson, Ekaterinburg, Magadan e persino quella di Maikuduk in Kazakhstan e in molti altri centri ancora dell’immenso impero russo, tanto nella sua parte europea quanto in Siberia, dalle frontiere ucraine con l’impero austro-ungarico fino all’oceano Pacifico, glorificando la vittoria della croce anche in quelle regioni più isolate e lontane, dove si preservano talora tradizioni di altre religioni, soprattutto quella musulmana nei paesi dell’Asia centrale e del Caucaso, conquistati dalla Russia ed entrati nell’impero durante il XIX secolo; o nelle regioni della Siberia, dove esistono intere aree in cui sono diffuse tradizioni religiose ancestrali di diversi popoli nomadi. Non è certo un caso che anche la cattedrale di Tomari, sull’isola Sakhalin, a pochi chilometri dal Giappone, sia dedicata alla festa dell’Esaltazione della Santa Croce.
La tradizione di accompagnare le nuove conquiste territoriali e coloniali dell’impero russo con l’erezione di cattedrali dedicate alla vittoria della croce o all’esaltazione della santa croce prosegue anche all’inizio del XX secolo. Negli anni 1905-1913 viene, infatti, edificata una delle più grandi cattedrali della Russia, seconda per dimensioni soltanto a quella di S. Isacco a San Pietroburgo e a quella di Cristo Salvatore a Mosca: la cattedrale dell’Esaltazione della Santa Croce del monastero di S. Nicola a Verkhotursk, in Siberia, secondo il progetto dell’architetto K. Turevic. Al principio del XX secolo, in epoca precedente la rivoluzione e la Grande guerra, risalgono anche le costruzioni della cattedrale dell’Esaltazione della Santa Croce di Riazan e quella di Tuapse, nel Caucaso.
Anche se nello Stato autocratico russo del XVIII e del XIX secolo la Chiesa non è mai separata dallo Stato e imperium e sacerdotium rappresentano due teste di un unico corpo, l’importanza simbolica della figura di Costantino si riflette in ambito politico e statale soltanto a partire dal regno di Pavel I (1754-1801). Per volontà di sua madre, Caterina la Grande, il primo figlio di Pavel porta il nome di Alessandro (futuro imperatore Alessandro I), mentre al secondo figlio si dà il nome di Costantino. Questa scelta è del tutto significativa: secondo l’idea dell’imperatrice, Alessandro, come un nuovo Alessandro il Grande sarà chiamato a regnare sull’immenso impero russo, mentre Costantino diverrà un nuovo Costantino il Grande: libererà Costantinopoli dai turchi e salirà trionfalmente al trono imperiale del nuovo impero greco così risorto.
Non tutte le speranze di Caterina la Grande si sono realizzate: il granduca Costantino Pavlovic (1779-1831) abdica al trono russo dopo la morte di Alessandro I, nel 1825, rimanendo a capo dell’armata polacca. Tuttavia il nome di Costantino nel XIX secolo diventa tradizionale fra i discendenti di Pavel I nella famiglia dei Romanov: con questo nome si battezzano il figlio naturale di Costantino Pavlovic, Costantino Costantinov, e il secondo figlio di suo fratello, l’imperatore Nicola I, Costantino Nikolaevic (1827-1892), che diventerà il capo della marina russa. Tra i granduchi russi del XIX secolo che portano il nome Costantino si distingue per i suoi interessi culturali il nipote di Nicola I, granduca Costantino Costantinovic (1858-1915), presidente dell’Accademia delle scienze e poeta, che pubblica i suoi scritti sotto il monogramma K.R. (Costantino Romanov). Suo figlio, l’ultimo Costantino della dinastia dei Romanov, Constantino Constantinovic (1891-1918), viene ucciso dai bolchevichi nel 1918, nello stesso periodo degli altri membri della famiglia dello zar.
Anche in Russia, dunque, il tema di Costantino il Grande attraversa, come un filo rosso, la storia della Chiesa e dello Stato. Esso assume un’importanza particolare nell’iconografia artistica della Russia medievale: il legame indissolubile che unisce la figura di Costantino con il trionfo della croce e con l’affermazione del cristianesimo fa del sovrano romano uno dei santi più venerati nella Russia di quell’epoca. Dopo la caduta dell’impero bizantino la figura di Costantino riveste un’importanza del tutto particolare nel pensiero e nell’arte russa, in quanto simbolo del potere sacrale dell’imperatore bizantino ereditato e assorbito dalle tradizioni imperiali russe.
1 Si veda S.E. Knudsen, The Portraits of Constantine the Great: Types and Chronology, A.D. 306-337, diss., University of California, Santa Barbara 1988.
2 Si vedano H. Mattingly, E.A. Sydenham, C.H.V. Sutherland, Roman Imperial Coinage, 10 voll., London 1926-1994, specie H.M. Brunn, From Constantine to Licinius, VII, London 1966; cfr. inoltre A. Savio, Monete romane, Roma 2001.
3 Cfr. O. Hartig, Der Bamberger Reiter und sein Geheimnis: ein beitrag zur ideologie der hochmittelalterlichen reiterdarstellungen, Bamberg 1939; M. Ruiz Maldonado, El caballero en la escultura románica de Castilla y León, Salamanca 1986.
4 Si veda C. Walter, The Iconography of Constantine the Great Emperor and Saint, Leiden 2006.
5 Cfr. Costantino il Grande tra Medioevo ed Età Moderna, a cura di G. Bonamente, G. Cracco, K. Rosen, Bologna 2008. Si veda anche Libellus de Constantino Magno eiusque matre Helena: la nascita di Costantino tra storia e leggenda, a cura di G. Giangrasso, Impruneta 1999.
6 Le fonti letterarie menzionano molteplici immagini scultoree di Costantino ed Elena che adornano la nuova capitale. Con ogni probabilità si tratta, in larga parte, di spolia antichi: cfr. C. Walter, The Iconography, cit., pp. 37-38. La cronaca delle Parastaseis dell’VIII secolo ricorda la colossale statua di Costantino nel foro omonimo situato a Costantinopoli: cfr. G. Dagron, Naissance d’une capitale. Constantinople et ses institutions de 330 à 451, Paris 1974, tav. IV.
7 Cfr. C. Walter, The Iconography, cit.
8 Ivi, pp. 98-110.
9 «Повесть временных лет», Санкт-Петербург 1997 (Ипатьевский список), Санкт-Петербург 1999 (Лаврентьевский список) (La cronaca degli anni passati, XII secolo, San Pietroburgo 1997, redazione Ipatievskaia, San Pietroburgo 1999, redazione Lavrentievskaia).
10 Cfr. C. Walter, The Iconography, cit., p. 38: Costantino VII (913-957).
11 In particolare quelli conservati a Göreme.
12 Gli affreschi nella chiesa dei Santi Apostoli a Peć (1300 circa), nel Kosovo, e quelli nella chiesa del monastero di Gračanica (1320 circa), sempre nella stessa regione; i cicli di affreschi di Mileševa, di Žiča (1220-1230), di Kalenić (1389-1427), di Arilje (1296), in Serbia; quelli nella chiesa di S. Clemente a Ocrida (1378); quelli nelle chiese di Kastoria (S. Stefano e S. Anastasio), quelli presenti nell’ossario di Bachkovo, in Bulgaria (1344-1365), e, più tardi, quelli di Kremikovci e di Berende, quelli nella chiesa di Pyrgos a Creta; infine, l’icona della chiesa di San Costantino a Rethymnon (1732 circa).
13 В.Н. ЛАЗАРЕВ, Древнерусские мозаики и фрески XI-XIV веков, Москва 1973 (V.N. Lazarev, I mosaici e gli affreschi dell’antica Russia del XI-XIV secolo, Mosca 1973).
14 Памятники древнерусской духовной письменности. Житие преподобного Антония Римлянина, in Православный собеседник, Казань 1858, II, 157-171, 310-324 (Monumenti della letteratura spirituale della Russia antica. La vita di sant’Antonio Romano, in Pravoslavnyi sobesednik, Kazan 1858, II, pp. 157-171, 310-324); С. ШАМИН, Легенда о святом каменеплавце в русской литературной и фольклорной традиции, Герменевтика древнерусской литературы, вып. 11, Москва 2004, C. 471-479 (S. Chamin, La leggenda del santo che andava al mare sulla pietra nella tradizione letteraria e folcloristica russa, in Ermeneutica della letteratura della Russia antica, n. 11, Mosca 2004, pp. 471-479).
15 В. САРАБЬЯНОВ, Собор Преображения Мирожского монастыря, Москва, 2010, pp. 23, 267, 310 (V. Sarabianov, La cattedrale della Trasfigurazione del Salvatore del Monastero Mirozski, Mosca 2010, pp. 23, 267, 310).
16 Chiese di S. Neofito e di Asinou a Cipro; chiesa di S. Vrachi a Kastoria (X secolo); chiesa di S. Michele Arcangelo a Rila (XI secolo).
17 Л. ЛИФШИЦ, Монументальная живопись Новгорода XIV-XV веков, Москва, 1987 (L. Lifshic, La pittura monumentale di Novgorod dei secoli XIV-XV, Mosca 1987).
18 Si intende qui cogliere l’occasione per ringraziare l’amico e collega Vladimir Sarabianov per avere consentito la conoscenza del suo lavoro di resaturatore nella chiesa della Trasfigurazione del Salvatore di Polotsk, sebbene i lavori del restauro e della pulitura degli affreschi non siano ancora terminatti e il suo studio non sia ancora pubblicato.
19 Si veda San Nicola. Splendori d’arte d’Oriente e d’Occidente, a cura di M. Bacci, Milano 2006.
20 Questa vita leggendaria e le sue varie versioni sono state studiate e pubblicate da N. Ahnrich, Der Hagios Nikolaos in der griechischen Kirche, I, Leipzig-Berlin 1913, pp. 74-75, 91-93.
21 Cfr. N. Sevcenko-Patterson, San Nicola nell’arte bizantina, in San Nicola, cit., pp. 61-76, in partic. 65.
22 Il più antico esempio della raffigurazione della visione di Costantino si trova nel famosissimo manoscritto degli scritti di Gregorio Nazianzeno nella Bibliothèque Nationale de France di Parigi, ms. Gr. 510, f. 440, del IX secolo.
23 Ad esempio icone di Georgios Klontzas e di altri artisti cretesi del XVI secolo; cfr. su ciò San Nicola, cit., pp. 74-75, 121.
24 Cfr. San Nicola, cit., p. 216.
25 Cfr. Ivi, pp. 216, 220, 222, 223, 226, 227.
26 Ю. МАЛКОВ, Тема Вселенских Соборов в древнерусской живописи XV-XVII веков, Даниловский благовестник, 4, 1992, pp. 62-72 (Iu. Malkov, Il tema dei concili ecumenici nella pittura russa antica del XV-XVII secolo, in Danilovskii Blagovestnik, 4 (1992), pp. 62-72).
27 Т. ВИРСАЛАДЗЕ, Фрагменты древней фресковой живописи главного гелатского храма Ars Georgica, 5, 1959, C. 163-203 (T. Virsaladze, I frammenti degli antichi affreschi della cattedrale del Monastero di Gelati, in Ars Georgica, 5 (1959), pp. 163-203). Si tratta della raffigurazione dei sette concili ecumenici nel nartece della cattedrale del monastero reale di Gelati. L’assimilazione del re all’imperatore Costantino si annovera tra le antiche tradizioni dell’ideologia di corte anche nella Georgia medievale.
28 Gli affreschi della chiesa di Sopocani, in Serbia.
29 Biblioteca Nazionale Russa, collezione A. Titov, fondo 775, n. 94, f. 214v.
30 C. Walter, L’iconographie des conciles dans la tradition byzantine, Paris 1970.
31 Parigi, Bibliothèque Nationale de France, ms. Gr. 510, f. 355.
32 Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Vat. Gr. 1613, f. 108.
33 Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Barb. Gr. 372, f. 43v.
34 Н. КАЗАКОВА, Я. ЛУРЬЕ, Антифеодальные еретические движения на Руси XIV - начала XVI века, Москва-Ленинград, 1955 (N. Kazakova, Ia. Lurie, I movimenti antifeudali ed ereticali in Russia dal XIV secolo all’inizio del XVI secolo, Mosca-Leningrado 1955).
35 В.И. ВАХРИНА, Икона «Первый Вселенский Собор» из Ростовского Музея, Ростов 2004 (V.I. Vakhrina, L’icona «Il primo concilio ecumenico» nel Museo di Rostov, Rostov 2004).
36 Si veda supra.