Vedi L'identita nazionale canadese dell'anno: 2012 - 2013
Il numero abbastanza elevato di nuovi immigranti che il Canada riceve ogni anno (attualmente circa 250.000 persone per anno) ha sensibilmente incrementato la diversità etno-culturale del paese. Secondo il censimento del 2006 coesistono in Canada oltre 200 diversi gruppi etnici, mentre quello del 1901 ne riportava solo 25. La grande maggioranza dei nuovi arrivati inoltre proviene dall’Asia e dal Medio Oriente e non più come fino a pochi decenni fa dall’Europa. Più del 20% degli attuali cittadini canadesi sono nati fuori dal Canada. Nelle aeree urbane tale percentuale è sensibilmente superiore (per esempio a Toronto è del 50% e a Vancouver del 40%). Si prevede inoltre che la percentuale nazionale dei cittadini nati fuori dal Canada raggiungerà il 46% nel 2031. Ne risulta che solo il 32,2% della popolazione canadese (corrispondente a circa 10 milioni di persone) identifica come ‘canadese’ la propria origine etnica e in quasi la metà dei casi non da sola ma in combinazione con un’altra. Le altre origini citate più frequentemente, da sole o in combinazioni con altre, sono in ordine decrescente: inglese (6,6 milioni), francese (4,9), scozzese (4,7), irlandese (4,4), tedesca (3,2), italiana (1,4), cinese (1,2), indiana d’America (1,3), ucraina (1,2) e olandese (1 milione). V’è anche da notare che nel censimento del 1991, per esempio, in cui il termine ‘canadese’ non era suggerito tra gli esempi di origini etniche, solo il 3,8% delle persone definì la propria origine etnica come ‘canadese’ da sola o in combinazione con un’altra.
Tale mosaico etnico si traduce in una identità nazionale basata principalmente sulla condivisione del principio del ‘pluralismo’, concepito non solo come rispetto delle diversità ma anche come fiera adozione delle stesse e loro elevazione a carattere distintivo e fondamentale della ‘nazione canadese’. Quello che fa dei canadesi una nazione, in altre parole, è il fatto che essi sono concordi nell’abbracciare le diversità che li caratterizza. Il governo canadese contribuisce al mantenimento di tali diversità attraverso la politica del ‘multiculturalismo’, che prevede la distribuzione di fondi a vari gruppi etnici per il mantenimento della loro cultura, o almeno degli aspetti più folkloristici della stessa, e la costruzione di centri comunitari a carattere etnico. Va detto però che la politica del multiculturalismo nacque accidentalmente in seguito all’adozione nel 1971 della politica del ‘biculturalismo e bilinguismo’ concepita come antidoto al crescente nazionalismo francofono in Quebec. Vari gruppi etnici, soprattutto a ovest del paese (dove la loro consistenza numerica era superiore a quella francofona), mal accolsero il ‘biculturalismo’, cosicché la politica del ‘biculturalismo e bilinguismo’ fu tramutata in quella del ‘multiculturalismo e bilinguismo’. Oltre al culto del pluralismo (e del multiculturalismo), la caratteristica forse più importante dell’identità canadese è il fatto che essa si definisce principalmente in negativo, vale a dire in opposizione a quella americana o statunitense. Essere canadese, in altri termini, vuol dire principalmente non essere e non voler essere americano (statunitense), il che si traduce in una certa dose di anti-americanismo. Sebbene secondo lo storico canadese J. L. Granatstein l’anti-americanismo canadese sia molto diverso da quello prevalente in altre parti del mondo e consista principalmente di un certo atteggiamento di disagio e sospetto nei confronti delle attività militari, politiche, culturali ed economiche del proprio vicino del sud, esso rappresenta spesso un ostacolo alla cooperazione tra i due paesi. Alla vigilia delle elezioni del 1988, per esempio, il 41% dei canadesi si dichiarava contrario all’accordo di libero scambio appena firmato con gli Stati Uniti (il 34% era favorevole e il 25% indeciso), che definiva come ‘perdita di sovranità’. Attualmente, la maggioranza dei canadesi si oppone all’adozione di una politica comune che regoli l’entrata delle persone in territorio canadese e statunitense (la formazione di un cosiddetto ‘perimetro continentale di sicurezza’), fortemente perorata dal settore industriale e di esportazione, per paura che esso possa mettere a repentaglio i ‘valori pluralisti’ canadesi. Di conseguenza il governo ha ripiegato su accordi di cooperazione limitatamente ad alcuni settori chiave, per esempio, il controllo dei viaggiatori in aereo.