L'Impero bizantino e la dinastia macedone
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’indebolimento del califfato permette all’Impero bizantino, a partire dalla metà del IX secolo, di passare decisamente all’offensiva, entrando in quella che è stata definita la sua “età dell’oro”. Con le grandi conquiste di Basilio II nei Balcani e in Oriente, l’Impero raggiunge la sua massima estensione dal VII secolo. Risulta strumentale in questa fase di espansione l’apporto delle grandi famiglie di tradizione militare originarie dell’Asia Minore, le cui crescenti ambizioni finiranno tuttavia per scontrarsi sempre più duramente contro il potere imperiale.
Per quanto di origini umili, alla sua ascesa al trono nell’867 Basilio I il Macedone può contare su un’ampia rete di amicizie e clientele che ha saputo costruire anteriormente alla propria ascesa. Il nuovo imperatore sa approfittare anche dell’indebolimento del califfato e della sostanziale battuta di arresto dell’espansione islamica, riuscendo a cogliere vari successi in Oriente e nell’Italia meridionale, dove sfrutta abilmente un’alleanza con l’imperatore germanico Ludovico II.
Non manca un intervento del nuovo sovrano nel settore delle leggi, con la stesura del Procheiron e dell’Eisagoge (che almeno nella loro prima redazione risentono dell’influsso di Fozio), dove risulta teorizzata una sorta di diarchia tra il potere dell’imperatore e quello del patriarca, secondo un progetto politico che lascia fuori, forse non a caso, un terzo elemento che stava acquisendo un potere sempre più grande, ovvero l’aristocrazia provinciale.
L’ascesa al potere, nell’866, del figlio di Basilio (con il quale peraltro ci sono state sempre forti frizioni), Leone VI detto il Saggio, è innanzitutto contrassegnata dal proposito del giovane sovrano di giungere a una concordia civile e di superare le divisioni che ancora permangono con i partigiani di Michele III.
Più turbolenti risultano, nel corso degli anni, i rapporti dell’imperatore con i vertici ecclesiastici, che disapprovano, anche in forme clamorose, la sua tetragamia, ossia i ben quattro matrimoni successivi (quando comunemente non ne sono ammessi che due) contratti dal sovrano per assicurarsi una discendenza maschile. Se le posizioni dei Bizantini in Anatolia si vanno tutto sommato consolidando (l’accresciuta sicurezza delle terre, tra l’altro, favorisce l’ascesa di grandi famiglie magnatizie i cui membri militano come alti ufficiali nell’esercito), più delicata appare la situazione sulle coste dell’Egeo, sottoposte alle incursioni delle flotte musulmane che hanno come base l’isola di Creta.
Dopo il breve regno, dal 912 al 913, del fratello di Leone VI, Alessandro, il potere passa al giovanissimo figlio del primo, Costantino VII, noto come Porfirogenito, ossia “nato nella porpora” (ovvero da padre regnante). La necessità di ricorrere a un consiglio di reggenza comporta, come di consueto, lo scatenarsi di una lotta tra le varie fazioni presenti a corte: tra i vari alti funzionari che lottano per impadronirsi del potere nelle vesti di tutori di Costantino VII, riesce ad avere la meglio il drungario della flotta, Romano Lecapeno, che nel 919 dà in sposa al giovane sovrano la propria figlia Elena e nel 920 viene proclamato coimperatore. Una volta stabilizzata la situazione a corte, Romano, che è il sovrano effettivo, può rivolgersi all’Oriente musulmano, sempre più frammentato. Risulta epocale, in particolare, il grande successo riportato dal generale Giovanni Curcua nel 944, quando costringe gli abitanti della città di Edessa a consegnare nelle sue mani la veneratissima reliquia del mandylion, il panno sul quale si dice che Cristo abbia impresso miracolosamente il proprio volto. L’imperatore, peraltro, cerca di garantire, con l’istituzione della protimesis, la condizione dei piccoli proprietari terrieri, messa a dura prova da inverni particolarmente rigidi e dall’espansione dei latifondisti. Così facendo, Romano si sforza di mantenere la base sociale da cui erano arruolate le truppe tematiche e, inoltre, contrasta le famiglie magnatizie dalle quali può temere pericoli per il proprio potere. In effetti, proprio nel 944 il legittimo imperatore Costantino VII, mettendo Romano Lecapeno contro i suoi stessi figli e appoggiandosi alla potente famiglia dei Focadi, riesce a sbarazzarsi del proprio ingombrante coimperatore. Anche questo sovrano, come il padre Leone VI, passerà alla storia soprattutto come letterato ed erudito. La diplomazia è uno dei settori in cui Costantino VII si impegna maggiormente, cercando di tessere, con successo variabile, una rete che attiri nell’orbita dell’impero la Russia e l’Ungheria.
L’intermezzo di Niceforo Foca e Giovanni Tzimisce
Nel 959 a Costantino VII succede il figlio Romano II, sotto il quale brilla particolarmente la stella del generale Niceforo Foca, che riconquista Creta. Quando Romano II muore nel 963, lascia una vedova, Teofano, e due figli minori, Basilio e Costantino.
Quello stesso anno tuttavia le truppe orientali proclamano imperatore il generale Niceforo Foca, che dopo essersi impadronito della capitale incontrando una scarsa resistenza, riceve la corona, pur impegnandosi a salvaguardare i diritti dei due sovrani legittimi. Negli anni successivi gli eserciti bizantini guidati da Niceforo e dai suoi ufficiali ottengono successi clamorosi in Oriente, riconquistando tra l’altro Tarso e Antiochia. Naturalmente questi trionfi hanno un prezzo: in particolare Niceforo è costretto ad aumentare pesantemente le tasse per finanziare le proprie spedizioni e il suo tentativo (anch’esso motivato da preoccupazioni fiscali) di limitare i possessi fondiari delle istituzioni religiose finisce per irritare le gerarchie ecclesiastiche. Grazie a un complotto al quale partecipa l’imperatrice Teofano, Niceforo è assassinato alla fine del 969 da un gruppo di congiurati guidati dal generale di origine armena Giovanni I Zimisce che viene intronizzato al suo posto. Anche Zimisce, dopo aver sistemato la situazione in Occidente (stipula nuovi accordi con i Russi, dopo averne bloccato l’avanzata attraverso la Bulgaria, e dà in moglie all’imperatore germanico Ottone II una propria nipote, Teofano), concentra i propri sforzi sull’Oriente, dove, sfruttando ancora la frammentazione dei musulmani della Siria e della Palestina, e presentandosi come il campione di tutti i cristiani, anche di quelli non calcedoniani, compie una serie di trionfali incursioni che lo portano anche in prossimità di Gerusalemme. È nel corso di queste campagne che muore improvvisamente nel 976, forse di tifo o forse, come ipotizza qualcuno dei contemporanei, di veleno.
Il potere torna dunque alla dinastia macedone, nelle mani di Basilio II, figlio di Romano II. In questo primo periodo il giovane Basilio, oltre ad affermare la propria autorità nella stessa corte di Costantinopoli, deve affrontare la temibile ribellione di due rappresentanti delle grandi famiglie magnatizie dell’Asia Minore, Barda Sclero e Barda Foca.
Per contrastare quest’ultimo, Basilio II è costretto a dare in moglie la propria sorella Anna al principe Vladimiro di Kiev, che in cambio accetta di prestare il proprio aiuto al cognato e soprattutto di farsi battezzare insieme alla sua guardia personale. Una volta sedati i problemi interni, Basilio II può dedicarsi alla lunga guerra contro i Bulgari (990-1018), conclusa (sia grazie alla forza delle armi, sia alla cooptazione di parte dei quadri dirigenti bulgari nell’apparato statale bizantino) con una totale vittoria che riporta le frontiere bizantine sul Danubio dopo secoli. L’imperatore, in seguito, è in grado di ottenere significativi successi anche nel Caucaso e soprattutto in Armenia; d’altro canto, ancora nel 1022 deve sopprimere in Anatolia una rivolta capeggiata da un membro della famiglia dei Focadi, e questo spiega la pervicacia con la quale legifera e agisce contro le grandi famiglie magnatizie dell’Asia Minore (i dynatoi), cercando di arrestarne l’espansione latifondistica con l’istituzione dell’obbligo fiscale dell’allelengyon) e ponendo ostacoli anche alla stipula di legami matrimoniali tra i casati aristocratici. Considerato il più grande sovrano bizantino dopo Eraclio dalla storiografia passata, Basilio II, detto il Bulgaroctono, uccisore di Bulgari, riceve oggi una valutazione più temperata: le grandi conquiste nei Balcani e nel Caucaso comportano infatti la sparizione di importanti Stati cuscinetto che separano l’impero dalle popolazioni nomadi, e anche la persecuzione dell’aristocrazia anatolica finisce per comportare un primo squilibrio all’interno del sistema sociale bizantino. D’altro canto, la potenza raggiunta dall’impero sotto Basilio II fa sì che per quasi 40 anni le sue frontiere rimangano sostanzialmente intatte e vi sia anzi spazio per qualche ulteriore espansione.