Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’Inquisizione medievale nasce a seguito dello sviluppo delle eresie, in particolare di quella catara. La Chiesa ritiene che sia sua opera preminente la repressione dell’eresia e che il potere civile debba eseguire le condanne emesse, pena la sua delegittimazione. All’inizio del Duecento gli eretici diventano ministri del demonio. Negli anni Trenta del secolo nasce l’Inquisizione pontificia, affidata prevalentemente ai Domenicani. Il papato provvede poi a emanare norme sempre più precise sull’attività inquisitoriale.
La nascita dell’Inquisizione medievale va collocata nel contesto dello sviluppo delle eresie che si verifica nel basso Medioevo. Dall’XI secolo numerosi gruppi eterodossi compaiono, infatti, contemporaneamente tra la Francia, l’Italia e la Germania, criticando la Chiesa e il suo potere. Le eresie medievali possono essere classificate in tre tipologie: le correnti millenaristiche dei seguaci di Gioacchino da Fiore (1130 ca.-1202), percepiti come pericolosi in quanto la profezia di una nuova era contiene in sé la fine delle gerarchie ecclesiastiche; le correnti pauperistiche, che proliferano al seguito dei movimenti valdesi e degli spirituali francescani; la corrente catara.
Polemisti e teologi cattolici, allarmati per il dilagare di posizioni eretiche, elaborano, quindi, il pensiero cattolico che permette la loro condanna. La difesa dell’ortodossia viene ritenuta compito precipuo della gerarchia ecclesiastica e, con l’affermazione della monarchia papale, tale compito è assunto in prima persona dai pontefici. Tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo, mentre vengono elaborate le norme che regolano la coercizione all’ortodossia, grazie all’Inquisizione si passa dalla polemica e dalla propaganda alla repressione vera e propria dei gruppi dissidenti. Nella storia della Chiesa medievale si distinguono due Inquisizioni: la prima vescovile, la seconda papale. La decretale Ad Abolendam, emanata a Verona da Lucio III nel 1184, in accordo con Federico I, impone ai vescovi di perseguitare gli eretici e alle autorità civili di eseguire le condanne.
L’atto pontificio segna un momento di piena collaborazione tra potere religioso e potere civile nella lotta antiereticale. La Chiesa non può spargere sangue, ma attraverso speciali commissioni può ricercare sistematicamente i sospetti di eresia e condannarli, mentre il potere civile esegue le sentenze e fa scontare le pene. L’azione dei vescovi è, tuttavia, ben presto sentita come blanda e poco efficace e richiede un intervento più incisivo da parte della Chiesa. Una svolta si ha con Innocenzo III, che, nel 1199, emana la Vergentis in senium, proclamando l’eresia un tradimento contro Dio ed equiparandola al crimine di lesa maestà. L’eretico diviene quindi un criminale. La decretale, peraltro, colloca la volontà del papato su posizioni eminenti rispetto al potere civile. La repressione dell’eresia è compito del potere politico che è delegittimato qualora non provveda alla persecuzione degli eretici. Per la salvaguardia dell’ortodossia, inoltre, viene elaborata un’operazione culturale che fissa lo stereotipo della demonicità degli eretici. All’inizio del Duecento gli eretici diventano, quindi, ministri del Diavolo e sono loro attribuiti comportamenti oscuramente demoniaci, perversi e minacciosi.
L’obiettivo di Innocenzo III è soprattutto quello di colpire i catari della Linguadoca. Il papa si assume, quindi, in prima persona l’iniziativa della lotta contro la riluttanza del potere politico nel Mezzogiorno francese. Nel 1208 viene indetta la crociata contro gli albigesi a seguito dell’assassinio di un legato pontificio. Dopo il 1225, anche le armate del re di Francia entrano nel combattimento. Anno dopo anno, villaggio dopo villaggio, si procede allo sterminio dei catari recalcitranti.
Proprio grazie all’esperienza condotta con la crociata contro gli albigesi, Innocenzo III si rende conto che l’eresia non si sradica con le sole armi, ma occorre procedere anche a un più puntuale controllo delle coscienze. Nel 1215, al IV concilio lateranense, viene, quindi, stabilito l’obbligo della confessione annuale.
Dopo Innocenzo III l’Inquisizione affina la sua organizzazione. Nasce il particolare processo inquisitoriale, che si distingue dal processo accusatorio di diritto romano in quanto il giudice non è più equidistante tra due parti, ma conduce un’azione d’ufficio contro l’accusato, cercando ed esibendo le prove delle sue malefatte.
Tra il 1227 e il 1231, per iniziativa di Gregorio IX, emerge la figura dell’inquisitore delegato dalla Sede apostolica, col compito preciso di combattere l’eresia. Alcuni storici sostengono che la decisione della nascita dell’Inquisizione papale sia stata determinata dalla volontà di opporsi alla concorrenza imperiale nella lotta alle eresie.
Federico II nel 1220, con la Constitutio in basilica Sancti Petri, prevede, infatti, la lotta alle eresie, proprio in opposizione alla pretesa del papato dell’esclusività della persecuzione degli eretici. La posizione di Federico non è dettata da opportunismo politico, ma dal pieno convincimento che la repressione delle eresie rientri tra le sue funzioni imperiali.
Le vicende che portano al passaggio dall’Inquisizione vescovile a quella apostolica sono ancora poco note. È probabile che inizialmente i giudici delegati di Roma comincino ad affiancare i vescovi, considerati troppo blandi e incerti nel portare avanti un’efficace azione di contrasto dell’eresia catara. Nel 1227, Gregorio IX affida a Corrado di Marburgo il compito di ricercare e perseguitare eretici, sollecitando i vescovi a fare processi e le autorità civili a eseguire le condanne. Nel 1231, poi, Corrado riceve pieni poteri nella lotta ai catari.
Dal 1232 l’Inquisizione è affidata agli ordini mendicanti, soprattutto ai Domenicani, e numerosi inquisitori dell’ordine sono nominati per la Francia, l’Italia, l’Aragona e la Navarra.
Nel 1235 Roberto il Bulgaro viene nominato inquisitore generale di tutta la Francia. I frati domenicani maturano la loro vocazione inquisitoriale già nel 1206 nel Mezzogiorno francese, quando Domenico di Guzmán supporta i legati pontifici nella repressione e nel recupero degli albigesi. I Frati predicatori sono i primi a essere titolari dell’ufficio inquisitoriale, quando il papato, negli anni Trenta, decide di procedere a una razionalizzazione del sistema. Gli inquisitori delegati si mettono in luce da subito per i metodi brutali e per i loro eccessi. Emergono anche episodi di arricchimento personale conseguito grazie ai sequestri di beni di eretici o pseudoeretici. In diverse località scoppiano rivolte proprio per la presenza degli inquisitori.
Dagli storici è stato recentemente sottolineato che gli inquisitori deputati dalla Sede apostolica alla repressione dell’eresia nascono, in realtà, proprio in coincidenza con la crisi della Chiesa e dei gruppi eterodossi, cioè quando gli eretici stanno declinando in modo irreversibile per lasciare solo rare sopravvivenze. La lotta tra Chiesa ed eretici si è, infatti, rivelata impari per le forze che il papato è in grado di mettere in campo, per la consapevolezza dei suoi obiettivi e per la complessità dei mezzi utilizzati. La vittoria pontificia si può realizzare grazie all’assoluta prevalenza della cultura clericale rispetto a quella degli eretici. Già dagli anni Trenta del Duecento gli spazi pubblici per gli eretici sono, in realtà, chiusi drasticamente. Da quel momento per loro c’è solo la clandestinità. Ottengono la scena pubblica proprio in seguito ai processi inquisitoriali.
Nella seconda metà del Duecento e nel corso del XIV secolo, il papato provvede a emanare norme sempre più precise e l’attività inquisitoriale si conforma ai principi canonistici. Nasce un’articolata letteratura giuridica.
Vengono, quindi, scritti manuali per le regole da osservare nei processi. Il primo di cui si ha notizia è del 1241-1242. Il più famoso è quello del domenicano Bernardo Gui di Tolosa del 1321. Nel 1252, con la bolla Ad extirpandam di Innocenzo IV, è autorizzata la tortura per ottenere la confessione degli inquisiti.
Sempre nella seconda metà del Duecento, i papi fanno ricadere gli ebrei sotto la giurisdizione dell’Inquisizione. Mentre cresce la diffidenza e il sospetto verso il testo ebraico del Talmud, con la bolla Turbato corde del 1267 diventano passibili di processo inquisitoriale i cristiani che si convertono all’ebraismo e gli ebrei responsabili di tali conversioni. Dal 1274, poi, gli inquisitori puntano il loro interesse sugli ebrei convertiti, sospettati di tornare a praticare riti giudaici.
Con il XIV secolo, i catari sono ormai ridotti di numero e costretti alla clandestinità. L’inquisizione opera attivamente nelle aree prossime alla nuova sede pontificia di Avignone: Linguadoca, Provenza, Alpi occidentali. Estende la sua azione in aree precedentemente trascurate come il Brandeburgo, la Pomerania, la Boemia, contro le popolazioni marginali e periferiche.
Nel corso del secolo il papato ricorre all’Inquisizione anche per puri scopi politici: i Visconti a Milano e i ghibellini italiani sono sottoposti a processi per eresia condotti su basi del tutto inconsistenti. Non mancano, come nel secolo precedente, frequenti episodi di arricchimento illecito di inquisitori. Durante il pontificato di Clemente V vengono in particolare perseguitati i Templari, sulla base di accuse che in realtà sono dettate dalle esigenze di Filippo il Bello di impossessarsi dei beni dell’ordine. Nel 1307 è arrestato il Gran Maestro dell’ordine con numerosi compagni coll’accusa di eresia. Al concilio di Vienne del 1312 il papa annuncia la sua decisione di sciogliere l’ordine.
Con il pontificato di Giovanni XXII, infine, si accende e si fa aspra la lotta contro gli spirituali. Durante il periodo avignonese, infatti, in aperta critica verso la condizione delle alte gerarchie ecclesiastiche, si accentua la tendenza dell’evangelismo pauperistico. Nei filoni pauperistici dei frati minori si va affermando l’idea della Chiesa corrotta e della lotta per la sua renovatio. Il secolo si apre con la crociata contro Dolcino e la sua morte sul rogo nel 1307. Nel 1322, Giovanni XXII con la bolla Cum inter nonnullos dichiara eretiche tutte le posizioni che proclamano che Cristo e gli apostoli non hanno posseduto alcun bene.