L'Italia preromana. I siti etruschi: Elba
Isola del Tirreno, la più grande dell’Arcipelago Toscano (lat. Ilva). Gli storici antichi la chiamavano Aithale o Aithalia/e o Aithaleia, “la fumosa”, per il fumo dei suoi forni, dove il minerale di ferro, l’ematite, veniva trasformato in metallo.
Le risorse minerarie dell’isola, sfruttate dagli Etruschi prima e dai Romani poi, erano tanto ricche da essere considerate inesauribili: insula inexhaustis Chalybum generosa metallis la definisce Virgilio (Aen., X, 174), mentre Servio (Aen., X, 174) sottolinea il rinnovamento automatico dei suoi filoni di minerale. Lo Pseudo-Aristotele (Mir., 93) ci informa, inoltre, che prima del ferro dalle miniere dell’isola era estratto il rame, metallo che, però, ben presto andò esaurendosi. L’E. fu oggetto di attacchi da parte di Siracusa. Diodoro (XI, 88) narra infatti che, nel 453 a.C., i Siracusani inviarono due spedizioni, la prima comandata da Phayllos, la seconda da Apelles, con l’obiettivo di disturbare la pirateria etrusca nel Tirreno e di colpire, in particolare, l’Isola d’E. che rappresentava uno dei centri di maggior interesse economico degli Etruschi. Del controllo siracusano sull’E. mancano a oggi conferme archeologiche tali da determinarne la durata, che si ritiene, comunque, non debba essere stata lunga.
Nel IV sec. a.C. lo sfruttamento e la lavorazione delle risorse minerarie dell’isola dovevano essere certamente passati a Populonia; lo dimostrano, oltre le notizie delle fonti, la notevole quantità di scorie di ferro elbano rinvenuta nel quartiere industriale della città. Il controllo di Populonia dovette cessare verso la metà del III sec. a.C., quando l’isola venne occupata dalle armate consolari romane con lo scopo di sfruttarne l’importante posizione strategica per la guerra contro Cartagine. Sotto il dominio romano di età repubblicana l’E. conservò il suo carattere di centro minerario, dove il ferro veniva ridotto per essere esportato. Tale carattere cominciò, invece, a venire meno a partire dalla prima età imperiale, quando l’attività metallurgica elbana sembra non essere più competitiva nei confronti della concorrenza di altre regioni. L’isola non perse, comunque, la vitalità e la floridezza passata: essa divenne, infatti, un importante scalo commerciale, punto di smistamento di prodotti provenienti da diversi centri del Mediterraneo.
Il patrimonio archeologico dell’isola d’E. è ancora poco conosciuto, anche se in anni recenti si sono avute ricerche mirate a individuare i caratteri principali degli insediamenti e delle strutture esistenti e a organizzare e studiare i dati e i materiali per lo più raccolti occasionalmente nel corso del tempo. I rinvenimenti, piuttosto scarsi, relativi all’età arcaica sembrano mostrare una maggiore frequentazione intorno al golfo di Portoferraio – forse il Portus Argous menzionato nella tradizione letteraria – e nella zona mineraria a est; le tombe (Casa del Duca, Le Trane, Grassera) presentano corredi di buon livello, comprendenti anche bronzi e oreficerie, con strette analogie con quelli contemporanei di Populonia e Aleria. All’ultimo ventennio del VI sec. a.C. si data la piccola statua maschile di bronzo di offerente, rinvenuta nel 1764 e attualmente conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nel IV sec. a.C. l’isola sembra riorganizzare il suo territorio con la creazione di una serie di piccoli centri fortificati, posti su alture a controllo di punti strategicamente importanti.
Il fenomeno è probabilmente da mettere in relazione con la volontà da parte di Populonia, che in quel tempo sfruttava le risorse minerarie dell’E., di controllare l’isola e, in particolare, la sua linea di costa per proteggerla, dopo le spedizioni siracusane, da eventuali incursioni nemiche. Tra i centri fortificati individuati (Monte Moncione, Castiglione di San Martino, Monte Fabbrello, Monte Castello, Castiglione di Marina di Campo, Monte Orello, Monte Serra, ecc.) quelli di Monte Castello di Procchio e di Castiglione di San Martino sono stati oggetto delle indagini più approfondite. In entrambi i casi la vetta del colle risulta cinta da mura in blocchi, all’interno delle quali si dispongono le strutture di abitazione; i materiali rinvenuti indicano una frequentazione dal IV sec. a.C., con una fase di abbandono intorno alla metà del III sec. a.C., da mettere verosimilmente in relazione con l’arrivo dei Romani, e, per Monte Castello, una breve rioccupazione fino all’ultimo terzo del I sec. a.C. La prosperità economica che l’E. continuò ad avere con il passaggio nell’orbita di influenza romana è evidente dai ritrovamenti della necropoli del Profico di Capoliveri, situata nei pressi dei giacimenti minerari e certamente usata tra la metà del III e gli inizi del I sec. a.C.
La notevole quantità di prodotti importati avvicina la necropoli a quelle di importanti centri costieri, come Populonia e Castiglioncello; essi testimoniano, inoltre, la vitalità commerciale dell’isola certamente dovuta alle attività estrattive e riduttive, portate avanti con grande intensità con lo sfruttamento anche degli impianti precedentemente utilizzati dagli Etruschi e attestate archeologicamente dagli ammassi di scorie. Dalla tarda età repubblicana e per tutta l’epoca imperiale il centro più importante dell’E. dovette essere quello i cui resti sono venuti alla luce al di sotto della città moderna di Portoferraio. Nella baia di Portoferraio è attestata anche la presenza di grandi ville, edificate tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., tra cui si ricordano, in particolare, quelle molto lussuose delle Grotte e del Cavo. La grande attività di irradiazione di prodotti che caratterizza l’isola durante tutta l’età imperiale è documentata dai numerosi relitti rinvenuti lungo le coste, carichi di manifatture italiche, iberiche, galliche e africane.
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