L'Italia preromana. I siti etruschi: Gravisca
Il sito dell’antica Gravisca (gr. Γραουίσκοι; lat. Graviscae, Gravisca), sede del porto antico di Tarquinia e di quello medievale di Corneto, noto con il nome di Porto Clementino, posto lungo la via Aurelia, fu identificato già nel XVII secolo da P. Cluverius.
Le prime scoperte si datano alla metà dell’Ottocento; nel 1885 A. Pasqui eseguì ricerche nell’area del porto. Dopo alcuni sporadici rinvenimenti, nel 1969 iniziano scavi regolari della Soprintendenza Archeologica dell’Etruria meridionale che mettono in luce ampi tratti della colonia romana, fondata nel 181 a.C.: tre decumani delimitano insulae di 0,5 actus di larghezza, al loro interno sono disposti ambienti termali e abitazioni di età imperiale, tratti di un muro di cinta in opera incerta con restauri di età imperiale. Le scoperte più interessanti riguardano l’area sacra arcaica. I resti evidenziano, a partire dalla fine del VII sec. a.C., la presenza di strutture di tipo emporico organizzate da Greci, mercanti che dedicano offerte come dimostrano le iscrizioni rinvenute: i flussi sono principalmente ionici, in particolari sami e milesi nel corso del VI sec. a.C., con una componente eginetica che appare alla fine del secolo. La ricchezza dei materiali è notevole, con avori, bronzi e fini ceramiche: tra le dediche dominano quelle ad Afrodite, Hera, Demetra e Apollo, al quale viene offerto un ceppo di ancora da parte di Sostratos di Egina, leggendario mercante menzionato da Erodoto per la sua ricchezza (II, 154).
Il tardo arcaismo si connota per la fine della frequentazione greca e per la perdita di importanza dell’area sacra, rivitalizzata verso la fine del V sec. a.C.: in questa fase si annoverano dediche in etrusco a Turan, Uni e Vei. La ricostruzione topografica dell’area è complessa a causa della molteplicità dei culti attestati in relazione alle fasi di vita dei singoli edifici fondati e successivamente trasformati. Nel primo quarto del VI sec. a.C. un’area ristretta accoglie una struttura con muri a secco, ciottoli e mattoni crudi, dedicata ad Afrodite: alle spalle un bothros ricolmo di ex voto, fra cui anche molte anfore commerciali, indica la pertinenza del culto. La distruzione si data nei decenni finali del VI sec. a.C. per fare posto a un altro edificio. Nelle zone limitrofe una serie di buchi di palo induce a ipotizzare la presenza di strutture non fisse. In una seconda fase, al culto di Afrodite si affiancano quello di Hera e poi di Apollo e Demetra: un sacello sorgeva probabilmente a ovest di quello di Afrodite, assieme a una stipe ricca di ex voto a Hera; un altro a sud-ovest, con dediche e numerosi doni fittili a Demetra. Alla fine del VI sec. a.C. si ha una profonda trasformazione del santuario: nell’area del sacello di Afrodite si costruiscono due vani con ambiente porticato; a sud del sacello si localizza un’altra area di culto, un ampio piazzale con al centro una cassa di nenfro nella quale doveva essere il sepolcro di Adone. Numerose offerte vengono deposte nel luogo e fra esse anche corallo non lavorato.
La terza fase coincide con la fine del V sec. a.C., momento in cui il santuario subisce una radicale trasformazione. Ai lati della strada nord-sud si dispongono cinque complessi con strutture fra loro non coerenti, simili a edifici privati più che sacri. Le pareti dei muri sono costruite con pietre a secco e rinforzate con blocchi di calcare. A est della strada, in relazione alle precedenti fasi dell’Aphrodision, sorge l’Edificio G, composto da un cortile, due vani e stoài affacciate su uno stenopòs. A sud il nucleo D, composto da un ambiente chiuso, da un vano con portico e da cortile, questi ultimi pavimentati a lastre: al centro del cortile la cassa di nenfro viene sostituita da una in calcare, ancora da riconoscere come il sepolcro di Adone. Un terzo Edificio E, a est di quello D, sembra aver ospitato magazzini e ambienti secondari di servizio. Dall’altra parte della strada si dislocano altri due complessi: l’edificio A è formato da un cortile e due vani, ai quali si accostano un altro cortile e un successivo vano. Nel primo cortile si segnalano due altari e un pozzo; nel secondo una cassetta composta da tegole poste di taglio conteneva due olle con resti di ovini, volatili e semi vegetali: si tratta di un deposito dedicato a Uni come testimoniano le iscrizioni votive. Il secondo edificio (B) risulta costituito da un ampio vano rettangolare a cui è attaccato una sorta di pronao che si affaccia su di un vicolo laterale della grande strada. Nel vano si rinvennero un altare e un pozzo con materiali ed ex voto dedicati a Demetra e alla sua equivalente etrusca Vei. Con la fine del V sec. a.C. si conclude l’esperienza santuariale del luogo, che riprenderà nuovo vigore dopo la creazione della colonia romana.
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