L'Italia preromana. I siti etruschi: Chiusi
Antica città etrusca (etr. clevsin, lat. Camars, Clusium), che dominò un vasto agro comprendente la Val di Chiana e la Val d’Orcia, dovette la sua ininterrotta prosperità a una solida economia agricola e a un’intensa attività commerciale legata allo sfruttamento di importanti vie naturali di comunicazione, prima fra tutte quella che, seguendo i corsi del Tevere, della Chiana e dell’Arno, raggiungeva l’Emilia, alla cui colonizzazione C. partecipò attivamente.
Secondo Servio, C. fu una delle più antiche città etrusche, notizia confermata da scavi recenti, che hanno messo in luce due villaggi dell’età del Bronzo Finale nel sito in cui si sviluppò la città antica. Le ceramiche rinvenute presentano notevoli affinità con quelle dell’abitato coevo di Casa Carletti sul Monte Cetona, sede dei più antichi insediamenti di questo territorio. Poiché tali abitati furono abbandonati proprio nel periodo protovillanoviano, è possibile che anche nella zona di C. si sia realizzato in quest’epoca il passaggio da insediamenti montani sparsi con economia essenzialmente pastorale a villaggi a economia prevalentemente agricola localizzati su colline in prossimità di vie naturali di comunicazione. Nelle immediate vicinanze della città, nei pressi delle due sole necropoli villanoviane finora scavate (località Montevenere e Pretina), sono venuti alla luce due insediamenti dell’età del Ferro. Se in questo periodo il popolamento dell’agro chiusino è ancora molto rarefatto, in epoca orientalizzante la distribuzione più capillare delle necropoli è indice dello sfruttamento decentrato delle risorse agricole. Nel corso del VII sec. a.C. si assiste alla nascita, accanto ai piccoli insediamenti che subirono continue flessioni, di centri di notevole entità, gestiti dalle stesse famiglie aristocratiche del capoluogo, la cui prosperità fino a tutto il II sec. a.C. attesta che il rapporto cittàcampagna rimase sempre in sostanziale equilibrio.
In questo periodo, come in quelli successivi, a C. prevalse il rito dell’incinerazione, dapprima entro tombe singole piuttosto povere, dette “a ziro” dal nome dell’orcio ansato che conteneva il vaso cinerario col corredo. Gli ossuari biconici lisci furono ben presto sostituiti dai canopi, cinerari antropomorfi su trono, in uso dal periodo orientalizzante all’arcaismo. Nella seconda metà del VII sec. a.C. sono attestate a C. le prime tombe a camera, dette “tombe a tramezzo”, perché munite appunto di un tramezzo, che divideva la zona destinata alla sepoltura da quella in cui era deposto il corredo. Nella suppellettile delle tombe di questo periodo è riscontrabile un accumulo di ricchezze, documentato non solo dall’importazione di beni di prestigio, ma anche dalla produzione locale di manufatti di bronzo lavorato a sbalzo, avori intagliati, oreficerie, vasi di bucchero decorati a stampo, ecc. Se le importazioni di ceramica corinzia furono poco rilevanti, a C. ne vennero prodotte imitazioni. La città raggiunse il suo massimo sviluppo nel corso del VI sec. a.C., periodo a cui risalgono i primi contatti con Roma; alla fine del secolo risale l’impresa del re Porsenna. Limitati sono i dati relativi ai periodi arcaico e classico: non sono noti resti di mura di cinta e l’esistenza di edifici sacri è attestata solo da rinvenimenti di terrecotte architettoniche.
Nelle necropoli, concentrate intorno alla città, sono frequenti le grandi tombe gentilizie a più camere scavate nell’arenaria, almeno una dozzina delle quali era decorata con imponenti cicli pittorici di ispirazione tarquiniese. I ricchi corredi confermano la prosperità di C. sia con le importazioni di ceramica attica (C. importò e distribuì alcuni dei più antichi e notevoli vasi nella tecnica a figure nere) e greco-orientale, che con la copiosissima produzione artigianale locale. La città fu attivamente impegnata nella prima guerra etrusco-romana, periodo a cui forse risale la prima cinta muraria in opera pseudoisodoma in blocchi di travertino. Delle strutture edilizie di età ellenistica non restano che opere idrauliche, ma gli scavi urbani più recentemente hanno permesso comunque di riconoscere la produzione locale di ceramica a vernice nera e comune, confermata dal rinvenimento di una fornace in località Santa Erminia, in cui venivano fabbricati anche salvadanai con contrassegni alfabetici. La toreutica e la scultura funeraria rimasero comunque le attività più rilevanti.
Nel corso del II sec. a.C. si assiste all’occupazione intensiva dell’agro della città, coinvolta nella questione sociale, come attesta la distribuzione capillare delle necropoli, con un incremento di quasi l’80% degli insediamenti, per lo più fattorie a gestione familiare o servile. La guerra civile tra Mario e Silla, in cui C. fu coinvolta, devastò una città che risentiva della crisi generale dell’Etruria. Silla vi dedusse una colonia militare, forse la Clusini Novi citata da Plinio, recentemente identificata con la fortezza in opera pseudoreticolata con torri alternatamente rettangolari e semicircolari venuta alla luce sulla Rocca Paolozzi. Mura nello stesso apparato, distrutte nel Settecento, cingevano il colle dei Forti, mentre altri settori della cinta erano costruiti in opera quasi quadrata. Neppure i ritrovamenti più recenti sono sufficienti a chiarire la struttura urbanistica della città, di cui sono state scavate numerose domus decorate con mosaici e intonaci dipinti e una cisterna con doppia volta a botte sotto il campanile della cattedrale.
Il foro doveva essere ubicato nell’area dell’attuale piazza del Comune, piuttosto che nella troppo eccentrica piazza del Duomo. Un’intensa attività edilizia è documentata in età augustea e giulio-claudia. Ai confini con l’agro aretino è venuta alla luce la fornace di C. Umbricius Cordus, che produsse principalmente sigillata italica diffusa a C. e nel suo agro. Meno significativi sono i ritrovamenti di età adrianea, quando la città dovette ricevere impulso dalla realizzazione del nuovo tracciato della via Cassia, mentre più cospicue sono le testimonianze relative all’età severiana. I numerosi edifici termali diffusi nell’agro chiusino attestano lo sfruttamento delle acque minerali di cui questo territorio è ricco, mentre la distribuzione di ville rustiche dedite a monocolture di tipo intensivo documenta la profonda trasformazione dell’economia agricola.
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