di Mario Telò
Le misure anti-crisi degli anni 2008-14 hanno avuto come scopo la correzione dell’asimmetria iniziale tra l’Unione monetaria spettacolare decisa con il Trattato di Maastricht del 1992 (comparabile con l’unione monetaria americana) e la mancanza di una vera unione economica. La crisi è stata in fondo una crisi di governance della zona euro nel duplice senso di un insoluto rapporto tra centralizzazione e decentramento delle politiche e di insoddisfacente definizione dell’equilibrio tra i 18 membri della zona euro e gli altri 10 stati membri dell’Eu. Malgrado ritardi, esitazioni e incertezze residue sull’avvenire, si può senz’altro affermare che, negli anni tra il 2009 e il 2014, l’Unione ha deciso e ha realizzato più progressi verso l’unione economica che nei venti anni precedenti. Riduzioni dei deficit pubblici degli stati membri, miglioramento della competitività internazionale e riforme della governance economica dell’eurozona, segnatamente attraverso le misure seguenti:
a. Innanzitutto sono state create tre nuove agenzie di controllo, istituite nel 2010, che danno vita a un sistema europeo di supervisione finanziaria: la European Banking Authority (Eba basata a Londra), l’European Insurance and Occupational Pensions Authority (Eiopa basata a Francoforte sul Meno) e la European Securities and Markets Authority (Esma basata a Parigi) sono incaricate (ogni agenzia potendo contare su un personale medio di un centinaio di agenti), ciascuna con una propria specializzazione, di sorvegliare i mercati finanziari, di suggerire linee direttrici alle istituzioni europee, nonché di avanzare raccomandazioni agli stati membri. Standard tecnici sono formulati e comunicati alla Commissione, la quale può servirsene per armonizzare il mercato europeo. Questa istituzionalizzazione del mercato finanziario dovrebbe correggere il laissez faire precedente la crisi, e sostituirlo con un quadro normativo rafforzato. Il parlamento europeo, nel settembre del 2010, ha dato semaforo verde all’accordo, raggiunto nel dicembre 2009 tra Commissione e stati membri, di installare l’Eba a Londra, la Esma a Parigi e la Eiopa a Francoforte sul Meno. Le istituzioni sono operative dal 1° gennaio 2011.
b. La Bceha rafforzato il suo ruolo, anche senza sconfinare oltre il Trattato di Maastricht. La leadership di Mario Draghi è caratterizzata da una svolta simbolica: nel luglio del 2012, sostenuto dalle deliberazioni del Consiglio europeo del 28 giugno, il presidente della Banca centrale europea annuncia «un impegno senza limiti per salvare l’euro», una dichiarazione che ha avuto come effetto di scoraggiare la speculazione internazionale contro i debiti sovrani di vari paesi in crisi e, per questa via, una crisi fatale dell’eurozona intera. Anche se la Ecb non può svolgere lo stesso ruolo della Fed degli Usa o di altre banche centrali (di prestatore, in ultima istanza) in ragione del dispositivo giuridico del Trattato di Maastricht, il massimo istituto finanziario europeo ha potuto, attraverso la sua politica di abbassamento quasi a zero dei tassi di interesse, introdurre massicce dosi di liquidità nel sistema bancario e altre misure non convenzionali, combattere la deflazione e la stagnazione e, infine, contribuire a una politica economica europea di rilancio e di crescita. Queste misure hanno anche incoraggiato una significativa svalutazione dell’euro che ha aiutato le esportazioni dei paesi meno competitivi della zona euro. Non è stata una svolta facile. Da una parte queste politiche sembrano non bastare per la ripresa economica, data anche la presenza di insufficienti riforme strutturali nei paesi del sud Europa; dall’altra, esse già incontrano l’aperta opposizione della Bundesbank e di larga parte dell’opinione pubblica del nord Europa, obbligando Draghi a incontri frequenti e rassicuranti con le autorità politiche e parlamentari tedesche, incluse audizioni al Bundestag. La Ecb, tuttavia, non può acquistare direttamente quote dei debiti sovrani dei paesi in crisi, né compiere altri passi verso la mutualizzazione del debito dei paesi dell’Europa meridionale, il che implicherebbe per esempio l’impossibilità a breve e medio termine di emettere eurobonds, nonché una violazione dei Trattati nella visione dei paesi del nord Europa.
c. Venticinque governi hanno firmato il 2 marzo 2012 un «Trattato per la stabilità, il coordinamento e la governance dell’Unione economica e monetaria» (detto ‘Fiscal Compact’), un Trattato intergovernativo inevitabilmente fuori dai Trattati Eu, in seguito al rifiuto del Regno Unito e, inizialmente, della Repubblica Ceca. L’integrazione di questo patto sulla politica di bilancio nel quadro giuridico dell’Eu deve essere effettivo entro il 1° gennaio del 2018. Comunque il Trattato incarica già da subito la Commissione di vegliare sulla messa in applicazione delle regole adottate e di proporre un calendario preciso per la riduzione del debito pubblico e del deficit degli stati che hanno firmato (la regola d’oro nella politica di bilancio). Questo nuovo vincolo giuridico (inclusivo del diritto di ispezione da parte della Corte di giustizia, che su domanda di un altro stato membro, potrebbe persino decidere sanzioni finanziarie in assenza di coerente messa in pratica) non mira soltanto ad assicurare il rispetto delle regole, ma al loro rafforzamento: una procedura quasi automatica di sanzione in caso di superamento del 3% del pil di deficit annuale previsto dal trattato di Maastricht o della traiettoria pluriennale di aggiustamento per il riequilibrio del debito accumulato (che deve tendere verso il 60% del pil – o meno – e deve essere ridotto al ritmo di un ventesimo all’anno). Questo Trattato, richiesto soprattutto dalla Germania, è stato firmato e unanimemente ratificato dai 25 stati firmatari (in vigore dal 1° gennaio 2013) e costituisce la condizione per attribuire aiuti ai paesi in crisi, e inoltre la potenziale premessa per passi avanti verso l’unione politica. Un passo in questo senso è la decisione di riunire l’eurogruppo (Consiglio che esclude i non membri della zona euro) almeno due volte all’anno. Di fatto si rafforza la tendenza verso un’Europa a due velocità.
d. La governance economica è stata rafforzata da varie decisioni coerenti. Innanzitutto l’Eu ha consolidato il ‘Patto di stabilità e crescita’. Questo complemento del Trattato di Maastricht, firmato nel 1997, riformato nel 2005 (per compiacere Francia e Germania soprattutto) e rafforzato nel 2011 dal Six Pack, stabilisce un insieme di regole di bilancio per l’Emu: non soltanto gli stati non possono superare il deficit annuale del 3% e, tendenzialmente, il debito globale del 60% del pil, ma sono obbligati a prendere misure immediate se queste regole sono violate. Il Six Pack è un insieme di sei misure – cinque regolamenti e una direttiva – deciso nel 2011, con l’intento di rafforzare le procedure di sorveglianza multilaterali delle politiche macroeconomiche e di bilancio prese nel 2011 (Macroeconomic Imbalances Procedure). Inoltre, il Six Pack introduce un meccanismo di allerta precoce sugli squilibri tendenziali e prevede la possibilità che la commissione proponga al Consiglio europeo multe per gli stati inadempienti.
e. Il semestre europeo esprime la volontà di coordinamento macroeconomico e di sorveglianza multilaterale. Ogni anno, durante il secondo semestre, gli stati presentano la loro bozza di bilancio annuale dell’anno successivo al Consiglio per una discussione tra pari che può sfociare in correzioni basate sui suggerimenti eventualmente ricevuti. Questa procedura regolare di monitoring multilaterale va ben oltre il precedente articolo 99 del Tcee fa appello di fatto al metodo aperto di coordinamento, (elaborato dalla presidenza portoghese durante il primo semestre 2000 in occasione del lancio della Strategia di modernizzazione, detta ‘Strategia di Lisbona’) che, però, non prevede altro che raccomandazioni.
f. L’istituzione del Two Pact, due regolamenti entrati in vigore nel 2013 a scopo preventivo. Sulla base del Six Pack, nel 2012, l’Eu ha approvato nuove procedure per il monitoring delle politiche di bilancio degli stati membri. Ogni governo deve, ogni anno prima del 15 ottobre, sottomettere alla Commissione europea il suo progetto di bilancio per l’anno successivo. Entro 15 giorni la Commissione può esprimere parere negativo. Inoltre, è previsto un monitoring più stretto per i paesi sottoposti a una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Per questi paesi viene adottato uno scadenzario preciso da rispettare per il controllo e il recupero del deficit eccessivo.
g. Per rafforzare la solidarietà interna, un importante e nuovo strumento finanziario è stato istituito con la creazione temporanea dell’Efsf (European Financial Stability Facility) e, successivamente, di un Fondo europeo permanente (Esm, European stability mechanism). Il relativo trattato intergovernativo è stato firmato il 2 febbraio 2012 dai 17 stati della zona euro (18 con l’entrata della Lettonia nel 2014) ed è entrato in funzione il 27 settembre 2012. L’Esm dispone di un capitale sottoscritto dai 18 stati di 700 miliardi di euro (500 miliardi disponibili per prestito alle banche di cui, nel periodo 2012-13 sono stati impegnati soltanto 50), nella fattispecie per la Spagna, il Portogallo, Cipro, l’Irlanda e la Grecia.
h. L’Unione bancaria è basata sul principio di uno scambio tra la promessa di aiuto alle banche in difficoltà e il controllo da parte della Bce, controllo inizialmente limitato ai 200 più grandi istituti bancari, contestualmente a test di solidità. Il primo passo verso l’Unione bancaria è stato il Single Supervisory Mechanism (Ssm). Nell’ottobre 2013, viene così istituito il nuovo sistema di supervisione finanziaria: lo Ssm ha la responsabilità per il controllo del sistema bancario ed è legato alla Bce. Ovviamente le istituzioni nazionali di controllo continuano ad adempiere il loro ruolo nella preparazione e messa in atto delle decisioni della Bce, che nel novembre 2014 ha iniziato a svolgere queste sue nuove funzioni.
i. Viene inoltre configurata la possibilità di negoziare un accordo contrattuale tra le istituzioni europee e uno stato membro: lo stato in difficoltà deve negoziare con la Commissione (in accordo con la Bcee in certi casi con l’Imf) un accordo dettagliato che precisi, da un lato, l’aiuto richiesto e, dall’altro, le condizioni europee.