L'Italia preromana. I siti della Puglia: Canosa
Città daunia (gr. Κανύσιον; lat. Canusium) situata sulla riva destra dell’Ofanto, al confine tra la Daunia e la Peucezia.
La testimonianza più remota riguarda la necropoli a incinerazione scoperta nel 1969, a poco più di 1 km dalla città moderna, in località Pozzillo, che attesta la presenza, lungo il corso del fiume, di un villaggio dell’età del Bronzo, inquadrabile nell’ampia rete di insediamenti di questo periodo dell’Italia sud-orientale. Gli oltre 200 cinerari di impasto, in molti casi decorati, con ciotole rovesciate per coperchio, erano disposti entro pozzetti rivestiti di pietra e ricoperti da lastre. La forma delle urne e gli oggetti di bronzo semifusi del corredo permettono di datare la necropoli tra il 1400 e il 1200 a.C., rivelando la precoce diffusione dell’incinerazione in un’area dove convivono diverse forme di riti funerari. Secondo la consuetudine propria degli insediamenti dauni della prima età del Ferro, disposti a nuclei sparsi intorno all’acropoli, l’abitato possedeva settori distanti tra loro, come dimostrano i rinvenimenti dell’area del tempio di Giove Toro e di Toppicelli. L’abbandono di Toppicelli, che alla fine del IV sec. a.C. continua a essere solo luogo di sepoltura, coincide con il mutamento nell’organizzazione degli insediamenti dauni, che si trasformano in centri urbani delimitati da cinte difensive. A C. l’abitato si concentra quindi sulla collina e nelle immediate adiacenze e vengono costruite le mura, il cui circuito si presume assai ampio, secondo le tipologie daunie, ma che non è dato di ricostruire a causa delle scarse tracce superstiti.
La nuova fase urbana corrisponde al foedus del 318 a.C. che lega Roma ai Canosini e forse a questo avvenimento si riferisce la costruzione del tempio italico dedicato a Minerva, che venne poi in parte riutilizzato dalla basilica bizantina di S. Leucio. Recenti interventi di scavo consentono poi di leggere meglio la necropoli ellenistica che, secondo l’uso indigeno, coesisteva con l’abitato, come confermano anche alcune fondazioni di case da poco emerse. Nell’età della romanizzazione le trasformazioni istituzionali sono documentate attraverso le iscrizioni, mentre l’evidenza archeologica incomincia a delineare il paesaggio agrario e l’assetto del territorio. L’agricoltura infatti, in questo periodo, fa un notevole salto e le colture intensive della vite e dell’ulivo cambiano il volto della campagna, che si popola di piccole ville con un’attività rurale orientata al superamento della produzione per l’autoconsumo. La fervida attività economica della fine della repubblica, legata anche alla transumanza e alla lavorazione della lana, trova riscontro nello sviluppo edilizio della città, dove si restaurano le mura e si sistema l’abitato, ora in parte riscoperto, nella zona di Giove Toro. Proprio al di sotto del podio è stata rinvenuta una domus, probabilmente di età tiberiana, che ha restituito affreschi parietali con gli schemi del III stile pompeiano e pavimenti a mosaico in bianco e nero. Il quartiere fu riconvertito nel II sec. d.C., quando l’intera zona fu destinata a diventare il centro religioso e commerciale della città.
Con la trasformazione del municipio in colonia, dedotta intorno alla metà del II sec. d.C. da Antonino Pio, si assiste a un deciso intervento urbanistico, con opere pubbliche sostenute dalla munificenza di Erode Attico, come ricorda Filostrato (VS, II, 1, 5, 551). In un settore dell’abitato viene infatti costruito, entro un grande recinto porticato, un tempio esastilo dedicato probabilmente a Giove. L’edificio di culto, che propone uno schema iconografico noto nelle province orientali, è ancora leggibile nelle linee strutturali e in gran parte dell’apparato decorativo, eseguito in marmo del Proconneso, forse da maestranze orientali. La città di Antonino e di Erode fu dotata di un acquedotto, che è stato esplorato di recente restituendo ampi tratti del condotto; di due edifici termali, un piccolo balneum di quartiere gestito da privati, e un impianto di grandi dimensioni, di cui si conservano, in sequenza, calidarium, tepidarium e frigidarium e un tratto di mosaico pavimentale; dell’arco e di alcuni sepolcri gentilizi lungo la via Traiana. Probabilmente alla fase della ristrutturazione urbana della colonia risale anche il nucleo più antico della necropoli del Ponte della Lama sulla via per Barletta, caratterizzata da edicole di laterizio, celle di laterizio e tufo, sarcofagi di tufo che, con opportuni interventi di restauro, furono utilizzati fino al IV sec. d.C.
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