L'Ottocento: astronomia. I grandi telescopi dell'Ottocento
I grandi telescopi dell'Ottocento
Da quando le osservazioni di Galilei del 1610 modificarono sostanzialmente le prospettive dell'astronomia occidentale, al telescopio è sempre stato riconosciuto il ruolo di 'arbitro' indiscusso di tale rinnovamento. I dati svelati dal telescopio oltre a essere potenzialmente fecondi dal punto di vista scientifico, hanno sollevato anche profondi interrogativi che investono sia l'ambito filosofico, sia l'ambito delle convinzioni religiose, a partire dalla controversia di Galilei a favore della teoria copernicana fino all'attuale cosmogonia del big bang. Al centro di questi quattro secoli di innovazioni, inoltre, vi era la spinta combinata, intellettuale e tecnica, a realizzare telescopi sempre più grandi che possedessero ciò che Sir William Herschel chiamava un maggiore 'potere di penetrazione dello spazio'.
I primi grandi telescopi europei erano stati quei rifrattori a lunga focale sviluppati dopo il 1650 da Christiaan Huygens, Gian Domenico Cassini e altri, i quali rivelarono numerose nuove informazioni sui corpi del Sistema solare. Fu tuttavia il telescopio riflettore, che impiegava non una lente ma un grande specchio per convogliare e mettere a fuoco la luce, a permettere le prime grandi scoperte cosmologiche alla vigilia delle 'perlustrazioni' herscheliane dell'Universo stellare, successive al 1780.
Il telescopio riflettore con il suo specchio metallico di speculum (una lega di rame e stagno) aveva già più di cento anni quando William Herschel (1738-1822) iniziò le proprie ricerche, e fu proprio l'abilità di quest'ultimo nel modellare e nel realizzare specchi di speculum, unita al suo straordinario genio come ricercatore, a porre i grandi telescopi alla base della ricerca astronomica per i successivi duecento anni.
Dopo il 1775 Herschel costruì una serie di grandi telescopi con specchio metallico, il primo dei quali fu uno strumento con una superficie ottica di 6,5 pollici (16,5 cm ca.) di diametro, seguito da uno di 18 pollici (45,5 cm ca.) e 20 piedi (6,1 m ca.) di lunghezza focale nel 1782, fino a uno straordinario 48 pollici (122 cm ca.) con lunghezza focale di 40 piedi (12,2 m ca.) nel 1789. Fu con questi strumenti che Herschel, volendo sondare "la lunghezza, ampiezza, profondità e gli abissi" dello spazio, riuscì a definire la maggior parte delle priorità intellettuali che avrebbero caratterizzato la cosmologia del XIX secolo. I dati raccolti per mezzo di questi strumenti di dimensioni gigantesche gli fecero concludere che esisteva una sola grande 'Galassia' o sistema stellare, vista di lato come la Via Lattea. Il nostro Sole non era quindi che una comune stella all'interno di questo vasto sistema in cui le forze gravitazionali attraevano le stelle dentro degli 'ammassi', o nebulose, mentre le collisioni interne frantumavano i sistemi stessi, permettendo così a ciò che ne rimaneva di formare nuovi legami gravitazionali che a loro volta generavano nuove stelle e ammassi. Il cosmo herscheliano era nello stato stazionario, probabilmente infinito (sebbene nell'arco di quarant'anni Herschel abbia modificato la propria visione) e, come per le famiglie di piante e animali con cui aveva stabilito connessioni analogiche, in grado di infinita rigenerazione. A mano a mano che, fino al 1789, i grandi telescopi riflettori di Herschel rivelarono l'esistenza di sempre più numerosi sistemi stellari, questi riuscirono anche a stabilire quella connessione tra progresso tecnologico e scoperta intellettuale che è ancora alla base della cosmologia. Quando il suo specchio di 48 pollici del 1789 ebbe raggiunto i limiti tecnologici legati all'età, Herschel trascorse i successivi trent'anni a escogitare nuovi modi per analizzare i dati esistenti nella speranza di giungere a nuove conclusioni cosmologiche.
Lo strumento herscheliano con apertura di 48 pollici sarebbe rimasto il più grande telescopio del mondo finché le tecniche metallurgiche e ingegneristiche, sviluppatesi nel corso della rivoluzione industriale, permisero nel 1845 a William Parsons (lord Rosse) di costruire un telescopio riflettore di 72 pollici (183 cm ca.) di apertura e 52 piedi (15,86 m ca.) di lunghezza focale. D'altronde, lo scopo per cui lord Rosse costruì questo strumento, costato ben 12.000 sterline, era quello di 'passare in rassegna' i fiochi oggetti nebulari catalogati per la prima volta da Herschel e vedere se al loro interno si potevano distinguere strutture o cambiamenti fisici. In particolare, lord Rosse desiderava utilizzare la sensibilità luminosa senza precedenti dello strumento per verificare se quegli oggetti che Herschel aveva descritto come 'code luminose', e che ricordavano una raggiante capigliatura, fossero composti di campi stellari densamente raggruppati, oppure fossero costituiti di materia gassosa diffusa. Questo problema era direttamente riferibile alla grandezza relativa dell'Universo poiché, se utilizzando il telescopio di Rosse da 72 pollici le flebili macchie di luce herscheliane si scomponevano in sistemi stellari, allora quelle macchie appena rivelate che soltanto il telescopio di Rosse era in grado di percepire dovevano essere straordinariamente distanti. Di conseguenza, il grande telescopio colpì l'immaginazione dell'età romantica al punto tale da indurre a ridefinire il concetto d'infinito e a domandarsi quale posto spetti all'umanità nello schema generale delle cose.
Ci si potrebbe, a questo punto, chiedere perché il telescopio riflettore abbia assunto una posizione preminente sia dal punto di vista tecnologico sia da quello cosmologico a partire dal 1780 e cosa sia accaduto al telescopio rifrattore nel corso dello stesso periodo. L'astronomia fisica ‒ si potrebbe argomentare ‒ ha sempre avuto un rapporto quasi filiale con la tecnologia ottica e mentre i lunghi rifrattori dell'epoca successiva al 1650 resero possibili molte scoperte planetarie che andavano ben oltre la portata degli strumenti del periodo di Galilei, il rifrattore lungo a obiettivo semplice aveva raggiunto attorno al 1680 il culmine delle proprie potenzialità, giacché gli ottici del periodo non erano stati in grado di produrre lenti che avessero delle aperture efficaci maggiori di 10 pollici (25,5 cm ca.) e delle lunghezze focali maggiori di 150 piedi (45,75 m ca.). Questi lunghi rifrattori presentavano anche il problema del cromatismo e di altre aberrazioni ottiche, oltre ai difetti del campo ristretto, delle immagini indistinte e alle difficoltà di tipo pratico.
Dopo l'invenzione, nel 1758, delle lenti acromatiche a opera dell'inglese John Dollond, il rifrattore ebbe nuove prospettive di uso, dal momento che divenne possibile ottenere immagini più vivide, nette e dai colori meglio regolati in tubi molto più corti. Tuttavia, fino al 1800, i telescopi acromatici erano ancora limitati a causa della grandezza e della qualità delle loro lenti di vetro a due elementi, come pure del fatto che era estremamente costoso produrli. Mentre Herschel e i suoi epigoni stavano costruendo in quel periodo telescopi a specchio di due piedi (61 cm ca.) e più di apertura, delle buone lenti acromatiche, che richiedevano fino a quattro superfici ottiche accuratamente realizzate e appaiate, collocate su due elementi di vetro perfettamente trasparenti e con indici di rifrazione corrispondenti, di rado superavano i quattro pollici (10 cm ca.). Tali lenti erano adatte agli studi planetari e in grado di eseguire osservazioni micrometriche, ma non erano di alcuna utilità per le investigazioni cosmologiche dal momento che non avevano la capacità di convogliare su di sé la luce.
Così come la cosmologia fisica e i tentativi di spiegare le nebulose di Herschel avevano agito come principale forza trainante nello sviluppo dei grandi telescopi riflettori durante quasi tutto il XIX sec., era stata la crescente richiesta di astronomia matematica a stimolare l'innovazione nel progetto dei grandi rifrattori fino al 1870 ca., poiché quando William Herschel pubblicò nel 1802 la sua lista di stelle doppie, gli astronomi europei ammisero la possibile esistenza di una classe di oggetti stellari che avrebbe potuto fornire una fondata prova del fatto che le leggi di gravitazione di Newton fossero veramente universali e valide ben oltre il Sistema solare. Questi oggetti erano i sistemi stellari binari e tripli, in cui due o più stelle sembravano ruotare attorno ad assi gravitazionali comuni, sotto l'influenza della legge dell'inverso del quadrato di Newton. Tali sistemi stellari erano visibili soltanto con telescopi potenti e nella maggior parte dei casi mostravano movimenti talmente piccoli che persino uno spostamento di alcuni secondi di arco tra le loro rispettive componenti richiedeva anni o decenni di attente misurazioni con precisione micrometrica. Gli astronomi si resero presto conto che i telescopi rifrattori erano i migliori strumenti con cui studiare le stelle binarie; erano infatti più maneggevoli dei riflettori a tubo lungo, le loro lenti erano più stabili fisicamente rispetto ai grandi specchi metallici e, cosa ben più importante, erano strumenti molto più semplici da fissare sui supporti equatoriali azionati da orologi, rendendo così possibile all'astronomo di ottenere la coordinata necessaria e quella stabilità dell'immagine che era essenziale per misurare i componenti delle stelle binarie.
Fino al 1808 ca. la manifattura delle lenti acromatiche era stata quasi interamente un'esclusiva inglese: vincolata da brevetti, dalla riservatezza e, cosa forse più importante, dalla dimensione e dalla qualità limitate delle lastre di cristallo necessarie a fornire le componenti ottiche ad alto indice di rifrazione per le nuove lenti. Poco prima dell'apparizione delle nuove tecniche messe a punto da Jean-Louis Guinard per realizzare cristallo di alta qualità, prima in Svizzera e poi a Monaco attorno al 1805 parecchi produttori di cristallo e ottici tedeschi e francesi si dedicarono alla produzione delle lenti acromatiche, e quasi immediatamente iniziarono ad apportare quelle innovazioni tecniche che posero le basi per il successivo sviluppo dei telescopi rifrattori di crescente grandezza e potenza ottica.
Uno dei primi ad approfittare di queste tecniche fu il francese Noël-Jean Lerebours, ma furono soprattutto i laboratori di strumenti ottici di Joseph von Fraunhofer a Benediktbeuren, presso Monaco, grazie al loro vetro ottico di qualità superiore e alle superfici ottiche realizzate con precisione matematica, a fornire per primi una serie di obiettivi di alta qualità per i principali osservatori europei tra cui la lente da 9,5 pollici (24 cm ca.) realizzata per l'Osservatorio di Dorpat, in Estonia, attorno al 1820. Dopo la morte di Fraunhofer nel 1826, lo 'scettro' passò al parigino Robert-Aglaé Cauchoix, le cui lenti di 12 pollici ca. (30 cm ca.) di diametro e di 20 piedi (6 m ca.) di lunghezza focale furono descritte dettagliatamente in pollici e in metri nelle "Astronomische Nachrichten" per essere vendute sul mercato internazionale. I 'grandi dilettanti' inglesi Sir James South ed Edward J. Cooper, due ricchi astronomi interessati allo studio delle stelle doppie, pagarono enormi somme di denaro per le lenti di Cauchoix, tra cui quella da 13,3 pollici (33,8 cm ca.) di diametro e 25 piedi (7,6 m ca.) di lunghezza focale che l'ingegnere ottico Thomas Grubb, di Dublino, montò per Cooper nel 1834, rappresentò il più lungo rifrattore dell'epoca e fu utilizzata nelle principali ricerche di meccanica celeste per molti decenni a seguire. Il solo grande obiettivo di Cauchoix, pensato sin dall'inizio per essere utilizzato in un osservatorio britannico professionale, era quello di 11 pollici e tre quarti (30 cm ca.), acquisito nel 1838 per il rifrattore Northumberland dell'Università di Cambridge, il quale era stato acquistato per 15.000 franchi ed era un dono del duca di Northumberland.
La delicata astronomia micrometrica, per la quale i grandi obiettivi di Fraunhofer, Cauchoix e dei loro successori furono inventati, poté essere utilizzata in modo vantaggioso soltanto dopo che le nuove tecniche ingegneristiche ebbero sviluppato dei supporti equatoriali azionati da orologi che fossero perfettamente bilanciati e che permettessero a un astronomo di concentrare tutta la propria attenzione sulle osservazioni, senza il bisogno di regolare costantemente il telescopio. Nello sviluppo del 'supporto tedesco' controbilanciato e azionato da orologi per il rifrattore di Dorpat, Fraunhofer produsse una configurazione ingegneristica che sarebbe stata adattata per sostenere la maggior parte dei grandi rifrattori dell'Europa e dell'America del XIX secolo. Per il suo lavoro di realizzatore di cristalli, di ottico e di ingegnere, Fraunhofer può essere certamente considerato il 'padre' del grande rifrattore acromatico dell'Ottocento; egli riuscì a trasformarlo da piccolo strumento empirico dal punto di vista ottico in uno strumento che gli indici di rifrazione, le lenti calcolate con esattezza matematica, la fabbricazione di precisione e il supporto avevano reso capace di un enorme sviluppo. Uno dei pochi grandi obiettivi degli anni Trenta che non dovesse essere installato su alcun supporto 'tedesco' era il Cauchoix utilizzato nel telescopio Northumberland di Cambridge, che Sir George B. Airy posizionò all'interno di un supporto ad asse polare 'inglese', perfettamente stabile, progettato da lui stesso.
Per quarant'anni dopo la morte di Fraunhofer, si può tracciare lo sviluppo del grande rifrattore in cui l'obiettivo aumenta di apertura, mentre i supporti equatoriali e i loro movimenti a orologeria diventano progressivamente più raffinati, in modo da facilitare i movimenti esatti dei tubi più lunghi e pesanti. Fino agli anni Cinquanta, tuttavia, la produzione dei grandi obiettivi era divenuta un'esclusiva in gran parte tedesca e in misura minore francese. Georg Merz (1793-1867) e Joseph Mahler (1795-1845) di Monaco furono gli ottici più richiesti dalla fine degli anni Trenta ai primi anni Sessanta. Le due lenti con apertura di 15 pollici (38 cm ca.) che Merz fornì agli osservatori di Pulkovo, in Russia, e a quello della Harvard University, negli Stati Uniti, rispettivamente nel 1839 e nel 1847, divennero punti di riferimento assoluti in campo internazionale e responsabili di innumerevoli scoperte; quando poi nel 1842 i cittadini della nuova città di Cincinnati, negli Stati Uniti, decisero di commissionare un osservatorio di categoria mondiale, fu a Merz che si rivolsero per la lente obiettiva, che costò 9000 dollari.
Tutti i grandi osservatori pubblici e privati che commissionarono nuovi grandi rifrattori, sia nel vecchio sia nel nuovo mondo, fino agli anni Sessanta si proposero di usarli in programmi di ricerca di astronomia matematica piuttosto che per la cosmologia. Già nel 1830 i dati esatti ottenuti grazie alle osservazioni, prodotti e pubblicati da una ventina di osservatori europei, avevano permesso a Félix Savary a Parigi e a John Herschel a Londra di calcolare gli elementi delle prime stelle binarie e quindi dimostrare che le leggi di Newton si applicavano a sistemi stellari distanti con la stessa precisione con cui si applicavano alla Luna. I grandi rifrattori vennero utilizzati anche per scoprire e quantificare dal punto di vista matematico le orbite di asteroidi, comete e per investigare la stabilità dinamica del sistema Terra-Luna, come pure il più ampio Sistema solare. Inoltre, praticamente tutte le osservazioni di quelle perturbazioni di Urano che portarono alla scoperta di Nettuno erano state effettuate con grandi rifrattori, mentre la ricerca e la scoperta di Nettuno del 1846 venne realizzata utilizzando un obiettivo di Cauchoix da 11 pollici e tre quarti (30 cm ca.) a Cambridge e uno di Fraunhofer da 20 cm a Berlino.
Il grande rifrattore equatoriale fu anche il telescopio indiscutibilmente preferito dagli osservatori professionali nel corso dell'Ottocento. Questa scelta dipendeva in parte dai programmi di ricerca sulla gravitazione, connessi all'ambito matematico, sviluppati negli osservatori accademici o di Stato, poiché il grande rifrattore si era sviluppato in risposta a tali esigenze ed era uno strumento a basso costo di manutenzione. Un attento meccanico o un semplice tecnico era in grado di far funzionare perfettamente un grande rifrattore per anni cosicché gli astronomi accademici avevano uno strumento completamente affidabile attorno al quale si potevano organizzare ricerca e strategie lavorative.
Diverso era il caso dei grandi telescopi riflettori a specchio metallico di speculum, che erano notoriamente strumenti instabili: gli squilibri termici e il conseguente incurvarsi degli specchi, gli ampi e poco maneggevoli tubi con supporto altazimutale, la scarsa riflettività e il rapido appannamento per ossidazione degli specchi, li rendevano inadatti all'uso quotidiano professionale. Invero, i grandi riflettori erano progettati, costruiti personalmente e diligentemente utilizzati da quei ricchi e relativamente agiati 'grandi amatori' britannici, come Herschel, lord Rosse, William Lassell e James Nasmyth, la cui priorità astronomica tendeva a essere quella di convogliare il più possibile la luce e penetrare al massimo lo spazio. Dalla fine degli anni Trenta in poi, tuttavia, essi iniziarono ad apportare una serie di innovazioni fondamentali al progetto del grande telescopio riflettore con specchio di speculum. Al problema del cambiamento, piccolo ma significativo dal punto di vista ottico, della forma dello specchio e a quello della posizione fu posto rimedio grazie all'invenzione, a opera di Grubb, del sistema di supporto dello specchio a tre punti, progettato in origine per un telescopio riflettore di 15 pollici (38,1 cm) per l'Osservatorio di Armagh, in Irlanda, nel 1835. Il sistema di sostegno dello specchio astatico di Grubb fu ulteriormente sviluppato da lord Rosse e da Lassell in particolare, e dal 1858 fu possibile avere specchi di quattro piedi (122 cm ca.) e più di diametro, la cui compensazione astatica rese sia loro sia le immagini stellari che producevano molto stabili.
Durante gli anni Quaranta, William Lassell (1799-1880) sviluppò quelle strutture ingegneristiche che gli consentirono di montare i grandi telescopi a specchio sul piano equatoriale. L'amicizia tra Lassell e il suo compagno astronomo e costruttore di locomotive James Nasmyth (1808-1890) fu importante per lo sviluppo di macchine azionate dal vapore in grado di realizzare con precisione ottica una lastra di speculum da 48 pollici (122 cm ca.), di sostenerla astaticamente e di montarla su un sostegno equatoriale perfettamente in equilibrio.
Il riflettore equatoriale newtoniano di Lassell del 1845, con un'apertura di 24 pollici (61 cm ca.) e una lunghezza focale di 20 piedi (6,1 m ca.), era l'antenato di tutti i grandi telescopi riflettori successivi, essendo anch'esso capace di seguire le tracce di un corpo astronomico attraverso il cielo con la stessa precisione ottica e meccanica di qualsiasi altro rifrattore dell'epoca. E quando nel 1860 Lassell completò il suo specchio di 48 pollici di diametro, montato con precisione ingegneristica due volte maggiore di quella del 24 pollici, egli aveva creato il più grande e più potente telescopio equatoriale del mondo. Lassell proseguì l'impresa iniziando tra il 1861 e il 1865 una serie di osservazioni da Malta con il 48 pollici e divenendo così il primo astronomo a intraprendere una prolungata serie di ricerche con un grande telescopio da una ben definita località, un 'sito primario'.
A partire dagli anni Sessanta, tuttavia, il telescopio riflettore metallico di speculum era sul punto di cadere in disuso, e nonostante i progetti di Lassell dimostrassero che uno specchio grande e pesante poteva operare perfettamente sul piano equatoriale, l'unico strumento di speculum che seguì fu il grande telescopio di Melbourne da 48 pollici del 1869, per il quale Thomas Grubb, ingegnere di Dublino, aveva eseguito sia il lavoro ottico sia quello di ingegneria meccanica. Tale strumento non si rivelò molto utile, ma per molti versi rappresentò un grande telescopio che segnò una svolta importante in questo settore: infatti non soltanto fu l'ultimo strumento a specchio di speculum e con grande apertura a essere mai realizzato, ma venne costruito da un ingegnere ottico professionista per essere impiegato in un osservatorio professionale; fu, inoltre, il primo telescopio a grande apertura che venne progettato specificamente per essere utilizzato nell'emisfero meridionale.
Ciò che rivoluzionò il telescopio riflettore negli anni Cinquanta fu il procedimento chimico, messo a punto da Justus von Liebig, per applicare un rivestimento resistente d'argento sul cristallo e l'adattamento, dopo il 1856, di tale tecnica ai telescopi riflettori a opera di Karl August von Steinheil di Monaco e di Léon Focault di Parigi. Gli specchi di cristallo, infatti, erano decisamente più leggeri rispetto a quelli di speculum, inoltre il cristallo era molto più semplice da realizzare e lucidare rispetto al duro e fragile metallo.
Mentre nell'Europa continentale la realizzazione e il montaggio degli specchi di cristallo furono ben presto ereditati da seri astronomi dilettanti, negli Stati Uniti e soprattutto in Inghilterra dopo il 1860 i vantaggi offerti dall'applicazione dell'argento sugli specchi di cristallo trasformarono il telescopio riflettore in uno strumento adatto agli osservatori professionali. Questo perché il vetro, più leggero e più stabile termicamente, ridusse molti dei problemi connessi agli specchi montati equatorialmente, mentre la maggiore capacità riflettente dell'argento rispetto allo speculum lucidato faceva sì che, per ogni apertura, una superficie d'argento avesse una maggiore riflettività‒ quindi, un potere di penetrazione dello spazio potenzialmente più grande ‒ rispetto a una di speculum. Le superfici argentate erano inoltre molto meno inclini ad appannarsi per ossidazione e anche quando dopo parecchi anni la copertura d'argento si fosse eventualmente degradata era relativamente economico e semplice ricostruirla chimicamente non necessitando di alcuno dei pesanti interventi dello speculum.
Nonostante il comportamento più prevedibile ed economico dei grandi specchi di argento su vetro, gli osservatori professionisti mantennero nei loro confronti un atteggiamento cauto per parecchi decenni dopo il 1860, preferendo rimanere fedeli alla tecnologia, lungamente sperimentata e quindi affidabile, del rifrattore ad apertura sempre maggiore. Soltanto alcuni grandi telescopi di argento su vetro riuscirono a entrare negli osservatori professionali; forse il primo fu lo strumento di 4,5 m con un'apertura di 80 cm realizzato da Foucault, che fu acquistato dall'Osservatorio di Marsiglia nel 1864. Nel 1875, un riflettore di cristallo di 120 cm di apertura con una lunghezza focale di 7,30 m, realizzato da Martin, Foucault e Gautier, venne collocato nell'Observatoire di Parigi: al suo oculare, con fuoco newtoniano, si accedeva per mezzo di scale a chiocciola e gallerie mobili. Il fatto che tale telescopio mancasse di un supporto realmente astatico per lo specchio, per cui fu necessario reintervenire considerevolmente nel tentativo di correggerlo, dimostra come i fabbricanti di strumenti professionali avessero poca esperienza con i grandi rifrattori dell'epoca. Anche quando i problemi relativi alla curvatura dello specchio erano stati corretti ‒ e ciò avvenne attorno al 1877 ‒ il telescopio si dimostrò talmente difficile da usare che nessun lavoro significativo fu realizzato con esso. Tuttavia, non furono tanto i fabbricanti di strumenti professionali e gli astronomi, quanto i ricchi 'grandi dilettanti' a mettere davvero alla prova i nuovi telescopi a specchio con cristallo argentato ‒ spesso dopo averli costruiti nei propri laboratori privati altamente sofisticati ‒ mostrando al mondo scientifico i risultati che riuscivano a raggiungere con la loro ricerca. Soltanto dopo che questa nuova tecnologia fu sviluppata e completamente messa alla prova dai 'grandi dilettanti', all'inizio del XX sec., i grandi telescopi riflettori con specchi di vetro argentato furono utilizzati negli istituti professionali.
Nel 1859 Henry C. Key a Herefordshire, in Inghilterra, costruì una macchina che riusciva a realizzare e lucidare perfettamente specchi di vetro fino a 18 pollici (46 cm ca.) di diametro; altri dilettanti inglesi appartenenti al clero, come Edward L. Berthon e George H. With, furono in grado di costruire macchine capaci di lavorare lastre di vetro di simile precisione. Oltre al lavoro ottico, questi e altri dilettanti inglesi stavano progettando nuovi supporti equatoriali del tipo a forcella con struttura di ferro, adatti a un peso più leggero e a specchi con un rapporto focale più alto, che sottoposero a verifiche rigorose sulle stelle doppie e colorate e sulle nebulose. Tra il 1867 e il 1872 Henry Draper, professore di medicina e astronomo newyorkese, appartenente al gruppo dei 'grandi dilettanti', perfezionò un eccellente riflettore con specchio di argento su vetro, con un'apertura di 28 pollici (71 cm ca.), utilizzato in seguito per fotografare oggetti nebulari. Il lavoro svolto da Draper probabilmente qualifica tale strumento come il primo riflettore in grado di consentire scoperte significative nel campo sia dell'astrofisica sia della cosmologia.
Fu nel mondo dei seri e ricchi astronomi dilettanti britannici, tuttavia, che lo specchio del tipo argento su vetro, proprio come il suo antenato di speculum, fu sottoposto a progressivi miglioramenti e verifiche. Nei primi anni Settanta George Calver di Chelmford fondò alcune officine ottiche nelle quali si producevano specchi di vetro argentato di eccellente qualità per un mercato sempre crescente. La maggior parte di essi aveva un'apertura modesta, minore di 18 pollici, ma ne furono prodotti alcuni di 24 pollici, come quello realizzato per Thomas Espin, che lo utilizzò per la monumentale ricognizione delle stelle binarie, variabili e colorate, visibili dall'emisfero settentrionale, per la quale, nel 1913, ricevette la medaglia Jackson-Gwilt della Royal Astronomical Society. In seguito, alla fine degli anni Settanta, Calver fornì uno specchio di 36 pollici (91,5 cm ca.) ad Andrew A. Common, un ingegnere e 'grande dilettante', che provvide anche al suo montaggio. Il supporto che Common disegnò e costruì per il 36 pollici era del tutto rivoluzionario: il nucleo dello specchio era collocato in mezzo a una forcella d'acciaio in cima all'asse polare che era stabilizzato da un tamburo galleggiante in un bagno di mercurio.
Lavorando a un rapporto focale sorprendentemente breve per uno specchio di 36 pollici ‒ un'altra delle possibilità ottiche dell'argento su vetro mancanti allo speculum ‒ il telescopio di Common non aveva bisogno di un tubo lungo: il suo oculare e il supporto per la lastra fotografica erano tenuti in posizione da una grata leggera di ferro, costruita sopra e fatta collimare con il nucleo dello specchio. Il tubo a grata e il basso rapporto focale permettevano di concentrare il centro di gravità dello strumento entro uno spazio relativamente piccolo mentre questo si muoveva in ascensione retta e in declinazione; il supporto ad asse polare nel bagno di mercurio permetteva invece un movimento estremamente dolce quando si dovevano osservare gli oggetti attraverso il cielo. Common, infatti, aveva concepito questo strumento per realizzare foto a lungo tempo di esposizione delle flebili nebulose.
Dopo aver sfruttato, fino al 1885, tutte le potenzialità del 36 pollici, Common lo vendette per 2500 sterline a un fabbricante di tappeti dello Yorkshire, il grande astronomo dilettante Edward Crossley. Nel 1894, quando anche Crossley ebbe finito di utilizzarlo, questo grande riflettore, interamente progettato, costruito e usato da 'grandi dilettanti', fu donato al neonato Osservatorio professionale di Lick, per osservare il cielo dal Monte Hamilton, in California, luogo in cui è tuttora ospitato. Esso rappresenta un perfetto esempio non soltanto di come i ricercatori dilettanti fossero all'avanguardia nel campo dell'innovazione legata al grande telescopio riflettore, ma anche di come i loro progetti, dopo essere stati a lungo messi alla prova, fossero infine ceduti per divenire parte integrante della strumentazione scientifica degli osservatori professionali.
Quando Common vendette il suo telescopio da 36 pollici a Crossley stava già progettando uno strumento di dimensioni maggiori e tecnicamente più avanzato, con uno specchio di 60 pollici (152,5 cm ca.) di apertura. A partire dal 1886, inoltre, Common decise di occuparsi non solo del montaggio, ma anche della realizzazione e lucidatura della lastra di cristallo con apertura di 60 pollici sulle proprie macchine e nei propri laboratori privati, che si trovavano nelle adiacenze del suo osservatorio di Ealing, nella parte ovest di Londra. Nel 1891, lo specchio di cristallo, che funzionava con un rapporto focale più ampio, venne montato su una forcella che era stata resa stabile e controbilanciata per mezzo di un elaborato dispositivo idraulico a tamburo, in modo da garantire il movimento perfettamente uniforme, quale era necessario per scattare le fotografie. Il riflettore da 60 pollici di Common era il telescopio più potente del mondo e quello con l'apertura reale maggiore; infatti, sebbene il 72 pollici di lord Rosse fosse ancora in funzione, la qualità delle immagini prodotte dal suo specchio di speculum era di gran lunga inferiore rispetto a quella delle immagini prodotte dal telescopio di Common.
Probabilmente, una delle ragioni per cui gli osservatori professionali evitavano ancora i grandi telescopi riflettori, persino negli anni Novanta, era dovuta al pericolo di dover lavorare al buio da un fuoco newtoniano situato verso l'estremità alta del tubo e quindi con l'oculare che poteva trovarsi a 10 o più metri di altezza da terra. Gli astronomi che, agli inizi dell'Ottocento, visitavano i grandi telescopi herscheliani, raccontavano a volte del timore che si provava a salire su queste alte strutture lignee prive di illuminazione. Intorno al 1830, David Brewster rischiò di cadere dal grande riflettore di John Ramage ad Aberdeen, in Scozia; Common, invece, dopo essere fortunatamente scampato alla morte o comunque al pericolo di serie lesioni a seguito di un incidente occorso durante alcune osservazioni dall'obiettivo del suo riflettore di 60 pollici, per non salire nuovamente sulla piattaforma d'osservazione tentò di riconfigurare l'ottica del suo telescopio nella direzione di un ben più sicuro fuoco di Cassegrain. La preoccupazione di rendere sicuri i grandi telescopi riflettori fu affrontata per la prima volta negli anni Cinquanta dall'ingegnere inglese, 'grande dilettante', James Nasmyth. La sua proposta di progetto per un riflettore professionale, con apertura di 48 pollici e lunghezza focale di 40 piedi da utilizzare in Australia, prevedeva ciò che Nasmyth chiamò una 'comoda' camera chiusa, nella quale l'osservatore poteva lavorare senza pericolo e confortevolmente. Il progetto di Nasmyth non venne mai realizzato, ma quando il grande riflettore di Melbourne, in Australia, fu finalmente costruito, come già detto, nel 1869, funzionava secondo il più sicuro fuoco di Cassegrain, in cui l'oculare si trovava all'estremità inferiore del tubo, proprio come succedeva in un telescopio rifrattore. Le incisioni che raffigurano il grande telescopio newtoniano dell'Observatoire di Parigi mostrano che era fornito di scale alte ed elaborate caratterizzate da ringhiere di ferro e gallerie, atte a proteggere gli osservatori da possibili cadute.
Fu tuttavia lo sviluppo della fotografia e della spettroscopia dopo gli anni Cinquanta a esercitare la pressione maggiore sui successivi progetti per grandi telescopi, portando alla nascita dell'astrofisica. Già nel 1840 John W. Draper (padre di Henry Draper) era riuscito a ottenere un dagherrotipo della Luna proiettata da un piccolo rifrattore, ma fu necessario attendere che Warren De la Rue, un altro 'grande dilettante' britannico, costruisse il primo riflettore fotografico nel 1858 perché la fotografia astronomica iniziasse a rivelare le proprie potenzialità. Il telescopio di De la Rue aveva uno specchio metallico di speculum (realizzato da Nasmyth) con un diametro di 13 pollici (33 cm ca.) montato su un equatoriale azionato da orologi e progettato per individuare anche i più piccoli cambiamenti sulla superficie lunare che potessero fornire la prova della permanente attività geologica sul nostro satellite. In breve tempo, il nuovo negativo a lastra di vetro al collodio ad alta definizione, che De la Rue aveva impiegato, iniziò a essere utilizzato anche da altri astronomi ‒ soprattutto dilettanti ‒ i quali tentarono di fotografare i pianeti, le nebulose e persino le binarie, in modo tale che le immagini che ne risultavano potessero essere studiate e misurate con comodo.
La chimica dello spettro solare era stata scoperta per la prima volta da Robert Bunsen, Henry E. Roscoe e Gustav Robert Kirchhoff a Heidelberg nel 1859 e l'applicazione dello spettroscopio all'astronomia, compreso l'uso della fotografia per registrare e studiare le linee dello spettro, ebbe inizio subito dopo. Con le sole eccezioni di Pietro Angelo Secchi, gesuita presso l'Osservatorio del Collegio Romano, Hermann Carl Vogel a Potsdam e Pierre-Jules-César Janssen a Parigi, lo sviluppo della spettroscopia astronomica era quasi esclusivamente nelle mani dei 'grandi dilettanti': William Huggins e Joseph N. Lockyer a Londra e Henry Draper e Lewis M. Rutherfurd a New York. Proprio come il denaro dei 'grandi dilettanti' era stato liberamente speso per risolvere sia i problemi ottici sia quelli ingegneristici relativi alla costruzione dei grandi telescopi riflettori, fu la medesima classe di ricercatori a investire molto denaro per sviluppare lo spettroscopio astronomico e i processi fotochimici a questo collegati e per migliorare i progetti dei grandi telescopi esistenti, in modo da renderli adatti alle ricerche astrofisiche. Queste iniziative private furono intraprese perché la spettroscopia e la fotografia, proprio come la cosmologia nebulare, erano al di fuori degli interessi, e conseguentemente dei finanziamenti, dei grandi osservatori accademici o di Stato, che negli anni Sessanta si occupavano ancora prevalentemente di meccanica celeste. Il potenziale della nuova astrofisica fu tuttavia evidente nel 1864, quando Huggins, ponendo uno spettroscopio sull'oculare di un telescopio rifrattore acromatico di 8 pollici (20 cm ca.), in un osservatorio collocato nel giardino della propria abitazione, a Londra, riuscì a risolvere la questione sulle nebulose per affrontare la quale Herschel, lord Rosse e altri astronomi avevano costruito una serie di giganteschi telescopi riflettori: le nebulose contenevano sia componenti gassosi sia agglomerati stellari.
Nei primi anni Settanta, la spettroscopia aveva consentito di scoprire le singole sostanze chimiche presenti nei corpi astronomici, stimare le temperature relative, classificare le stelle secondo le caratteristiche dello spettro e suggerire modelli in base ai quali i gas luminosi potevano essere messi in relazione all'altissima temperatura del Sole e delle stelle. Intorno al 1875, i grandi riflettori del tipo argento su cristallo, montati su equatoriali di precisione e utilizzati come gigantesche macchine fotografiche, permisero di fotografare le complesse strutture interne delle nebulose. Draper con il suo 28 pollici a New York e Common con il 36 pollici a Londra furono i veri pionieri della fotografia dello spazio profondo. Entrambi si dimostrarono estremamente ingegnosi nel migliorare la tecnologia dei rispettivi telescopi, in risposta ai nuovi sviluppi nel campo dell'ingegneria e della fotografia. Common, per esempio, inventò un supporto di precisione per la lastra da applicare all'oculare sia del riflettore da 36 pollici sia di quello da 60 pollici il quale poteva essere utilizzato per annullare anche le più piccole irregolarità durante il lento procedere del movimento equatoriale. Il sostegno per la lastra poteva essere spostato leggermente, con l'intera linea di collimazione ottica del telescopio, per mezzo di viti ben filettate. L'osservatore poteva perciò 'bloccare' la lastra su una particolare stella guida all'interno del campo visivo per tutta la durata di una fotografia a lunga esposizione, in modo che se il movimento equatoriale avesse deviato anche della più piccola quantità, la lastra sarebbe rimasta esattamente nella stessa posizione rispetto all'oggetto che si doveva fotografare. Erano possibili esposizioni guidate di 30, 60 o più minuti: tutte le stelle di un campo rimanevano punti fissi di riferimento e anche i più piccoli filamenti nebulari si imprimevano distintamente sulla lastra fotografica. Si riuscì in tal modo a rilevare e a registrare i dettagli della struttura presente all'interno delle nebulose, le cui caratteristiche Herschel o lord Rosse non avrebbero potuto immaginare.
Fu la nebulosa di Orione a diventare il principale oggetto di studio di Draper e Common, proprio mentre tra i due uomini si sviluppava un'amichevole rivalità 'transatlantica'. Common, a Londra, possedeva il telescopio più grande, ma Draper, a New York, godeva del vantaggio della latitudine, riuscendo a osservare la nebulosa di Orione 12,5° più in alto nel cielo e perciò attraverso uno strato minore di atmosfera rispetto a Londra. La rivalità tra Draper e Common finì improvvisamente nel 1882, quando Draper morì per un attacco cardiaco. Ciò che i due uomini avevano dimostrato al mondo, tuttavia, è che il telescopio riflettore a grande apertura aveva un immenso potenziale, sia come gigantesca macchina fotografica sia come collettore di luce proveniente da fonti cosmologiche remote, da utilizzare nelle analisi spettroscopiche. Quando il 20 dicembre 1908 il riflettore da 60 pollici sul Monte Wilson, in California ‒ ispirato e in parte finanziato sotto l'egida dell'astronomo professionista americano George E. Hale ‒ produsse la sua prima lastra, il riflettore del tipo argento su vetro a grande apertura assunse pienamente il proprio ruolo di telescopio fotografico dello spazio profondo, che in seguito mantenne fino alla realizzazione, nel corso degli anni Novanta del XX sec., del telescopio spaziale Hubble.
L'astronomia accademica e professionale della fine dell'Ottocento continuò a essere dominata dal telescopio rifrattore, sebbene dalla fine degli anni Cinquanta il monopolio tedesco nella fabbricazione di obiettivi di alta qualità a grande apertura sia venuto drammaticamente meno. Le affermate ditte tedesche, come Merz e Mahler, insieme ad altre più recenti, quali Carl Zeiss, avrebbero continuato a produrre lenti di alta qualità, e ingegneri ottici come i fratelli Sohenn, Georg e Adolf Repsold, avrebbero continuato a montarle, ma tutte dovettero comunque affrontare la crescente competizione, specialmente della Gran Bretagna, degli Stati Uniti e, in misura minore, della Francia. Nel periodo successivo al 1860 il mercato internazionale del grande telescopio rifrattore fu largamente dominato dalle ditte di Thomas Cooke e figli di York, in Inghilterra, Howard Grubb di Dublino e Alvan G. Clark e figli di Boston. Sia Cooke sia Clark iniziarono come profani del mercato dell'ottica, essendo l'uno un maestro di scuola e l'altro un ritrattista; entrambi avevano scoperto il proprio talento nel campo dell'ottica come smerigliatori dilettanti di cristalli. Grubb, che aveva studiato a Cambridge, era figlio di Thomas, il quale a suo tempo, prima di scoprire il proprio talento per l'ingegneria ottica, era stato costruttore di tavoli da biliardo e astronomo dilettante. Alla base di questa innovazione di origine britannica e statunitense erano stati gli sviluppi nel campo della manifattura del cristallo ottico. I fratelli Chance di Birmingham e Pilkingtons di St. Helens, in Inghilterra, produssero, a partire dagli anni Sessanta del secolo, lastre di cristallo ottico di notevole purezza e di grandi dimensioni traendo vantaggio anche dalle contemporanee agitazioni politiche in Francia, come per esempio quelle che spinsero Georges Bontemps di Parigi a unirsi ai fratelli Chance.
Se questi cambiamenti aiutarono notevolmente l'industria vetraria inglese, non sarebbero trascorsi molti anni prima che fabbriche produttrici di cristallo ottico di qualità equivalente fossero fondate anche negli Stati Uniti. Clark era ancora obbligato a importare le grandi lastre dall'Inghilterra, da Feil-Mantois, di Parigi, e da altri paesi europei, ma la concessione che gli fece il governo di Washington di acquistare cristallo ottico senza dover pagare spese di importazione esorbitanti fu decisiva per lo sviluppo del grande telescopio rifrattore negli Stati Uniti.
La tecnologia ottica e ingegneristica dell'epoca, in così rapido sviluppo, fece sì che la grandezza dei telescopi rifrattori continuasse ad aumentare costantemente. Fino ad allora, l'apertura di 15 pollici (38,1 cm ca.) rappresentava ancora più o meno il limite, ma nel 1860 Clark e suo figlio iniziarono a costruire un rifrattore di 8,5 pollici (21,6 cm ca.) per l'Università del Mississippi. Poi, nel 1862, Robert S. Newall, uno dei 'grandi dilettanti' inglesi che aveva fatto fortuna come produttore di fili d'acciaio, commissionò a Cooke il progetto per lastre di cristallo da 25 pollici (63,5 cm ca.) inventate dai fratelli Chance, al fine di realizzare nel suo osservatorio privato il più grande rifrattore del mondo. La produzione del telescopio di Newall introdusse importanti innovazioni nella costruzione del grande telescopio rifrattore. Tra le altre cose, Cooke utilizzò un sistema di flottazione del mercurio per compensare la pressione creatasi durante la molatura della lente e contemporaneamente escogitò anche un sistema di posizione a tre punti per montare la grande lente nel tubo di 32 piedi (9,7 m ca.). È chiaro che a partire dagli anni Sessanta, il grande telescopio rifrattore (e riflettore) e gli strumenti a esso associati non erano più prodotti artigianali ma erano diventati dispositivi di precisione di produzione industriale; Cooke era stato il primo a fabbricare telescopi con metodi industriali su larga scala. La fabbricazione di grandi lenti, come quella di specchi di notevoli dimensioni, avrebbe comunque conservato a lungo alcune fasi critiche che richiedevano grandi abilità, specialmente nella rifinitura finale delle superfici ottiche. Clark, per esempio, aveva sviluppato un tocco molto delicato che gli consentiva non solo di individuare eventuali piccolissime irregolarità sulle superfici delle lenti che aveva completato, ma anche di conferire loro la perfezione finale usando il pollice e un leggero strato di polvere abrasiva come strumento di rifinitura.
La fine del XIX sec. vide un costante aumento delle dimensioni del telescopio, oltre a un'enorme espansione del mercato globale di tale strumento. Nel 1895, per esempio, Clark realizzò per l'Osservatorio di Yerkes dell'Università di Chicago un obiettivo di 40 pollici (102 cm ca.). In larga misura, fu questo il risultato della diffusione della seria astronomia dilettantistica in Europa e in America, che comportò una crescente domanda di tripodi di buona qualità e di modesti telescopi equatoriali e una sempre maggiore richiesta di strumenti destinati alle università e agli istituti scolastici. Negli Stati Uniti, le nuove università statali e gli istituti superiori di arti liberali che, dopo il 1865, si diffusero verso ovest attraverso tutto il continente, includevano frequentemente osservatori astronomici, spesso attrezzati con eccellenti telescopi rifrattori forniti da Clark. Questi osservatori accademici, in base alle dotazioni e alle aspirazioni, commissionavano strumenti con aperture di ogni tipo, dai modesti 4 o 6 pollici fino a quello di 40 pollici di Yerkes per l'Università di Chicago, che rappresenta ancora oggi il più grande telescopio rifrattore del mondo. Alla fine del XIX sec., allorché le professioni di ingegnere ottico e astronomico divennero maggiormente specialistiche, fu sempre più comune per Clark realizzare lenti che sarebbero state installate da altri, soprattutto dalla statunitense Warner e Swasey, che montò tra i tanti obiettivi di Clark il rifrattore da 26 pollici (66 cm ca.) dell'Osservatorio navale degli Stati Uniti del 1873, il 36 pollici di Lick del 1888 e, naturalmente, il 40 pollici di Yerkes. Nel 1879 la reputazione della ditta di Clark era divenuta tale che Otto Struve le commissionò il nuovo rifrattore con apertura di 30 pollici (76,2 cm) per l'Osservatorio di Pulkovo, in Russia, che fu poi montato da Repsold. Altri importanti ottici americani furono John A. Brashear e Henry Fitz.
Una delle innovazioni strumentali più significative del periodo astrofisico, avvenuta intorno agli anni Settanta, fu la configurazione ideata da Howard Grubb per controbilanciare reciprocamente un potente rifrattore sullo stesso asse equatoriale di un riflettore del tipo argento su vetro progettato per funzionare fotograficamente. Il primo strumento di questo tipo realizzato nel 1870 da Grubb fu quello per l'osservatorio privato di Huggins, un rifrattore di 15 pollici montato in tandem ottico con un riflettore di 18 pollici, con specchio di speculum. Grubb ne costruì subito altri e ottenne presto fama di essere il costruttore del telescopio astrofisico più sofisticato del mondo. La configurazione del suo telescopio doppio, in cui un grande rifrattore (che poteva di per sé essere utilizzato per l'osservazione planetaria, spettroscopica o binaria) era impiegato per guidare un riflettore fotografico dall'apertura ancora più grande, sarebbe stata di enorme importanza per l'astrofisica. I telescopi doppi furono ereditati da ricchi astrofisici appartenenti al gruppo dei 'grandi dilettanti', come Huggins, Isaac Roberts e, nella forma del doppio rifrattore, da Frank McClean; la personale generosità di quest'ultimo portò inoltre alla costruzione di un astrografo di Grubb con due telescopi rifrattori di 24 pollici (61 cm ca.) e 18 pollici da donare all'Osservatorio del Capo di Buona Speranza, al quale ne seguirono altri destinati all'Università di Cambridge e ad altre istituzioni.
Queste aperture di 24 pollici potrebbero apparire modeste se confrontate con i contemporanei strumenti di 40 o 60 pollici, ma non si deve dimenticare che erano progettati come telescopi doppi a spettro fotografico e adatti alla fotografia dello spazio profondo. La loro raffinata qualità ottica e ingegneristica, inoltre, permetteva di scattare fotografie anche con lunghi tempi di esposizione e di registrare così quei dati sia fotovisivi sia relativi allo spettro fotografico che non si sarebbero mai potuti individuare senza l'aiuto della lastra fotografica.
Molti grandi telescopi della fine del XIX sec. erano progettati per essere utilizzati in siti di 'cielo primario', posti ad altezza notevole, in modo tale che le ricerche relative alle popolazioni stellari, effettuate nel firmamento profondo, fossero condotte nell'aria più limpida possibile. A questo proposito, gli Americani ebbero un ruolo di primaria importanza, giacché osservatori collocati in cima alle montagne o in zone isolate come quelli di Lick, sul Monte Hamilton (1874), di Yerkes (1894) e del Monte Wilson (1903), garantivano le condizioni meteorologiche pressoché ideali per il lavoro fotografico e astrofisico.
Tuttavia, non si deve pensare che l'astrofisica europea rimanesse indietro rispetto a quella americana. Il principale astrofisico francese, Janssen, aveva contribuito a istituire nel 1876 il primo osservatorio, considerato 'cielo primario', della Francia presso Meudon, a sud di Parigi, mentre negli anni Ottanta i fratelli Paul-Pierre e Prosper-Mathieu Henry, entrambi ottici, e l'ingegnere di telescopi Paul-Ferdinand Gautier iniziarono a sviluppare la configurazione per un rifrattore 'astrografico' di grande apertura, i cui elementi ottici erano stati precisamente calcolati e realizzati per funzionare con lunghezze d'onda fotografiche, fatto di estrema importanza per il futuro dell'astrofisica. Lo strumento che tra questi ebbe maggior successo fu il rifrattore visuale di 83 cm realizzato per Meudon, che nel 1891 venne abbinato a un rifrattore fotografico di 63 cm. Il progetto del rifrattore a coppia di Henry-Gautier (che aveva un parallelo nel riflettore e rifrattore doppi di Grubb) fu ufficialmente adottato alla fine degli anni Ottanta come dispositivo ottico per la nuova Carte du ciel, per la quale si iniziò una ricognizione fotografica dell'intera volta celeste con strumenti di specificazione compatibile. Molti dei rifrattori astrografici di Grubb, successivi al 1890, furono influenzati dai progetti di Henry e costruiti per essere compatibili con la specificazione della Carte du ciel.
Alla fine del XIX sec. il più grande rifrattore del mondo era il 40 pollici di Yerkes e sebbene lo strumento da 72 pollici di lord Rosse fosse ancora in funzione, era il 60 pollici argento su vetro di Common a essere il più grande riflettore utilizzabile del mondo. La fotografia e la spettroscopia avevano in qualche modo rivoluzionato la vecchia definizione visiva dei 'grandi' telescopi, come pure il nuovo concetto di posizione di 'cielo primario' aveva garantito a qualsiasi telescopio un vantaggio di apertura di cui non avrebbe mai potuto godere sotto i cieli inquinati e fumosi di Parigi, Berlino o Greenwich.
Il risultato più importante di tutte queste innovazioni era stato, senza dubbio, la nascita dell'astrofisica che aveva reso possibile scoprire la struttura chimica e termica dell'Universo, ordinare le stelle in sequenze di popolazioni e, stabilendo analogie con la fisica solare, iniziare a comprenderne i cicli vitali. Tuttavia, il bilancio delle prove fisiche disponibili nel 1900 portò ancora molti astronomi, proprio come William Herschel un secolo prima, a credere che l'Universo consistesse soltanto di una grande galassia o Via Lattea, all'interno della quale si potevano collocare e comprendere tutte le 'nebulose' e i fenomeni cosmologici. Se da un lato i processi fisici e chimici che agivano in questo vasto sistema stellare erano noti con un dettaglio che Herschel non avrebbe mai potuto immaginare, dall'altro nel 1900 gli astronomi non erano ancora in possesso di efficaci tecnologie di calibratura con le quali poter misurare la distanza di un corpo nebulare in relazione a un altro.
Si sarebbe dovuto attendere il 1924, anno in cui Edwin P. Hubble interpretò il comportamento delle nuove stelle Cefeidi nella nebulosa di Andromeda, utilizzando fotografie riprese dal telescopio di 100 pollici (254 cm ca.) del 1917 sul Monte Wilson, nonchè lo studio di Henrietta Leavitt sul rapporto distanza-luminosità delle stelle Cefeidi eseguito dopo il 1896 dal grande telescopio fotografico di cielo primario dell'Harvard University sito nelle Ande peruviane, perché una tale misura ottica fosse scoperta. Fu dal lavoro di Hubble che sarebbe derivato il concetto di 'universi insulari', cioè di innumerevoli singole galassie disperse in tutto lo spazio.
Le conquiste intellettuali nell'ambito dell'astronomia del XIX sec. furono possibili solamente grazie ai grandi progressi compiuti nella tecnologia ottica e fotochimica e alla produzione di una serie di telescopi sempre più grandi e potenti.
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