L'Ottocento: biologia. Le origini della morfologia in Germania
Le origini della morfologia in Germania
In Germania il concetto di 'morfologia' ebbe origine dagli studi di storia naturale di Johann Wolfgang von Goethe e da quelli del medico Karl Friedrich Burdach. Il primo, nell'ambito dei suoi incarichi ufficiali nel ducato di Weimar-Sassonia, si occupò dal 1776 di ricerche geologiche e botaniche e poi, dal 1781 a Jena, condusse anche osservazioni di anatomia comparata. Burdach, invece, utilizzò la morfologia come metodo comparativo per la comprensione delle forme animali e umane. Nel XIX sec., quindi, la morfologia fu recepita in modi diversi; da un lato la fondazione della morfologia da parte di Goethe e la sua teoria della metamorfosi ebbero un'eco particolare soprattutto in botanica, dall'altro il concetto di 'morfologia' introdotto da Burdach nella letteratura medica, insieme a quello di 'biologia', si diffuse soprattutto tra gli zoologi e gli anatomisti.
La concezione di Goethe era legata all'idea di uno sviluppo progressivo nel corso della storia, quale era stata elaborata nel corso degli ultimi decenni del Settecento da Johann Gottfried von Herder (1744-1803) anche per i fenomeni naturali. Nelle sue osservazioni relative al cranio dei vertebrati Goethe si mise alla ricerca di un 'tipo' (Typus) universale dei vertebrati, e giunse, nel 1784, alla scoperta dell'osso inframascellare nel cranio umano. Per 'tipo' Goethe intendeva "un filo rosso comune attraverso il labirinto delle forme" che ricercava tanto negli studi di anatomia comparata quanto in quelli sul mondo vegetale. Nelle osservazioni concernenti lo sviluppo di un vegetale, egli era particolarmente colpito dal cambiamento delle forme; le modificazioni delle piante osservate durante il viaggio in Italia (1786-1787) lo indussero inoltre a sviluppare il concetto di 'pianta primigenia' (Urpflanze), in analogia con il concetto di 'tipo primigenio' (Urtypus) relativo agli animali e alle rocce. In seguito, Goethe formulò le sue idee sullo sviluppo delle forme vegetali nel Versuch, die Metamorphose der Pflanzen zu erklären (Tentativo di spiegare la metamorfosi delle piante, 1790), un testo nel quale descrisse la metamorfosi delle forme delle foglie dal cotiledone al fiore come una trasformazione periodica e regolare che era dovuta a dilatazione e contrazione.
Goethe considerò gli organi mutevoli delle piante al pari di foglie potenziali, formulò l'ipotesi che 'tutto è foglia' (alles ist Blatt) e indicò nel concetto di 'metamorfosi' l'essenza di ogni mutazione. In modo analogo indagò nel 1796 anche la metamorfosi delle farfalle, la trasformazione degli organi dal bruco fino all'imago; verificò inoltre il principio del perfezionamento dell'organismo dalla configurazione uniforme del bruco a quella differenziata della farfalla, concependolo come una regolarità del processo evolutivo. Il termine 'metamorfosi', diffusosi fin dal XVII sec. in riferimento allo sviluppo degli insetti, era già stato applicato da Linneo (Carl von Linné) al mondo vegetale nella Philosophia botanica (1751), cui fece riferimento Goethe nei suoi studi di botanica.
Sulla base di questi lavori preliminari, delle osservazioni sulla 'forma degli animali' ‒ contenute in Aufsätze, Fragmente, Studien zur Morphologie (Saggi, frammenti, studi sulla morfologia) ‒ e del concetto di 'tipo' fondato su dati empirici, Goethe sviluppò intorno al 1796 il concetto di 'morfologia' e progettò una vasta opera, la Allgemeine Morphologie (Morfologia generale), immaginandola come teoria dello sviluppo della forma. In una riflessione sulla morfologia nel quadro del Versuche zur Methode der Botanik (Ricerca di un metodo in botanica) ipotizzò la posizione di questo nuovo campo di ricerca in relazione alle altre discipline. Benché la morfologia poggiasse complessivamente sulla storia naturale, essa doveva legittimarsi come disciplina scientifica particolare; la sua fondazione fu pertanto resa pubblica da Goethe soltanto nel 1817 quando ne diede una definizione sotto forma di aforismi. Essa costituisce il capitolo introduttivo ai quaderni di morfologia (Zur Morphologie) ed è sintetizzata nel motto: "Bildung und Umbildung organischer Naturen" (formazione e trasformazione delle nature organiche). Evitando la parola tedesca Gestalt, Goethe sottolineava l'elemento di novità della sua teoria rispetto all'uso linguistico tradizionale, che con il termine 'forma' designava qualcosa di fisso, laddove egli aveva in mente "solamente l'idea, il concetto, o un qualcosa di fissato nell'esperienza per un istante solamente" (Goethe 1954, p. 7); egli la illustrava attingendo esempi ai suoi studi di botanica.
Nel frattempo, il concetto di 'morfologia' era stato introdotto anche da Burdach nel contesto delle scienze mediche fondamentali, come teoria della forma del corpo umano, ossia morfologia dell'essere umano, dove però appariva come un concetto sovraordinato rispetto a quelli di anatomia, osteologia e organologia. Burdach scrisse un saggio, Über die Aufgabe der Morphologie (Sulla funzione della morfologia, 1817), nel quale menzionava Goethe e delineava un 'programma' ben dettagliato della nuova scienza, che considerava propedeutica alla fisiologia. Quanto ampio fosse il significato con cui lo stesso Burdach impiegava il termine appare chiaramente dal manuale Der Organismus menschlicher Wissenschaft und Kunst (L'organismo della scienza e dell'arte umana, 1809), nel quale tratta della morfologia nell'ambito del sistema delle conoscenze scientifiche. Egli la presenta prima come scienza naturale (in quanto orittomorfologia, fitomorfologia e zoomorfologia), poi come scienza e teoria naturale dell'uomo (antropomorfologia) accanto all'anatomia. Il termine fu usato in modo così ampio anche nel corso del XIX sec. e inoltre trovò applicazioni nel campo della linguistica.
Sebbene Goethe e Burdach avessero assegnato alla morfologia lo statuto di disciplina scientifica, nelle università tedesche non le era riconosciuta una posizione particolare come materia d'insegnamento, ma veniva piuttosto trattata nell'ambito dell'anatomia e della fisiologia. Nella Naturphilosophie, invece, la morfologia fu intesa come metodo per la classificazione di sistemi vegetali e animali e fu recepita e diffusa insieme alla teoria della metamorfosi di Goethe. Si affermò così con particolare forza il 'metodo genetico' quale nuovo principio per la costruzione di 'sistemi naturali'. In questo quadro la morfologia fu ben presto identificata con la sistematica, fu praticata come studio comparato delle forme e finì con l'essere spogliata del suo significato originario. Nella comparazione delle forme la ricerca empirica venne allora ad assumere spesso un ruolo più importante rispetto alla costruzione speculativa di analogie. Soprattutto si affermò, in relazione all'idea della scala Naturae, il concetto della trasformazione delle specie, che trovava anche conferme empiriche attraverso l'osservazione del mutamento delle forme delle piante come conseguenza delle influenze climatiche. La scoperta dei fossili vegetali, la loro analisi morfologica e la loro classificazione nel sistema vegetale portarono inoltre al riconoscimento da parte dei botanici della trasformazione di forme e specie nel corso della storia della Terra.
Richiamandosi alla teoria goethiana della metamorfosi, il botanico Christian Gottfried Daniel Nees von Esenbeck elaborò una sistematica dei funghi ‒ esposta in Das System der Pilze und Schwämme (Classificazione dei funghi e dei poriformi, 1816-1817) ‒, che egli riteneva fossero generati spontaneamente dai pollini dei fiori attraverso un processo di trasformazione. Augustin-Pyramus de Candolle considerò la sua Théorie élémentaire de la botanique (1813) un'opera pionieristica nel campo della teoria della metamorfosi e con la Organographie végétale (1827) riaccese l'interesse di Goethe per gli studi di botanica. Seguendo l'esempio di Goethe, Alexander Braun (1805-1877) basò la sistematica delle fanerogame sullo studio della morfologia e nello scritto Über die Bedeutung der Morphologie (Sul significato della morfologia, 1862) sostenne un concetto di sviluppo secondo il quale la graduale "successione di forme" della realtà storica è l'espressione di una "interiorità specifica" che si manifesta all'esterno e che può essere indagata empiricamente dalla morfologia comparata; per Braun, la storicità della Natura si fondava sulla filosofia dell'identità di Schelling. Questo concetto fondamentale dell'idealismo si poteva conciliare, secondo Braun, con la teoria della discendenza soltanto a patto che quest'ultima non fosse interpretata in termini di causalità meccanicistica. Proprio in questo egli vedeva il discrimine tra le conoscenze della fisiologia e quelle della morfologia.
Tale morfologia comparata, che si basava su osservazioni storico-evolutive, raggiunse il suo apice in Germania con il botanico sistematico August Wilhelm Eichler e l'opera Blüthendiagramme (Diagrammi di infiorescenze, 1875-1878). Poco più di trent'anni prima, nella Methodologische Einleitung als Anleitung zum Studium der Pflanze (Introduzione metodologica come avviamento allo studio delle piante, 1842), Matthias Jacob Schleiden (1804-1881) aveva sostenuto che la storia evolutiva costituisse il fondamento della morfologia e che le modificazioni che si verificano durante il processo di costruzione della forma ‒ e che hanno il loro inizio nella cellula ‒ dovessero essere indagate con l'osservazione e l'esperimento. Schleiden si addentrava in questo modo nella teoria cellulare, che richiedeva l'uso del microscopio. Fu infatti grazie anche alle nuove tecniche microscopiche che la morfologia determinò lo sviluppo ulteriore della storia evolutiva nella botanica e portò ‒ con l'introduzione dei metodi sperimentali ‒ a risultati considerevoli come, per esempio, la scoperta da parte di Wilhelm Hofmeister dell'alternanza di generazioni nelle piante.
Oltre a questa 'morfologia causale', discussa da Hofmeister in una monografia dal titolo Allgemeine Morphologie der Gewächse (Morfologia generale dei vegetali, 1868), si sviluppò, con Anton Kerner von Marilaun (1831-1889) ed Ernst Stahl (1848-1919), una 'morfologia ecologica' che teneva conto degli aspetti biologico-evolutivi, mentre la 'morfologia causale', che includeva i metodi sperimentali della fisiologia delle piante, venne ulteriormente rielaborata da Hermann Vöchting e Georg Klebs. Anche la tradizionale morfologia comparata venne nuovamente trattata in maniera globale da Ferdinand Pax nella Allgemeine Morphologie der Pflanzen (Morfologia generale delle piante, 1890) e da Albert Bernhard Frank nel Lehrbuch der Botanik (Trattato di botanica, 1892-1893). Sarà poi Karl von Goebel (1855-1932) a unificare la morfologia comparata, ecologica e causale in uno studio sulla forma delle piante.
A partire da Burdach, che nel saggio Über die Aufgabe der Morphologie (Sulla funzione della morfologia, 1817) non solo aveva fatto riferimento a Goethe, ma aveva anche pubblicato un programma di ricerche morfologiche ancora più dettagliato , il 'metodo genetico' si diffuse anche tra i medici, gli anatomisti e gli zoologi e ricevette in Germania la sua impronta specifica da parte degli esponenti della Naturphilosophie romantica. Da un lato, in questo metodo ebbero un ruolo importante sia la comparazione delle forme per la costruzione di un sistema del mondo animale secondo i principî di una scala Naturae sia la ricerca degli "anelli [morfologici] intermedi" nella 'catena dell'essere'; questa linea di ricerca, tuttavia, portò anche all'elaborazione di sistemi di parentela artificiali fondati su presunte analogie di origine speculativa. Dall'altro lato, il metodo genetico favorì lo studio comparativo dello sviluppo embrionale dei vertebrati e la comprensione dell'origine di specifiche forme del corpo, cosa che consentì di disporre le specie in un sistema naturale.
A partire dagli inizi del secolo si fece ricorso, per la classificazione dei vertebrati e degli invertebrati, al metodo dell'anatomia e della zootomia comparate, che, impiegato sistematicamente, entrò in un certo qual modo in concorrenza con la morfologia o fu addirittura identificato con essa. Per tale motivo passò temporaneamente in secondo piano l'aspetto originariamente più importante della morfologia, quello di osservare la "formazione e la trasformazione delle forme" e coglierne concettualmente la genesi. Autorevoli rappresentanti dell'anatomia comparata, come Georges Cuvier (1769-1832), utilizzarono con successo il metodo del 'tipo' per la ricostruzione delle forme fossili dei vertebrati.
Cuvier elaborò a questo scopo una prima legge di sviluppo delle forme, la cosiddetta 'legge della correlazione delle parti', con la quale prendeva in considerazione anche la loro funzione; Étienne Geoffroy Saint-Hilaire (1772-1844), di contro, nella sua teoria degli analoghi ammetteva soltanto i principî della forma e nella sua concezione dell'unità di piano (unité de plan) si rifaceva a Goethe, Karl Friedrich von Kielmeyer, Johann Friedrich Meckel, Lorenz Oken, Carl Gustav Carus, come pure ad altri morfologi tedeschi.
I dibattiti sui diversi metodi dell'anatomia comparata, che culminarono tra il 1830 e il 1832 nella 'disputa accademica di Parigi', suscitarono l'interesse di Goethe. Immediatamente dopo la pubblicazione dei Principes de philosophie zoologique (maggio 1830) di Geoffroy Saint-Hilaire, Goethe ne scrisse una recensione sulla "Zeitschrift für wissenschaftliche Kritik" del settembre 1830. Gli appunti per la recensione mostrano, in maniera evidente, che Goethe non condivideva né l'una né l'altra posizione ma, cercando di mettere nella giusta luce il rapporto di forma e funzione degli organi, affermava: "Hanno ambedue ragione, posto che si accettino a vicenda" (in Kuhn 1967, p. 92). Nella stessa recensione Goethe criticava le posizioni metodologiche unilaterali dei due contendenti e riteneva indispensabile "andare dall'intero al particolare, dal particolare all'intero" (ibidem), ribadendo comunque la validità generale dei due modi contrapposti di riflessione e ricerca adottati dagli studiosi della Natura. Ciò che sottolineava Goethe non rispecchia solo la diversa ricezione, nella zoologia tedesca, dei metodi morfologici sviluppati in Francia, cosa che già di per sé rende quasi impossibile una trattazione unitaria della morfologia, ma anche che la morfologia è collegata con quasi tutte le discipline specialistiche della zoologia.
Già Burdach utilizzava espressioni quali 'morfologia' e 'organismo' non soltanto in relazione all'organizzazione umana, ma in senso generale, come fece nel suo manuale del 1809, dove, nella prospettiva della Naturphilosophie, l'uso di questi termini era esteso all'intero sistema della Terra. In tale contesto filosofico, alcuni medici tracciarono paralleli tra la formazione progressiva degli organi nello sviluppo embrionale e la successione degli organismi viventi nella storia della Terra, riconducendo il cambiamento delle forme all'azione di specifiche forze. Così il naturalista Carl Friedrich von Kielmeyer (1765-1844), influenzato da Herder, espresse in un discorso del 1793 (Über die Verhältnisse der organischen Kräfte untereinander in der Reihe der verschiedenen Organisationen, Sui rapporti tra le forze organiche nella serie delle varie organizzazioni) l'idea secondo cui la forza che ha prodotto la serie dei generi è identica a quella che causa le condizioni dello sviluppo degli individui. Nella Allgemeine Zoologie oder Physik der organischen Körper (Zoologia generale o fisica dei corpi organici, 1807) Kielmeyer esaminava dettagliatamente le modificazioni nel regno animale e la sua storia evolutiva in relazione alle epoche del nostro pianeta, nonché la comparazione degli animali e delle piante in riferimento ai cambiamenti dell'organismo e dei suoi singoli organi nel corso della vita. Anche il medico Gottfried Reinhold Treviranus, nella imponente Biologie und Philosophie der belebten Natur (Biologia e filosofia della natura dei viventi, 1802-1822), instaurò alcune corrispondenze tra lo sviluppo embrionale e il progresso graduale del mondo animale, definendole "gradazioni della Natura vivente". Queste idee godettero di particolare fortuna nell'ambito della Naturphilosophie romantica tedesca.
Basandosi su studi embriologici comparativi su maiali e cani, Lorenz Oken (1779-1851) sostenne, nel Lehrbuch der Naturphilosophie (Trattato di filosofia naturale, 1809-1811), l'ipotesi secondo cui gli stadi di sviluppo embrionale degli animali superiori dovevano corrispondere alle forme corporee degli animali inferiori e quindi ripercorrere il processo evolutivo dall'animale semplice all'animale superiore, passando attraverso forme sempre più complesse (teoria della ricapitolazione). Seguendo il metodo genetico ‒ un concetto chiave della morfologia di Goethe ‒ Oken definì anche il suo sistema del mondo animale. Lo sviluppo della sua teoria della genesi delle ossa craniche da una trasformazione delle vertebre dorsali (1807) fu il risultato dell'applicazione della metamorfosi goethiana alla descrizione della formazione del cranio dei vertebrati superiori a partire da forme vertebrali, senza conoscere quello che pensava effettivamente Goethe; la teoria di Oken continuò a essere applicata e sostenuta dagli zoologi del XIX sec., nonostante le modifiche subite.
In maniera più corretta da un punto di vista empirico, l'anatomista Johann Friedrich Meckel (1781-1833) studiò, in chiave morfologico-comparativa, la formazione del cranio e del cervello, nonché lo sviluppo embrionale dei vertebrati e descrisse gli stadi embrionali come formazioni parallele a forme animali inferiori. Nella seconda parte dei Beyträge zur vergleichenden Anatomie (Contributi di anatomia comparata, 1811) egli sosteneva l'evidenza dell'analogia tra l'embrione umano e le forme animali inferiori (crostacei, insetti, pesci, rettili). Questa impostazione fu ripresa dallo zoologo Friedrich Tiedemann (1781-1861) nel manuale Zoologie zu seinen Vorlesungen entworfen (Lineamenti di zoologia per le sue lezioni), pubblicato tra il 1808 e il 1814: nel terzo volume egli descrive tutti gli animali come formazioni perfezionate degli infusori e indica i resti fossili di specie volatili estinte come prova delle metamorfosi subite dalle specie, al pari degli individui, nel corso del tempo. La teoria della ricapitolazione attraverso la serie degli animali fu sottoposta a verifica non soltanto in rapporto alla forma complessiva dell'embrione ma anche in relazione a singoli sistemi organici. Così Tiedemann studiò lo sviluppo del sistema nervoso e, nella Anatomie und Bildungsgeschichte des Gehirns (Anatomia e storia dello sviluppo del cervello, 1816), arrivò a conclusioni simili a quelle di Meckel. Egli criticò il metodo descrittivo nell'anatomia umana e si adoperò affinché esso fosse integrato con nuovi metodi morfologici per comprendere le leggi che regolano la formazione degli animali.
Contro le tesi di Oken, Meckel e Tiedemann sulle analogie tra la serie animale ascendente e lo sviluppo embrionale dell'uomo, interpretate in modi diversi, si sollevò una forte opposizione. Il medico Carl Gustav Carus (1789-1869), che pose a fondamento del Lehrbuch der Zootomie (Trattato di zootomia, 1818) il metodo genetico della morfologia e la teoria goethiana della metamorfosi, respinse l'idea di un parallelismo tra la formazione degli animali e lo sviluppo embrionale dell'uomo. Egli cercò di dimostrare che nessuno degli stadi che si attraversano nel processo di metamorfosi poteva essere considerato realmente come la replica di uno stadio inferiore, bensì a quest'ultimo corrispondeva soltanto per il significato nel processo evolutivo complessivo (Carus 1818). In un'opera successiva, Von den Ur-Theilen des Knochen- und Schalengerüstes (Parti originarie della struttura delle ossa e degli zoccoli, 1828) Carus prese in esame la possibilità di distinguere mediante la metamorfosi le forme animali superiori dalle strutture organiche semplici utilizzando il concetto di 'tipo' e indicò, con riferimento agli uccelli, ai mammiferi e all'uomo, le 'vertebre' dalle quali si sarebbe formato il cranio (secondo la teoria di Goethe e Oken). Inoltre distinse gli animali organizzati superiori da quelli inferiori, concludendo che gli stadi inferiori della serie animale erano caratterizzati da una semplice riproduzione delle parti 'originarie' (Ur-Teilen), mentre gli animali superiori erano contraddistinti da una differenziazione più accentuata della struttura corporea.
L'ampio programma relativo a una storia morfologico-comparativa dello sviluppo degli animali fu realizzato da Karl Ernst von Baer (1792-1876), a partire dal 1817, grazie al perfezionamento della tecnica microscopica. Già nel 1821 Baer espresse alcune critiche sulla questione del metodo in zoologia e, pur riconoscendo, come i suoi colleghi, le 'somiglianze' tra gli stadi embrionali e le forme animali inferiori, le interpretò non come ripetizioni pienamente sviluppate, ma semplicemente quali stadi preparatori più primitivi della successiva e più complessa figura corporea. La sua tesi di fondo era che lo sviluppo embrionale procedesse dal generale omogeneo al particolare eterogeneo: dapprima si costituivano i tratti generali del tipo (per es., il vertebrato), poi il particolare di una classe (per es., l'uccello), infine lo specifico di una specie. Poiché un embrione non passa mai attraverso uno stadio di un altro animale adulto, è possibile effettuare un confronto soltanto tra embrioni, e non fra embrioni e organismi adulti (nel 1931 Aleksej Nikolaeviã Severcov parlerà a questo proposito di 'legge di Baer'). Nella sua opera classica, Über Entwicklungsgeschichte der Thiere (Sulla storia dello sviluppo degli animali, 1828), Baer descrisse i fenomeni fondamentali e universalmente validi della storia evolutiva degli animali sulla base del metodo morfologico-comparativo, e ne dedusse il concetto di 'tipo', da lui definito come "rapporto di posizione delle parti"; e su questa base distinse quattro tipi, similmente a Cuvier. Partendo dalle osservazioni morfologiche giunse alla conclusione che lo schema dello sviluppo non è altro che il tipo in divenire; il tipo è quindi il risultato dello schema di formazione e pertanto può essere compreso unicamente a partire dal modo in cui si forma.
Rispetto alla definizione goethiana di tipo, quella di Baer risulta più concreta. In questo contesto, Baer appare sostenitore del trasformismo, asserendo che il tipo speciale si produce dal tipo generale, e così accade anche nella storia della Terra, dove probabilmente è esistita una forma primigenia comune; egli si oppose, tuttavia, alla trasformazione secondo un'unica successione lineare come voleva il modello della scala Naturae. Credeva piuttosto a uno sviluppo interno a ciascuna delle quattro forme principali e mantenne questa sua convinzione anche dopo la diffusione della teoria evoluzionistica di Darwin, che accettò nella misura in cui la riteneva confermata dalle proprie esperienze. Baer eseguì al microscopio precise osservazioni morfologiche dello sviluppo della cellula embrionale nei primi giorni di incubazione dell'uovo; ciò gli permise di riconoscere la progressiva differenziazione degli organi da semplici strati di tessuto simili a foglie, che per questo motivo chiamò, come nelle piante, Keimblatter (cotiledoni). Oltre alle accurate osservazioni microscopiche delle fasi di sviluppo del pulcino, egli trasse anche conclusioni sullo sviluppo comparato degli organi di rettili (tartarughe), mammiferi, rane e pesci, che furono successivamente esposte in dettaglio nel secondo volume della über Entwicklungsgeschichte der Thiere pubblicato nel 1837 senza il capitolo conclusivo sull'embriologia umana, che apparve postumo solamente cinquantuno anni dopo, nel 1888. Questo volume è dedicato a discussioni teoriche fondamentali, come le generalizzazioni sullo sviluppo dei cotiledoni in organi specifici e, nonostante il suo stile frammentario, costituì la base per tutte le successive esposizioni sul carattere delle modificazioni morfologiche nell'embriogenesi e sullo sviluppo degli invertebrati. Le conclusioni finali di Baer sulla genesi dell'organizzazione a partire da 'organi fondamentali primordiali' e sulla graduale differenziazione di più cotiledoni costituirono per molti anni la materia delle ricerche embriologiche e dei sistemi animali naturali da cui erano desunti.
Ai principî metodologici di Baer si rifece l'anatomista e fisiologo Johannes Peter Müller (1801-1858) quando nel 1828, all'inizio del suo insegnamento, si espresse sulla differenza tra osservazione ed esperimento nella ricerca relativa alla Natura vivente. Nel lavoro zoologico cui si dedicò, Müller perfezionò i metodi morfologico-comparativi su organismi recenti e fossili, che trasmise poi a numerosi allievi, applicandoli con maestria, come Cuvier, nella ricostruzione delle forme animali. Le sue ricerche storico-evolutive relative agli invertebrati marini costituiscono un esempio della validità della morfologia così come l'aveva concepita Goethe. Müller individuò gli stadi evolutivi degli echinodermi nel plancton marino e riuscì a ricostruire concettualmente la metamorfosi delle stelle e dei ricci di mare dalle larve eterogenee alle forme adulte, nonché la loro classificazione, utilizzando a questo scopo anche la descrizione dei gigli di mare fossili (Crinoidea). Sul suo modello metodologico, che si ispirava ad Aristotele, si basarono le ricerche succesive di alcuni suoi allievi, Theodor Schwann, Schleiden, Robert Remak, Karl Bogislaus Reichert ed Ernst Heinrich Haeckel, che si occuparono esplicitamente dei problemi concernenti la morfologia e lo sviluppo delle forme nell'embriogenesi, anche se interpretarono in maniera molto differente i loro risultati.
La diversità di interpretazione e 'riflessione' delle osservazioni morfologiche si manifestò non soltanto nello studio della storia evolutiva degli animali recenti, ma anche nell'analisi degli animali fossili e nella loro classificazione sistematica. Diversamente che in botanica, la conoscenza della successione delle forme animali negli strati geologici condusse ‒ non senza difficoltà ‒ al riconoscimento di un cambiamento delle specie nel senso di una trasmutazione genealogica delle forme, e quindi all'accettazione di uno sviluppo storico-reale. Sarà sufficiente ricordare lo zoologo Heinrich Georg Bronn (1800-1862), che, grazie a studi empirici di tipo morfologico-comparativo sugli animali fossili, riconobbe il cambiamento delle forme negli strati geologici e descrisse la successione da forme di organizzazione inferiori a forme più elevate in modo differenziato, pur non accettando una vera e propria discendenza genealogica. Bronn cercò di cogliere i gradi di somiglianza e la molteplicità delle forme naturali tramite 'forme fondamentali' ideali sviluppate secondo determinate leggi. Egli illustrò le sue idee sullo sviluppo delle forme già nel 1841, quando descrisse 'forme fondamentali' specifiche rispettivamente per generi di piante e animali. La sua interpretazione dello sviluppo delle forme animali dalle più imperfette alle più perfette è contenuta nella Allgemeine Einleitung in die Naturgeschichte (Introduzione generale alla storia naturale, 1853), mentre nei Morphologische Studien über die Gestaltungsgesetze der Naturkörper (Studi di morfologia sulle leggi relative alla formazione dei corpi naturali, 1858) Bronn tracciò una sintesi delle conoscenze fino ad allora disponibili, includendo la documentazione paleontologica, e definì le leggi morfologiche generali di uno sviluppo progressivo in base al quale gli organismi superiori avrebbero avuto origine 'dopo' quelli imperfetti, ma non genealogicamente 'da' quelli. A partire da una forma base ovale delle piante, Bronn ne seguì la trasformazione in calice, corolla, filamenti e pistillo sulla scia della teoria della metamorfosi di Goethe. Per gli animali individuò tre diverse forme fondamentali, dalle quali derivò cinque 'tipi fondamentali' che pose alla base del suo sistema del mondo animale. Riconobbe le 'cause formative', che avrebbero presieduto al perfezionamento degli organismi e alla successione delle specie, in primo luogo in una forza produttiva autonoma propria degli organismi stessi, in secondo luogo nei cambiamenti delle condizioni esterne dell'esistenza. Al pari di Braun, Bronn credeva in una capacità di configurazione inerente all'intera Natura, che avrebbe prodotto lo sviluppo superiore così come è documentato dai reperti fossili. La somiglianza tra le forme di animali fossili e quelle di animali recenti non si spiegava con una presunta 'consanguineità'; alla base della sua teoria c'era l'idea ‒ in contrasto con le convinzioni del naturalista Jean-Louis-Rodolphe Agassiz ‒ di uno sviluppo permanente e in continuo perfezionamento, su cui intervengono, modificandolo, le condizioni dell'esistenza. Egli concepiva come scienza storica non soltanto la paleontologia ma anche la morfologia, dal momento che le forme che entrambe esaminavano erano scaturite come eventi unici.
L'imponente lavoro cui Bronn dedicò la propria esistenza determinò in un certo senso il passaggio da una morfologia tipologico-comparata a una morfologia causale, basata su diverse concezioni epistemologiche, che riguardavano non soltanto i rapporti tra zoologia e botanica ma erano anche interne alla stessa zoologia, e che culminarono in numerosi dibattiti sulla posizione della morfologia animale nel sistema delle scienze. Dal 1840 le discipline causali passarono in primo piano anche nelle scienze biologiche e la metodologia chimico-fisica conquistò il primato.
Un nuovo orientamento per lo studio e l'interpretazione dei processi di costituzione delle forme si ebbe con lo sviluppo di nuovi metodi di ricerca microscopica (tecnica di fissaggio e tecnica dei colori) e con i progressi della chimica e della fisica; tali metodi e le teorie loro connesse divennero il modello delle scienze biologiche e, a partire dal 1840, fornirono alla fisiologia nuovi paradigmi che entrarono in contrasto con la morfologia animale. Un impulso alla riforma della morfologia venne poi dall'applicazione delle teorie di Darwin in tutti i settori della storia naturale. Le nuove domande non vertevano più sulla comparazione morfologica delle forme in divenire, dalle quali si deducevano le loro funzioni e i loro processi vitali, ma sulle cause del processo stesso del divenire, sulle cause, cioè, che portavano un organismo dalla cellula uovo fino all'animale adulto. Prima che questa impostazione conducesse all'applicazione dei metodi sperimentali, ci fu una fase di passaggio in cui la ricerca delle cause ‒ in particolare nell'embriologia e nella storia evolutiva ‒ fu praticata essenzialmente al microscopio e le conoscenze furono ottenute soltanto mediante metodi osservativi. La loro interpretazione lasciava ampio spazio anche all'applicazione di teorie fisiche al fine di chiarire le cause. Da ciò derivò il successo della teoria cellulare di Schleiden-Schwann e dei successivi citologi che credettero di trovare la chiave della costituzione delle forme nello studio dei processi di formazione delle cellule.
Questo periodo di transizione fu caratterizzato da una serie di polemiche sui compiti e sui limiti della morfologia animale. Bersaglio delle critiche del fisiologo Carl Ludwig fu soprattutto il manuale ‒ pubblicato nel 1848 ‒ di Rudolf Leuckart (1822-1898), che nel 1849 sferrò un attacco radicale contro l'importanza attribuita alla morfologia tradizionale, cui replicarono Carl Georg Bergmann e lo stesso Leuckart con una vasta opera scritta a quattro mani, la Anatomisch-physiologische Uebersicht des Thierreichs (Anatomia e fisiologia del regno animale, 1852), nella quale avviarono un'analisi fisiologica della struttura corporea degli animali e uno studio dello sviluppo delle loro forme. Secondo l'opinione dei due studiosi, se si fosse riusciti a cogliere le cause agenti sulla disposizione degli organi, che sono alla base dello sviluppo delle forme animali, allora anche la morfologia sarebbe divenuta una parte della fisiologia, poiché forma e funzione sono soltanto due aspetti della manifestazione esterna della vita di un unico organismo che rappresenta una unità. Si sarebbe dovuto tendere pertanto alla conquista di una "fisiologia della materia plastica".
Oskar Schmidt (1823-1886) scrisse un manuale di zoologia (Handbuch der vergleichenden Anatomie, Manuale di anatomia comparata, 1855) sulla falsariga della morfologia tipologica di Goethe, in cui riassunse la controversa discussione sulla posizione da assegnare alla zoologia morfologica e propose una retrospettiva del suo sviluppo nella prima metà del secolo, esaltandone i meriti nello studio della molteplicità delle forme animali. Dopo la metà del XIX sec. ci furono diversi tentativi di dare alla morfologia un nuovo valore esplicativo come scienza delle cause. Nel dibattito sul concetto di 'morfologia causale' entrarono, con opinioni diverse, Wilhelm His (1831-1904) e Alexander Goette (1840-1904) da una parte, Carl Gegenbaur (1826-1903) e Haeckel dall'altra.
Per spiegare in chiave causale il processo di costituzione delle forme, nel 1874 l'anatomista His cercò di individuare una 'legge della crescita', partendo dall'idea che movimenti puramente meccanici (corrugamenti) degli strati cellulari sul disco germinale determinano la 'meccanica' dell'embriogenesi e devono poter essere analizzati matematicamente. Anche lo zoologo Goette ricercò una spiegazione causale meccanica e lo fece attraverso una 'legge della forma' applicata alla divisione cellulare (1875). Contro questo tipo di morfologia causale polemizzò Haeckel (1875) che, insieme a Gegenbaur, ne propose un'ulteriore variante. A suo giudizio, la teoria delle forme aveva ottenuto una spiegazione meccanicistica grazie alla stessa teoria evoluzionistica di Darwin e la morfologia comparata aveva ora una nuova importanza, che lo zoologo e anatomista Gegenbaur non tardò a riconoscere e applicare all'intero regno animale dopo aver condotto studi sullo sviluppo degli invertebrati.
Il manuale Grundzüge der vergleichenden Morphologie (Fondamenti di morfologia comparata, 1859) rispecchia, nella seconda edizione del 1870, il passaggio di Gegenbaur dalla morfologia tipologica a quella evoluzionistica, alla quale diede, insieme a Haeckel, lo statuto di disciplina accademica. Haeckel considerò la morfologia come il metodo più fecondo per spiegare in chiave causale le questioni della discendenza. Nella sua prima grande opera, la Generelle Morphologie der Organismen (Morfologia generale degli organismi, 1866), egli gettò le basi di un modello metodologico per riformare la morfologia comparata, come Schleiden, nel 1842, aveva fatto per quella botanica. L'impostazione del suo nuovo metodo rinvia sin dall'inizio alla storia evolutiva degli animali, e definisce come 'legge morfologica naturale' la teoria della ricapitolazione, già nota alla zoologia predarwiniana, in una nuova e pregnante formula: "L'ontogenesi è la breve e rapida ricapitolazione della filogenesi" (Haeckel 1866, p. 4).
Haeckel progettò con tale opera una "riforma radicale della morfologia", intendendo rinnovare la teoria della forma con un approccio di tipo meccanico-causale sulla base della teoria evoluzionistica. Allo stesso tempo egli sviluppò in due volumi un programma di ricerca per l'intera biologia, raccogliendo sotto il concetto generico di 'morfologia' sia l'anatomia sia la morfogenesi (ontogenesi e filogenesi). Formulò inoltre una "teoria delle forme fondamentali" nel tentativo di ricondurre le molteplici forme animali e vegetali a semplici forme geometriche fondamentali e di trovare delle leggi. Nel secondo volume illustrò, fra l'altro, il collegamento fra embriogenesi e sviluppo della discendenza, che solo nel 1872 indicherà come 'legge biogenetica fondamentale'. Su questo tema si accesero vivaci discussioni protrattesi per decenni, non soltanto con His e Goette, ma anche con i suoi stessi allievi come Wilhelm August Oscar Hertwig o Felix Anton Dohrn, Hans Adolf Eduard Driesch o Wilhelm Roux, le cui ricerche sullo sviluppo ontogenetico hanno fornito contributi decisivi alla spiegazione della morfogenesi.
Gli otto alberi genealogici, per la prima volta rappresentati graficamente da Haeckel, sempre nel secondo volume, con le ipotetiche forme originarie (monere), rendono evidente il nuovo paradigma: mentre fino ad allora il tipo primigenio (Urtypus) sulla scia di Goethe rappresentava qualcosa di compiuto, un tutto completo ideale, qui la Urform è, come progenitore immaginario, un qualcosa di incompiuto, una forma inferiore di esistenza, sia nella storia della discendenza sia in quella individuale. Haeckel considerò l'abbozzo degli alberi genealogici organici il compito più importante e più interessante per la morfologia del futuro, che nella sua dedica a Gegenbaur chiamò 'morfologia meccanica'. La concezione che Haeckel aveva della morfologia causale non corrispondeva pienamente alle idee di Gegenbaur, da questi espresse in un articolo programmatico, Stellung und Bedeutung der Morphologie (Posizione e significato della morfologia, 1876). Con questo scritto Gegenbaur inaugurò una rivista dedicata al nuovo orientamento della morfologia, il "Morphologische Jahrbuch", che ne definiva la posizione come disciplina scientifica nell'ambito delle scienze medico-biologiche. In quanto "scienza della connessione delle forme organiche", Gegenbaur le assegnava una posizione sovraordinata nel sistema delle scienze della vita; infatti, né la semplice descrizione né la comparazione indiscriminata potevano portare alla comprensione delle molteplici manifestazioni delle forme. L'osservazione comparata aveva senso soltanto laddove sussisteva realmente un 'legame causale', e il punto cruciale a questo riguardo era la comprensione evoluzionistica degli organismi, studiati sotto il profilo anatomico e storico-evolutivo. L'anatomia comparata e l'ontogenesi si univano allo scopo di spiegare il soggetto in divenire e riconoscere il legame delle organizzazioni come risultato di un'eredità comune. Nelle serie delle manifestazioni dell'organizzazione 'in divenire' e 'divenuta', la morfologia scopriva l'"azione di processi regolari" e anche Gegenbaur considerava la legge biogenetica fondamentale il principale anello di congiunzione tra anatomia ed embriologia, che nella morfologia costituivano un "tutto unitario". A tutto ciò si contrappose la fisiologia. Il "Morphologische Jahrbuch" divenne, tuttavia, l'organo in cui furono pubblicati anche i lavori successivi di fisiologia evolutiva. La morfologia causale rappresentò il ponte nel passaggio dall'osservazione comparata all'analisi sperimentale della formazione delle costituzione nella biologia moderna.
La morfologia attraversò dunque nel XIX sec. essenzialmente tre tappe, dalla sua fondazione come metodo fino alla sua costituzione come disciplina scientifica: (1) 'morfologia comparata' incentrata sul concetto di 'tipo', sulla scia di Goethe; (2) 'morfologia meccanico-causale' orientata ai processi, che sfociò nella fisiologia evolutiva, nella genetica e nella biologia molecolare; (3) 'morfologia evoluzionistica' influenzata dal darwinismo, che culminò in quella della moderna tassonomia. A ciò si aggiunga che la morfologia è entrata in contatto con le discipline più diverse, ha svolto un ruolo nei progressi della tassonomia, dell'anatomia, della storia evolutiva, ed è stata importante, quale fonte di ispirazione, anche per scienze della cultura come, per esempio, la linguistica, le arti figurative e la letteratura.
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