L'Ottocento: biologia. La morfologia trascendentale in Gran Bretagna
La morfologia trascendentale in Gran Bretagna
L'arco di tempo che va dal 1800 al 1860 è indicato nella storia della biologia come 'periodo morfologico'. Fu un'epoca dominata da Georges Cuvier (1769-1832) e da altri grandi cultori dell'anatomia comparata, guidati nelle loro ricerche da due diverse epistemologie: il funzionalismo e il formalismo. La prima, elaborata da Cuvier, riconosceva all'interno del regno animale quattro embranchements o tipi fondamentali, la cui irriducibilità contrastava nettamente con l'idea della trasmutazione delle specie. Allo stesso tempo, però, Cuvier era convinto che dovesse essere la 'funzione' ad avere il primato come principio esplicativo dell'organizzazione animale. Il funzionalismo, ben accolto in Gran Bretagna, si prestava ad avvalorare la teologia naturale tradizionale e il suo argomento del disegno divino; il fenomeno dell'adattamento all'ambiente esterno, infatti, poteva essere usato come prova del piano di Dio e, quindi, della creazione delle specie organiche. L'altro approccio, noto come 'morfologia trascendentale', spiegava l'organizzazione animale non sulla base dell'adattamento all'ambiente esterno ma in termini di 'forme' e di logica strutturale interna. Fiorita in Germania all'inizio dell'Ottocento, la morfologia trascendentale ricevette il suo contenuto evoluzionistico a Parigi negli anni Venti e Trenta, per raggiungere infine il massimo sviluppo a Londra tra il 1830 e il 1860. I morfologisti britannici, tra i quali emerse Richard Owen (1804-1892), erano al tempo stesso creazionisti ed evoluzionisti. Si trattava però di evoluzionisti non darwiniani che sostenevano un'evoluzione teleologica in cui il disegno divino non si mostrava al livello di perfetti adattamenti nelle singole specie, ma a un livello più astratto, trascendentale, di progetto. La loro ricerca di generalizzazioni e di leggi, e la credenza che la forma organica fosse una manifestazione di modelli ideali, trasformò la storia naturale in una scienza moderna.
Le fonti della morfologia trascendentale vanno ricercate nell'idealismo tedesco e nella Naturphilosophie, termine che divenne familiare grazie al filosofo tedesco Friedrich Wilhelm Joseph Schelling (1775-1854). Secondo questa filosofia, che ebbe un enorme impatto sulla medicina e sulla biologia, gli strumenti più affidabili per la comprensione del mondo fisico non erano tanto l'osservazione e la sperimentazione, quanto il pensiero speculativo e l'intuizione. Se la generazione del naturalista francese Georges-Louis Leclerc de Buffon (1707-1788) e del botanico svedese Linneo (Carl von Linné, 1707-1778) si era preoccupata di descrivere e classificare le singole specie, i naturalisti romantici, in particolar modo Lorenz Oken (1779-1851), erano interessati a stabilire la correlazione esistente fra le forme organiche. Essi avevano in comune la convinzione che la mente, che trascende la realtà empirica, costituisse il principio unificante della logica sottostante ai fenomeni della Natura. L'incontro tra il pensiero idealistico e la biologia del primo Ottocento produsse la morfologia trascendentale e la sua nozione fondamentale che la diversità organica potesse essere ricondotta a uno o pochi tipi ideali. Divenne così caratteristico l'interesse per i prototipi e gli archetipi, di cui furono esempi la Urpflanze di Johann Wolfgang von Goethe e lo scheletro generale dei vertebrati di Carl Gustav Carus (1789-1869). La cause célèbre della biologia di questo orientamento fu la teoria vertebrale del cranio, secondo la quale la scatola cranica è il risultato dell'unione e della trasformazione di una serie di vertebre, il corrispettivo craniale del coccige caudale. Oken riteneva che il capo fosse una sorta di ricapitolazione del resto del corpo; più in generale, sosteneva che i livelli superiori di organizzazione presenti in Natura fossero repliche di livelli più bassi che producevano una totalità integrata caratterizzata dal "tutto in ogni cosa". L'uomo, essendo la forma più elevata di organizzazione, sintetizzava dunque l'intero regno animale. L'idea della ricapitolazione, onnipresente nella filosofia di Oken, fu uno dei concetti olistici più pervasivi e popolari tra i romantici della Naturphilosophie. Tuttavia, se la teoria di Oken era frutto di un'intuizione basata su pochi esempi, quella di Owen poggiava sul più ampio studio comparativo dei vertebrati ed era il prodotto finale di un lungo processo induttivo. Owen ‒ che tra i naturalisti ottocenteschi della Gran Bretagna è secondo per importanza solo a Darwin ‒ fu considerato la massima autorità inglese del tempo nei campi dell'anatomia comparata e della paleontologia. Egli cominciò a lavorare sui problemi della morfologia trascendentale nel 1841, durante il suo incarico come conservatore dello Hunterian Museum, per il quale doveva curare la catalogazione della collezione osteologica. Fu da questo lavoro che, nel 1846, egli trasse una relazione, poi pubblicata con il titolo On the archetype and homologies of the vertebrate skeleton (1848). Un frutto immediato e incontestabile di questo lavoro fu la semplificazione e la standardizzazione della terminologia relativa all'osteologia comparata e umana. Il compito di descrivere in dettaglio le singole ossa dello scheletro umano, di rapportarle ai loro equivalenti negli altri mammiferi, negli uccelli, nei rettili e nei pesci fu una fatica davvero immane, resa ancora più ardua dalla confusione terminologica. La nomenclatura per l'uomo differiva da quella per gli animali e, in molte lingue, uno stesso osso poteva essere designato con nomi diversi, spesso addirittura con lunghe frasi descrittive. Owen standardizzò in particolare la nomenclatura delle ossa del capo e diede una precisa definizione di due termini spesso usati come equivalenti: 'omologia' e 'analogia'. Erano omologhi "gli stessi organi in animali diversi e sotto tutte le varietà di forma e funzione" (Owen 1848, p. 7), mentre analoghi erano "gli organi o parti che in un dato animale svolgono la stessa funzione che altri organi o parti svolgono in animali diversi" (ibidem).
Contrario all'idea che il significato di un organo derivasse da una specifica funzione ‒ deciso quindi a dimostrare l'inadeguatezza del metodo funzionalista ‒, Owen elaborò una teoria che sostituiva quella di Oken. Elemento centrale della discussione era il fatto che il cranio del feto umano fosse costituito da pezzi separati: si credeva che lo scopo funzionale, o causa finale, di tale caratteristica consistesse nel facilitare la nascita del bambino, rendendo possibile una certa plasmabilità nella forma del capo. Secondo Owen, invece, una funzionalità del genere valeva soltanto per gli animali placentati, mentre in altri vertebrati ‒ come i mammiferi non placentati o gli uccelli, la cui nascita avviene secondo modalità estremamente differenti ‒ la mobilità delle ossa del cranio non svolgeva certo la funzione di agevolare il parto. La spiegazione poteva quindi trovarsi nella teoria del cranio costituito da vertebre, nell'idea, cioè, che il cranio fosse una continuazione della colonna vertebrale. Owen si spinse oltre e sostenne che l'intero scheletro di ogni classe di vertebrati potesse essere interpretato come una serie di vertebre ideali, ossia una successione di segmenti indifferenziati da cui si potevano derivare le modificazioni reali di ogni scheletro. Owen chiamò questa concatenazione 'archetipo dei vertebrati': essa raffigurava lo scheletro nella sua forma più elementare, simile a quello dei pesci, con un accenno soltanto alle modificazioni che si riscontrano nei vertebrati reali. Quello più lontano dall'archetipo era lo scheletro della specie umana, benché anch'esso potesse essere ricondotto all'unico piano sottostante che si manifesta in forme diverse nelle varie tipologie di vertebrati. In tal modo Owen dimostrò che lo scheletro umano, nei suoi componenti più complessi e minuti, poteva essere ricondotto alle strutture ossee non solo dei mammiferi ma anche degli uccelli e dei rettili e persino alle lische dei pesci. Tutti i vertebrati apparivano collegati, osso per osso, da invisibili fili.
Nel programma omologico disegnato da Owen, la morfologia trascendentale acquistava così un fondamento reale sistematico e non puramente occasionale. Il significato di un organo non dipendeva da una specifica funzione ma dal suo posto nella costituzione strutturale dell'intero organismo, cioè dalle sue relazioni omologiche. L'archetipo dei vertebrati, esprimendo la correlazione fondamentale se non di tutti gli organismi, almeno di tutti gli animali dotati di endoscheletro, rappresentò una delle più affascinanti costruzioni teoriche del periodo morfologico. Owen aveva inizialmente definito l'archetipo dei vertebrati in termini coerenti con la Naturphilosophie e in maniera ben distinta rispetto all'idea di Platone ma, nel corso del tempo, egli era arrivato ad accettare una connotazione platonica. Il suo archetipo tuttavia differiva dall'idea platonica in senso stretto: mentre questa era definita come la realtà più alta e perfetta, l'archetipo dei vertebrati rappresentava la raffigurazione più semplice e meno perfetta di un vertebrato, il riflesso di una forza materiale, polarizzante, che produceva per addizione i vertebrati reali a partire dall'archetipo. In un certo senso, esso era un insieme di potenzialità e, sotto questo aspetto, la posizione di Owen può dirsi più aristotelica che platonica. Questo provocò grande costernazione fra i colleghi creazionisti di Owen, che vedevano nei suoi pronunciamenti un velato sostegno al panteismo della Naturphilosophie di Schelling e al materialismo dei Vestiges of the natural history of creation (1844), l'opera in cui l'editore edimburghese Robert Chambers (1802-1871) aveva enunciato, non molto tempo prima, una teoria della metamorfosi delle specie. Essi dunque incoraggiarono Owen a 'platonizzare' l'archetipo dei vertebrati, ridefinendolo. L'archetipo non doveva più essere il riflesso di una forza materiale, bensì un'entità trascendentale, un pre-pensiero divino, una bozza del piano di formazione della vita animale.
In parallelo con gli studi di morfologia trascendentale, Owen produsse una serie di lavori di stampo funzionalistico, e la spiegazione di questa duplice natura della sua opera come anatomista comparato va ricercata probabilmente nel carattere istituzionale della sua carriera. In quanto conservatore, prima dello Hunterian Museum e poi del British Museum, Owen dipendeva in maniera determinante dal patronato degli amministratori di tali istituzioni, che erano persone formate a Oxford o a Cambridge, cioè in istituti anglicani dove lo studio della Natura presupponeva una forma di teologia naturale ispirata all'opera di William Paley e dove la scienza doveva fornire prove del disegno divino. Appoggiando Owen e la causa del suo museo, i patroni si aspettavano che egli mettesse la morfologia dei vertebrati e la paleontologia a sostegno dell'epistemologia funzionalistica di Cuvier. Quando Owen assegnò all'approccio trascendentalistico una maggiore rilevanza di significato rispetto a quello funzionalistico, fu inevitabile che egli salvasse l'argomento relativo al disegno divino, in modo da non alienarsi i patroni, e che procedesse a dare al termine 'disegno' un senso completamente nuovo. L'archetipo dei vertebrati, in tal senso, dimostrava che una qualche 'idea' dei vertebrati superiori, in particolare dell'uomo, era esistita prima ancora della loro apparizione effettiva sulla Terra; "tutte le parti e gli organi dell'uomo sono stati abbozzati in anticipo, per così dire, negli animali inferiori; e il riconoscimento di un esemplare ideale degli animali vertebrati prova che la conoscenza di un essere come l'uomo deve essere esistita prima che l'uomo facesse la sua comparsa" (Owen 1849, pp. 83-84).
Con la sua nozione degli archetipi, Owen spostò dunque la prova dell'esistenza di un Supremo Progettista dal riferimento a esseri concreti a un piano astratto, da una teleologia speciale a una generale. Il progetto divino doveva essere riconosciuto non più nelle caratteristiche delle singole specie ma nel loro comune schema di fondo. Dio non era più il Supremo Orologiaio ma il Supremo Architetto, che aveva concepito il progetto della Natura impiegando le leggi naturali per l'effettiva opera di costruzione. In tal modo, nella morfologia trascendentale di Owen, l'argomento relativo al disegno divino non richiedeva che si credesse nell'origine miracolosa della specie; Owen cominciò quindi a formulare, anche se in maniera piuttosto oscura, una teoria teistica dell'evoluzione, sostenendo che le singole specie fossero giunte a esistere grazie a un processo preordinato di leggi naturali. Circa la natura di queste leggi egli non prese posizione, sebbene concepisse il processo dell'evoluzione come indirizzato verso uno scopo e realizzato per salti. Owen si limitò a definire un archetipo solo per i vertebrati, non perché questa classe fosse uno dei quattro tipi fondamentali di Cuvier ma perché influenzato dalle circostanze concrete in cui si trovò a lavorare, confinato nelle collezioni osteologiche dello Hunterian Museum. In realtà egli si sentiva in profonda sintonia con Étienne Geoffroy Saint-Hilaire (1772-1844), grande avversario di Cuvier, che aveva cercato di stabilire una continuità morfologica dai molluschi ai vertebrati. Nel 1830 Cuvier aveva sostenuto che i tipi fondamentali non potessero essere raccolti sotto un solo piano unitario, ma Owen riteneva che Geoffroy Saint-Hilaire avesse avuto ragione e che la fondamentale unità tra vertebrati e invertebrati si sarebbe potuta stabilire sulla base delle relazioni omologiche di organi diversi dall'endoscheletro.
Questa posizione differiva dalle opinioni espresse da Jean-Louis-Rodolphe Agassiz (1807-1873), fondatore del Museum of Comparative Zoology allo Harvard College, il quale si schierò dalla parte di Cuvier e della teoria dell'irriducibilità dei tipi fondamentali. L'esistenza di questi tipi, sosteneva, prova l'esistenza di Dio; dopotutto, se l'infinita diversità nell'unità supera la capacità di comprensione dell'uomo e se l'uomo stesso fa parte dell'intero sistema, una Suprema Intelligenza deve aver escogitato tutto questo. Agassiz continuava a credere nella creazione speciale delle specie, anche se non condivideva l'argomento funzionalistico del disegno; fin dai primi tempi della carriera, infatti, nella sua traduzione del testo di William Buckland (1784-1856) Geology and mineralogy considered with reference to natural theology (1836) per la serie dei "Bridgewater Treatises", aveva preso le distanze dalla teleologia speciale di Paley. Egli sosteneva invece una teleologia generale, in cui l'uomo era lo scopo finale della Creazione e la sua comparsa era preannunciata nei fossili, attestata dal progressivo aumento di somiglianza dei vertebrati estinti con la morfologia umana. Per Agassiz, la perfezione morfologica riscontrabile nei fossili non era funzione dell'adattamento all'ambiente esterno, bensì era determinata dalla misura dell'approssimazione di quell'animale all'uomo. Caratteristici della teleologia di Agassiz erano i suoi "tipi profetici", che preannunciavano la comparsa di forme superiori. Owen si staccò da questa posizione creazionistica, mostrando una certa simpatia per i Vestiges, in cui l'autore, anonimo, difendeva l'origine non miracolosa di tutte le specie, uomo incluso, nel quadro di uno sviluppo progressivo ed evolutivo del mondo, governato da leggi stabilite da Dio.
Se Owen fu probabilmente il maggiore rappresentante della morfologia trascendentale in Inghilterra, sicuramente non fu né l'unico, né il primo. William Sharpey (1802-1880), William B. Carpenter (1813-1885), Edward Forbes (1815-1854) e diverse figure minori cercarono di riformare le scienze biomediche attingendo al programma romantico o trascendentale. Più importante come fonte d'ispirazione per Owen potrebbe essere stato Joseph H. Green (1791-1863) con le sue Hunterian Lectures del 1824-1828, tenute al Royal College of Surgeons di Londra e seguite da Owen nel 1826. La trasformazione della biologia britannica iniziò a Edimburgo, dove lo stesso Owen ricevette una formazione accademica, per poi affermarsi definitivamente a Londra; ma l'anatomia trascendentale riscosse successo anche in altre parti del Regno Unito. Nella Queen's University di Belfast il professore di storia naturale George Dickie (1812-1882) e il suo collega di filosofia James McCosh (1811-1894) condussero ricerche lungo le linee indicate nei lavori di Owen sull'omologia. Il processo di diffusione del trascendentalismo arrivò al culmine quando a Edimburgo il professore di anatomia John Goodsir (1814-1867) sviluppò la teoria di Owen, effettuando nuove importanti ricerche sull'omologia dello scheletro e del sistema nervoso, in particolare nel capo dei vertebrati. Fatto significativo, questi scienziati non provenivano dalle scuole di Oxford e Cambridge ed erano invece legati alle nuove istituzioni scientifiche di Londra, che condividevano l'atteggiamento di fondo edimburghese e continentale; per loro, svincolare la morfologia dal funzionalismo e dall'argomentazione del disegno divino significava sottrarsi al dominio di quelle scuole. Proprio per fornire spazi appropriati alle scienze naturali, a Londra erano nate diverse istituzioni di ricerca e insegnamento, tra cui spiccavano la Royal Institution, lo Hunterian Museum, il Museum of Practical Geology, il British Museum e l'Università di Londra. Lo scopo di queste istituzioni era diverso da quello di Oxford e Cambridge, dove le scienze naturali facevano parte di un programma di educazione liberale e venivano insegnate senza obiettivi utilitaristici o professionali. La ragion d'essere delle istituzioni londinesi, al contrario, era proprio l'istruzione pratica e professionale e, date queste prospettive utilitaristiche, non era necessario il collegamento con la teologia naturale per giustificarne lo studio. La scienza come fonte di argomenti per dimostrare il disegno divino suscitava scarso interesse a Londra e di fatto simboleggiava il dominio anglicano. Fino al naturalismo scientifico dei darwiniani negli anni Sessanta, quindi, il funzionalismo fu l'epistemologia della scienza di Oxford e Cambridge e il trascendentalismo quella delle istituzioni scientifiche londinesi.
A distinguere Owen e i suoi seguaci da Darwin non era la nozione dell'evoluzione in quanto tale, né il contenuto concettuale delle loro teorie; molti dei morfologisti trascendentali, infatti, credevano in un'origine naturale delle specie. In un saggio critico della "Edinburgh Review" del 1860 sull'opera On the origin of species di Darwin, Owen sottolineò come egli stesso avesse coltivato opinioni evoluzionistiche. Egli sollevava alcune obiezioni contro il gradualismo lyelliano della selezione naturale di Darwin ma non respingeva completamente la nozione di selezione, che vedeva come una spiegazione plausibile dell'estinzione delle specie. Quello che divideva realmente Owen da Darwin e dai darwinisti era la strumentalizzazione sociopolitica della teoria evoluzionistica. Owen sosteneva le nuove idee in maniera discreta e cauta, per non entrare in conflitto con l'establishment anglicano, il cui sostegno era alla base della sua sicurezza professionale e del successo nella fondazione del British Museum. Fra i seguaci di Darwin, al contrario, radicali ribelli come, per esempio, Thomas H. Huxley e Carl Vogt, utilizzavano il darwinismo per procurarsi un proprio spazio, combattendo ed eliminando figure dell'establishment. Una di esse era proprio Owen e il suo scontro con Darwin fu determinato innanzi tutto da una lotta di potere istituzionale a Londra, quando alcuni fra i giovani darwiniani cercarono di bloccarne i progetti museali e di affermare il proprio controllo sulle istituzioni scientifiche della metropoli.
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