L'Italia preromana. I siti etruschi: Chianciano
Centro dell’Etruria settentrionale interna. La più antica frequentazione del territorio risale al Neolitico, nelle cui fasi finali è databile tra l’altro l’abitato rinvenuto in località Chiarentana, riferibile all’orizzonte della cultura di Diana. Mentre gli insediamenti preistorici risultano abbandonati nel corso dell’età del Bronzo Finale, le testimonianze dell’età del Ferro (si segnala il ripostiglio di bronzi in località Gelli), assai sporadiche, come peraltro quelle del successivo periodo orientalizzante, sono significative in località Tolle, ai margini della necropoli di Castelluccio di Pienza sviluppatasi fino al periodo longobardo. L’insediamento relativo dominava il valico della Foce, che mette in comunicazione la valle dell’Astrone con quella dell’Orcia, punto nodale della strada che collegava Chiusi col mare. Questa era controllata dall’insediamento, ancora da ubicare, riferibile alla necropoli della Pedata, la più ricca di tutto l’agro chiusino, scavata nel XIX secolo tra gli altri da A. François e recentemente rimessa in luce: sono state recuperate una ventina di tombe a piccola camera scavate nell’arenaria, con nicchiotti ricavati nelle pareti per la deposizione di parte del corredo.
La ricchezza di questa necropoli, sviluppatasi tra l’inizio del VI e il III sec. a.C., in cui sono stati rinvenuti alcuni dei più significativi esemplari di scultura funeraria chiusina, quali la cosiddetta Mater Matuta e la statua-cinerario col defunto e Vanth, attesta la presenza in quest’area di ristretti gruppi aristocratici di notevoli possibilità economiche, confermata anche dall’esistenza di una produzione locale di vasi di bucchero. Come documentano le tombe a camera e a loculi disseminatevi, in età ellenistica anche questo territorio era costellato da piccoli insediamenti a carattere agricolo, come quello di Casa al Vento, presso La Foce, che era cinto da mura, e la fattoria di Poggio Bacherina, sviluppatasi nella seconda metà del II sec. a.C., in cui è documentata la lavorazione del vino. Altra fonte di ricchezza di questa zona era lo sfruttamento delle acque minerali: potrebbero infatti essere localizzati in quest’area i Fontes Clusini citati da Orazio.
Forse sono da riferire a un’unica area santuariale dedicata a divinità salutari delle acque una statua virile di bronzo del V sec. a.C. e una di Selene sulla biga di età ellenistica rinvenute in località Sillene, una stipe di bronzetti, purtroppo dispersa, in località Acquasanta e i resti della decorazione fittile di un tempio, di cui non è ancora nota l’ubicazione, in località I Fucoli. Si tratta dei resti della metà destra del frontone, il cui soggetto è legato al mito di Eracle, della sima figurata con un thiasos marino e dell’acroterio laterale destro in forma di genio femminile alato con un kantharos in mano, databili nel secondo quarto del II sec. a.C. per gli spiccati influssi pergameni. Nelle località Sillene e I Fucoli sono venute alla luce anche sepolture di uomini con animali (cavalli e bovini). Almeno quattro ville rustiche attestano la vitalità di questo territorio ancora in età imperiale. Alle acque sono legati due imponenti monumenti di questo periodo: la cisterna a piccoli vani voltati della villa delle Camerelle, collegata a un acquedotto, e l’impianto termale in località Mezzomiglio.
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