L'Ottocento: biologia. La teoria dell'evoluzione di Darwin
La teoria dell'evoluzione di Darwin
Il contenuto della teoria dell'evoluzione mediante la selezione naturale è considerevolmente mutato da quando essa fu presentata per la prima volta al pubblico nel 1858 da Charles Darwin e Alfred R. Wallace e successivamente ampliata da Darwin in On the origin of species. Soltanto i concetti di cambiamento, competizione e selezione, che del resto non erano appannaggio esclusivo dell'autore, sono rimasti relativamente intatti. È importante quindi valutare nella loro giusta portata gli obiettivi e le intenzioni originali di Darwin. La sua opera più conosciuta, On the origin of species by means of natural selection or the preservation of favoured races in the struggle for life, pubblicata da John Murray a Londra nel 1859, presentava al pubblico il tema dell'evoluzione degli organismi in una forma destinata a sollevare un notevole scalpore tra gli scienziati, i teologi, gli intellettuali e la società nel suo complesso. Sebbene molte delle idee e degli argomenti affrontati da Darwin non fossero del tutto nuovi, né per lui né per i suoi lettori, quest'opera costituì comunque un evento editoriale clamoroso, che avrebbe trasformato radicalmente la natura del dibattito intorno a tali temi. La controversia suscitata da questo libro, e dai suoi sostenitori, divenne uno dei primi dibattiti scientifici globali, i cui partecipanti, grazie anche alla rapida traduzione dell'opera di Darwin e di altri testi evoluzionistici in diverse lingue, potevano discutere importanti aspetti della questione nell'ambito locale o internazionale. Negli anni che seguirono, l'uso del concetto di 'evoluzione' come strumento di organizzazione delle conoscenze si andò consolidando e diffondendo, sebbene permanessero profonde differenze su alcuni dettagli fondamentali. Alcuni accettavano infatti l'idea di un cambiamento evolutivo ma respingevano il meccanismo di selezione naturale proposto da Darwin e da Wallace, mentre altri, pur ammettendo la selezione naturale, avrebbero voluto conservare la nozione di progresso verso la perfezione o di una forza esterna in grado di governare il processo evolutivo, cioè di una divinità. Non tutti coloro che si opponevano al concetto di evoluzione lo facevano in nome di principî teologici, anche se naturalmente la religione ebbe un peso significativo nel dibattito. L'opposizione alla nuova teoria assunse spesso un carattere individuale, difficilmente riconducibile entro schemi nazionali, politici o sociologici ben definiti. Occorre inoltre ricordare che Darwin pubblicò i risultati delle sue ricerche diversi decenni prima della nascita della genetica moderna. Egli non era quindi in grado di spiegare l'origine delle variazioni, pur potendo constatare la regolarità della loro apparizione. Questo è stato giudicato, retrospettivamente, come una delle principali lacune della sua teoria, che sarebbe stata colmata soltanto negli anni Trenta del XX sec. con la 'nuova' sintesi evoluzionistica.
Il contesto intellettuale e sociale della storia naturale in Gran Bretagna durante il secondo e il terzo decennio del XIX sec. si presenta estremamente vario, a seconda delle condizioni sociali e geografiche. Al termine delle guerre napoleoniche, le élites universitarie di Oxford e di Cambridge tendevano a essere rigide e dottrinarie e a enfatizzare l'importanza della gerarchia sociale e della tradizione anglicana. Ai candidati, al momento dell'iscrizione, veniva richiesta l'attestazione della propria fede e molti laureati sceglievano di entrare nella Chiesa anglicana. La maggior parte degli insegnanti e dei professori aveva ricevuto gli ordini sacri. Ciononostante, un certo lassismo religioso e perfino una certa tendenza al libero pensiero erano molto diffusi. Numerosi ecclesiastici dell'Università di Oxford si avvicinarono alla Chiesa di Roma e al cattolicesimo, dando origine al tractarianismo. Una gran parte degli esponenti del mondo scientifico, tuttavia, adottò una forma piuttosto elastica di anglicanesimo, che consentiva di procedere a un'analisi sofisticata dei fenomeni naturali in termini di leggi decretate dall'autorità divina. Tale fede nell'origine divina delle leggi della Natura permetteva agli scienziati di investigare i fenomeni naturali senza turbamenti di coscienza; sul piano teologico, infatti, l'indagine stessa dei fenomeni si configurava come un atto di lode. Questi 'scienziati gentiluomini' intrattenevano stretti rapporti con i politici, i diplomatici, gli ecclesiastici e altri esponenti dell'élite culturale britannica, a loro volta provenienti immancabilmente da Oxford, da Cambridge o da qualche scuola o college dello stesso livello. Le relazioni sociali, religiose e di classe dettavano legge nel mondo scientifico britannico, diversamente da quanto avveniva nelle università francesi, dove si adottavano criteri meritocratici. Il costituirsi della scienza come disciplina autonoma e consapevole era ancora un fenomeno relativamente recente in Gran Bretagna; fuori dalle università, essa suscitava molta diffidenza, essendo spesso identificata con l'ateismo. L'attività scientifica universitaria era influenzata dalla teologia naturale, secondo la quale l'ordine e le leggi della Natura erano una prova evidente dell'esistenza di un progetto divino, e le discipline più frequentemente utilizzate in tal senso erano la storia naturale e l'astronomia. La dimostrazione dell''ordine' stabile e gerarchico della Natura presupponeva il ricorso a procedure di descrizione e di classificazione dei fenomeni. Molte eminenti figure dell'élite accademica si servirono di questa forma particolare di teologia naturale per formulare alcune delle teorie scientifiche più in voga a quell'epoca. Questo approccio all'indagine scientifica non era tuttavia riservato esclusivamente agli specialisti: nella prima età vittoriana si assiste a una proliferazione di naturalisti dilettanti, il cui contributo al progresso scientifico non fu inferiore a quello degli esperti. In molti casi si trattava di curati di campagna, che avevano ricevuto una formazione universitaria ed erano desiderosi di avvicinarsi a Dio mediante le sue opere. A questi personaggi dalle idee liberali e aperti al progresso si opponevano quanti propugnavano invece una rigida adesione al racconto biblico della Creazione, come gli appartenenti a una delle sette fondamentaliste della Chiesa anglicana, la Plymouth Brethren (Fratelli di Plymouth).
Al 1826 risale la fondazione dell'Università di Londra (oggi University College) che volle distinguersi nettamente dalle istituzioni più antiche eliminando qualsiasi requisito religioso dalle domande di ammissione e offrendo ai suoi iscritti programmi di studio relativamente liberi da preoccupazioni dottrinarie, soprattutto in campo scientifico. L'University College divenne in breve un punto di riferimento per i movimenti religiosi dissidenti come l'unitarianesimo, che sosteneva la necessità di riforme e di progresso in tutti i campi, e l'utilitarismo, concezione filosofica caldeggiata da Jeremy Bentham, uno dei suoi fondatori. In Scozia, l'Università di Edimburgo (fondata nel 1583) aveva svolto a lungo un analogo ruolo esplicitamente anticonformista. Nei primi decenni del XIX sec., queste due istituzioni incoraggiarono la diffusione delle nuove idee continentali relative alla morfologia, all'anatomia comparata e alla storia naturale, divenendo un polo di attrazione per molti giovani desiderosi di novità e contribuendo, in modo decisivo, allo svecchiamento della mentalità tradizionale e dei metodi educativi britannici. Uno dei più accesi sostenitori delle nuove idee fu Richard Owen, del Royal College of Surgeons di Londra. Negli anni compresi tra il 1820 e il 1830 un gruppo di individui socialmente privilegiati, dalla mentalità aperta e moderatamente riformista, formatisi presso le università di Londra e di Edimburgo o presso quelle di Oxford e di Cambridge, fondò la maggior parte delle società scientifiche, avviò la riforma della Royal Society di Londra e creò, nel 1831, la British Association for the Advancement of Science (BAAS). Quest'ultima adottò il concetto di legittimità delle leggi naturali e si fece portavoce di una fede nel progresso della ragione e della scienza, che si andava affermando in un mondo rapidamente trasformato dalla macchina a vapore, dall'industrializzazione e dal consolidarsi dell'imperialismo.
Al di fuori delle élites accademiche, in Gran Bretagna nello stesso decennio si attivarono movimenti finalizzati alla divulgazione scientifica e all'istruzione di massa, animati dall'idealismo della classe media emergente e dagli interessi di un'industria editoriale in forte espansione. Furono fondate molte associazioni e biblioteche locali, create nuove istituzioni filosofiche e letterarie, mentre l'interesse per la scienza si diffuse tra la borghesia. Si presentava, in generale, una versione diluita e salottiera della scienza accademica, consentendo al pubblico di assistere a dimostrazioni pratiche dei fenomeni elettrici o chimici, apprendere il funzionamento della macchina a vapore e apprezzare l'uso del microscopio. Anche le donne, alle quali non era permesso frequentare l'università, potevano prendere parte a tali attività. Molti lettori dell'opera di Darwin, per esempio, appartenevano a questa categoria di appassionati. Contemporaneamente, forme diverse di scienza emergevano in altri ambiti, tra gruppi sociali in cui le conoscenze iniziavano a circolare con una facilità fino ad allora impensabile.
I dissidenti religiosi e i non conformisti, rimasti a lungo esclusi dalle strutture di potere tradizionali, individuarono nella scienza, con il suo concetto di legge razionale e la sua fiducia nel progresso, uno straordinario strumento di avanzamento sociale e si fecero promotori di una serie di riforme basate su principî razionali e scientifici che interessavano tutti i campi e in particolare quelli educativo, legislativo e politico. Furono stampati opuscoli a basso costo destinati alla classe lavoratrice, come quelli della Society for the Diffusion of Knowledge e allo stesso tempo, gli artigiani e gli operai si organizzarono in strutture vagamente ispirate ai movimenti religiosi non conformisti per poter rivendicare il loro diritto a partecipare alle decisioni politiche. Il cartismo, il movimento operaio inglese per la riforma elettorale, nato dalla protesta contro il nuovo ordine industriale, adottò in alcune occasioni le teorie evolutive radicali, che prevedevano una tendenza 'naturale' delle società al cambiamento.
Questo periodo appare quindi caratterizzato da una grande varietà di persone interessate alla scienza, per motivi e con metodi diversi, e da una molteplicità di percorsi di ricerca e di possibilità relative all'impiego delle conoscenze finalmente acquisite. Tale eterogeneità fornisce, almeno in parte, la spiegazione delle numerose teorie evolutive apparse nella prima metà del XIX sec. e delle differenti reazioni suscitate dalla proposta di Darwin.
Prime influenze
L'ambiente socioeconomico in cui Darwin nacque e fece le sue prime esperienze è spesso indicato come un fattore determinante dei successivi sviluppi del suo pensiero. Gran parte di ciò che si conosce riguardo ai suoi primi anni di vita deriva dai ricordi autobiografici, redatti a partire dal 1873, quando era già avanti con gli anni, e che non rappresentano sempre una fonte storica del tutto attendibile. In queste memorie Darwin afferma di non sentirsi debitore verso nessuno e di aver ottenuto i risultati che lo avevano reso celebre soltanto grazie al duro lavoro compiuto; in sostanza, una rappresentazione del proprio percorso biografico e professionale che riflette probabilmente la mentalità capitalistica e i valori culturali allora dominanti.
Darwin nacque a Shrewsbury nel 1809, quinto figlio di un ricco medico, Robert Waring Darwin, e di Susannah Wedgwood, che morì quando Charles aveva appena otto anni. I suoi nonni erano Erasmus Darwin, poeta, evoluzionista e medico, e Josiah Wedgwood, ceramista, due protagonisti della rivoluzione industriale e del suo contesto intellettuale. Darwin crebbe in un'atmosfera rilassata e relativamente liberale e dal 1818 al 1825 frequentò la scuola di Shrewsbury. A quel tempo pensava di fare il medico e nel 1825 iniziò ad accompagnare il padre nel suo giro di visite. Nell'autobiografia Darwin racconta di essersi dedicato sin da allora alla raccolta di esemplari per la sua collezione di storia naturale, spinto da quella che egli descrive come una passione innata. Dopo le prime esperienze di chimica effettuate a scuola, allestì con Erasmus, il fratello maggiore, un piccolo laboratorio domestico per proseguire gli esperimenti anche durante le vacanze. Questo precoce entusiasmo per la scienza, relativamente comune tra i giovani di buona famiglia della sua epoca, rappresenta comunque la prima manifestazione del suo interesse per il mondo naturale.
Nel 1825 Darwin raggiunse il fratello Erasmus alla Facoltà di medicina di Edimburgo, iniziando con diligenza a frequentare i corsi ma, nel giro di due anni, perse rapidamente ogni interesse per la materia e interruppe gli studi. Anche se in seguito rinnegò l'istruzione ricevuta a Edimburgo, essa esercitò senza dubbio un ruolo importante sulla sua formazione, sia in senso positivo sia in senso negativo. A quell'epoca, l'Università di Edimburgo era all'avanguardia nello studio della materie scientifiche e della medicina; i suoi insegnanti seguivano con attenzione gli sviluppi della ricerca nel resto dell'Europa e offrivano corsi sulle scienze moderne, sia all'interno sia all'esterno dell'Università. Oltre alle lezioni di medicina, Darwin frequentò il corso di chimica di Thomas C. Hope e quello di storia naturale (l'unico allora esistente nelle Isole Britanniche) tenuto da Robert Jameson, che si avvaleva anche dell'ausilio di una notevole collezione naturalistica. Il corso di Jameson lo introdusse alla geologia werneriana e al dibattito contemporaneo sulla storia della Terra e dei fossili; in seguito, tuttavia, egli confessò di averne detestato l'approccio antiquato e di aver giurato a sé stesso di non occuparsi mai più dell'argomento.
Parallelamente Darwin portava avanti per proprio conto le ricerche di storia naturale. Nel 1826 si era iscritto alla Plinian Society, una piccola associazione studentesca, dove aveva conosciuto Robert E. Grant, allora professore della Facoltà di medicina, che divenne il suo principale mentore in questa fase. Grant guidò Darwin alla scoperta del ricco ambiente marino del Mare del Nord e ne incoraggiò le ricerche sulle larve di molluschi e di briozoi del genere Flustra, i quali confermarono l'ipotesi, avanzata dallo stesso Grant, che tali animali si servissero delle ciglia per muoversi nell'acqua. I risultati della ricerca furono anticipati da Grant il 24 marzo del 1827 nel corso di una riunione della Wernerian Society di Edimburgo ed esposti dallo stesso Darwin tre giorni dopo alla Plinian Society, in quella che fu la sua prima apparizione pubblica. Come Lamarck, Grant pensava che le spugne e i polipi potessero fornire importanti indicazioni riguardo all'origine e alle funzioni primitive degli organi complessi e, come Geoffroy Saint-Hilaire, era un convinto sostenitore dell'idea di un unico piano nella formazione delle specie. Da lui Darwin ereditò quell'interesse per la 'generazione' (i processi di riproduzione sessuale e asessuale) e per l'anatomia dello sviluppo che lo avrebbe accompagnato nel corso di tutta la vita. Fu Grant a consigliargli la lettura del Système des animaux sans vertèbres (1801) di Lamarck e un giorno, secondo quanto si legge nell'autobiografia di Darwin, gli espresse il suo incontenibile entusiasmo per la Zoonomia (1794-1796) di Erasmus Darwin, che includeva una breve sezione in cui era esposta una teoria di un cambiamento evolutivo basato sulla riproduzione sessuale. Darwin affermò in seguito che l'esplosione di entusiasmo di Grant non ebbe alcun effetto su di lui. È stato inoltre suggerito che egli possa aver corso seriamente il pericolo di compromettersi con qualche osservazione contraria alla religione in occasione di un'altra riunione della Plinian Society, durante la quale William A.F. Browne, uno studente di medicina, espose le sue critiche a un'opera di Bell, Anatomy and philosophy of expression as connected with the fine arts (1806), dove si ribadiva la teoria del progetto divino, in termini talmente espliciti da dover essere in seguito espunti dai verbali della società.
In qualunque modo si voglia interpretare questo incidente, è chiaro che Darwin lasciò Edimburgo con un bagaglio di conoscenze pratiche di storia naturale più ampio e un orizzonte intellettuale più vasto di quelli della maggior parte dei suoi coetanei. Aveva imparato ad affrontare le complesse questioni riguardanti le origini e le cause, seguito corsi aggiornati di chimica e di scienze naturali e cominciato ad acquisire nuove competenze, quali classificare, sezionare e interpretare gli esemplari raccolti. Aveva potuto constatare di persona la rivalità tra le teorie evoluzionistiche e quelle creazionistiche in merito alla varietà delle forme viventi e si era esposto al rischio della eterodossia intellettuale.
Cambridge
Verso la fine del 1827 Darwin entrò al Christ's College, a Cambridge, per intraprendere la carriera ecclesiastica. Nell'autobiografia egli afferma che, all'epoca, l'idea di diventare un curato di campagna gli sembrava accettabile, nonostante la sua fede non fosse esente da dubbi. Il periodo trascorso da Darwin a Cambridge influì profondamente sul suo avvenire, se non altro dal punto di vista professionale. È qui che venne in contatto per la prima volta con quell'ambiente sociale e intellettuale da cui non si sarebbe più allontanato, stringendo una serie di amicizie destinate a durare a lungo. Tra queste, le più importanti furono quella con John S. Henslow, professore di botanica, e con Adam Sedgwick, titolare della cattedra woodwardiana di geologia. Fu in buoni rapporti anche con William Whewell e Leonard Jenyns, mentre il suo amico più intimo in questi anni fu il cugino William Darwin Fox, un giovane naturalista divenuto in seguito pastore protestante. Il programma di studi seguito da Darwin non era molto impegnativo e gli lasciava il tempo di svolgere parallelamente la sua attività scientifica. Iniziò a coltivare i tradizionali passatempi della classe media britannica, tra cui una collezione di storia naturale, con una particolare passione per l'entomologia. Collezionò un'interessante raccolta di coleotteri, divenendo sufficientemente esperto nella loro classificazione da contribuire, sia pure marginalmente, alla stesura di un autorevole manuale sull'argomento. Un giovane e facoltoso amico gli regalò un microscopio nel corso dell'ultimo anno di studi, episodio che dimostra come egli fosse già considerato un valido naturalista dai suoi contemporanei. Oltre alle lezioni obbligatorie, sembra che Darwin abbia seguito il corso di botanica di Henslow per tre anni e quello di geologia di Sedgwick durante l'ultimo anno, ma l'archivio dell'Università non permette di stabilirlo con certezza. Le lezioni di botanica tenute da Henslow erano incentrate sulla vita delle piante, in particolare sui loro processi riproduttivi e su quelle discipline che oggi chiameremmo ecologia e fisiologia; sembra che l'osservazione al microscopio e la ricerca sul campo fossero parte integrante del corso. Henslow, oltre ad assistere Darwin nello studio della matematica, una delle materie fondamentali del corso di laurea, lo invitava spesso alle sue serate, dove il giovane ebbe modo di conoscere le figure eminenti dell'Università. Darwin vedeva in lui il migliore dei maestri e ne ammirava l'impegno religioso, la sua sete di sapere e la magnanimità. Molti anni più tardi, riconobbe che il rapporto con Henslow aveva lasciato una traccia indelebile sul suo sviluppo intellettuale.
Sotto la sua guida, lesse molti libri, tra cui A preliminary discourse on the study of natural philosophy (1830) di John Herschel e Relation historique du voyage aux régions équinoxiales du nouveau continent di Alexander von Humboldt, che più tardi avrebbe ricordato come le due opere che lo avevano maggiormente ispirato. Si confrontò anche con le tesi di William Paley, un esponente della teologia della Natura, dapprima per esigenze di studio e in seguito per interesse personale: il suo corso di studi prevedeva infatti la conoscenza di Evidences of Christianity (1794) e, dopo la laurea, lesse l'ultimo volume della trilogia Natural theology (1802), nella quale Paley sostiene che il perfetto adattamento delle specie al loro ambiente dimostra l'esistenza di un Dio pianificatore. Questo caposaldo della teologia della Natura, nonostante l'affiorare di alcune critiche, godeva ancora di grande rispetto a Cambridge, dove costituiva la chiave di volta di tutti gli studi di scienza naturale come affermò Darwin: "Lo studio attento di queste opere, senza limitarsi a impararne qualche frammento a memoria, fu l'unica parte del programma di studi che, come sentivo allora e tuttora credo, abbia avuto una sia pur minima utilità nell'educazione del mio pensiero" (Darwin 1958a, p. 59). La successiva elaborazione dell'idea di adattamento da parte di Darwin si spiega almeno in parte con la volontà di fornire una spiegazione alternativa al 'disegno' perfetto descritto in modo assai eloquente da Paley.
Nel gennaio del 1831 Darwin sostenne la prova finale del suo corso di laurea, giungendo decimo su 178 esaminandi. La clausola di residenza lo obbligava a rimanere a Cambridge per altri due trimestri, durante i quali continuò a frequentare Henslow, effettuando con lui alcune escursioni nei dintorni. Ispirato dall'esempio di Humboldt, Darwin cominciò a progettare un breve viaggio naturalistico a Tenerife, ma l'idea fu abbandonata a causa della morte di uno dei partecipanti. In questo periodo egli seguiva probabilmente le lezioni di geologia di Sedgwick, sul quale dovette fare un'ottima impressione se poco dopo, su richiesta di Henslow, acconsentì a prendere il giovane con sé nella sua campagna estiva di ricerca sul campo. Nell'agosto del 1831 Darwin lo accompagnò dunque nel Galles del Nord per due settimane di lavoro; questa esperienza rappresentò un ottimo tirocinio, durante il quale apprese gli aspetti pratici del mestiere di geologo e imparò ad assumere decisioni scientifiche fondate su basi solide.
Al suo rientro a Shrewsbury, sempre nell'agosto dello stesso anno, trovò ad attenderlo una lettera di Henslow, che gli offriva di partecipare a un viaggio intorno al mondo. All'origine dell'invito a navigare sul brigantino Beagle vi era una richiesta del capitano Robert Fitzroy, che aveva ottenuto dall'Ammiragliato l'autorizzazione a prendere a bordo un gentiluomo che avrebbe potuto approfittare del viaggio per raccogliere esemplari naturalistici. Quest'ultimo sarebbe stato ospitato dal comandante nel suo alloggio ma avrebbe dovuto pagare le spese di viaggio. La rete di relazioni sociali che collegava il governo, l'amministrazione della Marina e le vecchie università portò le autorità a rivolgersi a Henslow, il quale pensò immediatamente a Darwin. Non si trattava di un incarico ufficiale e neppure della proposta di rivestire il ruolo di naturalista della nave sebbene in effetti fu proprio quanto si verificò. Il padre di Darwin pensava all'inizio che il figlio non dovesse accettare ma, alla fine, fu persuaso dal cognato (e zio di Darwin) Josiah Wedgwood II a dare il suo consenso.
Darwin scrisse: "il viaggio sul Beagle è stato di gran lunga l'avvenimento più importante della mia vita e ha determinato l'intero svolgersi della mia carriera" (Darwin 1958a, p. 76). La nave era stata affidata a Fitzroy con l'incarico di completare ed estendere l'indagine idrografica delle acque dell'America Meridionale. Precedentemente tra il 1826 e il 1830 il Beagle, comandato da Philip P. King, aveva già effettuato un viaggio intorno al mondo, al quale aveva preso parte lo stesso Fitzroy. L'area esaminata interessava l'Ammiragliato britannico per ragioni commerciali, politiche e marittime, cui si aggiungeva lo spiccato entusiasmo di questa istituzione per il progresso delle scienze applicate. Il personale interesse di Fitzroy per la scienza lo indusse a equipaggiare la nave per il secondo viaggio con molti strumenti sofisticati (per es., barometri acquistati a proprie spese) e con una grande quantità di cronometri, con i quali si proponeva di realizzare una serie di misurazioni intorno al globo. Il secondo viaggio del Beagle durò dal dicembre 1831 all'ottobre 1836. Darwin visitò le Isole di Capo Verde, molte località dell'America Meridionale, tra cui le isole Falkland e la Terra del Fuoco, l'arcipelago delle Galápagos, Tahiti, la Nuova Zelanda, l'Australia e la Tasmania, le isole Keeling (Cocos), il Capo di Buona Speranza e l'isola di Ascensione. Effettuò numerose spedizioni nelle regioni interne dell'America Meridionale, incluse le Ande. Faceva in modo di rimanere a terra il più a lungo possibile, accordandosi con Fitzroy per essere sbarcato e ripreso a bordo in punti diversi. In quel periodo Fitzroy era un appassionato geologo e aveva una visione laica e piuttosto avanzata dei problemi della disciplina. Prestò a Darwin il primo volume dei Principles of geology (1830-1833), l'opera profondamente innovativa di Charles Lyell, e discusse con lui alcune teorie del suo autore; gli altri due volumi gli furono recapitati durante il viaggio. In seguito Fitzroy divenne un fervente fondamentalista biblico, tuttavia non c'è alcuna prova che i due uomini avessero, a bordo, divergenze di carattere religioso, anche se sembra che a volte i loro rapporti personali fossero un po' tesi. Sulla via del ritorno, Darwin e Fitzroy scrissero insieme un breve articolo, in cui si elogiava l'impegno dei missionari anglicani a Tahiti.
I campioni raccolti da Darwin durante il viaggio e il ruolo svolto dalle isole Galápagos dominano gran parte delle ricostruzioni dello sviluppo della sua teoria evoluzionistica. In effetti, è lo stesso Darwin a menzionare l'importanza della fauna delle Galápagos nelle pagine iniziali di On the origin of the species, anche se egli non si era messo in viaggio con l'intenzione di sviluppare una nuova visione della Natura: il suo scopo era quello di accumulare una collezione di reperti naturalistici provenienti da tutto il mondo, lasciando ad altri il compito di descriverli e di catalogarli. Per gran parte del viaggio, Darwin appare intenzionato a riprendere, al suo rientro in Inghilterra, la vita del curato di campagna, anche se questa prospettiva diventava per lui sempre meno attraente, man mano che aumentava la fiducia nelle proprie capacità di naturalista. Come ospite pagante, i campioni raccolti rimanevano di sua proprietà. Tutte le casse erano spedite per nave a Cambridge, dove erano prese in consegna da Henslow che, verso la fine del viaggio, organizzò un'esposizione degli esemplari più interessanti in occasione di una riunione della BAAS e pubblicò brevi estratti delle lettere di Darwin. Il medico di bordo, cui sarebbe spettato normalmente il ruolo di collezionista ufficiale, si risentì per l'attivismo di Darwin e abbandonò la nave a Rio de Janeiro. Da allora Darwin divenne de facto il naturalista di bordo e la sua attività di raccolta ricevette una sanzione informale. Al suo rientro, donò gli esemplari raccolti a istituzioni pubbliche o a società scientifiche, tenendo per sé la maggior parte dei campioni geologici e degli invertebrati marini.
Le attività pratiche svolte durante il viaggio ebbero grande importanza per il suo sviluppo professionale, costituendo un'esperienza che arricchì enormemente le sue capacità di osservazione del mondo naturale. Da questo punto di vista, Darwin fu un autodidatta, in quanto imparò da solo a sezionare e a osservare al microscopio i vari organismi. Accumulò una grande quantità di fossili, campioni di rocce, uccelli, invertebrati, organismi marini e insetti e mise insieme una notevole collezione di piante; particolarmente interessato alla geologia, dedicò molta attenzione alla raccolta di campioni di rocce, a sostegno delle teorie, che andava sviluppando, sulla sedimentazione, il sollevamento e l'attività vulcanica. Si abituò a registrare quotidianamente i risultati delle sue indagini in un diario, in cui annotò estesamente le osservazioni dal vivo sull'habitat, il comportamento, la colorazione e la distribuzione delle varie specie.
Queste annotazioni formarono la base di numerosi articoli e libri pubblicati dopo la fine del viaggio, durante il quale Darwin sviluppò una notevole capacità analitica, teorica e di osservazione, qualità che avrebbe messo a frutto con grande efficacia nelle indagini sull'evoluzione. Al momento del suo rientro in patria, egli disponeva di una magnifica collezione naturalistica, che agevolò il suo ingresso nella comunità scientifica dell'epoca, nonché di un'ampia visione del mondo naturale, che spaziava dai tropici alle regioni subtropicali, dalle isole coralline e dai vulcani alle popolazioni indigene; possedeva inoltre una rara conoscenza della varietà e dell'interdipendenza del mondo naturale: in poche parole, era diventato un esperto.
Il fattore di gran lunga più importante fu però l'attenta lettura dei Principles of geology di Lyell che affascinarono Darwin per l'ampiezza dello schema teorico. Egli fu inoltre stimolato dal rifiuto dell'autorità biblica come fonte di spiegazione dei fenomeni geologici e istruito dall'abbondanza di dati scientifici contenuti nell'opera. Il punto di vista con cui Lyell si confrontava era, a grandi linee, quello di una storia della Terra suddivisa in lunghi periodi delimitati da eventi catastrofici che avevano causato estinzioni di massa tra gli organismi viventi. Tali sequenze cronologiche erano inoltre, molto spesso, messe in relazione con la storia narrata nella tradizione giudaico-cristiana. Nei Principles of geology Lyell sfidò l'ipotesi catastrofista sostenendo che la superficie terrestre è soggetta a innumerevoli mutamenti che sono il risultato dell'azione costante delle forze naturali sviluppatesi durante lunghissimi periodi di tempo. Anche se, per la maggior parte, tali mutamenti risultano impercettibili, accumulandosi nel corso delle ere geologiche essi finiscono per produrre effetti sostanziali.
Lyell pensava che questa interpretazione implicasse un rispetto delle leggi naturali conosciute più consono allo spirito scientifico, sostenendo che nelle loro spiegazioni i naturalisti dovevano far riferimento soltanto a cause in atto caratterizzate da un'intensità compatibile con quella osservabile. In breve, respingeva quelle teorie che ipotizzavano l'esistenza di periodi di elevata attività geologica (per es., la formazione delle montagne) a livelli di intensità sconosciuti; come molti suoi contemporanei, Lyell non credeva che si dovessero prendere alla lettera i racconti della Bibbia riguardo al Diluvio o all'età relativamente breve della Terra, ma si spinse ancora più lontano, scandalizzando molti suoi colleghi; egli riprese infatti l'ipotesi, avanzata in origine da James Hutton (1726-1797), che la Terra fosse infinitamente antica, che non avesse avuto un inizio e non vi fossero segnali di una sua fine, ma che avrebbe continuato a esistere in eterno, attraverso cicli infiniti di sollevamento e subsidenza di immense porzioni della superficie terrestre.
Darwin pensò di servirsi delle opinioni di Lyell e, in particolare, della sua teoria riguardo al sollevamento e alla subsidenza della crosta terrestre, per spiegare ciò che vedeva. Le pianure orientali della Patagonia potevano aver avuto origine dal sollevamento di terreni sedimentari collocati un tempo sotto una massa d'acqua estesa e poco profonda. Per spiegare la formazione delle catene montuose della costa occidentale dell'America Meridionale, Darwin suggerì che avrebbero potuto essersi sollevate a causa di una costante intrusione di magma alla loro base. Egli sostenne inoltre l'origine relativamente recente della Cordigliera delle Ande, sulla base di diversi indizi, tra cui la presenza di alberi silicizzati, intuendo che essi si trovavano a un'altitudine troppo elevata per essere cresciuti sul posto e che il loro processo di silicizzazione era troppo recente per poterli considerare vestigia di una foresta primordiale. A suo avviso, doveva trattarsi di alberi cresciuti su un terreno posto più in basso che si era sollevato in un'epoca relativamente recente. L'esperienza di un terremoto nei pressi di Concepción (Cile) lo fece riflettere sui meccanismi che avrebbero potuto causare tale fenomeno. Al contrario, per spiegare l'origine delle barriere coralline egli fece ricorso all'ipotesi di una graduale subsidenza del fondale marino, accompagnata da una crescita verso l'alto delle colonie di polipi, che consente di mantenere la profondità più idonea alle loro esigenze. In linea generale, le nozioni di sollevamento e di subsidenza permettevano di fornire una spiegazione unitaria di fenomeni geologici e topografici molto diversi tra loro e finirono per convincere Darwin dell'esattezza dello schema di Lyell. Più tardi egli pose tali nozioni alla base dei tre importanti libri che dedicò alla geologia dell'America Meridionale.
A un livello più profondo, Darwin adottò anche il dogma del cambiamento graduale sostenuto da Lyell. Accettando il principio del gradualismo nei fenomeni geologici, egli compì uno dei passi concettuali più significativi della sua vita. L'idea che l'accumularsi di piccoli cambiamenti possa produrre grandi effetti sottende tutto il lavoro teorico di Darwin sul Beagle. Nel corso del viaggio, egli se ne servì per tentare di risolvere problemi appartenenti ad ambiti diversi, quali la geologia, la zoologia e la biologia, ottenendo sempre risultati stimolanti. In seguito, e in particolare nelle sue ricerche sulla mutazione, applicò lo stesso principio ai problemi relativi alla natura delle specie e ai loro cambiamenti.
La teoria creazionistica dell'origine delle specie non era stata messa in dubbio da Lyell. Egli aveva incluso nel secondo volume dei Principles of geology una critica molto circostanziata delle ipotesi evoluzionistiche di Lamarck, che ebbe un'importanza cruciale nello sviluppo del pensiero di Darwin. L'attacco di Lyell a Lamarck era diretto principalmente contro l'idea di adattamento degli organismi al loro ambiente. Secondo Lyell, ogni organismo era perfettamente adattato al suo ambiente e un cambiamento delle condizioni ambientali avrebbe provocato l'estinzione delle specie esistenti, in quanto esse non possedevano alcuna capacità di mutare o di adeguarsi. Darwin criticò a sua volta alcuni argomenti di Lyell. Avendo osservato che spesso gli organismi riuscivano a sopravvivere anche al di fuori del loro ambiente naturale, ne trasse la deduzione che non si erano perfettamente adattati alle condizioni ambientali per cui erano stati creati; in altri luoghi essi mostravano di esservisi adattati in maniera imperfetta, oppure due specie potevano mostrare adattamenti molto simili, pur vivendo in ambienti diversi. In breve, Darwin sviluppò la propria visione del mondo naturale in stretta connessione, e in contrapposizione, con le posizioni sostenute da Lyell e queste ultime, a loro volta, erano dettate dal desiderio di controbattere le concezioni evoluzionistiche elaborate da Lamarck.
Darwin affermò in seguito di essere stato particolarmente influenzato durante il suo viaggio da tre elementi concreti: i fossili rinvenuti in Patagonia, la distribuzione geografica del Rhea (nandù) e la vita animale dell'arcipelago delle Galápagos. A questi si dovrebbe aggiungere l'incontro con le popolazioni indigene della Terra del Fuoco.
Nel 1832, a Punta Alta, nei pressi di Bahía Blanca (a sud di Buenos Aires), Darwin scoprì i resti fossili di alcuni giganteschi mammiferi estinti, che a suo avviso sarebbero appartenuti a mastodonti, armadilli e megateri (bradipi terrestri). Più tardi i fossili furono identificati come resti di specie giganti sconosciute. Lo stesso strato sedimentario racchiudeva anche i resti di specie di molluschi ancora esistenti, il che rendeva problematico identificare la causa della loro estinzione. Darwin notò, inoltre, che la struttura anatomica dei fossili presentava notevoli analogie con quella della fauna attuale dell'area, suggerendo la permanenza di un 'tipo' comune a specie diverse e separate cronologicamente tra loro. Queste riflessioni furono rafforzate dai risultati delle osservazioni sulla distribuzione geografica delle specie moderne. Nell'estremo sud della Patagonia Darwin osservò la presenza di una nuova specie di Rhea (ben nota agli abitanti del luogo), più piccola della varietà settentrionale e diffusa in un'area geografica distinta. In seguito, tale fenomeno sarà spesso citato da Darwin come esempio della differenziazione geografica e dell'esclusione reciproca delle specie. Queste esperienze lo spinsero a tracciare un parallelo tra le differenze delle specie nel tempo e nello spazio: i rapporti individuabili tra i reperti fossili e le specie esistenti sembravano riflettere quelli tra specie con distribuzione geografica diversa.
Per uno strano caso, la collezione destinata a divenire la più celebre di tutte, quella di uccelli delle isole Galápagos, fu classificata in modo piuttosto frettoloso da Darwin, che sembra aver sottovalutato l'importanza della diversificazione delle specie sulle varie isole durante la prima visita del Beagle, durata cinque settimane, benché il residente inglese dell'Isola di Charles (Isla Santa Maria) lo avesse informato che le testuggini giganti erano una caratteristica esclusiva di quel luogo. Questa negligenza rese più difficile il lavoro di classificazione degli esemplari dopo il ritorno a Londra. Le Galápagos produssero comunque una profonda impressione su Darwin, che confessò di essere rimasto affascinato dalla loro fauna ‒ le iguane (terrestri e marine), le testuggini giganti, i mimi e gli altri uccelli locali ‒ nonché dal loro paesaggio arido e vulcanico. Inoltre non mancarono di attirare l'attenzione di Darwin, che accenna alla questione nelle note ornitologiche redatte durante il viaggio di ritorno, i rapporti tra le specie di uccelli che popolavano le diverse isole e tra le specie dell'arcipelago e quelle continentali. Tali osservazioni lo spinsero a interrogarsi sulle possibili trasformazioni, o almeno sull'esistenza, di qualche tipo di legame tra specie distinte ma simili. Sembra che a questo punto egli ipotizzasse che gli uccelli delle Galápagos fossero varietà locali di una o più specie dell'America Meridionale. È anche probabile che durante il suo soggiorno a Città del Capo, nel giugno del 1836, egli abbia discusso con Herschel la possibilità che le specie si formino per cause naturali, un'idea che iniziava allora a circolare tra i pensatori riformisti inglesi. In ogni caso, nessuna di queste teorie fu formalizzata da Darwin prima della conclusione del suo viaggio e della classificazione dei fringuelli delle Galápagos effettuata da John Gould (1804-1881), un esperto tassonomista, che nel gennaio 1837 li identificò come un gruppo di uccelli strettamente imparentati tra loro e adattati a diversi ambienti. Nel marzo dello stesso anno, Gould classificò gli esemplari di mimi delle Galápagos catturati da Darwin come appartenenti a tre specie distinte, aprendo nuove prospettive sui loro rapporti genealogici. Gould identificò inoltre i nandù della Patagonia come una specie a sé stante che denominò Rhea darwinii.
Gli abitanti dell'America Meridionale fornirono un ulteriore stimolo alle riflessioni di Darwin; i suoi scritti contengono, infatti, pittoresche descrizioni dei gauchos, in compagnia dei quali aveva viaggiato in Argentina, degli indios della Patagonia, dei tahitiani, dei maori e degli aborigeni australiani ma anche dei missionari, dei coloni e degli schiavi. L'incontro che lo affascinò maggiormente fu quello con gli indigeni della Terra del Fuoco, il cui aspetto totalmente selvaggio era in netto contrasto con quello dei tre fuegini anglicizzati imbarcati sul Beagle. Questi ultimi erano stati condotti in Europa da Fitzroy in occasione del precedente viaggio e dovevano essere rimpatriati nel quadro di un progetto mirante alla creazione di una missione protestante. Durante il loro soggiorno a Londra, avevano acquisito i modi e la lingua del luogo. Darwin rimase stupefatto dalla differenza tra questi fuegini e gli altri appartenenti alla stessa tribù, poiché pensava che la differenza tra l'uomo selvaggio e quello civilizzato non potesse essere così profonda, e addirittura maggiore di quella esistente tra l'animale selvaggio e quello domestico. Tuttavia, il fatto che i fuegini potessero essere civilizzati (almeno dal punto di vista di Darwin), lo incoraggiava a pensare che, sotto il colore diverso della pelle, tutti gli esseri umani appartenessero a un'unica specie, una convinzione destinata a svolgere un ruolo importante nello sviluppo della teoria evoluzionistica. Durante la permanenza del Beagle nelle acque della Patagonia, Darwin e Fitzroy ebbero il tempo di osservare con dispiacere il rapido ritorno dei tre fuegini europeizzati alle loro abitudini.
Il ritorno in Inghilterra
Nell'ottobre del 1836, concluso il suo viaggio, Darwin trascorse alcune settimane tra Londra e Cambridge, prima di stabilirsi a Cambridge per diversi mesi, durante i quali si dedicò alla stesura di molti articoli di geologia e alla distribuzione tra gli esperti degli esemplari raccolti. Entrò a far parte della Geological Society di Londra, per la quale redasse tre brevi saggi e dove conobbe Lyell, del quale divenne in seguito molto amico, nonché della Zoological Society e dell'Entomological Society. Grazie alle conoscenze politiche di Henslow, ottenne anche un sostanzioso contributo governativo per pubblicare i risultati delle sue ricerche in The zoology of the voyage of H.M.S. Beagle (1838-1843; ripubblicato in cinque parti, 1839-1843). Per la stesura di quest'opera Darwin si avvalse della collaborazione di cinque illustri naturalisti, che lo aiutarono a identificare gli uccelli, i rettili, i pesci, i mammiferi e i fossili della sua collezione. Le descrizioni delle piante e degli insetti, come quella degli invertebrati marini, di cui Darwin intendeva occuparsi personalmente, furono inserite in pubblicazioni successive. Gli esemplari delle piante raccolte furono consegnati da Darwin a Henslow, che a sua volta li trasmise a Joseph D. Hooker. Compose anche un resoconto dei suoi viaggi, basato sul suo diario e sulle note di storia naturale e pubblicato con il titolo Journal and remarks, 1832-1836, dapprima come terzo volume del Narrative of the surveying voyages (1839) di Fitzroy e poi separatamente, con il titolo Journal of researches into the geology and natural history of the various countries visited by H.M.S. Beagle. Nel marzo del 1837, lasciata Cambridge si trasferì in un appartamento di Londra, al numero 36 di Great Marlborough Street, nel quale visse fino alle nozze con sua cugina Emma Wedgwood, celebrate nel gennaio del 1839. Durante il soggiorno londinese, frequentò diverse società scientifiche, entrò a far parte del consiglio della Geological Society e strinse rapporti con molti intellettuali della metropoli, dei quali apprezzava l'approccio utilitaristico, pragmatico e riformista. Questi nuovi contatti fornirono a Darwin un importante stimolo intellettuale, che si aggiungeva a quello rappresentato dalle attività da poco intraprese e dagli impegni istituzionali che gli erano stati affidati; non ebbe, perciò, problemi a farsi accettare dall'élite culturale londinese. Nel 1838 entrò a far parte dell'Athenaeum Club, l'anno successivo della Royal Society e, nel 1840, fu eletto membro del consiglio della Royal Geographical Society. Pubblicò diversi articoli nei "Proceedings" della Geological Society: sui fossili delle pampas e sugli atolli corallini nel maggio del 1837; sulla formazione dell'humus, per opera dei vermi, nel novembre dello stesso anno; sui terremoti e sulle cause vulcaniche del sollevamento della catena andina nel marzo del 1838.
Contemporaneamente, e quasi certamente sotto l'influsso del lavoro di classificazione degli esemplari di uccelli delle Galápagos eseguito da Gould, Darwin cominciò a valutare come possibile la trasformazione delle specie. Al principio del 1837 (non si conosce la data esatta) iniziò ad annotare le sue idee sulla modificazione delle specie in una serie di taccuini privati, distinti con le lettere dalla A alla E e dalla M alla N e divenuti in seguito noti come Notebooks on transmutation of species, anche se il contenuto del taccuino A riguarda essenzialmente la geologia. Un taccuino precedente, etichettato come RN, era stato iniziato sul Beagle. Nei mesi successivi, iniziò a redigere altri taccuini, sui quali registrò una serie di osservazioni a sostegno delle sue ricerche. Quando iniziò il taccuino B, intorno al marzo 1837, sembrava non avere dubbi sul fatto che le specie fossero soggette a cambiamenti: nelle pagine iniziali si trova una discussione della teoria della trasformazione formulata dal nonno di Darwin, frutto di un'attenta lettura della Zoonomia, e l'ipotesi di una relazione tra i cambiamenti organici e diverse forme di riproduzione, sessuale e asessuale. Ciò avveniva un anno e mezzo prima dell'individuazione di un preciso meccanismo causale.
In seguito Darwin effettuò numerose letture (elencando in altri taccuini i libri letti), registrò le proprie osservazioni su quanto andava leggendo e prese nota di una serie di questioni e di argomenti di conversazione che avevano attirato la sua attenzione. In quel periodo il suo interesse era rivolto a questioni di vastissima portata, come quelle riguardanti la natura della vita, l'esistenza di Dio, il carattere umano, l'adattamento all'ambiente degli organismi e l'esistenza di un progetto divino, il funzionamento della mente, l'origine del genere umano e delle altre specie. Ipotizzò diverse teorie, compresa la possibilità che le estinzioni fossero dovute alla senescenza delle specie e quella che i cambiamenti potessero avvenire per saltum, senza bisogno di anelli intermedi. Un'ampia percentuale delle note riguardava la variazione e la riproduzione delle piante e degli animali domestici. Già molto prima di formulare la teoria della selezione naturale, infatti, Darwin era convinto dell'esistenza di un'affinità tra i cambiamenti delle specie domestiche e quelli degli organismi selvatici. Questa analogia tra selezione 'artificiale' e selezione 'naturale', che precede l'identificazione di un meccanismo causale, costituisce la premessa di tutti i successivi sviluppi della sua teoria evolutiva. Nei taccuini M e N analizzò le implicazioni comportamentali, psicologiche e metafisiche dell'evoluzione per il genere umano. In effetti, le sue ricerche sulla selezione erano finalizzate inizialmente alla spiegazione del comportamento e del pensiero umani. Durante una visita allo zoo di Londra nel 1838, ebbe modo di osservare per la prima volta una scimmia (un orango), rimanendo colpito dal fatto che, come l'uomo, l'animale provasse emozioni. Nello stesso periodo, prendeva nota del comportamento e dello sviluppo dei propri figli. Fin dall'inizio fu del parere che la moralità fosse legata alla cultura e che avesse origine da una forma di istinto sociale di tipo animale. Tentò anche di spiegare l'ereditarietà degli istinti ipotizzando una loro fissazione meccanica nel sistema nervoso.
Darwin mise a fuoco la sua teoria del cambiamento degli organismi viventi dopo la lettura di An essay on the principle of population (1798) dell'economista britannico Thomas R. Malthus, che spiegava le ragioni per cui le popolazioni umane tendono a mantenersi in equilibrio numerico. Malthus sosteneva che le popolazioni hanno la tendenza ad aumentare più rapidamente delle risorse alimentari disponibili. Questa crescita è però limitata da cause naturali come carestie ed epidemie o da fenomeni sociali come le guerre. Darwin comprese immediatamente che il ragionamento di Malthus poteva essere applicato anche al mondo animale e vegetale. In effetti, questa analogia era stata proposta dallo stesso Malthus e Darwin potrebbe essersi limitato ad accoglierne il suggerimento. Il taccuino D conserva, in una nota del 28 settembre 1838, la traccia del momento in cui si verificò l'intuizione decisiva: nascevano troppi individui e la competizione lasciava in vita soltanto i più adatti, i più idonei ad avere una discendenza. Mediante questo processo gli organismi si adattavano sempre meglio all'ambiente nel quale vivevano e di conseguenza essi tendevano a modificare il proprio aspetto. "Essendo preparato ad apprezzare il valore della lotta per la sopravvivenza […] all'improvviso sono stato colpito dall'idea che queste circostanze avrebbero prodotto la conservazione delle variazioni favorevoli e la distruzione di quelle sfavorevoli. Finalmente, disponevo di una teoria sulla quale lavorare" (Darwin 1958a, p. 120).
Lo sviluppo della teoria
Darwin riconobbe immediatamente la capacità esplicativa della teoria che aveva elaborato. Nei mesi successivi prese nota delle molte vie che si proponeva di esplorare alla luce di quella che chiamava la 'discendenza con modificazione', si applicò sistematicamente a un intenso programma di letture e avviò una serie di esperimenti sulla riproduzione delle piante. Non aveva, però, ancora nessuna intenzione di pubblicare le sue ipotesi senza una preparazione e una documentazione adeguate. Era consapevole del carattere radicale della sua teoria che, una volta dimostrata, avrebbe rivoluzionato il campo delle scienze biologiche. Né gli sfuggivano le conseguenze sociali, non solo per la diversa visione sull'origine del genere umano che essa implicava, ma anche per il sovvertimento delle consolidate concezioni teologiche sul ruolo di Dio nella Natura e dei principî della teologia della Natura, radicati in maniera profonda nella vita e nelle istituzioni britanniche, che avrebbe comportato. "Una volta stabilito che le specie […] possono trasformarsi in altre specie […] tutta la struttura vacilla e sprofonda" (Darwin 1987, C76). Erano idee pericolose, simili a quelle degli estremisti politici che reclamavano una riforma radicale della società britannica. La sua teoria minacciava l'armoniosa visione di un perfetto adattamento delle specie all'ambiente, sostenuta da molti amici e maestri di Darwin, come Henslow e Sedgwick, e che anche Lyell avrebbe respinto. Darwin inoltre sembrava a volte temere di poter essere frainteso. Per queste ragioni, e forse per altre ancora, decise di tenere in un primo momento segreta la sua teoria e di confidarla soltanto alla moglie, che mise al corrente dei suoi principî generali, nonché del declino della sua fede religiosa, senza però scendere nei dettagli. Dopo un certo tempo, tuttavia, iniziò a esporre cautamente alcune sue idee agli amici scienziati più fidati, per valutarne le reazioni. Nel giugno del 1842 scrisse un primo abbozzo di 35 pagine della sua teoria, in cui elencava gli argomenti a favore della nozione di discendenza con modificazione e del meccanismo malthusiano di selezione naturale, ma evitava di affrontare le questioni riguardanti i progenitori dell'uomo e l'origine della moralità. Tale abbozzo fu ampliato in un saggio di circa 230 pagine, completato nel febbraio del 1844. Dopo averlo fatto copiare in bella calligrafia da un insegnante della scuola locale, lo affidò alla moglie, insieme a una lettera che avrebbe dovuto essere aperta in caso di morte improvvisa, in cui le chiedeva di trovare un editore disposto a pubblicarlo postumo. "Se dovesse essere accettato anche da un solo giudice competente, rappresenterebbe un importante passo avanti nella scienza" (Darwin 1985-, III, p. 43).
Questo saggio espone la teoria dell'evoluzione in una forma divenuta in seguito quella classica, ma che non è esattamente la stessa adottata in On the origin of species. Nel suo lavoro del 1844, Darwin sottolinea il ruolo dell'isolamento geografico nella formazione delle specie e considera i fenomeni geologici come parte essenziale del meccanismo causale del cambiamento biologico. Partendo dal presupposto di un perfetto adattamento degli organismi all'ambiente, pensava che le loro variazioni dovessero essere precedute da un turbamento delle condizioni ambientali, spiegabile con la teoria geologica del sollevamento e della subsidenza. Nel suo saggio immagina che il movimento continuo delle piattaforme geologiche, insulari o continentali, produca nuovi rapporti sociali tra gli organismi viventi e li costringa a sperimentare nuove condizioni di esistenza, per esempio con il passaggio da un ambiente umido a uno asciutto; questo mutamento delle condizioni ambientali avrebbe stimolato la variazione, la competizione e la selezione. Tutte le variazioni favorevoli si sarebbero facilmente conservate in condizioni di isolamento (per es., sulle isole), sebbene Darwin accenni anche a un isolamento di tipo funzionale (fisiologico). La prosecuzione dell'attività geologica avrebbe causato la riunificazione dei territori dapprima separati, con il conseguente rimescolamento delle popolazioni. In sostanza, Darwin attribuisce al cambiamento geografico il ruolo di agente primario nella genesi delle variazioni e all'isolamento geografico lo stesso ruolo nel consolidamento delle differenze specifiche. Il saggio menziona anche altre cause in grado di stimolare il cambiamento e conservare le differenze, ma riserva lo spazio maggiore ai fattori geografici. Il sistema è caratterizzato complessivamente da una grande dinamicità: le popolazioni sono collocate nel tempo e nello spazio, competono tra loro e si adattano alle nuove condizioni ambientali, si espandono e si ritirano. Un'altra caratteristica notevole del saggio è la sua capacità di integrare la realtà biologica e quella geologica, entrambe in perenne mutamento. La principale novità concettuale introdotta da Darwin negli anni successivi fu il ridimensionamento dell'importanza dei fattori geologici e l'aggiunta di quello che egli chiamò 'il principio di divergenza'.
Anche se il saggio del 1844 era sufficientemente completo da non richiedere ulteriori modifiche per la pubblicazione (questa era del resto l'intenzione dell'autore, nell'eventualità del suo decesso), Darwin continuò a lavorare alla sua teoria, accumulando ossessivamente le prove a suo favore ed esplorandone tutte le possibili applicazioni prima di renderla pubblica. A rafforzare questo suo atteggiamento contribuì senza dubbio la pubblicazione, nello stesso anno, di un opuscolo anonimo, Vestiges of the natural history of Creation, rivelatosi poi opera di Robert Chambers, in cui si proponeva l'idea della trasformazione come legge naturale dello sviluppo. Benché il contenuto scientifico dell'opuscolo fosse nel complesso piuttosto scarso e i meccanismi di variazione proposti a volte risibili, il libro attrasse l'interesse di un vasto pubblico e diede origine a un ampio dibattito. Le reazioni degli ambienti teologici e scientifici, e in particolare di quelli conservatori, rasentarono a volte l'insulto e perfino i naturalisti della cerchia di Darwin, come Sedgwick e Thomas H. Huxley, accolsero l'opera con gelido sarcasmo. È naturale che Darwin cercasse di evitare di esporre la propria teoria allo stesso tipo di critiche. Nonostante le numerose differenze di dettaglio rilevate dagli studiosi moderni, non c'è dubbio che il libro di Chambers fosse nella sostanza molto simile alle speculazioni private di Darwin; molti principî fondamentali del libro erano tratti dagli stessi autori, incluso Lyell, e facevano riferimento alle stesse aree di ricerca, come l'embriologia e la classificazione. Di conseguenza, Darwin fu spinto ad accumulare una quantità sempre maggiore di prove, che cercò di convalidare sulla base dei criteri adottati dall'élite scientifica. A tale scopo, egli intensificò la sua corrispondenza con esperti di diverse discipline, per documentarsi sui principî fondamentali dell'ereditarietà, della variabilità e dei processi riproduttivi negli organismi domestici e selvatici. In questo frangente, la sua solida posizione all'interno della struttura sociale della scienza britannica e la sua rete di contatti nelle colonie d'oltreoceano si rivelarono di grande utilità. Allo stesso tempo egli intraprese un vasto programma di esperimenti, condotti nelle stanze e nel giardino di casa, allevando piccioni con l'aiuto di un noto appassionato, William Tegetmeier, sperimentando nuovi incroci di piante e dedicandosi ad altre attività del genere. I resoconti di questi esperimenti formarono il contenuto di una serie di brevi articoli, pubblicati sulle riviste popolari di storia naturale.
Altri lavori zoologici, geologici e botanici
Lo sviluppo delle idee di Darwin sull'evoluzione non dovrebbe essere considerato isolandolo dagli studi geologici e di altro tipo condotti negli stessi anni. In questo periodo egli completò il primo volume di una trilogia sulla geologia dell'America Meridionale, intitolato Structure and distribution of coral reefs (1842). Il secondo volume, Geological observations on volcanic islands, apparve nel 1844. Nel 1838 Darwin visitò le cosiddette 'strade parallele' di Glen Roy, una sorta di terrazze a gradini poste lungo i fianchi di una valle scozzese, che paragonò alle spiagge a gradini del Cile basandosi sulla sua teoria del sollevamento delle catene montuose e dell'abbassamento dei fondali marini; egli dedicò a questo argomento un lungo saggio inviato alla Royal Society di Londra, Observations on the parallel roads of Glen Roy, apparso nelle "Philosophical Transactions" del 1839. Più tardi, nella sua autobiografia, Darwin definì questo lavoro un "grande fallimento", poiché in esso non aveva tenuto conto degli effetti della glaciazione. Nel 1845 pubblicò un'edizione riveduta e ampliata del suo Journal of researches, in cui alludeva agli uccelli delle Galápagos in modo puramente speculativo e preevoluzionistico; l'anno successivo fu stampato il suo ultimo libro dedicato al viaggio sul Beagle, le Geological observations on South America.
In seguito Darwin si dedicò interamente ai cirripedi (una sottoclasse di crostacei marini). All'inizio intendeva limitarsi alla descrizione di Arthrobalanus, una specie anomala che aveva scoperto in Cile, ma finì per sezionare e descrivere, nel corso di otto anni, tutte le specie conosciute, viventi ed estinte. Nel 1851 pubblicò due volumi sui cirripedi peduncolati, A monograph on the fossil Lepadidae, or pedunculated cirripedes, of Great Britain, edito a Londra dalla Palaeontographical Society, e A monograph on the sub-class Cirripedia, with figures of all the species. The Lepadidae or pedunculated cirripedes, stampato dalla Ray Society. In quest'ultimo egli riferiva di aver scoperto l'esistenza di minuscoli 'maschi complementari' e avanzava alcune ipotesi più controverse tra le quali, in particolare, l'identificazione di ghiandole del cemento come ovari modificati. Nel 1853 Darwin ricevette la Royal Medal della Royal Society per questi studi e per le sue opere di geologia, nel 1854 fu ammesso alla Linnean Society e in quello stesso anno pubblicò anche due volumi sui balani, A monograph on the sub-class Cirripedia, with figures of all the species. The Balanidae (or sessile cirripedes); the Verrucidae, etc. e A monograph on the fossil Balanidae and Verrucidae of Great Britain.
Gli storici sono soliti valutare i lavori sui cirripedi come un filone di ricerca collaterale, se non addirittura come una tattica dilazionatoria adottata in maniera inconscia da Darwin per evitare di doversi confrontare con le furiose reazioni che la pubblicazione della sua teoria evoluzionistica avrebbe immancabilmente suscitato. Le scoperte effettuate in questo campo, tuttavia, servirono a Darwin come conferma della fondatezza delle sue ipotesi relative alla trasformazione. Lo studio particolareggiato di questi invertebrati non soltanto gli fornì una gran quantità di materiale in grado di comprovare la sua teoria ma gli rivelò anche l'esistenza di nuovi problemi riguardanti alcuni punti cruciali, che egli si sentì in dovere di riesaminare. Questi crostacei marini dimostravano che gli organismi inferiori tendono a sviluppare meccanismi in grado di impedire l'autofecondazione e che era possibile stabilire i rapporti reali di un ordine ipotizzando una graduale divergenza dei due sessi da un presunto stadio di ermafroditismo originario. Numerose ricerche successive sulle piante furono condotte allo scopo di confermare proprio tale intuizione. Le indagini di anatomia comparata avevano insegnato a Darwin che un organo è in grado di evolversi e trasformarsi in un altro, assumendo una funzione del tutto differente. Le ricerche embriologiche lo avevano portato a ipotizzare che lo stadio larvale dei cirripedi, nel quale questi animali conducono una libera vita pelagica, fosse il risultato di un riuscito adattamento nel corso della lotta per la sopravvivenza; soprattutto, questo studio aveva messo in luce la frequenza con cui si verificano le variazioni negli organismi viventi. Nel saggio del 1844 Darwin era partito dal presupposto che gli organismi selvatici fossero scarsamente soggetti alle variazioni, se non in presenza di qualche agente perturbante. Avendo assunto come modello piante e animali domestici, aveva creduto che la tendenza alla variazione degli organismi viventi fosse generalmente legata a un 'turbamento' delle loro condizioni di esistenza. Le ricerche condotte sui cirripedi sembravano indicare invece che le variazioni si verificavano in numero sufficiente per cause naturali, pertanto senza l'intervento di fattori 'perturbanti', ciò lo indusse a rielaborare alcune parti della sua teoria della selezione naturale. Egli cominciò, anche per questo motivo, a condurre esperimenti sulla dispersione geografica degli organismi in Natura. Lyell e altri scienziati erano convinti che estese porzioni della crosta terrestre fossero state soggette all'elevazione o alla subsidenza rispetto al livello del mare e che le specie avessero ampliato o contratto la loro distribuzione geografica nel corso di questi cambiamenti. Per lungo tempo, Darwin aveva condiviso queste idee ma, dal 1855, condusse esperimenti per provare che semi, piante e animali avrebbero potuto raggiungere le isole oceaniche senza che fosse stato necessario alcun movimento geologico.
Egli valutò i movimenti delle correnti oceaniche e testò il grado di conservazione dei semi e delle noci nell'acqua salata. In seguito ebbe sempre più la sensazione che gli altri naturalisti fossero troppo pronti a immaginare grandi cambiamenti nella crosta terrestre soltanto per giustificare la distribuzione geografica di una o due specie e che avessero di conseguenza sottovalutato la capacità dell'organismo di muoversi intorno al globo. Tale capacità di disperdersi naturalmente, senza alcuna necessità di cambiamenti geologici, aiutò a distogliere i suoi pensieri dal modello di un cambiamento evoluzionistico dovuto alla combinazione di fattori geologici e biologici che aveva proposto nel 1844.
Darwin iniziò una lunga indagine statistica basata sulla raccolta di cataloghi illustrati di piante ordinate per aree geografiche; sperava così di confermare il fatto che le varietà (specie incipienti, dal suo punto di vista) avevano maggiori probabilità di presentarsi nelle specie appartenenti ai generi numericamente più consistenti e dotati di un'area di distribuzione più vasta, cioè a quelli che si potevano considerare 'vincenti' nella lotta per la sopravvivenza e pertanto più efficienti dal punto di vista evolutivo. Nel corso di questa ricerca egli rimase in stretto contatto con il suo amico botanico Joseph D. Hooker e intorno al 1857 riuscì a confermare quanto ipotizzato. Secondo il suo ragionamento, tali generi rappresentavano quelli più propensi alla variazione e, di conseguenza, più pronti a cogliere nuovi vantaggi e posizioni nella lotta per la sopravvivenza. Questo mutamento di prospettiva rispetto alle sue posizioni precedenti lo obbligò a riflettere più attentamente su quella che aveva cominciato a chiamare l'evoluzione 'simpatrica', in altre parole sui modi in cui varietà molto vicine di una stessa specie, viventi in un unico ambiente, possono differenziarsi tra loro fino a dover essere classificate come specie diverse.
Durante questo periodo di studio egli formulò il cosiddetto 'principio di divergenza', l'ultima modifica significativa apportata allo schema evolutivo originale elaborato nel 1844. Darwin attribuiva molta importanza a tale concetto. Egli aveva avuto infatti sempre ben presente il fenomeno della diversità della vita: per esempio il fatto che vi fosse un numero massimo di individui che un territorio era in grado di sostenere e che gli organismi varianti riuscivano a ricavarsi nuove nicchie ecologiche, contribuendo in definitiva ad aumentare il numero e la diversità delle specie. Ciò che sembra essersi verificato a questo punto (la data esatta non è stata stabilita con certezza, ma potrebbe trattarsi del 1853, del 1854 o del 1857) è che Darwin riconobbe la necessità di dare espressione formale alle sue precedenti ipotesi sulla diversificazione. In sostanza, cominciò a chiedersi in che modo la selezione naturale potesse dare origine al metaforico 'albero' della vita. Egli aveva inizialmente ipotizzato che la divergenza si verificasse nel momento in cui specie affini rimanevano isolate per un motivo o per l'altro, senza alcuna possibilità di entrare in contatto tra loro. Ora si domandava invece in che modo le variazioni favorevoli riuscissero a conservarsi in quelle specie vincenti che facevano parte di popolazioni numerose e complesse, diffuse nelle vaste regioni continentali. Il principio di divergenza gli fornì una risposta. Egli considerava la diversificazione delle specie come il risultato di una divisione del lavoro, ritenendo che la selezione naturale favorisse la sopravvivenza delle varietà che si distinguevano maggiormente dalla forma originale. Questa analogia aveva una chiara impronta industriale, come era logico attendersi in un decennio caratterizzato da un processo di specializzazione della forza lavoro, di cui le linee di lavorazione delle industrie di porcellana Wedgwood offrivano a Darwin un esempio concreto. In questo caso, tuttavia, essa aveva un'origine più diretta nelle teorie dello zoologo francese Henri Milne-Edwards, citato da Darwin a proposito della divisione fisiologica degli organi intestinali. In altre parole, in un ambiente sovrappopolato la lotta per la sopravvivenza avrebbe favorito le varianti in grado di sfruttare meglio le nuove opportunità.
Nel maggio del 1856 Darwin cominciò a scrivere un lungo trattato tecnico sulla selezione naturale, destinato alla comunità scientifica. A sollecitarne la stesura era stato Lyell, con il quale, nel frattempo, aveva stretto amicizia. Lyell aveva letto un articolo del naturalista Alfred R. Wallace (1823-1913), che stava effettuando una serie di osservazioni nell'Asia sudorientale. L'articolo, intitolato On the law which has regulated the introduction of new species, era apparso negli "Annals and magazine of natural history" del 1855 e, secondo Lyell, conteneva molte idee simili a quelle che Darwin andava elaborando. Lyell metteva in guardia l'amico contro la possibilità di essere battuto sul tempo ma Darwin, che apparentemente non si sentiva minacciato, lodò l'articolo di Wallace, con il quale intrattenne un saltuario rapporto epistolare. La fiducia di Darwin aumentò dopo il vivace scambio di idee sulla trasformazione delle specie avuto con un gruppo di naturalisti suoi amici, tra i quali Thomas H. Huxley, suoi ospiti per un fine settimana a Down House, la sua casa nel Kent. Darwin chiese a Hooker, a Huxley e, infine, a John Lubbock di leggere alcuni brani del suo libro, che avrebbe dovuto intitolarsi Natural selection, e di cui inviò un compendio, datato 5 settembre 1857, al botanico Asa Gray della Harvard University. Un aspetto della sua teoria era ormai nettamente delineato: Darwin aveva abbandonato l'idea che le diverse specie fossero adattate in maniera perfetta al loro ambiente finché le condizioni ambientali restavano immutate; pensava invece che le nuove varianti avessero tutte qualche grado di imperfezione e pertanto fossero costrette a una perenne lotta per la sopravvivenza. Il manoscritto incompleto comprendeva circa 250.000 parole.
La stesura dell'opera fu interrotta bruscamente il 18 giugno del 1858, quando Darwin ricevette da Wallace una lettera con allegato un saggio in cui il naturalista esponeva in modo particolareggiato la propria teoria evolutiva, apparentemente identica alla sua. Sentito il parere di Lyell e di Hooker sulla questione della priorità, Darwin fornì a questi ultimi alcuni brani dei suoi scritti precedenti (il saggio del 1844 e la lettera a Gray del 1857) e il 1° luglio 1858, in una comunicazione congiunta alla Linnean Society, Lyell e Hooker annunciarono contemporaneamente le teorie dell'evoluzione attraverso la selezione naturale elaborate indipendentemente da Darwin e da Wallace. I motivi e le implicazioni di tale duplice annuncio sono controversi. Darwin non intendeva presentare un compendio della sua teoria ma soltanto vedere riconosciuta la sua priorità. La scelta dei brani, quindi, mirava a fornire prove datate del fatto che egli si era occupato dell'argomento molti anni prima di ricevere la lettera di Wallace e che quanto aveva scritto a questo proposito era stato letto da altri; per questo motivo non vi erano inclusi, per esempio, brani del manoscritto Natural selection ancora in corso di composizione. Wallace, da parte sua, restò all'oscuro sia dell'annuncio pubblico sia del fatto che Darwin aveva proposto una sua teoria dell'evoluzione, fino a quando non ricevette una lettera in Malesia, tre mesi dopo la riunione della Linnean Society.
Le circostanze di questo annuncio sono state al centro di un ampio dibattito storico, alimentato soprattutto dal sospetto che Darwin si fosse potuto appropriare delle idee di Wallace e che, verosimilmente secondo alcuni, avesse potuto ricevere la lettera di Wallace molti giorni o perfino settimane prima di consultare Lyell. L'episodio, inoltre, solleva problemi di etica in campo scientifico e dà adito al sospetto che i membri dell'élite scientifica, di fronte alla rivendicazione da parte di un personaggio sconosciuto, privo di credenziali e di una solida posizione sociale, abbiano fatto quadrato attorno a uno di loro (Darwin) appoggiando la sua rivendicazione di 'proprietà' intellettuale della nuova teoria. Esiste una consistente letteratura minore a sostegno dell'ipotesi che Wallace sia stato sfruttato.
Darwin e Wallace presero atto della delicatezza delle rispettive situazioni e si comportarono generosamente, da gentiluomini, come imponevano le norme della società vittoriana. Intrattennero un civile scambio di lettere sulla teoria e la sua diffusione in Gran Bretagna e, dopo il ritorno di Wallace in Inghilterra nel 1862, divennero amici, conservando una sincera stima, basata sull'ammirazione l'uno per le doti intellettuali dell'altro e sul rispetto dei reciproci lavori. Le loro teorie dell'evoluzione differivano in modo sostanziale su alcuni punti. La cornice entro cui Wallace aveva inquadrato la sua teoria prevedeva che una nuova varietà rimpiazzasse la specie dalla quale aveva avuto origine, ossia che avvenisse la sostituzione di un insieme di individui (popolazione) da parte di un altro insieme, meglio adattato; Darwin, invece, si occupò quasi esclusivamente degli individui e non dei gruppi. Wallace sosteneva inoltre che non si dovessero stabilire analogie fra animali domestici e animali selvatici in quanto i primi, essendo assai distanti dal loro ambiente naturale, non possono rappresentare una fonte legittima di informazioni sugli organismi selvatici; viceversa la teoria di Darwin si fondava proprio su tale analogia. Questi due punti non furono mai discussi in modo approfondito dai due scienziati che, in seguito, dibatterono per lettera altri aspetti delle rispettive teorie. Per esempio, non si trovarono mai d'accordo sulla selezione sessuale né sulle origini adattive della colorazione protettiva. In seguito Wallace rivelò che l'espressione 'selezione naturale' non gli piaceva e nel 1868 convinse Darwin ad adottare quella di 'sopravvivenza del più adatto'. Più tardi emerse tra i due anche un'altra differenza sostanziale circa l'origine delle facoltà mentali umane e le loro teorie finirono per divergere rispetto alla capacità della selezione naturale di spiegare la genesi evolutiva dell'uomo.
Dopo il duplice annuncio del 1858 alla Linnean Society, Darwin decise di dare alle stampe la sua teoria il più rapidamente possibile. Preparò una versione ridotta del manoscritto Natural selection, intitolata On the origin of species by means of natural selection or the preservation of favoured races in the struggle for life, e nel novembre del 1859 ne concordò la pubblicazione con l'editore londinese John Murray. Alla prevendita libraria, da lui organizzata il 22 novembre di quello stesso anno, le prenotazioni superarono di molto le 1250 copie previste per la prima edizione, costringendo Darwin a cominciare immediatamente la collazione delle correzioni in vista di una seconda edizione. Il giorno della prevista data di pubblicazione, giovedì 24 novembre, Darwin si trovava a Ilkley, nello Yorkshire, e fece ritorno a casa soltanto due settimane più tardi. La seconda edizione (o, più esattamente, una ristampa corretta) fu pubblicata nel gennaio del 1860. Data la brevità dell'intervallo di tempo trascorso fra le due edizioni, queste sono spesso confuse fra loro. L'epigrafe della prima edizione contiene soltanto due citazioni, una di William Whewell e una di Francis Bacon, mentre quella della seconda edizione comprende anche una citazione del teologo Joseph Butler. La differenza più importante consiste nell'aggiunta di un paragrafo finale, nella prima edizione, Darwin parlava dell'origine della vita in termini strettamente laici, mentre nella seconda aggiunse alcune osservazioni di carattere apertamente religioso, tra le quali il suggerimento, avanzato in una lettera indirizzatagli dal reverendo Charles Kingsley, sulla possibile concezione di un Creatore che consentisse alle specie di "generare sé stesse" e l'affermazione che le prime forme organiche avevano avuto vita dal "soffio del Creatore". In tal modo, Darwin mostrava di non volere essere preso per ateo; come scrisse nelle sue memorie, all'epoca pensava di meritare di essere considerato un teista.
Se da un lato Darwin definiva questo libro 'una lunga argomentazione', resa molto incisiva dalla drastica condensazione del copioso manoscritto Natural selection, dall'altro lato riteneva che On the origin of species soffrisse dell'inevitabile omissione di molti dettagli pazientemente accumulati e di molte citazioni di fonti; egli considerò sempre quest'opera come un 'compendio' obbligato della sua teoria e per molti anni coltivò il progetto di pubblicare il lungo manoscritto originale, la cui stesura era stata bruscamente interrotta dalla lettera di Wallace. Parte di quel manoscritto fu edita in forma riveduta nel 1868 con il titolo The variation of animals and plants under domestication e ulteriori brani comparvero in seguito in altre pubblicazioni. Nel complesso, tuttavia, è senza dubbio vero che Darwin fu travolto dagli avvenimenti e che la sua teoria fu destinata a essere conosciuta dal pubblico mediante numerose riedizioni di On the origin of species, piuttosto che attraverso qualsiasi altra sua opera, eccezion fatta, forse, per The descent of man and selection in relation to sex (1871).
Nell'opera On the origin of species è sviluppato un ragionamento molto stringente, formulato in termini genericamente induttivi (secondo alcuni, si tratta di una teoria ipotetico-deduttiva), che può essere considerato più appropriatamente di tipo probabilistico. Dal punto di vista concettuale, l'opera è divisa in due parti; nella prima metà sono esposti i 'fatti' palesi, seguiti dalla presentazione della teoria nel quarto capitolo, nel resto del libro è invece descritto il modo in cui la teoria consente di spiegare aspetti fondamentali della biologia quali l'embriologia, la classificazione, la paleontologia e la distribuzione geografica. L'argomentazione di Darwin procede esclusivamente per analogia, senza il sostegno di prove (non necessarie in questo tipo di teoria).
Darwin, tuttavia, presentò di proposito numerosi casi in cui la selezione naturale, una volta accettata, avrebbe potuto fornire una spiegazione convincente e pratica di una vasta gamma di fenomeni osservabili in biologia. La teoria darwiniana dell'evoluzione attraverso la selezione naturale afferma che la progenie di tutte le specie è costretta a competere duramente per la sopravvivenza. Gli individui che sopravvivono tendono a incorporare qualche carattere favorevole, sia pure minimo, e tali variazioni vengono trasmesse per via ereditaria alla nuova generazione. Ne consegue che ogni generazione successiva sarà meglio adattata all'ambiente rispetto a quella precedente, sebbene non si possa parlare di una tendenza necessaria verso il miglioramento in senso assoluto. Tale processo continuo e graduale è il principio che sottende l'evoluzione della specie.
La selezione naturale era solamente un aspetto del vasto schema intellettuale di Darwin, il quale introdusse anche il concetto che tutti gli organismi correlati discendono da antenati comuni, fornendo inoltre argomenti a sostegno dell'antica tesi che la Terra stessa non è statica bensì in evoluzione. Darwin espone la sua teoria in questi termini:
Se in condizioni mutevoli di vita gli esseri viventi presentano differenze individuali in quasi ogni parte della loro struttura, e ciò non è discutibile; se a cagione del loro aumento numerico in progressione geometrica si determina una severa lotta per la vita
in qualche età, stagione o anno, e ciò certamente non può essere discusso; allora, considerando la infinita complessità delle relazioni di tutti gli esseri viventi fra di loro e con le loro condizioni di vita, la quale fa sì che un'infinita diversità di struttura, costituzione e abitudini sia per essi vantaggiosa, sarebbe un fatto quanto mai straordinario che non avessero mai avuto luogo tante variazioni utili nell'uomo. Ma se mai si verificano variazioni utili a un qualsiasi essere vivente, sicuramente gli individui così caratterizzati avranno le migliori probabilità di conservarsi nella lotta per la vita; e per il saldo principio dell'eredità, essi tenderanno a produrre discendenti analogamente caratterizzati. Questo principio della conservazione, o sopravvivenza del più adatto, l'ho denominato selezione naturale. […] La selezione naturale conduce anche alla divergenza dei caratteri; infatti quanto più gli esseri viventi divergono nella struttura, nelle abitudini e nella costituzione, tanto più grande è il numero di essi che può trovar da vivere in un'area ‒ della qual cosa vediamo la dimostrazione osservando gli abitanti di una qualsiasi piccola zona, e le produzioni naturalizzate in terre straniere. Perciò durante la modificazione dei discendenti di una qualsiasi specie, e durante la lotta incessante di tutte le specie per aumentare il numero, quanto più differenziati divengono i discendenti, tanto maggiore sarà la loro probabilità di successo nella battaglia per la vita. Così le piccole differenze che distinguono le varietà della stessa specie tendono regolarmente ad aumentare, fino a uguagliare le più grandi differenze fra le specie dello stesso genere, o anche di generi distinti. […] In base a questi principî, si possono spiegare la natura delle affinità e le distinzioni, generalmente ben definite, fra gli innumerevoli esseri viventi di ogni classe in tutto il mondo. (Darwin 1859 [1959, pp. 140-142])
Nella polemica suscitata dalla pubblicazione, una delle questioni più dibattute fu quella della validità scientifica del metodo seguito da Darwin. Qualche anno più tardi, John S. Mill lo definì un'ipotesi legittima. Un aspetto insolito del libro è che Darwin vi incluse un capitolo sulle 'difficoltà della teoria', nel quale affronta quei problemi riguardanti l'evoluzione che più facilmente potevano porsi al lettore, come l'assenza di stadi intermedi nei reperti fossili, i meccanismi sconosciuti della trasmissione ereditaria di caratteri mentali quali l'istinto e la difficoltà di raffigurarsi la graduale evoluzione di organi complessi come l'occhio. Questo capitolo piacque alla maggior parte dei recensori, che lo considerarono un segno della modestia e dell'onestà di Darwin, tuttavia non bisogna sottovalutarne l'intento strategico: egli scelse, infatti, solamente i problemi ai quali era in grado di dare una risposta, seppure esitante. Limitando la scelta a quelli di natura biologica, evitò di proposito di affrontare le due questioni principali che si poneva la gran parte dei suoi lettori, cioè quelle riguardanti le conseguenze della teoria evoluzionistica sulle origini dell'uomo e il ruolo di Dio in Natura. Indubbiamente Darwin accenna in qualche passo agli esseri umani come esempi di questo o quell'altro fenomeno biologico, per esempio quando parla della presenza nell'uomo di un organo rudimentale come l'appendice ma non va oltre nella discussione. Se da una parte Darwin desiderava che le sue tesi non fossero considerate né troppo rivoluzionarie, né apertamente contrarie ai dogmi della Chiesa, dall'altra parte On the origin of species presupponeva implicitamente che si dovesse abbandonare il racconto biblico della Creazione dal momento che molto probabilmente la specie umana era emersa in un lontano passato da un'altra specie animale (le scimmie). Nelle conclusioni Darwin afferma che, se si accetta il suo punto di vista, anche soltanto in parte, "verrà fatta luce sull'origine dell'uomo". Come è noto, la polemica suscitata dalla pubblicazione del libro si incentrò principalmente proprio sulla tesi di una possibile discendenza dalle scimmie e sull'apparente confutazione della tradizione biblica di Adamo ed Eva.
Darwin passò il resto della vita ad approfondire diversi aspetti delle questioni sollevate nella sua opera principale. Nei libri successivi, tra cui The variation of animals and plants under domestication, The descent of man e The expression of the emotions in man and animals (1872), sono affrontati in maniera particolareggiata temi che in On the origin of species erano stati omessi o limitati a brevi paragrafi. Egli, inoltre, revisionò a più riprese e in maniera estesa la sua opera sull'origine delle specie, tenendo conto delle critiche pertinenti sollevate dai lettori e modificando su alcuni punti le proprie opinioni, con particolare riguardo alla possibilità della trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti. Nel corso delle edizioni successive egli arrivò gradualmente ad ammettere la possibilità che l'ambiente potesse stimolare negli organismi viventi alcune modificazioni suscettibili di essere trasmesse per via ereditaria, soprattutto nel caso delle abitudini e del comportamento degli animali. A questa svolta contribuirono concretamente le ricerche nel campo dell'ereditarietà, delle espressioni degli animali e della selezione sessuale svolte per i libri da lui scritti in seguito. Su sollecitazione di Wallace, inoltre, Darwin cominciò a impiegare l'espressione di Herbert Spencer 'sopravvivenza del più adatto' e, meno spesso, il termine 'evoluzione' in senso moderno. L'ultima edizione riveduta da Darwin stesso fu la sesta (1872).
Il primo libro che Darwin pubblicò dopo On the origin of species fu uno studio sulle orchidee. Le piante avevano sempre rivestito la stessa importanza degli animali nelle sue teorie: molti argomenti a favore dell'adattamento, della variazione e della discendenza avanzati nella sua opera principale si imperniavano sulle sue prime ricerche di botanica, in particolare quelle sulla fertilizzazione e sulla distribuzione geografica delle piante; in qualità di collaboratore stabile del "Gardeners' Chronicle" egli inviò numerosi articoli di argomento botanico alla Linnean Society di Londra. Dopo la pubblicazione di On the origin of species svolse approfondite indagini nel campo dei processi biologici delle piante e del loro adattamento. Con la stesura del saggio On the various contrivances by which British and foreign orchids are fertilised by insects (1862) compì quella che egli stesso definì "una manovra di aggiramento del nemico", nel senso che il libro gli permetteva di affrontare la questione dell'esistenza di un piano in Natura; invece di presumere che gli apparati di cui fanno mostra i fiori dell'orchidea fossero esempi di un piano divino e rappresentassero il perfetto adattamento della pianta alla funzione riproduttiva, Darwin sostenne che erano derivati dalla modificazione di parti preesistenti, che originariamente svolgevano altre funzioni. Il libro fu lodato dai botanici ma ebbe scarso successo commerciale.
Il successivo lavoro di una certa importanza fu anch'esso trascurato dal pubblico che invece attendeva con impazienza qualche scritto sull'origine dell'uomo e sulla sua discendenza dalla scimmia. Nei due volumi di The variation of animals and plants under domestication erano enunciati in modo esauriente gli argomenti sui quali si fondavano le teorie della sua opera principale, fornendo la prova schiacciante dell'ubiquità della variazione. L'intenzione dell'autore era anche quella di ribattere le critiche mossegli da Lyell e Gray, i quali sostenevano che le variazioni non si verificavano per puro caso ma erano guidate dalla provvidenza. Darwin dimostrò che gli allevatori selezionavano le caratteristiche da una vasta gamma di variazioni minime casuali e fornì numerosi esempi delle cause di variabilità, tra i quali l'influsso diretto delle condizioni di vita, gli effetti dell'uso e del disuso, la reversione, la trasformazione, la dominanza e la crescita correlata. Secondariamente, in Variation affrontava in maniera esplicita la critica fondamentale mossa alla sua opera principale, secondo la quale non era stato in grado di fornire una spiegazione adeguata dell'ereditarietà e aveva potuto affermare con sicurezza soltanto che le variazioni si verificavano e che spesso erano ereditarie.
Per spiegare in che modo le caratteristiche fossero trasmesse dai genitori ai figli, Darwin elaborò, come ipotesi di lavoro, il concetto di 'pangenesi', secondo il quale ogni parte dell'organismo del genitore diffonde minuscole particelle, dette 'gemmule', che circolano nel corpo e si raccolgono negli organi sessuali per essere trasmesse durante la riproduzione. Dal momento che ricevono le gemmule dai due genitori, e quindi indirettamente anche dagli antenati, i figli somigliano in misura più o meno marcata a entrambi. Alcune caratteristiche restano latenti mentre altre, forse trasmesse da generazioni precedenti, diventano evidenti. Questa teoria consentiva a Darwin di spiegare molti di quegli aspetti singolari dell'ereditarietà che aveva osservato nelle razze domestiche, per esempio i caratteri ancestrali, quelli che saltano una generazione, i meccanismi che determinano il ritorno a un 'tipo selvatico' e la manifestazione di alcune caratteristiche soltanto in alcuni momenti del ciclo vitale. Tra le molte critiche mosse all'ipotesi di Darwin, la più carica di conseguenze fu quella rivoltagli dal cugino Francis Galton, che trasfuse nei conigli di razza pura il sangue di altre varietà, allo scopo di evidenziare quali caratteri fossero ereditati nella progenie. Galton sperava in realtà di avvalorare l'ipotesi di Darwin ma finì per dimostrare, suo malgrado, che il sangue non conteneva le cosiddette 'gemmule'. Darwin negò tuttavia che la sua ipotesi implicasse necessariamente la presenza delle gemmule nel sangue. Nel 1867, un'altra obiezione fu sollevata da Fleeming Jenkin, il quale sostenne che, se il meccanismo ereditario provocava sempre un mescolamento delle caratteristiche, non era possibile che la selezione naturale conservasse le varianti individuali favorevoli. Qualsiasi variazione emersa in una popolazione in cui gli individui fossero in grado di accoppiarsi liberamente era destinata a essere sopraffatta e sarebbe rapidamente scomparsa. Nonostante l'ipotesi della pangenesi, questa obiezione creò serie difficoltà a Darwin. Soltanto più tardi, con l'insistenza di Moritz Wagner sul ruolo dell'isolamento geografico nel processo di evoluzione (un concetto anch'esso derivato dal lavoro di Darwin), il problema del mescolamento sembrò risolversi. Benché il suo interesse per l'ereditarietà non si fosse affievolito, Darwin non parlò più di pangenesi. Negli ultimi anni della sua vita, ebbe la soddisfazione di veder ripreso da August Weismann il suo concetto di gemmula (pangene) come fattore della trasmissione ereditaria; le sue ipotesi, sebbene generalmente ignorate dagli storici della genetica, costituiscono un importante contributo alla teoria particellare dell'ereditarietà.
Nel 1868 Darwin cominciò la stesura di un trattato in due volumi intitolato The descent of man. Sentendosi rimproverato per non aver svelato la propria opinione sulle origini dell'uomo, dapprima pensò di inserire un capitolo sul genere umano in Variation, ma in seguito rinunciò al progetto e decise di affrontare l'argomento in un libro a parte. Nonostante il titolo, meno della metà dell'opera riguarda il genere umano; i due terzi circa sono dedicati alla descrizione della selezione sessuale nel regno animale, tanto che Wallace si lamentò affermando che in realtà si trattava di due libri e non di uno. Il concetto di selezione sessuale, però, era significativo per due motivi. In primo luogo, rispondeva alle critiche di coloro che consideravano la bellezza della Natura come una manifestazione dell'estetica divina, che non poteva essere spiegata naturalmente. In secondo luogo, come suggerì Darwin, l'ipotesi della selezione sessuale spiegava molti caratteri adattivi e numerose tendenze evolutive che non erano assolutamente essenziali per la sopravvivenza di un organismo. Questo tipo di selezione implicava in molti casi una scelta; per esempio, se per riprodursi la femmina del pavone sceglieva, come era probabile, i maschi con le code più grandi o più appariscenti, era verosimile che dall'unione nascessero maschi con code più grandi e femmine che preferivano tale tipo di maschio. Così, con il passare delle generazioni, i maschi con le code più grandi si sarebbero trovati avvantaggiati sul piano della riproduzione; di per sé, la coda non conferiva alcun vantaggio adattivo nella lotta per l'esistenza. In tal modo Darwin si servì della selezione sessuale per spiegare le differenze osservate tra caratteri sessuali secondari degli animali (corna, barba, ecc.), compresa la mancanza di colori vivaci nel piumaggio delle femmine di molti uccelli, opinione, quest'ultima, non condivisa da Wallace.
Darwin fece ricorso a questa ipotesi anche per spiegare l'origine della diversità umana (secondo la sua terminologia: le razze umane). Affermò che gli esseri umani discendevano da antenati simili alle scimmie e descrisse il processo di differenziazione del genere umano in quelle che all'epoca erano considerate cinque o più razze biologiche. Il guerriero più valoroso, a capo di una tribù 'primitiva', ipotizzava Darwin, poteva scegliere la donna che preferiva e probabilmente era guidato in questa scelta da una sua idea di bellezza o di utilità. Se ciò si verificava ripetutamente, certe caratteristiche (per es., il colore della pelle, il tipo di capelli o l'abilità manuale) tendevano a conservarsi e a divenire più marcate all'interno della popolazione. Darwin incluse nel sistema anche molti tratti mentali, per esempio i sentimenti materni, il coraggio, l'ingegnosità tecnica e le facoltà intellettuali. Questo processo portava, con il passare del tempo, alla formazione di popolazioni locali distinte, dotate di tratti caratteristici. In questo contesto, Darwin non mise mai in discussione le basi biologiche della superiorità maschile; il suo punto di vista sulla divisione sessuale del lavoro e sulla superiorità del maschio era del tutto conforme alla mentalità dell'epoca. Le sue argomentazioni fornivano una base biologica alla struttura sociale esistente. Durante la stesura dell'opera le opinioni di Wallace riguardo allo sviluppo mentale dell'uomo presero una strada completamente diversa da quelle di Darwin. Nel 1869 Wallace, convertitosi allo spiritualismo, interpretava l'evoluzione del cervello umano come una premessa indispensabile alla nascita della civiltà, attribuendole un'origine spirituale. Gli effetti della selezione naturale si limitavano a suo avviso ai primi stadi dello sviluppo fisico delle razze umane. Darwin, costernato, gli scrisse: "Spero che non abbiate assassinato del tutto la nostra creatura".
In The descent of man, Darwin delinea inoltre un preciso albero genealogico del genere umano, che in definitiva evidenzia l'affinità dell'uomo con le scimmie del vecchio mondo, espone le sue idee sulle origini evoluzionistiche della moralità e della religione e illustra quegli aspetti in cui l'uomo conserva ancora nella sua struttura corporea lo stampo indelebile delle sue origini umili: "Senza dubbio i primi progenitori dell'uomo erano coperti di peli, la barba era attributo di entrambi i sessi, potevano muovere le orecchie, che erano appuntite, e avevano una coda con la relativa muscolatura. […] Il piede, a giudicare dalla condizione del pollice nel feto, era prensile, e i nostri progenitori erano indubbiamente abituati a vivere sugli alberi, in zone calde e boscose" (Darwin 1871, I, p. 206).
La pubblicazione di quest'opera diede vita a un ampio dibattito sull'evoluzione; in un anno furono vendute oltre 5000 copie, dando origine a innumerevoli caricature, articoli e recensioni. Una seconda edizione uscì nel 1874 e durante la vita di Darwin fu tradotta in otto lingue.
In seguito Darwin pubblicò un libro sulle espressioni causate dalle emozioni negli uomini e negli animali, sulla base di osservazioni piuttosto sofisticate per quell'epoca. Egli invitò il fotografo Oscar Rejlander a effettuare alcuni studi comparativi sul riso e sul pianto e consultò il fisiologo francese Guillaume Duchenne riguardo ai suoi esperimenti elettrici sui muscoli facciali. Ritenendo che le espressioni acquisite si potessero 'fissare' per abitudine, Darwin si espresse più esplicitamente di quanto non avesse fatto mai in passato sull'ereditarietà dei caratteri acquisiti. Sebbene la sua analisi sia oggi in gran parte superata e, secondo i criteri scientifici attuali, appaia inconsciamente contaminata da un forte antropomorfismo, egli era convinto che esistesse una continuità evolutiva fra le espressioni (e quindi la vita mentale) degli animali e degli esseri umani e che negli animali fossero riscontrabili tracce di tutte le emozioni umane, compresa la moralità. In questo senso The expression of the emotions in man and animals porta a compimento il ciclo di scritti darwiniani sull'evoluzione.
In seguito Darwin pubblicò numerose opere di scarso rilievo su argomenti di botanica. Stabilì per via sperimentale che l'incrocio delle specie conferiva alle piante un vantaggio selettivo, misurato di solito contando o pesando i semi; per queste ricerche fece affidamento sui risultati sperimentali di ibridizzazione delle piante ottenuti da Carl Friedrich von Gärtner, da Gottlieb Kölreuter e più tardi da Karl Wilhelm von Nägeli. In The effects of cross and self-fertilisation in the vegetable kingdom (1876) dimostrò statisticamente che le piante risultanti dagli incroci erano più vigorose rispetto a quelle semenzali ottenute con l'autofecondazione e che quindi avevano più probabilità di sopravvivere e di prosperare. Continuò anche a indagare sulla possibilità che la differenziazione sessuale nelle piante fosse il risultato dell'evoluzione da uno stadio di ermafroditismo originario. Studiò le due varietà di primula, lunga e corta, e concluse che l'incrocio ne aumentava la fertilità. Questi esperimenti e altri ancora furono l'oggetto di articoli inviati alla Linnean Society e pubblicati in seguito in The different forms of flowers on plants of the same species (1877).
Darwin studiò, inoltre, il tropismo delle piante rampicanti, i risultati furono pubblicati nel 1865 in una monografia della Linnean Society e di nuovo nel 1875, con lo stesso titolo, The movements and habits of climbing plants; ipotizzò che la particolare forma di adattamento dei rampicanti ne favorisse la sopravvivenza in un ambiente caratterizzato da una fitta vegetazione. Con l'aiuto del figlio Francis, investigò l'influsso della gravità, dell'umidità e della luce sui movimenti di steli, foglie e radici. Riteneva infatti che la selezione naturale intensificasse e diversificasse la tendenza ereditaria delle piante a muoversi. La sua interpretazione del geotropismo (la reazione delle radici alla gravità), esposta in The power of movement in plants (1880), contraddiceva i risultati di Julius von Sachs. Le sue osservazioni, raccolte con metodi artigianali e un po' antiquati, contrastavano con i risultati della nuova ricerca fisiologica condotta in laboratorio, sempre più diffusa in Germania.
Verso la fine della sua vita Darwin scrisse per la famiglia, in tempi successivi (1876, 1879 e 1881), una breve autobiografia, Recollections of the development of my mind and character. In essa ribadiva francamente che, in materia di fede, si considerava agnostico (secondo l'espressione coniata di recente da Huxley) e che riteneva la dottrina della dannazione eterna dei non credenti meritevole essa stessa di condanna. Per rispetto della moglie Emma Darwin, questo e altri brani furono omessi quando l'autobiografia fu pubblicata per la prima volta in The life and letters of Charles Darwin (1887).
Darwin compose un breve profilo biografico del nonno Erasmus Darwin, pubblicato in Germania nel 1879, che quando fu tradotto in inglese suscitò un'aspra polemica con Samuel Butler, secondo il quale parte del proprio lavoro era stato usato senza il suo consenso. L'ultimo libro importante fu The formation of vegetable mould through the action of worms (1881), nel quale Darwin riaffermava ancora una volta l'importanza degli effetti cumulativi di innumerevoli piccoli cambiamenti. La straordinaria importanza della sua opera fu riconosciuta dai contemporanei: insignito di molte onorificenze, fu chiamato a far parte di numerose società, comprese la Deutsche Akademie der Naturforscher (Accademia Tedesca dei Naturalisti) nel 1857 e l'Académie des Sciences nel 1878. Darwin si spense a Downe il 19 aprile 1882 e fu sepolto nell'Abbazia di Westminster, a Londra.
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