L’imperatore delle enciclopedie
La voce Costantino nella produzione dei secoli XVII-XXI
Il sapere enciclopedico fornisce una sonda particolarmente valida per scandagliare in modo efficace sul lungo periodo quella parte della ricerca storica che interagisce con il mondo degli studi, ma che diventa cultura diffusa con l’ambizione di essere uno standard dal significato anche politico più generale. Per alcune discipline e per le loro voci questa serie di opere di condensazione del sapere consente di mettere a confronto grandi opere della cultura araba, latina o delle dinastie Ming e Qing, della scienza dell’Europa moderna, dai lumi fino alla contemporaneità. Per la storia è un po’ diverso, perché la percezione della rilevanza di un lemma muta più radicalmente sui diversi orizzonti culturali: e nella fattispecie che qui interessa la voce Costantino si presta a un’analisi ravvicinata in una vasta produzione che dal Dictionnaire di Pierre Bayle fino a Wikipedia ha una precisa collocazione ideologica e di cui Mosca e Chicago sono gli estremi geografici1.
Silloge curieuse di storia sacra e profana Le Grand Dictionnaire Historique, ou le Mélange Curieux de l’Histoire Sacrée et Profane di Louis (Louys) Moréri, apparso in prima edizione nel 1674, si qualifica con le sue riedizioni e supplementi per molti decenni2 come la risposta cattolica al Dictionnaire Historique et Critique di Pierre Bayle. Moréri, a differenza della concorrenza dedica ampio spazio a un’apologetica storica e fornisce per i personaggi sintetici profili. A Costantino – dopo le brevi sezioni sui papi e gli antipapi – è dedicato uno spazio che, pur prendendo nuove tinte nelle varie edizioni, rimane legato a una narrazione eroica della sua vita («[Galere Maximien] il cherche même à le faire périre [...]. Ces mauvais traitements font honneur à Constantin»), che non dà menzione del cosiddetto editto di Milano, ma solo della cessazione delle persecuzioni, e che invece enfatizza il racconto del concilio di Nicea e dei favori fatti dall’imperatore ai vescovi3. Nelle edizioni settecentesche si introduce incidentalmente un cenno a «cette célebre donation, que l’on dit avoir été faite par Constantin», legata alle storie favolose sul battesimo impartito da Silvestro: è a Baronio che si ricorre per negarne il valore, con la citazione della lettera di Girolamo Donato, ambasciatore di Venezia a Roma relativa alle questioni della Serenissima con Giulio II, nella quale il diplomatico dice al papa di portargli l’originale della donazione sulle terre donate a Costantino, così da potergli mostrare sul retro la donazione dell’Adriatico a Venezia4.
È diversa la logica di Bayle, che, nell’indice dell’edizione del 16975 mette Costantino dentro un lemma sulla Tolerance en fait de Religion, costruita con l’idea di prendere il lettore di sorpresa, per così dire, con una serie di rinvii. Della tolleranza si espongono le giustificazioni che essa riceve nella dottrina mennonita (I 202B), per mettere a confronto quella adottata dai maomettani e quella dei cristiani (III 264B e 492B); Bayle fa sua la questione posta da Locke che esclude i papisti dai diritti di tolleranza (IV 115B), per motivi il cui fondamento storico risale alla condanna dei poveri di Lione (IV 453AB); qualche riferimento ai principi di Milton e di de Beauval (I 467A) chiude il cerchio d’un discorso che le riedizioni tardive arricchiranno di essenzialissimi riferimenti fattuali6. Dal 1728 la Cyclopaedia di Ephraim Chambers (tradotta in francese dal 1743 e in italiano dal 1749 come Ciclopedia ovvero Dizionario universale delle arti e delle scienze, che contiene una esposizione de’ termini, ed una relazione delle cose significate da’ medesimi nelle arti liberali e meccaniche, e nelle scienze umane e divine, nella traduzione di Giuseppe Maria Secondo7) con i suoi due volumi di voci e i suoi due di supplementi si limita a offrire su scala universale – e dunque nelle Arts and Sciences – delle definizioni di cose e idee e su Costantino8.
Solo Costantinopoli è menzionata nella Biblioteca universale sacro-profana antico-moderna in cui si spiega con ordine Alfabetico ogni voce anche Straniera, che può aver significato nel nostro Idioma Italiano, appartenente a qualunque Materia, del padre Vincenzo Maria Coronelli i cui primi e soli volumi escono a Venezia da Sismondi nel 1701. Similmente la figura dell’imperatore appare solo di riflesso nel Allgemeines Lexikon der Künste und Wißenschaften di Johann Theodor Jablonski (1741) e nei sessantaquattro volumi del Großes vollständiges Universallexikon aller Künste und Wißenschaften, uscito nei due decenni prima della metà del XVIII secolo, appena prima che appaia ‘la’ encicolpedia.
L’Encyclopédie per eccellenza, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers9 dedica a Costantino qualche riferimento, a partire da quello anodino del volume IV nella voce Costantinopoli, «extrémité de la Roumanie», che dall’imperatore deriva il titolo di Nuova Roma e i monumenti che lo giustificano; ovvi i riferimenti alla voce sui concili di cui Costantino è l’iniziatore («indiqué et convoqué») e a proposito dalla «fable de la donation prétendue» alla voce Papato.
Anche se apparsa nella prima edizione in tre volumi fra il 1768 e il 1771, la Encyclopaedia Britannica diventa un’autorità indiscussa dopo la terza edizione del 1797, già in diciotto volumi e ispirata al criterio di affidare agli specialisti le singole voci. Il Costantino della Britannica muta con il tempo, ma rimane fedele a un profilo rigorosamente fattuale con pochissimi commenti. Nelle varie edizioni di The Encyclopaedia Britannica, Costantino ha uno spazio rilevante: nell’edizione del 1890 ne viene descritta la biografia con un certo gusto narrativo («accepting with well-feigned reluctance the enthusiastic nomination of the army in the vacant throne»), rimane molto distaccata sul «celebrated incident», che si dice abbia causato la conversione di Costantino: basata su Manso e Burckhardt10, insiste nel contestualizzare quello negli altri «incidents» che spiegano un rapporto con il cristianesimo che portano all’editto di Milano letto come l’atto che concede «civil and religious rights to the Christians». Spiega al lettore che il tema più disputato è quello della sua adesione alla fede cristiana, di cui si rappresentano le opposte letture che fanno leva sulla convinzione personale o sulla sua capacità di uomo di Stato: per prendere una via intermedia e concedere alla sua ambiguità i tratti di un uomo mezzo cristiano e mezzo no11.
Anche grazie al successo e alle riedizioni della Britannica lo strumento enciclopedico acquista nell’Ottocento proporzioni industriali e diventa sempre più popolare: il Brockhaus Konversations-Lexikon chiude il sesto e ultimo volume nel 1808, e dedica a Costantino una breve scheda12, che sarà rivista con cura per decenni, riportando dalla massa dei nuovi libri usciti un piccolo segnale di aggiornamento13. Il Brockhaus sarà insidiato da Das grosse Conversations-Lexikon für die gebildeten Stände, curato nel 1839 da Joseph Meyer a Gotha e noto come «der Wunder-Meyer» e poi proseguito nell’edizione del figlio für alle Stände nel 1857-1861, aggiornata a più riprese: fedele al principio biografico, segnala le ombre di vita dell’imperatore e semplifica molto l’idea dell’editto14, e seguita da numerose edizioni fino a tutto il Novecento15. La Encyclópedie moderne ou bibliothèque de toutes les connaissances humaines pubblicata presso P. Duménil prima del 1843, data in cui escono i supplementi, segue la stessa traccia: invece nella Encyclopédie moderne. Dictionnaire abregé des sciences, des lettres, des arts, de l’industrie, de l’agriculture et du commerce vengono completati dall’editore Firmin Didot a Parigi nel 1853, manca un’entrata per l’imperatore trattato come tutti i personaggi sotto altre voci16.
Tutto diverso quello che accade nelle enciclopedie a larga diffusione che si avvalgono ormai di illustrazioni molto suggestive (un salto di qualità che qualifica i trentanove volumi della Cyclopaedia di Abraham Rees, uscita a Londra e Filadelfia fra il 1802 e il 1819) e di sistemi di diffusione nuovi come la Penny Cyclopaedia uscita in dispense con i quotidiani fra il 1833 e il 1846, e più tardi l’Enciclopedia Popolare Sonzogno di cui si parlerà fra un momento, e la grande famiglia dei Larousse17. Cambia il registro con riflessi rintracciabili anche nella Britannica del 1911, rimasta per molto tempo un modello di riferimento: del rescritto milanese del 313 dice solo che il cristianesimo «although not as yet adopted as the official religion» era stato «secured» nell’intero Impero. Piccole le concessioni al commento, come quella un po’ umoristica (conservata dall’edizione del 1911) secondo cui di Costantino si può parlare come di uno «having been for ten years an excellent ruler, for twelve a robber and for ten a spendthrift», la cui politica «was constantly forced to have recourse to fresh exactions in order to enrich his favourites and to carry out such extravagant projects as the building of a new capital»18. E se mai il ritorno al più antico dilemma posto da Stanley – Costantino è grande per quel che fu o per quel che fece – che rimarrà fino all’edizione del 192919.
In Italia un’opera popolare come l’enciclopedia Sonzogno, iniziata da Palmiro Premoli, presenta l’imperatore in un quadro ideologico molto preciso: ne esalta le virtù militari e la grandezza di stratega, ma indica con altrettanta nettezza come «fiaba» sia la donazione sia la «completa conversione» al cristianesimo; ma soprattutto preme al redattore far rilevare la polarità delle letture possibili: giacché «i cattolici considerano Costantino come l’anima del cristianesimo, come l’uomo che, ispirato dalla sapienza divina, fu destinato a far trionfare l’idea monoteistica; ma in realtà egli elevò il cristianesimo a religione di Stato per un calcolo politico e nulla più»20. Il suo corrispettivo iberico e latinoamericano, la Enciclopedia Universal Ilustrada pubblica la voce su Costantino nel 191221: un ritratto con qualche cenno psicologico (l’ammirazione dei romani per non aver infierito sull’esercito ma solo sulla famiglia di Massenzio dopo la battaglia di Saxa Rubra) e una spiegazione ampia del «famoso edicto de Milán»: una vera «revolución en materia religiosa», dalle conseguenze «fatales», sia che venissero da un imperatore davvero divenuto cristiano o rimasto nel fondo pagano: la parte più ampia dell’articolo è dedicata alla spiegazione dettagliata delle politiche e delle produzioni artistiche e numismatiche fatte in suo nome, ma lascia a un ritratto finale i giudizi più riassuntivi e arbitrari sul temperamento, le qualità, la tolleranza effettiva e la personalità di un personaggio sul quale si riportano tre colonne di bibliografia. La Universal Ilustrada utilizza un grande numero di foto, che riportano il ritratto di Cima da Conegliano a Venezia, di Pierre Paul Puget a Marsiglia, di Piero della Francesca ad Arezzo, i Raffaello del Vaticano e il morso del cavallo di Costantino conservato nel reliquiario di S. Siffrein a Carpentras, oltre alle foto della scultura del Bernini in San Pietro, dell’arco, del sarcofago e delle monete.
Uscita fra il 1913 e il 1920, la Catholic Encyclopedia è la prima opera che tenti di impossessarsi in senso confessionale dello strumento enciclopedico con tanto impegno e tanta ampiezza di diffusione22. Diretta da Charles George Herbermann con Edward A. Pace, Condé B. Pallen, Thomas J. Shahan e John J. Wynne la Catholic presenta un Costantino allineato al registro celebrativo dell’anno del XVI centenario. Il timbro confessionale appare subito per Elena o meglio «St. Helena [...] a woman of humble extraction but remarkable character and unusual ability». Figlio modello che il padre desidera rivedere dopo le battaglie sul Danubio del 305, Costantino viene opposto come Cesare alla figura di Massenzio «a tyrant and profligate» e di Galerio «the most violent persecutor of the Christians [who] had died a miserable death, after cancelling his edicts against the Christians». Generale che, anche quando marcia, viene presentato come uno che si difende, Costantino celebra la vittoria a ponte Milvio in senso religioso: infatti il rescritto del 313 viene presentato come una sorta di ringraziamento a Dio: «of his gratitude to the God of the Christians the victor immediately gave convincing proof; the Christian worship was henceforth tolerated throughout the empire (Edict of Milan, early in 313)». Tutto diverso da Massimino Daia, «a bigoted pagan and a cruel tyrant, who persecuted the Christians even after Galerius’ death» che fa invocare il Dio cristiano ma soccombe e muore «of a painful disease». Nella Catholic Encyclpedia un’intera sezione è invece dedicata alla valutazione storica: il punto di avvio non ammette sfumature
Constantine can rightfully claim the title of Great, for he turned the history of the world into a new course and made Christianity, which until then had suffered bloody persecution, the religion of the State. It is true that the deeper reasons for this change are to be found in the religious movement of the time, but these reasons were hardly imperative, as the Christians formed only a small portion of the population, being a fifth part in the West and the half of the population in a large section of the East. Constantine’s decision depended less on general conditions than on a personal act; his personality, therefore, deserves careful consideration23.
Le ambiguità sono astuzie per evitare una violenta rottura con il passato e la sua formazione un’educazione al monoteismo, anche se la militia a corte conferiva alla dignità imperiale «a halo, a sacredness, a ceremonial, which was borrowed from the Oriental theocracies»: perciò si dirà sacro ciò che prima era detto imperiale. L’enciclopedia cattolica ritiene che
in deciding for Christianity he was no doubt also influenced by reasons of conscience – reasons resulting from the impression made on every unprejudiced person both by the Christians and by the moral force of Christianity, and from the practical knowledge which the emperors had of the Christian military officers and state officials. These reasons are, however, not mentioned in history, which gives the chief prominence to a miraculous event24.
Cioè la visione riferita da Lattanzio e da Eusebio e il combinarsi di insegne e di simboli: da ciò il nesso con «the famous joint edict of tolerance» che dà a tutti libertà e insieme è il gesto di riconoscenza al dio dei cristiani. L’enciclopedia, però, deve considerare anche un diritto che al momento non era ritenuto accettabile dal magistero:
When the wording of the edict is carefully examined there is clear evidence of an effort to express the new thought in a manner too unmistakable to leave any doubt. The edict contains more than the belief, to which Galerius at the end had given voice, that the persecutions were useless, and it granted the Christians freedom of worship, while at the same time it endeavoured not to affront the pagans. Without doubt the term deity was deliberately chosen, for it does not exclude a heathen interpretation. The cautious expression probably originated in the imperial chancery, where pagan conceptions and pagan forms of expression still lasted for a long time25.
Per essere compresa dai suoi lettori l’enciclopedia usa un parallelo audace:
Nevertheless the change from the bloody persecution of Christianity to the toleration of it, a step which implied its recognition, may have startled many heathens and may have excited in them the same astonishment that a German would feel if an emperor who was a Social Democrat were to seize the reins of government. The foundations of the State would seem to such a one to rock26.
Preso atto che per molti lettori era un passaggio altrettanto incredibile la voce vede in quel momento un inizio che passerà dalla tolleranza alla prevalenza: «At all events, a happy day now dawned for the Christians. They must have felt as did the persecuted in the time of the French Revolution when Robespierre finally fell and the Reign of Terror was over»27. La ragione di un passaggio alla religione di Stato è, per l’opera, di carattere storico:
In the same way religious freedom and tolerance could not continue as a form of equality, the age was not ready for such a conception. [...] In contrast to the smothering violence of the ancient State, and to the power and custom of public opinion, the Christians were the defenders of freedom, but not of individual subjective freedom, nor of freedom of conscience as understood today. And even if the Church had recognized this form of freedom, the State could not have remained tolerant28.
La vicenda successiva viene spiegata così in termini ‘americani’, ricordando i diritti garantiti agli ebrei, la scarsa energia anti-ariana dell’imperatore e la legislazione sociale sulla famiglia e sui figli. E se si sottolinea la sacralizzazione del potere imperiale, la sua condizione di catecumeno viene indicata come un segno di umiltà, anche se si dà per certo che «Constantine himself preferred the company of Christian bishops to that of pagan priests». Perfetto re cristiano, «he avoided any direct interference with dogma, and only sought to carry out what the proper authorities – the synods – decided». E alla fine è sui discendenti che ricade il peso dell’intolleranza: «Their successors had recourse to religious persecution against heretics and pagans. Their laws (Cod. Theod. XVI 5) had an unfavourable influence on the Middle Ages and were the basis of the much-abused Inquisition».
Sul piano scientifico l’edizione della voce Costantino apparsa nel 1901 nella Pauly-Wissowa, segna un punto di svolta29: anche rispetto all’Ur-Pauly – il primo lessico concepito da August Friedrich Pauly e realizzato fra il 1837 e la sua morte nel 1864, e di cui fu subito dopo avviata la grande riedizione completata nel 1978 – come d’uso in quella grande opera la voce fornisce una rassegna bibliografica critica del tutto esaustiva che acquisisce e fissa lo standard della ricerca filologica tedesca; accanto a questo la Pauly-Wissowa fornisce un esame esaustivo delle fonti letterarie, epigrafiche e numismatiche, e a queste fa riferimento rigo per rigo ogni volta che fa una affermazione. Conrad Benjamin che la stende, specialista di storia militare30, dedica ampio spazio al governo e al governo dell’esercito, ma ovviamente si misura con la tesi di Jakob Burckhardt sulla irreligiosità dell’imperatore e sul cristianesimo31, mentre per ponte Milvio e per Milano riprende la storiografia recente che ridimensiona la portata del ‘cosiddetto’ editto e il significato del monogramma.
È lo standard su cui si regola il Dictionnaire d’Archéologie Chrétienne et de Liturgie, coevo all’enciclopedia cattolica americana, ma segnato da un altro intendimento. Dall’officina di boulevard Raspail esce nel 1914 (sarà riedito nel 1948) il tomo terzo, parte seconda, del dizionario diretto dai benedettini Fernand Canrol ed Henri Leclercq, che è anche l’autore della voce riservata all’imperatore che si distende su ben settantaquattro colonne. Divisa in diciotto sezioni essa esamina la famiglia, la cronologia, la biografia, l’iconografia (articolata in dodici sezioni), l’evoluzione religiosa e la sua politica, la visione e la conversione, il labaro, l’editto, l’arco, la donazione e papa Silvestro, il battesimo, la fede e la canonizzazione di Costantino, chiuse da una bibliografia.
Il profilo cronologico è molto accurato, con ampi rinvii in nota e nel testo alle fonti in greco e in latino e una disamina attenta – si capirà poi perché – delle sensibilità politico-religiose di Costantino, pronto a rivendicare la discendenza erculea per reclamare l’impero di cui aveva conosciuto da bambino il più crudo volto repressivo in materia religiosa e che da Augusto mette a frutto la «tolérance notoire» di cui è protagonista già dal 307. Leclercq si serve abbondantemente del corpus delle iscrizioni per datare snodi istituzionali e delle fonti di prima mano per definire la sequenza di atti contro le confische che precedono quello relativo ai cristiani, ebrei, samaritani, montanisti, marcioniti, novazianisti e sabelliani menzionati nell’accordo con Licinio del 313 e ripresi nella Littera Constantini di marzo, che precede di poche settimane lo scoppio della crisi donatista. Seguendo il succedersi dei mesi dell’Impero di Costantino, la voce di fatto ridimensiona atti ed eventi che in presentazioni più sintetiche acquistavano troppo spazio o finivano per sparire (come il concilio di Arles o la sanguinosa faida famigliare che vede Elena, secondo Zosimo e «son souci de mettre en mauvaise posture les personnages les plus honorés du christianisme», consumare la propria vendetta su Fausta).
La brevissima biografia, invece, prende posizione in modo più globale sull’inclinazione leggendaria dei racconti sulla famiglia e sulla vita di Costantino e lascia spazio a una lunga disamina iconografica corredata da disegni e ricostruzioni di reperti conservati o dispersi dalle vicende, incluse quelle della rivoluzione francese, e intrecciata anche con le ricerche di Louis Duchesne, il grande studioso del Liber pontificalis, condannato dal furore della repressione antimodernista a inizio secolo. Leclercq segnala fra l’altro un medaglione della collezione di Carlos del Beistegui che con la sua dicitura (adventus augg nn) potrebbe portare proprio alla conferenza di Milano del 313.
La parte monumentale risale nientemeno che al volume in folio del 1693, De sacris aedificiis a Constantino Magno constructis, synopsis historica di Giovanni Giustino Ciampini (ora disponibile in Europeana); mentre per il labaro e il monogramma si dà come obiettivo quello di mostrare la «évolution religieuse» del regno costantiniano, al quale sono dedicate due sezioni. Seguendo un saggio di Pierre Batiffol del 191332 Leclercq spiega da un lato la tesi di chi vede nella tendenza al monoteismo della religione romana un fattore minacciato e resistente rispetto alle decisioni di Costantino e dall’altro mostra come la tendenza al sincretismo dei tempi dei Severi avesse preparato il terreno a una teologia politica che vedeva in un Dio superiore una «entité administrative» funzionale all’esercizio del potere. Al tempo stesso mostra le oscillazioni nella politica religiosa dell’imperatore che dà «christianis et omnibus liberam potestatem sequendi religionem quam quisque voluisset», che riconosce ai cristiani, «id est corpori et conventiculis eorum» una libertà che è di religio ed è di observantia, e che conserva il titolo pagano di pontefice massimo, poi reinterpretato come vescovo dei pagani. Le contraddizioni secondo Leclercq vengono da una corte che governa quella ‘immagine’ di Costantino e che pesa anche in episodi come quello delle visioni (Leclercq la presenta commentando in sequenza le fonti, cioè Lattanzio, Eusebio, Nazario), di cui una è di ordine «purement naturel» e l’altra è miracolosa, a patto che se ne provi la realtà storica. E anche sulla conversione non accetta né le visioni di un imperatore piissimo né quelle dell’astuto calcolatore, ma l’idea di un uomo estroverso, ambizioso e impulsivo, che mette continuamente in gioco le sue convinzioni.
In questa linea di acribia critica si collocano anche le sezioni dedicate al labaro e all’arco con la sua celebre correzione di diis faventibus in istinctv divinitatis per allineare il monumento al nuovo stile religioso del sovrano. Anche la donazione viene perciò trattata nella voce Costantino e non rinviata: datata seguendo Döllinger al 752-774, essa sarebbe stata dunque usata nel conflitto fra papa Adriano e Carlo Magno, per garantire al papa, nella rottura con i greci, una base di supremazia che è anche al centro del concilio di Gentilly. Queste leggende, spiega Leclercq, servono a consolidare una storia del trionfo cristiano, che si ribalta nella questione della canonizzazione di Costantino: al riparo nientemeno che dell’erudizione settecentesca di Charles Le Beau e dei suoi ventisette volumi sulla storia del basso Impero, Leclercq osserva che mentre i pagani rendevano dei gli imperatori, i cristiani li facevano santi. E chiude sulla geografia del culto costantiniano la più importante voce della prima metà del secolo.
Nel terzo volume del lessico di teologia e scienza religiosa, Religion in Geschichte und Gegenwart, uscito a Tubinga per i tipi di Mohr e Siebeck in seconda edizione nell’anno della grande depressione, la colonna dedicata a Costantino è affidata a Gustav Krüger, che si basa sull’opera di Eduard Schwartz del 1913 (Kaiser Konstantin und die christliche Kirche) e sulla riedizione del 1924 della monografia di Burckhardt sui tempi dell’imperatore (Das Zeitalter Konstantins des Großen, 1853)33.
Dopo i dati biografici essenziali Krüger lo presenta come l’imperatore che con l’editto di Milano avvia la «Religionspolitik» verso una libertà di professione di fede («Glaubensfreiheit»). Un certo spazio è riservato all’interpretazione del segno della vittoria che personalmente («subjektive Wahrheit») identifica con il monogramma di Cristo. La struttura dell’opera però permette di rinviare, per i grandi nodi storici, alle voci sul cesaropapismo, sulla cristologia, su Eusebio e sulla donazione.
Cinque anni dopo, nel 1934, il Lexikon für Theologie und Kirche esce in seconda edizione: lo strumento edito da Herder a Friburgo, a cura di Konrad Hofman e del vescovo di Regensburg Michael Buchberger, vede comparire nel sesto volume tre colonne su Costantino a firma di Karl Bihlmeyer. L’apertura è secca nell’attribuire alla fede cristiana l’imperatore («Kaiser, der erste christliche», recita l’incipit), ma riguardo al decreto di tolleranza («das sog. Mäilander Edikt») spiega con maggior dettaglio e precisione la sequenza fra le decisioni di Galerio del 311 e il rescritto di Milano, sui quali proprio lo stesso Bihlmeyer aveva scritto sulla Theologische Quartalschrift del 1914, ma riconosce che è l’ultimo di cui si può dire che faccia epoca. Egli colloca la visione del segno lontano da Roma, e presenta la personalità di Costantino come sensibile a improvvise esaltazioni religiose («impulsiv und mysticher Exaltation»), e si oppone alle tesi di Burckhardt che nega la sua sincerità religiosa, vedendo in lui contaminazioni spirituali di tipo sincretista. Bihlmeyer vede nelle definizioni dell’imperatore come ‘magno’ in Occidente o come ‘tredicesimo degli apostoli’ in Oriente una certa equipollenza: e per la leggenda della donazione rinvia ad altra voce.
Di qualche interesse è la mezza colonna di bibliografia che l’opera riserva a voci di questo peso: egli cita lo studio sulla Oratio ad sanctorum coetum di Ivar A. Heikel del 1902 e sul piano biografico il citato Burckhardt (nella riedizione del 1925), l’opera di Luigi Salvatorelli del 1928 e la monografia, uscita a Oxford nel 1928, di Vacher Burch, Myth and Constantine the Great. Attento alla numismatica (Jules Maurice viene citato sia per la biografia sia per le indagini sulla numismatica costantiniana del 1908-1912). L’autore usa la voce del Dictionnaire d’Archéologie Chrétienne et de Liturgie per rinviare agli studi di Richard Laqueur: sono invece le opere del centenario del 1913 (Eduard Schwartz, Hugo Koch, Joseph Schrijnen) che fanno da corredo al lavoro di Pierre Battifol, La paix constantinienne et le catholicisme, uscito in quarta edizione nel 1929.
Fondato nel 1925 a Roma, l’Istituto della Enciclopedia Italiana diretto da Giovanni Gentile completa la prima edizione della Grande Enciclopedia nel 1937 e segue con molta attenzione quelle voci sensibili sul piano della politica ecclesiastica del regime34. La voce Costantino viene stesa e firmata nel 1931 da Alberto Olivetti, lo storico della Roma antica che lavora alle grandi voci della Enciclopedia, e da Roberto Cessi, un passato socialista e antifascista, non ancora ordinario di Storia medievale e moderna a Padova, dove sarebbe approdato nel 193535. Olivetti ricostruisce la vita dell’imperatore con una leggera concessione al risentimento di Ambrogio: «Costantino fu figlio dell’imperatore Costanzo Cloro e di una donna di umile condizione, Elena, che S. Ambrogio (De obitu Theodosii, c. 42) indica come un’ostessa (stabularia) e che la maggior parte degli storici ritiene la concubina di Costanzo Cloro (v. Elena, santa)»36.
Ne ripercorre la giovinezza di ostaggio e la proclamazione ad Augusto nel 306, dopo la mancata designazione, che «dal lato puramente giuridico, equivaleva a una vera e propria usurpazione del potere imperiale», compiutasi con le lotte del 306-312. Ricordato «l’editto di tolleranza di Galerio» la voce dell’Enciclopedia Italiana evoca l’incontro di Milano e «il famoso editto di tolleranza religiosa» che non interrompe la ricostruzione evenemenziale e politica della vicenda costantiniana. Solo alla fine Olivetti riprende il complesso della «politica religiosa» del riunificatore dell’Impero con sfumature significative. A partire dal giudizio di valore secondo il quale la fama di Costantino è dovuta certamente, più che ai suoi successi militari e politici e alle sue riforme amministrative, al suo atteggiamento verso il cristianesimo, che, nello spazio di pochi anni, vide radicalmente mutata la sua posizione giuridica e reale e da setta perseguitata diventò religione preminente nello Stato, favorita e professata dallo stesso sovrano37.
La periodizzazione di questa politica vede distinte tre fasi – quella che va fino alla vittoria su Massenzio (306-312), da lì alla sconfitta definitiva di Licinio (313-324) e infine il periodo della sovranità assoluta (324-337) – che secondo Olivetti sono segnate anche da tre atteggiamenti interiori diversi. Liberatosi dal problema (così vivo nella Britannica un ventennio prima e in Vogt dopo di lui) di un giudizio complessivo sulla fede dell’imperatore Olivetti sottolinea che «è innegabile che negli anni immediatamente successivi alla sua elevazione al trono C. prese parte a cerimonie pagane, fu esaltato come pagano dai panegiristi e fece battere monete con rovesci e simboli puramente pagani»38.
Con il 312, dunque, ci sarebbe un «primo atto ufficiale di adesione al cristianesimo» che corrisponderebbe all’incisione del monogramma sugli scudi: Olivetti crede a Lattanzio, «che scrisse verosimilmente a soli due anni di distanza dall’avvenimento», ma segue in questo Johannes B. Aufhauser e Giovanni Costa che nel monogramma vedono un segno solare gallico39, che con il 313 segna un passaggio soggettivo e oggettivamente apre la via «al riconoscimento ufficiale del cristianesimo», grazie alla restituzione dei beni alle comunità e ai singoli. Olivetti sostiene che è ormai superata la tesi di Otto Seeck sulla radicale inesistenza di un vero e proprio editto40; al tempo stesso ricorda giustamente che
Nello stesso anno 313 una legge di C. salvaguardava i sacerdoti della chiesa cattolica dalle ingiurie degli eretici (Cod. Theod. XVI 2,1) e nel 315 un’altra legge minacciava di gravi pene gli ebrei che avessero perseguitato i loro correligionarî che si fossero convertiti ad Dei cultum. Pure del 315 è l’iscrizione apposta dal Senato sull’arco di trionfo di C., nella quale si nota la formula instinctu divinitatis (Corp. Inscr. Lat., VI, 1139)41.
Olivetti ricorda che solo le due leggi del 319 dimostrano una maggiore adesione di Costantino alla nuova fede: «l’una (Cod. Theod. XVI 2,2) nella quale ai sacerdoti cristiani qui divino cultui ministeria impendunt sono concesse speciali immunità, e l’altra (Cod. Theod. IX 16,1) nella quale viene proibita l’aruspicina privata»42; l’altra collegata al divieto del 320 dei sacrifici privati e alle norme del 321 sul testamento a favore della comunità cristiana – definita come venerabilis concilium della sanctissima catholica ecclesia (Cod. Theod. XVI 2,4) – o sulla festività domenicale. Olivetti trova conferma numismatica di questa periodizzazione, che vede una «benevolenza sempre più spiccata» verso il cristianesimo motivata da ragioni personali e politiche. L’editto del 324 nel quale Costantino si dichiara cristiano e domanda la conversione di tutti i sudditi e promette tolleranza per i renitenti: segna il passaggio della religione romana al culto nuovo. Con vari esempi, però, lo storico della Enciclopedia sostiene che il favore sempre crescente accordato da C. al cristianesimo nell’ultimo periodo del suo regno non lo condusse quindi ad atti d’intolleranza verso il paganesimo e tanto meno ad atti di persecuzione. Dobbiamo infine notare che la conversione di Costantino al cristianesimo, già da tempo idealmente compiuta nell’animo dell’imperatore, dal lato formale non fu completata che negli ultimi istanti della sua vita: egli ricevette il battesimo sul letto di morte dal vescovo ariano Eusebio di Nicomedia43.
Esaminata dunque l’azione politica e di fondatore di Costantino Olivetti arriva alla conclusione che «l’inserzione del cristianesimo nello Stato romano e la fondazione di Costantinopoli basterebbero da sole a dare un particolarissimo rilievo alla figura» dell’imperatore, sul quale non vuole dare un giudizio sommario come era uso fare in opere concorrenti:
Se, per la laconicità di alcune fonti e l’evidente esagerazione di altre, ci sfuggono molti elementi per giudicare il suo carattere, la sua vita privata, la schiettezza dei suoi sentimenti religiosi che egli talvolta subordinò ai suoi interessi politici, queste lacune non c’impediscono di valutare completamente, al disopra della cieca ammirazione dei panegiristi e dei parziali giudizî dei denigratori, la profonda traccia che egli ha lasciato nella storia dell’umanità. Figlio dei suoi tempi, commise eccessi, che meritano di per sé stessi un severo giudizio, ma che tuttavia devono essere inquadrati nelle concezioni morali dell’epoca e che comunque non possono modificare profondamente l’apprezzamento complessivo sull’opera dell’ultimo grande imperatore romano44.
Fa parte della voce un excursus del Cessi sulla donazione che proprio come «falsificazione [...] è un documento di alto interesse storico» da datare con attenzione. Cessi ne ricorda i caratteri e le stratificazioni:
in questo quadro si confondono e male si armonizzano concetti e fatti tra loro incongruenti, che solo apparentemente assumono un aspetto di continuità di pensiero e di unità di concepimento e di stesura, subordinatamente ai quali si è tentato di risolvere il problema cronologico di composizione con un criterio unico. Ma forse è da dubitare che questa apparente unità sia derivata da effettiva unità originaria45.
Lo storico, infatti, ritiene che ci sia un nucleo che spiega le varianti del greco e del latino:
si presenta allora l’eventualità che il documento stesso abbia avuto origine da un nucleo primitivo dettato in latino e tradotto in greco (poiché nella parte essenziale il testo latino rivendica un diritto di priorità su quello greco), successivamente sviluppato con integrazioni e postille introdotte prima, in greco, sulla versione greca, e da questa poi passate nella versione latina, traducendo il testo greco. Questa ipotesi permette d’isolare nel documento un nucleo primitivo, che, conservando la corretta struttura diplomatica formale e sostanziale delle costituzioni imperiali dell’ultima età romana, risolve con sanzioni positive problemi concreti attuali della vita ecclesiastica46.
Cessi si dilunga sulla sua ricostruzione del nucleo gelasiano e degli influssi agiografici e politici che lo espandono e ne fanno una fortuna che solo Leone IX nel 1055 utilizza, creando «la tradizione di fiducia e d’indubbia autenticità, che lo fece includere nel decreto di Graziano», fino alle deplorazioni dantesche e alle sconfessioni umanistiche.
Appena anteriore alla popolare Bompiani uscita in due volumi nel 1936, il Grande Dizionario Enciclopedico Utet diretto da Pietro Fedele parte nel 1933 e sarà poi aggiornato fino alla quarta edizione nel 1984-1991. La prima voce Costantino della serie è affidata a Mario Rettori. La voce sottolinea la caratura di ‘uomo nuovo’ del generale-imperatore, che dà corpo alle grandi trasformazioni iniziate sotto gli Antonini e i Severi. Costantino sarebbe stato capace di interpretare l’ingresso dei provinciali nella vita pubblica, le mutazioni demografiche, la diffusione del latifondo, le sempre più frequenti manomissioni, il dispendio di denaro pubblico per guerre di usurpatori che determinano una crisi di «convinzioni», che cedevano davanti a nuove visioni del mondo e al successo del monoteismo, come nel culto di Mitra e nei culti solari e nel cristianesimo. Secondo Rettori quest’ultimo avrebbe avuto il vantaggio di «un’ottima organizzazione gerarchica, ricalcata proprio sul modello dello stato romano», che ne impedì lo sradicamento e spinse l’Impero – l’anacronismo è significativo – a una «politica della conciliazione e della mano tesa: sarà questa la politica che – adattandola secondo il momento e le circostanze – Costantino verrà sviluppando». In questa visione tutta politica della nuova fede, riflessa dalla citazione in bibliografia di Salvatorelli, Rettori ricostruisce le vicende dell’imperatore, il suo successo e anche la decisione del rescritto di Milano, senza rinunciare a sottolineare la persistenza del culto romano che porta a divinizzare in Senato il defunto sovrano, nonostante avesse ricevuto il battesimo, dice Rettori con un altro significativo anacronismo in articulo mortis47.
Catholicisme, che voleva essere una risposta cattolica all’enciclopedismo laico, dedica a Costantino una voce molto equilibrata di Augustin Fliche, uscita nel 1952. Lo storico che con Martin inizierà quella monumentale storia della chiesa che segnerà per decenni il panorama della manualistica europea. Prudente sulla visione («il aurait eu la vision célèbre») del 28 ottobre 312, viene dipinto prima come un persecutore diligente che non spinge la repressione oltre ciò che aveva fatto suo padre, poi come il protagonista di una progressiva benevolenza («de plus en plus marquée») verso un cristianesimo che in lui si manifesta a partire dal 320, e poi nell’intervento sulla controversia ariana che conduce al «concile général de tous les évêques catholiques» che lascia però deliberare liberamente. Ancora dubitativa («semble-t-il») l’inclinazione verso gli ariani della fine della vita48.
L’anno dopo, nel 1953, il Dizionario ecclesiastico costituisce un contraltare erudito, diretto da Angelo Mercati e August Pelzer, che esce per Utet all’inizio degli anni Cinquanta. Silvio Solero, canonico del duomo di Torino, dedica all’imperatore tre colonne di sintesi (corredate da una purgatissima bibliografia che ammette solo Franz J. Dölger, Pio Franchi de’ Cavalieri e Pierre Batiffol) che sono però interessanti perché dicono come nel contesto dell’erudizione vaticana si ponesse la questione costantiniana: neutrale sulla domanda di fondo relativa alla visione del 312 («Tale visione è storia o leggenda?»), riferisce la posizione di chi crede che la conversione sia stata «puro opportunismo politico», e sul «presunto editto di Milano» è preciso nel dire che vi è «anzitutto affermato il diritto di ciascuno di seguire la propria coscienza nelle cose di religione» (negata in quel momento dal magistero ecclesiastico) e che poi quel diritto viene «applicato» alla religione cristiana. Sulla donazione che «oggi nessun ritiene più autentica» adotta la posizione di chi la data «più probabilmente all’epoca carolingia». Da ultimo Solero contrappone all’estremo dei «Greci che gli decretarono gli onori degli altari come uguale agli apostoli» e a quello degli «storici anticattolici che lo descrivono come un politicante senza coscienza, opportunista e crudele», un «giudizio equanime» che non lo vede come un santo, ma come un «imperfettissimo cristiano», che ha iniziato «una età nuova, di una novella civiltà nella storia».
Il grande Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastique, iniziato dal cardinal Alfred Baudrillard e continuata dai lovaniensi Albert De Meyer ed Étienne Van Cauwenberg arriva a Costantino con il tomo III, pubblicato da Letouzey et Ané nel 1956. È Jean-Remy Palanque – che nel 1945 aveva pubblicato con Gustave Bardy e Pierre de Labriolle il tomo della grande storia della Chiesa di Augustin Fliche e Victor Martin De la paix constantinienne à la mort de Théodose – che si incarica di una voce che è lo specchio di quel manuale e degli studi che, come dice nella bibliografia assai completa e aggiornata, hanno cambiato il panorama della ricerca dopo il 1936, con le monografie di Joseph Vogt, Andreas Alföldi e Arnold H.M. Jones, André Piganiol: un quadro della vicenda famigliare di Costanzo Cloro e della «concubine» Elena, ripudiata con danno per il figlio Costantino, e del legame di questi con Minervina, sposa («ou concubine»?) del futuro imperatore. Palanque si sofferma sul tema della divisione dell’Impero e delle questioni dinastiche e politiche che questo apre: a esse dedica più importanza di quella riservata ai problemi del carattere di Costantino, di cui pure cita la vanità seguendo una tesi di Vogt, e alle qualità di Costantino che esce dalla vita imbattuto in battaglia. «Primo imperatore cristiano», secondo Palanque scivola dal politeismo epurato al monoteismo mistico-filosofico, che precede la conversione. «Il est malaisé de scruter avec fruit des choses aussi intimes» diceva la Histoire ancienne de l’Église condannata da Pio X e qui citata per non impegnarsi sul problema della ‘sincerità’ della conversione: ma ponte Milvio non è la via di Damasco dell’imperatore, e la sua teologia «à la foi fruste et incertaine» sulla questione ariana dimostra che la sua adesione al cristianesimo non è comunque così impegnata; meno comunque della sua decretazione di tolleranza, che fa concorrenza alla decisione già presa da Massenzio in ordine alla restituzione dei beni alla Chiesa di Roma. Editto, rescritto «ou plus exactement mandatum» quello di Milano dimostra dunque che la legislazione riparatrice dà al cristianesimo ciò che non avrebbe potuto ottenere da sé: la libertà da un lato, ma anche quella che Piganiol chiamava la prima guerra di religione, nel 324. Palanque dedica poi ampio spazio alla condizione delle Chiese minoritarie e ai concili costantiniani. Dominatore di un secolo, «comme Auguste, Charlemagne, Louis XIV ou Napoléon», il Costantino di Palanque s’impone per le sue politiche economiche e religiose: inizia un’epoca, come voleva il discorso cattolico vigente, ma anche quella «intrusion de l’État dans les affaires intérieures de l’Église», compensata da una «gratitude adulatrice» degli uomini di Chiesa, inconsapevoli del domani49.
È di Joseph Vogt – decano e di lì a poco rettore dell’Università di Tubinga, dove era stato allievo e successore di Wilhelm Weber e dove si era laureato nel 1921 – la voce Costantino per il Reallexikon für Antike und Christentum diretto da Theodor Klauser, uscita nel III volume, nel 1957. Si tratta del contributo più importante del secolo almeno per ampiezza, giacché arriva a contare centocinquanta colonne. Vogt non fornisce un panorama degli studi ma riprende la sua monografia Constantin der Grosse und sein Jahrhundert uscita a Monaco nel 1949 e poi riedita fino agli anni Novanta del secolo: Vogt non crede alla profondità dei convincimenti costantiniani e mentre concede molto sul piano dell’abilità militare e politica, dà una lettura minimale del suo atteggiamento verso il cristianesimo. È la tesi che farà sua Henri Chadwick, che però insisterà sulla mancanza di ‘chiarezza’ nell’imperatore, non sulla sua superficialità o insincerità50.
Quando Marie-Dominique Chenu tiene la sua conferenza sulla ‘fine dell’era costantiniana’ all’Unesco non sono certo le voci enciclopediche la sua fonte, l’immagine dell’imperatore che si riflette nella divulgazione enciclopedica ha perso i toni enfatici di qualche decennio prima grazie al lavoro di nuovi studiosi e volgarizzatori51.
Canonico della Christ Church e professore di Divinity a Oxford sulla cattedra fondata dalla madre di Enrico VII, Frank Leslie Cross, che ne è titolare dal 1944 al 1968, dirige negli anni Cinquanta The Oxford Dictionary of the Christian Church che vuol essere per il mondo anglofono e anglicano uno strumento di informazione accurato. Le due colonne su Costantino del 1957, spiegano che «new Byzantine ideas of absolute sovereignty», rimpiazzano la concezione romana classica del principato: l’idea politica costantiniana che emerge da questo resoconto è dunque quella di unire la Chiesa allo Stato (sic) anche a prescindere dalla conversione dell’imperatore; il fatto stesso di presiedere da non battezzato il concilio dei vescovi è il preconio di un controllo imperiale sulla Chiesa che sarà la cifra di quel mondo (l’espressione torna insistente) bizantino di cui fonderà la capitale. «Legend has added much to history», premette l’autore alla descrizione della donazione, per la quale rinvia ad apposita voce: la bibliografia pone a capostipite il dubbio di Burckhardt sulla conversione e arriva fino al 1948, mentre per gli aggiornamenti rinvia alla voce di Leclercq nel dizionario nell’edizione del 1914. Nell’ultima, la terza, del 2005 curata da Elizabeth A. Livingstone, la voce rimane immutata anche se con aggiornamenti bibliografici.
Il livello popolare è molto superficiale: un’enciclopedia come The American Peoples ad esempio non cita neppure il rescritto di Milano e sbaglia nell’interpretare il krismón come se fossero le iniziali di Gesù Cristo52. Le fortunate serie italiane come Conoscere, della Fratelli Fabbri Editori, le Garzantine iniziate nel 1962, o la coeva traduzione-integrazione apparsa in quel periodo in Italia come Rizzoli-Larousse non apportano nulla di nuovo. Anche se riedito nel 1971 a Philadelphia, The Westminster Dictionary of Church History riporta un sintetico strumento dei primi anni Cinquanta per famiglie e religiosi episcopaliani e dedica due colonne a Costantino, sintetizzando una bibliografia del 1948-1949, inclusa la traduzione inglese di Burckhardt.
La seconda edizione del Lexikon für Theologie und Kirche – di Herder, curata dall’ecumenista Josef Höfer e dal teologo Karl Rahner – affida la voce su Costantino ancora a Vogt, che sintetizza in due colonne le sue ricerche: in ispecie Vogt insiste sul fatto che a Milano viene varato un programma di politica religiosa («kein Edikt») e che questo indirizzo si scontra con la divisione che si manifesta prima in Africa e poi in Egitto attorno a donatisti e ariani. Sostenitore della tesi di una personale conversione di Costantino, Vogt rinvia per la donazione (datata all’800) alla voce di H.M. Klinkenberg, che è essenziale nei rinvii bibliografici – Theodor Klauser, Eugen Ewig, Élie Griffe – e innovativa grazie agli studi dell’allor giovane Horst Fuhrmann nella comprensione dei perché del falso.
Anche la New Catholic Encyclopedia nel 1967 si colloca su altri registri. È una figura di spicco della cronaca del concilio Vaticano II come Francis-Xavier Murphy che prepara la voce Costantino per la nuova e ricca edizione dell’enciclopedia cattolica del mondo anglofono. Redentorista, Murphy s’era addottorato alla Catholic University su Rufino e dopo una carriera come cappellano militare era diventato professore alla Lateranense. Celeberrimo cronista del Vaticano II per The New Yorker con lo pseudonimo Xavier Rynne, per qualche tempo indecifrabile ai lettori, presenta Costantino in una voce di otto colonne. Affronta senza remore i dubbi della storiografia sulla conversione ed elenca con precisione i punti nei quali egli mostra un’autocomprensione della sua missione che eccedeva la dottrina vigente (Costantino non si iscrive fra i catecumeni), le formule come quella dell’arco che menzionando il semplice instinctu divinitatis erano accettabili sia ai pagani sia ai cristiani. Murphy, che dedica spazio alle città costantiniane di Roma, Gerusalemme e Costantinopoli, riserva un paragrafo a Eusebio, per distinguere fra autenticità di scrittura e veridicità storica. La sua bibliografia che va da Schwartz a Vogt, include per la prima volta il celebre saggio di Erik Peterson, Der Monotheismus als politisches Problem, apparso a Leipzig nel 1935, e che è la filigrana della ricostruzione del concilio di Nicea.
E la Enciclopédia Luso-Brasileira de Cultura dell’editrice Verbo di Lisbona, pubblicata nel 1967, basandosi sulla letteratura antica e su un’edizione antica della stessa opera chiama le battaglie di Adrianopoli e Crisopoli dell’estate del 324 «a primeira Guerra de religião»53.
La complessità della figura di Costantino appare dunque non risolta ma certificata: dalla divulgazione alla ricerca avanzata la discussione non verte sui fatti incontrovertibili – le vittorie, l’unificazione, il disegno politico – ma su quegli spessori intimi relativi alla sincerità della conversione, alla sua effettiva decorrenza, al peso che ha nel ridisegnare il paesaggio giuridico dell’Impero. E di questo stato di fatto prendono atto gli ultimi strumenti dell’era cartacea delle enciclopedie: l’ambiziosa destrutturazione del lemmario dell’Enciclopedia Einaudi uscita dal 1977 in quindici volumi, costruita per monografie intorno a poche parole chiave, dedicava a Costantino qualche accenno nella voce Chiesa dello storico polacco Bronisław Geremek, per indicare l’inserzione della fede nell’Impero in una relazione profonda col mito concorrente della Chiesa primitiva54.
Mentre altre opere prendevano vie già note55, l’istituto patristico Augustinianum di Roma pubblicava nel 1983 presso la Marietti (con una versione francese del 1990 apparsa per i tipi di Cerf, come Dictionnaire Encyclopédique du Christianisme Ancienne e una in italiano in una nuova edizione aggiornata è del 2006) un’enciclopedia in due volumi diretta da Angelo di Berardino come Nuovo dizionario patristico e di antichità cristiane: è Marcella Forlin Patrucco che scrive la voce Costantino I, corredata da una bibliografia con i testi che potremmo dire classici e vi aggiunge i lavori di Raffaele Farina, e poi – nella riedizione del 2006 – studi e raccolte più recenti di ambito italiano e anglosassone. L’autrice mette in luce, dopo un inquadramento biografico, quello che è l’aspetto «più vistoso e gravido di conseguenze» dell’azione dell’imperatore: «quali che siano state le complesse motivazioni che provocarono» la conversione, essa «si tradusse in una serie di misure direttamente collegate al processo di cristianizzazione dell’impero». Cioè, secondo Forlin Patrucco, la creazione di «strutture tali da conservare l’unità della chiesa cristiana in quanto essenziale all’unità dello Stato». Un certo spazio viene dedicato alla formula con cui Costantino si definisce ‘vescovo di quelli di fuori’, con la quale «è da supporre che l’imperatore opponesse – o meglio accostasse – al potere dei vescovi sugli affari della chiesa il proprio potere sugli affari (e sulle persone) al di fuori dell’istituzione ecclesiastica, fissando così il rapporto fra chiesa e impero».
Nel 1989 i curatori di un’opera di carattere globale come l’Evangelisches Kirchenlexikon – Erwin Fahlbusch, Jan M. Lochman, John Mbiti, Jaroslav Pelikan e Lukas Vischer – che attinge al mondo dell’ecumenismo ginevrino dedicano una breve voce sulla donazione di Costantino a Johannes Schilling che ricostruisce sulla base della ricerca più recente l’intento di quel falso di cui si sottolinea l’ingresso nelle compilazioni canonistiche dalla metà del IX secolo. In modo rapido e ricorrendo alla voce di Horst Fuhrman sul Constitutum Constantini apparsa nella Theologische Realenzyklopädie nel 1981, Schilling richiama l’origine cusaniana dei dubbi sulla donazione, il suo percorso a Basilea e l’analisi di Lorenzo Valla che portano alla pittoresca liquidazione di Lutero di quel testo come di una perfetta bugia papale («eine weidliche, fette, dicke, wohlgemeste, eine rechte Päpstliche Lügen»).
Un dotto patrologo anglicano come Stuart George Hall scrive in ventuno pagine (di cui tre sono una rassegna bibliografica esaustiva) la voce Costantino per la grande Theologische Realenzyklopädie di De Gruyter, già nell’edizione del 1981 e solo riaggiornata nel 1990. La struttura è quella classica dell’opera – vita, opere, fortuna – e consente un inquadramento generale della nuova ricerca storica che aveva segnato il periodo degli anni Sessanta-Settanta. Hall risolve dubbi come quello sulla data di nascita di Costantino che intrigavano gli autori di qualche decennio prima: risolve nel procedere del discorso i dubbi di Burckardt sulla sincerità dell’imperatore e la difesa di Jones sulla autenticità di una visione ‘cristiana’ da parte dell’imperatore. Collega politica economica e politica religiosa in una visione del bisogno di unità dell’Impero di cui Costantino è consapevole, e vede con Girardet nella gestione dei concili la costruzione di un «Instrumentariums einer kaiserlichen Kirchenpolitik». Alla posizione di colui che dal 324 al 337 è «der christliche Kaiser» è riservata una disamina analitica, che riprende i temi delle vicende familiari, della questione africana, i funzionari della corte, e i rapporti con l’episcopato alessandrino. In modo metodico la Theologische Realenzyklopädie presenta, seguendo Dörries, le fonti di Costantino: la sua produzione epistolare, legislativa, le iscrizioni, l’Oratio ad sanctorum coetum e non ultima la sua ‘teologia’: enuclea la sua visione di Dio come salvatore e la funzione del summus deus che incide sul modo stesso di pensarsi della Chiesa: «Die Kirche, die die Wahrheit besitzt, trägt di Verantwortung für den wahren, rechten Dienst Gottes, auf den Konstantin widerholt eingeht». Sulla fortuna di Costantino l’orizzonte viene molto allargato rispetto al semplice image building eusebiano, a partire dalla critica di Ilario di Poitiers fino a Gottfried Arnold: su questo orizzonte che coinvolge diverse espressioni confessionali e tendenze teologiche, dal pietismo ai mennoniti, si chiude la voce che riconosce l’influsso profondo esercitato dalla fortuna di Costantino, tale da aver indelebilmente segnato le strutture e l’essenza del cristianesimo («der Struktur und des Wesen des Christentum»). Anche una grande opera di riferimento della medievistica come il Lexikon des Mittelalters edito a Zurigo e Monaco nel 1991 affida la voce sulla donazione di Costantino al giudizio lucidissimo di Horst Fuhrmann, che della falsificazione e di quel documento era il massimo esperto già da quando nel 1968 aveva pubblicato il testo nelle fontes iuris della serie dei Monumenta Germaniae Historica56; la voce Costantino è invece di Ulrich Mattejiet57: è un articolo classico con una sezione sulla vita e sulla politica, che fanno riferimento a Vogt, Heinz Kraft, Timothy D. Barnes e Thomas Grünewald; una sezione finale sull’immagine di Costantino nel Medioevo attraverso la trasmissione della donazione e della leggenda di Silvestro che collegano Costantino al modello carolingio del perfetto miles christianus che prefigura la piena integrazione fra sacerdozio e Impero58.
Il secolo XXI non è solo il secolo del web: nel 2007 l’enciclopedia di teologia e religione Religion Past & Present diretta da Hans D. Betz, Don S. Browning, Bernard Janowski ed Eberhard Jüngel esce in una nuova edizione tedesca (1998-2005) e, a ruota, in inglese: essa aggiorna per i tipi di Brill le antiche edizioni di Religion in Geschichte und Gegenwart del 1909-1913, del 1927-1931 e del 1957-1965. Nell’ultima edizione è Manfred Clauss, autore nel 1996 di una monografia su Costantino, a firmare due colonne nelle quali sottolinea la tolleranza di Costantino come culmine di una politica più che come svolta e ricorda l’ambivalenza della sua eredità, sulla scorta di una storiografia ormai profondamente mutata: che affida alle grandi opere revisionate, come la riedizione della Neue Pauly e della Kleine Pauly59, o a nuovi strumenti come Medioevo Latino, fondato dal Claudio Leonardi, il compito di interpretare una produzione sempre più grande e sempre più distante dagli strumenti di divulgazione e di introduzione alla ricerca.
Nel grande passaggio di patrimoni cartacei al web e alla costruzione comune di informazione storiografica passano inavvertite anche affermazioni molto colorite: Encarta, un grande progetto di enciclopedia su cd lanciato da Microsoft nel 1993 e chiuso nel 2009, aveva preso come base le voci di alcune enciclopedie cartacee, in vista dell’acquisizione della Britannica che però non riuscì60. Nel frattempo la Britannica online nel dicembre del 2012, ad esempio61, offre come voce su Costantino un articolo che sostiene che: «Constantine had hoped to be baptized in the Jordan River, but perhaps because of the lack of opportunity to do so – together possibly with the reflection that his office necessarily involved responsibility for actions hardly compatible with the baptized state – he delayed the ceremony until the end of his life».
Sapere.it, una enciclopedia per ragazzi, spiega la varietà dei giudizi sull’imperatore:
«Romano della decadenza» è stato definito. Certo le trasformazioni operatesi con lui furono di notevole entità: il suo regime assunse del tutto le forme d’una monarchia di diritto divino alla maniera orientale, sotto la quale tutto è livellato (l’istituzione dei silentiarii preposti al compito di creare un silenzio religioso attorno all’imperatore ne sono prova significativa).
Cadute le opere su CD come la citata Encarta su scala globale o altre esperienze consimili di rango nazionale, Costantino è diventato materia del web con interessanti effetti.
Le varie edizioni di Wikipedia risentono nella loro ampiezza degli interessi della comunità e delle preoccupazioni ideologiche dei compilatori.
La versione italiana di Wikipedia, ad esempio, a fine 2012 si premura di dire che Paul Veyne, che difende l’autenticità della conversione e ha una spiegazione del sogno, è un «grande archeologo e storico [...] di estrazione marxista», che con la propria provenienza dovrebbe dunque garantire l’inesistenza di pregiudizi confessionali; inoltre è «fuori di dubbio la sincerità costantiniana nella ricerca dell’unità e concordia della Chiesa» e usa l’espressione ‘persecuzione’ solo per ciò che i cristiani subiscono da Diocleziano in poi. I wikipediani inglesi, con i loro quattro milioni di voci, sono invece più ampi nel dar conto del dibattito storiografico62, e di Veyne trattengono semmai le più recenti posizioni del 2007 sulla conversione di Costantino avvenuta già da bambino63.
La versione di wikipedia.de ha una voce organizzata in modo completamente diverso rispetto a quella inglese e italiana che ricalcano invece l’andamento delle reciproche pagine e sembrano essere l’una la traduzione dell’altra: le sezioni politiche sono distinte per ambiti politici e il paragrafo sulla politica religiosa ne ingloba un altro ampio sulla Chiesa, uno sul concilio, sulla funzione di Costantino come conciliatore, uno sui culti romani e uno sull’ebraismo. Una fede dunque convinta («Nach Ansicht der meisten Forscher war Konstantins christliches Bekenntnis zumindest ab einem bestimmten Zeitpunkt ernst gemeint, unabhängig von den offenen Deutungsfragen habe es seiner persönlichen Überzeugung entsprochen») si collegherebbe alla tendenza monoteista tante volte evocata. Anche la versione polacca alla stessa altezza cronologica si limita a resoconti fattuali mutuati da manuali: sul problema delle visioni e della conversione propone le diverse letture plausibili, inclusa la classica spiegazione ‘scientifica’ che cerca di ricollegare la visione del krismón a possibili riflessi solari64; invece sulla Wikipedia cinese ci si limita a notare l’interesse di Costantino per lo sviluppo del cristianesimo e si evoca la visione di ponte Milvio, nella quale all’imperatore sarebbe stato annunciato di poter «battere l’opposizione».
La versione russa di Wikipedia riporta come le altre l’esistenza di un culto di Costantino e, a dicembre 2012, inquadra con il linguaggio della forza il successo dell’imperatore mai battuto in battaglia: spiega che dal 313 Costantino insistette per la concessione della libertà religiosa («на принятии им свободы вероисповедания») e afferma che, come sovrano dell’Impero unificato per «uno statuto speciale al cristianesimo e a sostenere la Chiesa», un Costantino dai tratti vagamente post-sovietici decide di intervenire attivamente negli affari ecclesiastici per garantire «l’unità della Chiesa Cattolica (dal greco, ‘universale’) come condizione per l’unità dell’Impero» («Константин активно вмешивался в церковные дела»).
Assai più in linea con la laicité sono invece le preoccupazioni della voce della Wikipedia francese che spiega l’esistenza di «un édit de tolérance religieuse, appelé habituellement édit de Milan qui renouvelle celui pris par Galère en 311», ma, detto questo, si preoccupa di precisare che «il ne s’agit pas formellement d’une officialisation du culte chrétien, mais plutôt de sa mise à égalité avec les autres cultes. Ainsi, les chrétiens ne sont plus victimes de discriminations, leur culte est autorisé et les biens qui leur ont été confisqués leur sont rendus». Nella versione spagnola, infine, va sottolineato come i dati storici sul rapporto di Costantino con la Chiesa sono dominati da una preoccupazione di linguaggio simmetrica a quella russa65.
Dal campo enciclopedico esce dunque un Costantino assai simile al Costantino reale. In certo modo ‘imbattuto’ come nelle molte battaglie della sua carriera militare, giacché i pur molti dubbi sulla sua strategia amministrativa, sulla sua politica famigliare e sul suo rapporto con la fede cristiana non erodono mai la sua fama e la grandezza che, con variazioni significative, ne precisa l’identità. Tutte le voci, infatti, sono dedicate a Costantino, ma solo il rigore della vecchia Pauly-Wissowa osa mettere come rinvio n. 1, «Aurelius Constantinus» e rimandare alla voce appropriata e, come rinvio, n. 2 «Constantin der Grosse = Imperator Caesar Flavius Valerius Constantinus Augustus». In qualche caso come Costantino I, in altri come «I, detto Magno» o direttamente «Costantino Magno», il figlio di Costanzo ed Elena strappa l’elogio a chi deve concentrare in poche colonne un giudizio storico proprio e altrui. Per tutti la sua politica di unificazione dell’Impero e la sua politica religiosa sono i nodi – mai disgiunti – di quella dichiarata grandezza: e su ciò che ha visto, sui suoi convincimenti di fede, sulle sue scelte di così profondo impatto storico, le firme e le opere più serie si sentono obbligate a dare un ventaglio delle opinioni altrui che alla fine smussano il peso delle opinioni individuali, che pur ci sono e che lo storico della storiografia rintraccia semmai nelle sezioni bibliografiche o nel loro ordine. E sia nel mondo dell’enciclopedismo digitale sia in quello fluido della platea wikipediana che ritrae il mondo sotto l’obbligo di rispettare gusti e culture, ciò che di Costantino viene scritto dice molto su chi scrive e poco sull’imperatore attorno al quale s’è addensata una storiografia di corte che continua a modellarne il profilo e a cercare nelle pieghe di una vita raccontata con quei canoni un frammento di verità.
1 Non sono state prese in considerazione le seguenti opere: l’Enciclopedia moderna pubblicata a Madrid in trentasette volumi dal 1851 al 1855; l’olandese Winkler Prins stampata dal 1870 al 1882; i venti volumi dello svedese Nordisk familjebok edito dal 1876 al 1899; i ventisei volumi del Salmonsens Konversationsleksikon stampato dal 1893 al 1907; la World Book Encyclopedia nella edizione di Chicago del 1917 in ventidue volumi; la grande enciclopedia sovietica Большая cоветская энциклопедия (Bol’šaja sovetskaja enciklopedija) pubblicata dal 1926 in tre edizioni, rispettivamente di sessantacinque, cinquanta e trenta volumi, con traduzioni in inglese e greco; la Grande enciclopédia portuguesa e brasileira pubblicata fra il 1935 e il 1960 a Lisbona e Rio de Janeiro in quaranta volumi; la polacca Wielka Encyklopedia Polski, uscita sotto il regime comunista nel 1962 e riedita nel 2001 con anche una versione multimediale.
2 L’opera – disponibile in Gallica: gallica.bnf.fr/ ark:/12148/bpt6k5495503z.image (28 dic. 2012) – è ripubblicata e stampata in vari paesi; la XVII edizione è del 1725 e aggiunge i nomi dei curatori a quello dell’iniziatore scomparso nel 1680; ancora nel 1759, una nuova edizione in dieci volumi viene stampata a Parigi da cui si ricava la voce Costantino (gallica.bnf.fr/ark:/ 12148/bpt6k39190t/f3.image, 28 dic. 2012).
3 Dalla edizione del 1759, IV, p. 62.
4 Ivi, p. 64.
5 Anche Bayle è reperibile su Gallica: http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k504483/f376.image (28 dic. 2012). Cfr. il contributo di F. Meloni in questa stessa opera.
6 Nella riedizione Paris 1820, ad esempio, Costantino viene indicizzato a proposito della lotta contro gli ariani, della donazione, della polemica dei pagani contro la sua conversione e dell’intolleranza contro i dissenzienti.
7 Disponibile in Hathi Trust Digital Library: http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=ucm.5326754954;seq=7;view=1up; e in Europeana: http://www.europeana.eu/portal/search.html?query=chambers+ciclopedia&rows=24 (28 dic. 2013).
8 Una serie di descrizioni e foto delle versioni della Cyclopædia. Universal Dictionary of Art, Science and Literature, dall’edizione del 1728 in www.cyclopaedia.org, consultabile in www.archive.org ad vocem.
9 L’Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers par une société de gens de lettres, éd. par M. Diderot, M. D’Alembert, 17 voll., Paris 1751-1765, è disponibile in molte versioni digitali, in Gallica, in Googlebooks e US.Archives.
10 J.K.F. Manso, Leben Constantins des Grossen nebst einigen Abhandlungen geschichtlichen Inhalts, Breslau 1817 e J. Burckhardt, Die Zeit Constantins des Grossen, Basel 1853.
11 La voce della The Encyclopaedia Britannica. A Dictionary of Arts, Sciences and General Literature, V, New York 1890, pp. 299-301, è siglataW.B.S.
12 L’edizione Brockhaus si trova on line all’indirizzo www.retrobibliothek.de (28 dic. 2012), la voce all’estensione /retrobib/seite.html?id=109651 (28 dic. 2012) ne riassume così la personalità: «Der persönliche Charakter Konstantins ist nicht ohne Flecke; den dunkelsten bilden neben der Hinrichtung seines Gegners Licinius die seines Sohns Crispus (326), wahrscheinlich aus Eifersucht auf seinen kriegerischen R
uhm, und 327 die seiner Gemahlin Fausta auf die Anklage der Verletzung der ehelichen Treue, ohne daß eine Untersuchung angestellt worden wäre».
13 Nella diciannovesima edizione (Mannheim 1990), Brockhaus Enzyklopädie, 24 voll., la voce è nel volume XII, p. 291: la bibliografia come sempre essenziale riporta le grandi opere da Hermann Dörries, 1954, fino a Dietmar Kienast, 1990.
14 Il testo della voce del Meyers Konversationslexikon nell’edizione del volume X (Leipzig 1885-1892), all’url di retrobibliotek.de ad vocem: «Der persönliche Charakter Konstantins ist nicht ohne Flecke; den dunkelsten bilden neben der Hinrichtung seines Gegners Licinius die seines Sohns Crispus (326), wahrscheinlich aus Eifersucht auf seinen kriegerischen Ruhm, und 327 die seiner Gemahlin Fausta auf die Anklage der Verletzung der ehelichen Treue, ohne daß eine Untersuchung angestellt worden wäre».
15 La quarta edizione del 1885-1890 è consultabile on line all’indirizzo www.meyers-konversationslexikon.de (28 dic. 2012).
16 Per una versione digitale di questa edizione (Paris 1852, volume X), cfr. babel.hathitrust.org/cgi/ pt?id=njp.32101064063447;seq=7;view=1up;num=4 (28 dic. 2012).
17 Larousse inizia con il Grand dictionnaire universel du XIXe siècle in diciassette volumi: esso occupa gli anni dal 1866 al 1890, si moltiplica in altre opere illustrate e si riproduce nel secondo Novecento nel Grand Larousse Encyclopédique, in dieci volumi, e nella Grande Encyclopédie Larousse, in ventuno volumi e conclusa nel 1978.
18 Cfr. Encyclopaedia Britannica, www.1911encyclopedia.org (28 dic. 2012) ad vocem.
19 Come nella sopracitata edizione del 1890 anche la voce Constantine I, in The Encyclopaedia Britannica. A New Survey of Universal Knowledge, VI, London-New York 1929, pp. 297-300 si chiude su questo dubbio: se nell’edizione del 1890 una prima nota escludeva – definendola «legend» – l’origine inglese di Costantino, che nella quattordicesima edizione non è più nemmeno menzionata.
20 Grande Enciclopedia Popolare Sonzogno, a cura di P. Premoli, V, Milano 1912, cc. 2-4; l’unico rinvio bibliografico aggiunto nella seconda edizione è a R. Maiocchi, Sant’Elena, Costantino Magno e l’Editto di Milano, Milano 1913, uscito per i tipi di Hoepli.
21 Iniziata nel 1908 e terminata nel 1930, la Enciclopedia Universal Ilustrada Europeo-Americana, edita da Espasa a Barcellona, consta di 70 volumi più numerose appendici di aggiornamento e indici, fino alle edizioni recenti; la voce qui citata si trova nel volume XIV (Barcelona 1912), pp. 1478-1486.
22 Il sito newadvent.org ha uno spazio per l’enciclopedia all’estensione /cathen.
23 The Catholic Encyclopedia ad vocem.
24 Ibidem.
25 Ibidem.
26 Ibidem.
27 Ibidem.
28 Ibidem.
29 Cfr. RE IV.7, C. Benjamin, s.v. Constantinus, cc. 1013-1026.
30 Conrad Benjamin si era addottorato con la dissertazione su De Justiniani imperatoris aetate quaestiones militares, Berlin 1892.
31 «So kann man anderseits von Burckhardts Standpunkt aus, in der C., den genialen durchaus irreligiösen Ehrgeizigen sieht “der das Heilige nur als Reminicenz oder als abergläubische Anwandlung kennt und das Christentum zum seinen rein politischen Zwecken ausnützt”, nur zur völligen Verdammung und Überlieferung kommen» (RE IV.7, C. Benjamin, s.v. Constantinus, cit., c. 1017).
32 P. Batiffol, La conversion de Constantin et la tendance au monothéisme dans la religion romaine, in Bulletin d’ancienne litterature et d’archéologie chrétienne, 3 (1913), pp. 132-141, in partic. 132.
33 Su questo tema si veda il contributo di Ch. Raschle, Burckhardt e la storiografia di lingua tedesca, in questa stessa opera.
34 G. Turi, Il mecenate, il filosofo e il gesuita: l’‘Enciclopedia italiana’, specchio della nazione, Bologna 2002.
35 G. Turi, Il progetto dell’Enciclopedia Italiana: l’organizzazione del consenso fra gli intellettuali, in Studi storici, 12 (1972), pp. 93-152.
36 Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, vol. XI, Roma 1931, pp. 601-607.
37 Ibidem.
38 Ibidem.
39 J.B. Aufhauser, Konstantins Kreuzesvision in ausgewählten Texten, Bonn 1912; G. Costa, Religione e politica nell’impero romano, Torino 1923, pp. 214-215.
40 Era stato l’articolo di O. Seeck, Das sogenannte Edikt von Mailand, in Zeitschrift für Kirchengeschte, 12 (1891), pp. 381-386 a proporre la tesi.
41 Enciclopedia Italiana, cit.
42 Ibidem.
43 Ibidem.
44 Ibidem.
45 Ibidem.
46 Ibidem.
47 Cfr. Grande Dizionario Enciclopedico UTET, a cura di P. Fedele, V, Torino 19864, pp. 849-852.
48 Catholicisme, Paris 1952, ad vocem.
49 Ibidem.
50 H. Chadwick, The early Church, London 1967, pp. 122-125 (nuova ed. 3 1993).
51 Su questo tema si vedano i contributi di G. Zamagni, in questa stessa opera.
52 Cfr. The American Peoples Encyclopedia. A Comprehensive Reference Work, ed. by B.S. Cayne, W.S. Murray, New York 1962, VI, cc. 114-116.
53 Cfr. Enciclopédia Luso-Brasileira de Cultura della Verbo, ed. by F. Guedes, V, Lisboa 1967, pp. 1481-1484.
54 B. Geremek, s.v. Chiesa, in Enciclopedia Einaudi, a cura di R. Romano, III, Torino 1978, pp. 1087-1140, in partic. 1098.
55 La Enciclopedia Europea Garzanti del 1979, in dodici volumi, contiene una nota biografica; la Encyclopaedia Universalis in francese, uscita dal 1968 al 1975 ha una sesta edizione aggiornata, del 2009, in trenta volumi.
56 Lexicon des Mittelalters, V, München-Zürich 1991, cc. 1385-1386.
57 Ivi, cc. 1372-1376.
58 Mattejiet conclude così la voce (ivi, c. 1375): «Die betonte Einbindung des vorbildhaften christliche Ks. in die römische-päpstliche Überlieferung stellte K. schließich in eine Reihe mit Karl d.G., was sich auch in der bildl. Gegenüberstellung beider Herrscher niederschlug (Mosaik Leos III., Lateran). Dargestellt als Reiter, verkörperte Konstantin den Prototype des ‚miles christianus’ (ma. Deutung des Reiterstandbildes Marc Aurels in Rom als K.; romanische Fassadenplastik in SW-Frankreich). Ein Unikum in der volkssprachliche Chronistik ist die fiktive Erzählung in der Kaiserchronik (1140-1150), nach der K. (im Sinne des propagierten harmonische Zusammenwirkens von sacerdotium und imperium) vom Papst gekrönt wurde».
59 Una riedizione del Der Neue Pauly in diciotto volumi è stata pubblicata fra il 1996 e il 2003; fra il 1964 e il 1975 era anche uscito Der Kleine Pauly in cinque volumi, con anche un’edizione inglese per Brill, come Encyclopaedia of the Ancient World, è uscita fra il 2006 e il 2007, dotata di indici in CD.
60 La Britannica è stata venduta al finanziere elvetico Jacob Safra nel 1996, cfr. S. Greenstein, M. Devereux, The Crisis at the Encyclopaedia Britannica, in Kellog School of Managment – Cases, 5-306-504 (2006), pp. 1-9, il testo online: www.kellogg.northwestern.edu (estensione:/faculty/greenstein/images/htm/Research/Cases/ EncyclopaediaBritannica.pdf ) (28 dic. 2012).
61 Cfr. www.britannica.com l’estensione /EBchecked/topic/133873/Constantine-I/22046/Final-years (28 dic. 2012).
62 A dicembre 2012 diceva così: «Cardinal Caesar Baronius, a man of the Counter-Reformation, criticized Zosimus, favoring Eusebius’ account of the Constantinian era. Baronius’ Life of Constantine (1588) presents Constantine as the model of a Christian prince. For his History of the Decline and Fall of the Roman Empire (1776–89), Edward Gibbon, aiming to unite the two extremes of Constantinian scholarship, offered a portrait of Constantine built on the contrasted narratives of Eusebius and Zosimus. In a form that parallels his account of the empire’s decline, Gibbon presents a noble war hero corrupted by Christian influences, who transforms into an Oriental despot in his old age: “a hero [...] degenerating into a cruel and dissolute monarch”. Modern interpretations of Constantine’s rule begin with Jacob Burckhardt’s The Age of Constantine the Great (1853, rev. 1880). Burckhardt’s Constantine is a scheming secularist, a politician who manipulates all parties in a quest to secure his own power. Henri Grégoire, writing in the 1930s, followed Burckhardt’s evaluation of Constantine. For Grégoire, Constantine developed an interest in Christianity only after witnessing its political usefulness. Grégoire was skeptical of the authenticity of Eusebius’ Vita, and postulated a pseudo-Eusebius to assume responsibility for the vision and conversion narratives of that work. Otto Seeck, in Geschichte des Untergangs der antiken Welt (1920-23), and André Piganiol, in L’empereur Constantin (1932), wrote against this historiographic tradition. Seeck presented Constantine as a sincere war hero, whose ambiguities were the product of his own naïve inconsistency. Piganiol’s Constantine is a philosophical monotheist, a child of his era’s religious syncretism. Related histories by A.H.M. Jones (Constantine and the Conversion of Europe, 1949) and Ramsay MacMullen (Constantine, 1969) gave portraits of a less visionary, and more impulsive, Constantine. These later accounts were more willing to present Constantine as a genuine convert to Christianity. Beginning with Norman H. Baynes’ Constantine the Great and the Christian Church (1929) and reinforced by Andreas Alföldi’s The Conversion of Constantine and Pagan Rome (1948), a historiographic tradition developed which presented Constantine as a committed Christian. T.D. Barnes’s seminal Constantine and Eusebius (1981) represents the culmination of this trend. Barnes’ Constantine experienced a radical conversion, which drove him on a personal crusade to convert his empire. Charles Matson Odahl’s recent Constantine and the Christian Empire (2004) takes much the same tack. In spite of Barnes’ work, arguments over the strength and depth of Constantine’s religious conversion continue. Certain themes in this school reached new extremes in T.G. Elliott’s The Christianity of Constantine the Great (1996), which presented Constantine as a committed Christian from early childhood. A similar view of Constantine is held in Paul Veyne’s recent (2007) work, Quand notre monde est devenu chrétien, which does not speculate on the origins of Constantine’s Christian motivation, but presents him, in his role as Emperor, as a religious revolutionary who fervently believed himself meant “to play a providential role in the millenary economy of the salvation of humanity”».
63 P. Veyne, Quand notre monde est devenu chrétien: 312-394, Paris 2007.
64 Così wikipedia.pl (28 dic. 2012): «Realność wizji i jej forma budzą liczne wątpliwości i dyskusje historyków. Różnie opisywany jest kształt znaku, który zobaczył Konstantyn (mogła to być chryzma lub krzyż monogramatyczny). Tak samo wiele jest koncepcji na temat tego, co w rzeczywistości zobaczył cesarz – jedna z popularnych hipotez zakłada, że był to efekt świetlny, halo. Inna koncepcja wskazuje, że do wizji mogło dojść wiele lat wcześniej i że w rzeczywistości była to “wizja pogańska”».
65 Così a dicembre 2012: «Los historiadores señalan que la principal preocupación era la unidad del Imperio, la cual se podría ver resquebrajada debido a estas divergencias en la iglesia primitiva. Muchos consideran que Constantino “creó” la Iglesia Católica, e impulsó la doctrina de la Santísima Trinidad presionando a los obispos reunidos en el Concilio. Los defensores de la Iglesia Católica sostienen que las bases de la doctrina ya estaban en la iglesia primitiva unos 200 años de Constantino, como el nombre “católico”, lo cual es cierto, el término “católico” proviene del griego καθολικός (katholikós), que significa “universal”. Ignacio de Antioquía da en el año 110 el testimonio más antiguo de este nombre: “Donde esté el obispo, esté la muchedumbre, así como donde esté Jesucristo esté la Iglesia Católica” (Carta a los Esmirniotas 8:2). En los tres primeros siglos de la Iglesia los cristianos decían “Cristiano es mi nombre, católico mi sobrenombre”. Posteriormente se usó el término “católico”, para distinguirse de otros grupos cristianos cuyas doctrinas diferían de la línea principal (como los gnósticos). La veneración a María, las imágenes, la Trinidad, la naturaleza de Cristo, y otras creencias que serían dogmáticas luego, se formaron durante las discusiones de carácter teológico en el consejo de Nicea. Lo cierto es que, por el análisis de las cartas escritas por Constantino, se evidencia una gran carencia de formación teológica, y los estudiosos descartan la posibilidad de que él pudiese haber influido en la doctrina de la Iglesia debido justamente a este desconocimiento en teología. Muchos se preguntan por qué el papa Silvestre I no asistió a dicho concilio, quien era el más indicado para presidirlo. Por esto algunos creen que Constantino establecía una nueva religión, con una mezcla de elementos paganos y cristianos, la Iglesia Católica. De todos modos, él inauguró el concilio vestido imponentemente, dio un discurso inicial ataviado con telas y accesorios de oro, para demostrar justamente el poderío del Imperio por un lado, y el apoyo e interés al concilio desde el estado, por el otro. El estado proveyó de comida y alojamiento, e incluso de transporte, a los obispos que convergieron a Nicea para el concilio. Por otro lado, si bien habían existido concilios antes que el de Nicea, éste fue el primer Concilio Ecuménico (universal), con la participación de alrededor de 300 obispos (la mayoría de habla griega), lo cual representó una minoría ya que en todo el territorio del Imperio había cerca de 1000 obispos. La importancia del mismo reside en la formulación del Credo Niceno (redactado en griego, no en latín) que esencialmente permanece inalterado en su mensaje 1700 años después, y en establecer la idea de la relación estado-iglesia que permitiría la expansión del cristianismo con una vitalidad inédita».