Torquato, L. Manlio
Pretore romano, discendente del Tito Manlio Torquato (v.) che visse nel IV sec. a.C., ed entrò nella leggenda per le virtù militari e per il ferreo senso dell'onore.
T., ancora giovanissimo, aiutò il padre, suo omonimo, a conseguire il consolato nel 65 a.C. in luogo di P. Cornelio Silla, console designato per quell'anno, muovendo a quest'ultimo accusa di broglio elettorale (cfr. Cicerone Fin. II XIX 62). Fu condiscepolo di T. Pomponio Attico e di Cicerone, che lo chiama " contubernalis " in Pro Sulla XII 34, proprio nell'orazione con cui difende e salva Silla da un nuovo attacco di T., che nel 62 a.C. lo aveva accusato di aver preso parte alla congiura di Catilina. Percorse la carriera politica fino alla pretura, carica conferitagli nel 49 a.C.; allo scoppio della guerra civile militò nelle file di Pompeo, ma dovette arrendersi a Cesare, che prese possesso della città di Orico nell'Illiria da lui presidiata e gli risparmiò la vita (Cesare Bell. civ. III XI). Dopo la battaglia di Farsalo si rifugiò in Africa con gli altri pompeiani, ma qui fu ucciso dai cesariani nel 46 a.C. (Beli. Afric. XCVI).
Della sua profonda cultura, della sua eloquenza, della sua integrità morale fa un ampio elogio Cicerone (Brutus LXXVI 265), il quale lo definisce seguace di Epicuro in Ep. ad Att. VII II e in quanto tale assegna a lui l'esposizione della morale epicurea, che occupa tutto il I libro del De Finibus.
Con riferimento al suo celebre antenato D. ricorda il personaggio in Cv IV VI 12 E di questi, che da Epicuro sono Epicurei nominati fu Torquato, nobile romano, disceso del sangue del glorioso Torquato del quale feci menzione di sopra (cfr. V 14). Nello stesso contesto la proposizione è immediatamente preceduta da un'altra, in cui - delucidando il significato che nell'epicureismo assume il concetto di ‛ piacere ' inteso come semplice ‛ assenza di dolore ' (v. EPICUREI) - D. denuncia come propria fonte il I libro del De Finibus di Cicerone.