L'Ottocento: chimica. La classificazione degli elementi
La classificazione degli elementi
Nel febbraio del 1869 Dmitrij Ivanovič Mendeleev abbozzò la prima versione della sua celebre tavola periodica, che ordinava gli elementi chimici secondo i loro rispettivi pesi atomici, e ne inviò copia a numerosi colleghi; impiegò poi molti anni per perfezionare il suo sistema sulla base delle ricerche sulle proprietà degli elementi condotte da lui stesso e da molti altri scienziati. Nel 1871, infatti, egli aveva già identificato numerosi rapporti periodici tra gli elementi e cominciò a riferirsi al proprio sistema di classificazione con il nome di 'legge periodica'. Mendeleev continuò a sviluppare e a difendere la sua scoperta fino alla fine della propria vita, ma, salvo qualche lieve aggiustamento, le caratteristiche essenziali di questa rimasero quelle definite nei primi anni, nonostante le molteplici sfide che essa dovette affrontare nel corso del tempo.
La scoperta del sistema periodico costituì uno degli eventi più significativi nella storia della chimica dell'Ottocento, poiché consentì di mettere ordine nella lista degli elementi chimici, in continua e rapida espansione, individuando uno schema regolare nella successione delle proprietà chimiche degli elementi stessi e disponendo questi ultimi in una tavola facilmente leggibile e comprensibile. L'utilità di quest'ultima come strumento pedagogico rispecchia il fatto che essa fu concepita dal suo autore proprio mentre era impegnato nella redazione di un manuale di chimica. Inoltre, il sistema periodico permetteva di ipotizzare l'esistenza di nuovi elementi e le loro proprietà e furono proprio una serie di sorprendenti previsioni ad attrarre l'attenzione del mondo scientifico su tale sistema.
Mendeleev non fu il primo a tentare una classificazione degli elementi, essendo stato preceduto su questa strada da numerosi scienziati, ma fu il primo che riuscì a sviluppare un sistema che tenesse conto delle proprietà di tutti gli elementi chimici già noti e, allo stesso tempo, consentisse un facile inserimento di nuovi eventualmente scoperti. Il concetto secondo cui gli elementi sono sostanze semplici che compongono tutte le altre fu coniato per la prima volta dai filosofi dell'antica Grecia, che ne identificarono quattro: la terra, il fuoco, l'acqua e l'aria. A questi, nel corso del Medioevo, si aggiunsero altre sostanze elementari, quali lo zolfo, il fosforo e il mercurio. Alla fine del Settecento, Antoine-Laurent Lavoisier formulò la definizione di elemento chimico come sostanza non ulteriormente decomponibile in parti più semplici e stilò un elenco di 33 sostanze semplici, che includeva, oltre al calore e alla luce, molti ossidi e alcali metallici, che attualmente non sono più considerati elementi.
La definizione di elemento come 'sostanza semplice' ebbe notevoli ripercussioni sugli studi riguardanti il problema dell'elaborazione di un sistema di classificazione del tutto soddisfacente. Secondo alcuni storici quella definizione rappresentò un ostacolo per i successivi sviluppi della teoria chimica dato che, essendo basata sul criterio negativo della non decomponibilità, essa presupponeva che le proprietà reali degli elementi rimanessero ancora da scoprire; di qui la ricerca di elementi sempre più semplici e il diffondersi di speculazioni riguardanti un'ipotetica 'materia primordiale'. Così, tra il 1815 e il 1816, William Prout, notando che i pesi atomici degli elementi si approssimavano molto a numeri interi, formulò l'ipotesi che l'idrogeno fosse la base di tutta la materia e che, in realtà, ogni elemento chimico distinto fosse costituito dall'unione di un numero diverso di atomi di idrogeno. L''ipotesi di Prout' esercitò un notevole fascino su un gran numero di scienziati, malgrado la scoperta che i pesi atomici di numerosi elementi fossero rappresentati da numeri frazionari. Per superare questa anomalia, diversi studiosi avanzarono l'ipotesi che la materia primordiale dovesse corrispondere a un valore di un mezzo o di un quarto del peso unitario dell'idrogeno.
La maggior parte di coloro che, prima di Mendeleev, tentarono una classificazione razionale degli elementi furono fortemente influenzati dall'ipotesi di Prout e basarono i propri schemi di classificazione sui rapporti numerici tra i valori del peso atomico, come nel caso del lavoro di Johann Wolfgang Döbereiner (1780-1849), che rappresenta uno dei primi esempi di questo tipo di calcolo. Le sue ricerche, iniziate nel 1817, lo portarono a stabilire la possibilità di ordinare molti elementi in gruppi di tre, detti 'triadi', come quelle formate da litio, sodio e potassio; zolfo, selenio e tellurio, e così via. Döbereiner stabilì che se si disponevano gli elementi di una triade in ordine di peso atomico crescente, allora il peso atomico dell'elemento centrale corrispondeva alla media dei pesi atomici del primo e del terzo elemento. Inoltre, le proprietà dell'elemento centrale di una triade erano equidistanti rispetto a quelle degli altri due.
Il lavoro di Döbereiner spinse molti altri scienziati ad approfondire la ricerca delle correlazioni tra le proprietà chimiche degli elementi e i loro pesi atomici. Tra i continuatori della sua opera si può annoverare Peter Kremers (1827-1870 ca.), che studiò i rapporti numerici tra elementi molto diversi e pubblicò nel 1856 un lungo elenco di triadi. L'opera di Kremers metteva a confronto non soltanto gli elementi appartenenti alla stessa triade, ma anche quelli dissimili, e lo stesso Mendeleev vi fa riferimento nel suo primo articolo sulla tavola periodica. Un altro scienziato che esercitò un influsso significativo su Mendeleev fu Ernst Lenssen (1837-1870 ca.), che studiò i rapporti numerici tra gli elementi, raggruppandoli anch'egli in triadi.
Altri celebri scienziati, come, per esempio, Jean-Baptiste-André Dumas (1800-1884), respinsero, tuttavia, l'ipotesi delle triadi. Dumas aveva svolto ricerche sulle serie omologhe della chimica organica e nel 1857 ne estese i risultati alla totalità degli elementi, attraverso la formulazione di una serie di equazioni in grado di spiegare l'incremento dei pesi atomici nei diversi gruppi di elementi. Egli era particolarmente attratto dall'idea dell'esistenza di una materia primordiale e formulò diverse speculazioni basate sull'ipotesi di Prout.
Tuttavia nessuna di queste ricerche, che tentavano di stabilire relazioni ben definite tra i diversi gruppi di elementi in base all'incremento regolare dei valori di peso atomico, portò all'identificazione di un principio soggiacente che potesse essere utilizzato per classificare gli elementi. Tuttavia, la confusione riguardo al significato e all'impiego dei pesi atomici nei confronti dei pesi equivalenti, unita alle imprecisioni nella determinazione di molti pesi atomici, frustrò ogni tentativo di giungere a una classificazione naturale degli elementi. Tale insuccesso fu determinato principalmente dal fatto che, come si sa adesso, il peso atomico non costituisce in sé la proprietà fondamentale degli elementi e non varia a intervalli regolari.
Il congresso internazionale di chimica, tenutosi a Karlsruhe nel 1860, segnò un punto di svolta nella ricerca di un sistema di classificazione. Fino ad allora aveva regnato molta confusione riguardo i pesi atomici e anche intorno all'uso di diversi termini chimici, come quelli di 'atomo' o di 'molecola'. In questa occasione fu Stanislao Cannizzaro (1826-1910) a sostenere con vigore l'adozione di un sistema in cui l'acqua avesse la formula H2O al posto del sistema a volume unitario dove la formula era HO. Applicando il principio di Avogadro, secondo cui nelle stesse condizioni di temperatura e pressione volumi uguali di gas contengono lo stesso numero di molecole, Cannizzaro dimostrò che il peso atomico dell'ossigeno doveva essere il doppio del suo peso equivalente, cioè sedici volte il peso atomico dell'idrogeno. Egli, inoltre, fece circolare tra i congressisti un opuscolo del suo Sunto di un corso di filosofia chimica (1858), contenente un elenco dei pesi atomici redatto in base alle sue teorie, che ebbe un notevole impatto su molti chimici dell'epoca, incluso Mendeleev. Infatti la determinazione di una serie coerente di pesi atomici permise agli scienziati di sviluppare nuovi sistemi di classificazione degli elementi, superando le teorie numerologiche che avevano caratterizzato i tentativi precedenti.
Il primo sistema periodico degli elementi elaborato dopo il Congresso di Karlsruhe fu quello pubblicato nel 1862 da un geologo francese, Émile Beguyer de Chancourtois (1820-1886). In questo schema, denominato dal suo autore vis tellurica a causa della posizione centrale occupata dal tellurio, tutti gli elementi allora noti erano ordinati secondo i loro pesi atomici in una lunga spirale tracciata sulla superficie di un cilindro. Le relazioni periodiche tra gli elementi erano indicate da linee verticali che univano i diversi punti della spirale, separati tra loro da una differenza di sedici unità, corrispondente al nuovo peso atomico dell'ossigeno. Il sistema non suscitò, tuttavia, un particolare interesse nel mondo scientifico, sia per la sua complessità sia per l'assenza di diagrammi nell'articolo originale, che lo rendeva indecifrabile per la maggior parte dei lettori. Le relazioni tra gli elementi, inoltre, non erano descritte in modo sufficientemente chiaro e nello schema erano inseriti, oltre agli elementi, anche numerosi composti e leghe.
In seguito il chimico inglese John A.R. Newlands (1837-1898) elaborò un sistema di classificazione basato su quella che chiamò la 'legge delle ottave', poiché disponendo gli elementi in ordine di peso atomico crescente si osservava una ripetizione delle proprietà chimiche ogni otto elementi, paragonabili alle note di un'ottava musicale. In una delle prime versioni del suo sistema, pubblicata nel 1864, Newlands aveva lasciato alcuni spazi vuoti in previsione della scoperta di nuovi elementi, ma decise di eliminarli nella versione definitiva, realizzata nel 1866. Il sistema di Newlands fu accolto con molto sarcasmo dai suoi colleghi, uno dei quali gli domandò se non avesse pensato anche di disporre gli elementi in ordine alfabetico, dal momento che qualunque tipo di disposizione avrebbe permesso di rilevare coincidenze occasionali. I critici, inoltre, osservarono che la scelta di non lasciare spazi vuoti nella tavola implicava la necessità di una sua completa risistemazione, con l'inserimento di una o più serie, nell'eventualità della scoperta di nuovi elementi; in alcuni casi, per di più, due elementi risultavano essere stati collocati nella stessa casella. Newlands non fu in grado di fornire una risposta soddisfacente a questi rilievi e il suo lavoro venne dimenticato fino agli anni Ottanta, quando egli tornò a rivendicare la giustezza delle proprie intuizioni.
Negli anni Sessanta dell'Ottocento molti altri chimici si cimentarono prima di Mendeleev nella costruzione di un sistema periodico, in particolare William Odling, Gustavus Hinrichs e Julius Lothar Meyer. Questi tre scienziati, tuttavia, non possono essere considerati i veri scopritori del sistema periodico, alla pari di Beguyer de Chancourtois, di Newlands e di Mendeleev stesso, il cui sistema non costituisce una versione più evoluta di quelli dei suoi predecessori ‒ come sostengono alcuni storici ‒ dato che dai loro schemi non si poteva sviluppare un sistema periodico pienamente soddisfacente come quello di Mendeleev. Questi schemi, infatti, non suscitarono un particolare interesse nel mondo scientifico e neppure gli stessi che li avevano elaborati giunsero mai a considerarli una scoperta rivoluzionaria. Al contrario, Mendeleev riconobbe subito l'importanza del suo sistema e si pose diligentemente all'opera per dotarlo di una solida base scientifica. Egli, inoltre, compì grandi sforzi per pubblicizzarlo e per convincere gli scettici della sua validità, servendosi soprattutto della stupefacente capacità del sistema di predire l'esistenza di nuovi elementi. Queste caratteristiche contribuiscono a porre l'opera di Mendeleev a un livello superiore rispetto a quella dei suoi predecessori.
Dmitrij Ivanovič Mendeleev (1834-1907) nacque nella cittadina siberiana di Tobol´sk, ultimo dei quattordici figli di Ivan Pavlovič, ispettore della locale scuola secondaria. Nonostante al ginnasio egli fosse uno studente piuttosto mediocre fu accettato all'Istituto pedagogico centrale di San Pietroburgo, probabilmente grazie all'influenza del padre, che aveva compiuto lì i suoi studi. Anche se i primi anni furono difficili, egli riuscì a migliorare il proprio rendimento e si laureò nel 1855 con la medaglia d'oro, il massimo giudizio di merito. Come studente, Mendeleev si distinse soprattutto nelle materie scientifiche, pubblicando diversi articoli di geologia, tra i quali due (1854, 1855) riguardanti l'analisi chimica di vari minerali provenienti dalla Finlandia. Nella sua tesi di laurea, Izomorfizm v svjazi s drugimi otnošenijami formy k sostavu kristallov (L'isomorfismo in rapporto alle altre relazioni tra la forma e la composizione dei cristalli, 1855), organizzò e analizzò una quantità impressionante di dati. Diversi anni dopo, ricordando quel periodo della sua vita, Mendeleev affermò che "fu soprattutto la compilazione di questa tesi a risvegliare in me l'interesse per le relazioni chimiche" (Mendeleev 1951, p. 14), considerandola un importante presupposto per la scoperta della legge periodica.
In seguito Mendeleev lavorò come insegnante in un istituto secondario della Russia meridionale, ma fece ben presto ritorno a San Pietroburgo per completarvi la propria educazione. Nel 1856 ottenne un diploma di magistr all'Università di San Pietroburgo con una dissertazione intitolata Udel´nye ob'emy (I volumi specifici), nella quale sviluppava un argomento già brevemente discusso nella tesi di laurea. Questa dissertazione, non sperimentale ma basata esclusivamente sulla letteratura scientifica corrente, è particolarmente interessante perché in essa Mendeleev si serve di un sistema di pesi atomici diverso da quello adottato fino ad allora. Infatti, mentre nella tesi di laurea impiegava ancora i pesi atomici ricavati dalle tavole di Jöns Jacob Berzelius (1779-1848), nei pochi mesi che separavano questo lavoro dalla dissertazione di magistr egli passò a utilizzare i pesi atomici proposti da Charles Frédéric Gerhardt (1816-1856). In entrambi gli scritti, tuttavia, non si fa ancora nessuna distinzione tra pesi atomici e pesi equivalenti.
Nel 1859 ottenne una borsa di studio per l'estero e si recò a Heidelberg, nella cui università lavorava un eccellente gruppo di chimici, che includeva Robert Bunsen, Richard August Erlenmeyer e Friedrich August Kekulé. Mendeleev, tuttavia, non lavorò a stretto contatto con nessuno di loro, preferendo installare un laboratorio nel proprio appartamento, dove condusse una serie di esperimenti sulla capillarità. Nel 1860 partecipò, come uditore, al Congresso di Karlsruhe e lo descrisse dettagliatamente in una lettera che inviò al suo ex insegnante, Aleksandr Abramovič Voskresenskij, poi pubblicata da un quotidiano di San Pietroburgo. In questa Mendeleev affermava di essere rimasto molto impressionato dalla proposta di Cannizzaro di basare i pesi atomici sulle densità gassose delle sostanze, secondo l'ipotesi di Avogadro, invece che sui loro pesi di combinazione. Più tardi avrebbe definito questo congresso l'inizio del cammino che lo avrebbe portato alla scoperta della legge periodica. Doveva trascorrere molto tempo, tuttavia, prima che decidesse di adottare nei suoi lavori, in maniera coerente, i pesi atomici proposti da Cannizzaro.
Rientrato in Russia nel 1861 si guadagnò da vivere traducendo e revisionando voci di enciclopedia e con l'insegnamento. Inoltre, incoraggiato e sostenuto da Carl Julius Fritzsche e Nikolaj Nikolaevič Zinin, i due chimici membri dell'Academia Scientiarum Imperialis Petropolitana, scrisse in breve tempo un nuovo manuale di chimica, Organičeskaja chimija (Chimica organica), che fu pubblicato nel giro di pochi mesi e ottenne il premio Demidov, assegnato dalla suddetta accademia.
Si trattava del primo manuale di chimica organica originale pubblicato in Russia, basato sulle lezioni tenute dallo stesso Mendeleev all'Università di San Pietroburgo. Il libro è organizzato intorno alla 'teoria dei limiti', secondo la quale nelle combinazioni con il carbonio le percentuali dell'idrogeno, dell'ossigeno, dell'azoto e di altri elementi non possono superare certe quantità. Già in precedenza Mendeleev aveva pubblicato un articolo su questa teoria, Opyt teorii predela organičeskich soedinenii (Abbozzo di una teoria dei limiti dei composti organici, 1861), in cui sviluppava un'idea formulata per la prima volta da Edward Frankland (1825-1899), la quale però era in conflitto con l'approccio strutturale sostenuto all'epoca da Kekulé e dal suo collega, il chimico russo Aleksandr Michajlovič Butlerov (1828-1886).
Benché il suo manuale di chimica organica fosse stato rapidamente soppiantato da altri testi basati sulla teoria strutturale, Mendeleev continuò a far riferimento a quest'opera fino al 1870 e oltre, probabilmente perché in essa si era servito per la prima volta di un'ampia cornice teorica per organizzare l'esposizione di una molteplicità di informazioni; lo stesso metodo verrà usato nella stesura di un altro manuale, questa volta di chimica generale, gli Osnovy chimii (Principî di chimica, 1868-1871). L'elaborazione del manuale di chimica organica, quindi, precorreva già il metodo che Mendeleev avrebbe adottato negli Osnovy chimii, che diventerà la sua opera più nota, contribuendo così allo sviluppo della legge periodica. Come osservò più tardi il suo autore, in quel manuale di chimica organica venivano affrontate tre delle quattro proprietà principali degli elementi, di cui in seguito egli si sarebbe servito per classificarli all'interno del suo sistema: la composizione dei sali formati dai diversi elementi, il volume specifico e il peso atomico. Il manuale di chimica organica contiene un elenco di pesi atomici dal quale si desume che Mendeleev non era ancora arrivato a operare una distinzione netta tra pesi atomici e pesi equivalenti, dato che si serve dei primi per alcuni elementi e dei secondi per altri: nonostante l'entusiasmo manifestato per l'intervento di Cannizzaro a Karlsruhe, insomma, Mendeleev continuò ad attenersi ai valori proposti da Gerhardt.
Egli era convinto che la teoria dei limiti potesse essere applicata non solo ai composti organici ma anche a quelli inorganici e inoltre, come sostenne in seguito, nel suo libro di chimica organica "veniva espresso l'importantissimo principio della dipendenza delle proprietà fisiche delle sostanze (forza di coesione, peso specifico, capacità termica, coefficiente di compressione, forma cristallina, fluidità e altre proprietà) dal peso delle particelle e dalla loro composizione" (Mendeleev 1958, pp. 740-741).
La crescente notorietà ottenuta in campo scientifico gli procurò nel 1864 l'incarico di professore di chimica tecnologica all'Istituto tecnologico di San Pietroburgo, la qual cosa non gli impedì di continuare a dedicare parte del suo tempo anche ad attività diverse dall'insegnamento accademico, e in particolare a quelle riguardanti lo sviluppo industriale ed economico della Russia. Nel 1863 si recò a Baku, sul Mar Caspio, per studiare i metodi per incrementare la produzione di petrolio e da questo momento in poi continuò a interessarsi in maniera diretta ai problemi dell'industria petrolifera. Nel 1865 acquistò una piccola fattoria, nella quale condusse molti esperimenti sui fertilizzanti, sull'analisi del suolo, sull'uso di diversi tipi di sementi e altri aspetti della produzione agricola. In quello stesso anno si iscrisse alla Società per la Libertà Economica, che utilizzò come luogo per tenere una serie di conferenze su diversi argomenti di interesse agricolo e industriale e come veicolo per raccogliere i finanziamenti necessari ai suoi progetti di ricerca. Nel complesso, durante la seconda metà degli anni Sessanta dell'Ottocento, Mendeleev dedicò probabilmente più tempo ai suoi interessi tecnologici che a quella che oggi chiameremmo 'chimica pura'.
Nel febbraio del 1865 ottenne il dottorato in chimica dall'Università di San Pietroburgo, con una tesi intitolata O soedinenii spirita s vodoj (Sui composti dell'alcol con l'acqua), in cui sosteneva l'ipotesi che queste soluzioni fossero veri e propri composti chimici e che la dissoluzione di un composto nell'altro avvenisse secondo le leggi che regolavano le altre combinazioni chimiche. Poco dopo la discussione della tesi, fu nominato professore straordinario di chimica tecnologica all'Università di San Pietroburgo, pur mantenendo l'incarico all'Istituto di tecnologia fino al settembre del 1866. In seguito al ritiro di Voskresenskij nell'ottobre del 1867, Mendeleev ottenne la kafedra (equivalente grosso modo a una cattedra) di chimica alla stessa Università di San Pietroburgo e assunse la direzione del laboratorio di chimica di quell'ateneo.
La nomina a professore implicava l'obbligo di tenere il corso introduttivo di chimica all'università, e Mendeleev iniziò subito a ideare un manuale di chimica generale destinato agli studenti del suo corso. "Cominciai a scrivere [gli Osnovy chimii] dopo il ritiro di Voskresenskij, quando, dovendo iniziare un corso di chimica inorganica all'università, esaminai tutti i manuali allora disponibili, senza trovarne nessuno che potessi raccomandare ai miei studenti" (Mendeleev 1951, p. 52).
Come è stato più volte sottolineato, molte caratteristiche della tavola periodica possono essere messe in relazione con il fatto che essa fu elaborata per la prima volta durante la composizione di questo manuale. Secondo alcuni studiosi la superiorità del sistema di Mendeleev rispetto a quelli dei suoi precursori si deve principalmente all'adozione di un metodo unitario, il che, a sua volta, era dovuto almeno in parte alle necessità inerenti all'organizzazione di un manuale, poiché, sin dall'inizio, Mendeleev non ordinò gli elementi secondo i loro pesi atomici, come sarebbe stato lecito aspettarsi se egli fosse stato effettivamente in cerca di uno schema per una loro classificazione. Egli, invece, cominciò con lo scrivere vari capitoli del suo manuale, relativi a gruppi diversi di elementi, e fu nel corso di questa elaborazione che ebbe l'intuizione di uno schema generale, che, in un primo momento, comprendeva tuttavia solo una parte degli elementi allora conosciuti. Si pensa che l'assoluta fiducia di Mendeleev nell'esistenza di uno schema generale fu il motivo che contribuì più di ogni altro alla scoperta del sistema periodico. La tesi secondo cui lo sviluppo del sistema periodico da parte di Mendeleev debba essere messo in relazione con la sua attività di insegnamento sembrerebbe avvalorata dal fatto che egli non adottò l'ipotesi unitaria di Prout, come aveva fatto la maggior parte dei suoi predecessori, ma preferì considerare ciascun elemento come un'entità a sé stante. Questo approccio gli consentì di evitare molte delle difficoltà incontrate dagli altri studiosi e di identificare nuove relazioni tra gli elementi; inoltre, Mendeleev era alla ricerca di una legge unitaria, applicabile a tutti gli elementi, senza eccezioni. In conclusione, si può affermare che la genesi del sistema periodico deve essere messa in relazione con la decisione di Mendeleev di scrivere un manuale di chimica generale in grado di sintetizzare i diversi aspetti di questa disciplina e di fornire agli studenti uno schema generale di classificazione di tutti gli elementi. In questo modo, il metodo seguito per organizzare il materiale del suo manuale contribuì in maniera inconsapevole alla definizione delle linee generali del suo futuro sistema.
Come si è già detto, quando iniziò a scrivere gli Osnovy chimii, Mendeleev confondeva ancora peso equivalente e peso atomico. In una versione litografata delle lezioni di chimica generale tenute nell'anno accademico 1867-1868 sono elencati infatti 63 elementi in ordine alfabetico secondo i loro nomi latini, per 13 dei quali viene fornito il peso equivalente invece di quello atomico. A partire dalla fine del 1868, tuttavia, quando stava per concludere la stesura del primo volume del manuale, per classificare gli elementi egli iniziò a servirsi unicamente dei pesi atomici, compiendo così un passo decisivo verso la scoperta del sistema periodico.
Progettando la prima parte degli Osnovy chimii, Mendeleev decise di discutere, in modo sistematico, le proprietà di gruppi diversi di elementi chimici, come si può leggere nel suo primo articolo sulla legge periodica, Sootnošenie svojstv s atomnym vesom elementov (Correlazione delle proprietà con il peso atomico degli elementi), pubblicato nel marzo del 1869: "Accingendomi alla preparazione del manuale di chimica, intitolato Osnovy chimii mi sono necessariamente dovuto preoccupare di proporre un qualche sistema degli elementi semplici, al fine di essere guidato, nella distribuzione che ne fornivo, non da stimoli del tutto casuali e istintivi, bensì da un principio posto in modo sufficientemente preciso" (Mendeleev 1958 [1994, p. 13]).
Si è già osservato come Mendeleev respingesse l'ipotesi di una 'materia primordiale', sostenuta inizialmente da Prout, che aveva rappresentato il punto di partenza delle ricerche di quasi tutti i suoi predecessori, a favore di un metodo basato sulla teoria dei tipi di Gerhardt, secondo la quale tutti i composti chimici potevano essere classificati in uno di questi tipi semplici: idrogeno, acqua, ammoniaca e metano (quest'ultimo aggiunto da Kekulé e da August Wilhelm von Hofmann). Utilizzando questa teoria, Mendeleev iniziò dunque da un'analisi dei quattro elementi tipici: idrogeno (valenza 1), ossigeno (valenza 2), azoto (valenza 3) e carbonio (valenza 4). Mendeleev, inoltre, osservò che i composti di questi quattro elementi potevano servire come esempi tipici di tutti gli altri composti chimici; in altri termini, che era possibile distinguere gli elementi in base alle loro analogie con l'idrogeno, l'ossigeno, l'azoto e il carbonio. Questi ultimi sono presenti in grande quantità sulla Terra e possiedono un basso peso molecolare; tuttavia è impossibile distinguere nettamente gli altri elementi sulla base delle loro analogie con i primi o sulla base della loro valenza. Ciononostante, inizialmente Mendeleev propose di ordinare i gruppi di elementi nel modo seguente: i non metalli con valenza 1 (alogeni) e i metalli con valenza 1 (alcali); i metalli con valenza 1 o 2 (come il rame, il mercurio e l'argento); i metalli che possono avere una valenza 2 (come i metalli alcalino-terrosi, il cadmio e lo zinco) e i non-metalli con valenza 2 (gruppo dello zolfo); poi i metalli con valenza 1, 2 o 3 (come il ferro, il cromo e il manganese); poi i metalli con valenza 3 (l'alluminio e altri metalli) e i non metalli con valenza 3 (il gruppo del fosforo); infine i metalli e i non metalli con valenza 4.
Nel dicembre del 1868 Mendeleev aveva terminato buona parte del primo volume del suo manuale ed era arrivato a esaminare il gruppo degli alogeni (il cloro e i suoi analoghi fluoro, bromo, iodio). Decise di cominciare la sua trattazione dal cloruro di sodio, un sale inorganico composto di due elementi monovalenti appartenenti a due gruppi molto diversi: quello degli alogeni (cloro) e quello dei metalli alcalini (sodio). Alcune delle più brillanti intuizioni di Mendeleev sul sistema periodico nacquero proprio dalla discussione sulle proprietà di questi due elementi dissimili e dall'esame dei due gruppi naturali cui essi appartengono. Il primo volume del suo manuale si conclude, infatti, con una descrizione degli alogeni, disposti in ordine di peso atomico crescente; il secondo volume, riprendendo lo schema di quello precedente, si apre con una discussione delle proprietà del sodio e dei suoi analoghi. Mendeleev, cioè, decise di far coincidere la transizione dal primo al secondo volume con quella dal gruppo degli alogeni al gruppo dei metalli alcalini, attribuendo il massimo rilievo alle affinità esistenti tra questi gruppi estremi. Il primo capitolo del secondo volume è dedicato al sodio e ai suoi composti, il secondo agli analoghi del sodio. Infatti all'inizio del primo capitolo, Mendeleev afferma che "il sale da cucina è formato da due elementi, il cloro e il sodio […]. Il cloro e i suoi composti sono sostanze non metalliche, alogene o elettronegative, vale a dire metalloidi; mentre il sodio e i suoi composti sono sostanze metalliche. Confrontando HCl con NaCl, Cl con Na, Na2O con Cl2O, NaHO con ClHO, e così via […] possiamo farci un'idea delle differenze tra gli elementi appartenenti a questi due gruppi" (Mendeleev 1868-71 [1949, XIV, p. 7]). Mentre nel secondo sostiene che "esiste un gruppo di elementi analoghi al cloro contenuto nel sale da cucina: fluoro, bromo e iodio. Allo stesso modo, il sodio contenuto nel sale da cucina ha un gruppo di elementi analoghi […]. Questi elementi presentano molte affinità con il sodio, così come il bromo, il fluoro e lo iodio presentano molte affinità con il cloro" (ibidem, p. 52).
Queste citazioni mostrano chiaramente come Mendeleev si servisse del raffronto tra gli alogeni e i metalli alcalini quale cornice entro cui collocare la discussione delle proprietà di questi elementi. Mendeleev prosegue: "Un atomo di bromo […] possiede una dimensione intermedia tra un atomo di cloro e uno di iodio. Lo stesso può dirsi del sodio, il cui peso atomico corrisponde esattamente alla media aritmetica di quelli del litio e del potassio" (ibidem, p. 53). Più avanti, Mendeleev osserva che, a parte le differenze qualitative, "vi è tuttavia un'importante affinità quantitativa tra gli alogeni e i metalli alcalini, costituita dal fatto che gli elementi appartenenti a questi due gruppi sono tutti monovalenti" (ibidem, p. 98). Il secondo capitolo si conclude infine con il seguente confronto tra i due gruppi: "Il gruppo naturale dei metalli alcalini, Li=7, Na=23, K=39, Rb=85, Cs=133, presenta molte analogie con il gruppo naturale degli alogeni. Esso determina l'ordine delle proprietà e delle energie di tutti gli elementi" (ibidem, p. 103). Egli dimostra quindi che disponendo gli elementi di uno di questi due gruppi in ordine di peso atomico crescente, si può rilevare un cambiamento regolare delle proprietà fisiche e chimiche degli elementi stessi, legato alle variazioni dei valori del loro peso atomico. Mendeleev, tuttavia, non aveva ancora pensato alla possibilità di confrontare i differenti gruppi sulla base del peso atomico dei loro componenti.
In seguito egli si trovò a dover decidere quale gruppo di metalli prendere in considerazione. Secondo il suo progetto originale, che si basava sull'aumento della valenza, sarebbe dovuto passare a discutere i metalli che possono avere valenza 1 o 2 (come, per esempio, il rame, il mercurio e l'argento); se invece avesse seguito il principio dell'aumento del peso atomico, avrebbe dovuto inserire a questo punto i metalli alcalino-terrosi, il gruppo di elementi più vicino ai metalli alcalini per peso atomico.
I primi abbozzi del nuovo capitolo dimostrano che inizialmente Mendeleev aveva deciso di discutere il gruppo di metalli con valenza 1 o 2; questa era una scelta perfettamente logica per uno scrittore di manuali, poiché gli avrebbe permesso di convogliare una grande quantità di materiale in uno schema coerente, ma essa non si addiceva invece a uno scienziato che si fosse proposto di dimostrare che le proprietà degli elementi variano in maniera periodica in base al loro peso atomico. Si deve dunque ritenere che all'epoca Mendeleev non fosse ancora consapevole della possibilità di applicare la legge periodica a tutti gli elementi.
Alcuni studi dettagliati dimostrano che Mendeleev sviluppò la sua prima tavola periodica mentre rifletteva sul modo di risolvere il problema di quale gruppo di elementi trattare nel suo manuale dopo i metalli alcalini. Il 17 febbraio 1869 egli ricevette una lettera da A.I. Chodnev, segretario permanente della Società per la Libertà Economica, riguardante la sua decisione di rimandare un viaggio di ispezione ad alcuni caseifici situati nei dintorni di San Pietroburgo. Evidentemente, Mendeleev si servì del retro della lettera per prendere appunti mentre rifletteva sulla sua decisione di discutere il gruppo di metalli contenente il rame, il mercurio e l'argento dopo quello dei metalli alcalini. Dopo aver annotato i simboli di molti elementi, tra cui Cl (cloro), K (potassio), Na (sodio), H (idrogeno), Ba (bario), Sr (stronzio), Ca (calcio), Ag (argento), Pb (piombo), Zn (zinco), Mendeleev confrontò nello spazio sottostante due gruppi di elementi (i metalli alcalini e il gruppo contenente il magnesio, lo zinco e il cadmio) sulla base dei loro pesi atomici, senza indicarne i simboli. Egli sapeva che questa disposizione era stata già proposta da Kremers ed evidentemente stava considerando la possibilità di adottarla nel suo manuale. Dopo aver eseguito molti calcoli e provato diverse relazioni numeriche tra i due gruppi, Mendeleev non trovò un modello soddisfacente. Questo episodio, tuttavia, segna una tappa fondamentale nello sviluppo della tavola periodica, poiché dimostra come per la prima volta Mendeleev cominciasse a comprendere l'importanza di confrontare tra loro gruppi diversi di elementi allo scopo di determinarne le differenze.
è probabile che in seguito Mendeleev abbia preso in considerazione altri gruppi di elementi. Usando un altro foglio di carta, assegnò al fluoro, all'ossigeno, all'azoto e al carbonio una colonna ciascuno e aggiunse nelle righe corrispondenti i simboli dei loro analoghi. Questi elementi, con valenze comprese tra 1 e 4, erano stati trattati da Mendeleev nel primo volume del suo manuale. La composizione di questa tavola gli fornì la conferma della validità del metodo di effettuare raffronti non solo all'interno di un gruppo, ma anche tra gruppi differenti. Disponendo gli elementi in un modello a matrice in un'unica tavola, Mendeleev comprese di poter riconoscere più facilmente queste diverse relazioni tra gli elementi. Dopo aver inserito i primi 4 gruppi, cominciò a ingrandire la sua tavola, aggiungendo molti altri gruppi: in alto i metalli alcalino-terrosi e, in basso, i metalli alcalini, lo zinco e i suoi analoghi e altri elementi. Nella metà inferiore dello stesso foglio, egli tracciò una nuova versione della sua tavola, ordinata in modo diverso e con l'aggiunta di altri elementi. In questa versione, i metalli alcalino-terrosi si trovavano accanto ai metalli alcalini, al posto dello zinco e dei suoi analoghi, risolvendo così il problema di quale gruppo considerare dopo i metalli alcalini.
La novità più importante consiste, tuttavia, nel fatto che ora Mendeleev sembra aver compreso perfettamente il principio di periodicità, cioè l'esistenza di rapporti ricorrenti tra le proprietà e i pesi atomici degli elementi. Il metodo da lui seguito nella composizione di questa tavola era infatti diverso da quello impiegato in precedenza: invece di disporre i simboli dei primi elementi di ciascun gruppo (metalli alcalino-terrosi, metalli alcalini, fluoro, ossigeno, azoto e carbonio) su una linea orizzontale, li inserì in senso verticale, una colonna dopo l'altra. Ciò dimostra che Mendeleev aveva compreso che il modello si applicava non soltanto ai gruppi di elementi già ben identificati, ma anche agli elementi con pesi atomici simili. In questo modo diventava possibile disporre gli elementi in una matrice in grado di indicare le loro relazioni reciproche sia in senso orizzontale sia in quello verticale. Dopo aver costruito il nucleo della tavola, Mendeleev aggiunse molti altri elementi, riuscendo infine a inserirvi 42 dei 63 elementi noti a quel tempo.
A questo punto, Mendeleev decise che, per procedere all'inserimento dei restanti elementi e mettere a punto le posizioni di quelli già inseriti nella tavola, doveva cambiare la sua strategia. Sembra che egli ricopiasse i pesi atomici e le proprietà fondamentali di ciascun elemento su piccoli pezzi di carta, in modo da poterli ordinare e riordinare facilmente senza dover riprodurre ogni volta l'intera tavola, come aveva fatto fino ad allora. Quando fu soddisfatto del risultato, scrisse la versione definitiva su un foglio pulito e la mandò in stampa con il titolo Opyt sistemy elementov, osnovannoj na ich atomnom vese i chimičeskom schodtsve (Abbozzo di un sistema degli elementi basato sul loro peso atomico e sulle loro proprietà chimiche) e la data del 17 febbraio 1869. La versione definitiva appare rovesciata rispetto alle precedenti: gli elementi con peso atomico maggiore sono collocati in fondo alla tavola. è logico presumere che nelle versioni antecedenti Mendeleev avesse adottato l'ordine inverso per facilitare le sottrazioni tra i pesi atomici, come si deduce dai numerosi calcoli che accompagnano i primi tentativi, e che, una volta stabilita una collocazione plausibile degli elementi, abbia preferito tornare all'orientamento tradizionale, disponendoli in ordine di peso atomico crescente dall'alto verso il basso.
La tavola di Mendeleev, quindi, conteneva già quasi tutti gli elementi fondamentali di un vero sistema periodico degli elementi, compresa la divisione in gruppi e sottogruppi, la presenza di spazi vuoti per gli elementi non ancora scoperti e la previsione di alcune delle loro proprietà, la classificazione dei metalli di transizione e lo scambio di posizione tra tellurio (Te) e iodio (I).
Mendeleev comprese subito l'importanza della sua scoperta e non esitò a scrivere il già citato articolo del marzo 1869 per il "Žurnal′ Russkogo chimičeskogo obščestva", che gli offrì la possibilità di spiegare le ragioni che lo avevano indotto a compiere le scelte presenti nella sua tavola. Mendeleev iniziava descrivendo i sistemi di classificazione precedenti, sostenendo che fino a quel momento non era esistito alcun principio generale, in grado di reggere alle critiche, che potesse essere considerato un "fondamento per pervenire a conclusioni rigorose sulle proprietà degli elementi e che consent[isse] di disporre questi ultimi in un sistema più o meno rigoroso" (Mendeleev 1958 [1994, p. 11]).
Egli, in particolare, criticava le classificazioni basate sulle valenze, osservando che alcuni elementi potevano avere valenze multiple. Mendeleev continuava affermando come
in presenza di ogni variazione nelle proprietà dei corpi semplici, nel loro stato libero, vi debba pur essere un 'qualcosa' che rimane costante. Quando l'elemento in questione entra a far parte di un composto deve appunto essere questo 'qualcosa' di materiale a concorrere a determinare le caratteristiche dei composti che lo comprendono. A questo riguardo per ora è noto soltanto un unico parametro che può caratterizzare sotto l'aspetto quantitativo un elemento: si tratta del peso atomico che gli è proprio. La grandezza del peso atomico, per quanto riguarda la sostanza dell'oggetto, è il dato che si riferisce non allo stato della singola sostanza semplice, bensì a quella parte materiale che è comune sia alla sostanza semplice allo stato libero, sia a tutti i suoi composti. Così il peso atomico non appartiene in quanto tale al carbone o al diamante, ma al carbonio. (ibidem, p. 14)
La distinzione tra corpo semplice ed elemento operata da Mendeleev è stata considerata uno dei più importanti progressi compiuti nel campo della teoria chimica poiché consentiva di superare le speculazioni sulla materia primordiale e di mettere a fuoco il concetto fondamentale di 'elemento', distinguendolo dalla nozione empirica di 'corpo semplice'. Infatti, benché Mendeleev si servisse spesso di quest'ultimo termine è evidente che gli attribuiva un significato diverso da quello invalso in precedenza. Inoltre fu proprio questo nuovo concetto di elemento che consentì a Mendeleev di elaborare un sistema di classificazione degli elementi efficace, cosa che i chimici ancorati all'idea dei corpi semplici come corpi non ancora decomposti non erano in grado di fare. Infatti solo dopo aver chiaramente definito il concetto di elemento per mezzo di una singola caratteristica ‒ ossia il peso atomico ‒ egli riuscì a cogliere l'esistenza di relazioni periodiche tra le proprietà degli elementi e i loro pesi atomici.
Nell'articolo citato, Mendeleev aggiungeva inoltre:
La prima prova che ho compiuto a questo riguardo è stata la seguente. Ho selezionato i corpi con il peso atomico minore e li ho disposti nell'ordine crescente dei loro pesi atomici. Ne è risultato che gli elementi disposti secondo la grandezza dei loro pesi atomici mostrano chiaramente proprietà periodiche […]. Ne è subito emersa la seguente ipotesi: se, come sembra, le proprietà degli elementi si esprimono nel loro peso atomico, non dovrebbe essere possibile basare su questo parametro la costruzione di un sistema? Sulla base di questa premessa si procedette al tentativo di elaborare questo sistema. Nell'ambito di esso, come si è detto, la determinazione del posto di ogni singolo elemento è strettamente legata al peso atomico che gli è proprio. Il confronto dei gruppi sinora noti di corpi semplici disposti secondo il peso del loro atomo evidenzia che la classificazione degli elementi secondo il loro peso atomico non è in contraddizione con l'affinità naturale che sussiste tra gli elementi medesimi, anzi, al contrario, rimanda direttamente a essa. (ibidem, pp. 14-15)
Mendeleev ribadiva poi che i rapporti tra le proprietà degli elementi e i loro pesi atomici non dipendevano da un'omologia, dato che non esisteva una formula matematica precisa per la determinazione dei pesi atomici, e inoltre faceva notare la rigorosa sequenza dei pesi atomici sia da sinistra a destra, lungo le righe, sia dall'alto verso il basso, lungo le colonne, come dimostrano i sei gruppi dal calcio al carbonio. Servendosi di questa osservazione, dimostrò che il peso atomico del tellurio doveva essere compreso tra 124 e 126, e non 128. Secondo Mendeelev le proprietà di questo elemento lo collocavano chiaramente nel gruppo dello zolfo, mentre le proprietà dello iodio lo mettevano in relazione con il cloro e il bromo. In altre parole, egli proponeva di cambiare la valutazione del peso atomico di un elemento per adeguarla alle esigenze del suo sistema periodico. Di qui l'affermazione che
tutti i raffronti da me effettuati in questa direzione mi hanno indotto a trarre la conclusione che la grandezza del peso atomico definisce la natura dell'elemento tanto quanto il peso della particella [molecola] determina le proprietà della sostanza composta […]. A me pare che la legge da me esposta non entri affatto in rotta di collisione con la linea di tendenza generale della scienza della Natura e non costituisca per nulla una cesura rispetto a essa: mi sembra altresì che a tutt'oggi non vi sia una sua dimostrazione effettiva e convincente, anche se alcuni vi hanno fatto allusione. (ibidem, p. 16)
Mendeleev, infine, osservava che rimanevano ancora molti elementi da scoprire. La sua prima versione della tavola conteneva diversi spazi vuoti, per quattro dei quali erano indicati i pesi atomici più probabili, tra cui quelli di un omologo dell'alluminio e di uno del silicio. Più tardi, nel 1871, pubblicò un elenco dettagliato delle proprietà di questi e di altri elementi non ancora conosciuti.
Mendeleev, dunque, riuscì a collocare la maggior parte degli elementi conosciuti in una sequenza logica, lasciando alcuni spazi vuoti per gli altri, ma non fu in grado di superare alcune difficoltà. Il problema più spinoso era rappresentato dalla collocazione delle 'terre rare' (o lantanidi). Al tempo della scoperta del sistema periodico erano stati identificati solo il lantanio e altre cinque terre rare, compreso il didimio, che in realtà è una miscela del neodimio e del praseodimio. I pesi atomici di questi elementi erano molto simili tra loro e di difficile determinazione. Inoltre, le proprietà delle terre rare erano pressoché identiche, e ciò rendeva particolarmente difficile per Mendeleev trovare loro un posto preciso all'interno del sistema periodico. Alla fine decise di inserirle in righe separate nel terzo e nel quarto periodo della sua tavola, accoppiandole, in base alle analogie delle loro proprietà, all'indio, al torio e a un elemento non ancora scoperto. Le difficoltà presentate dal problema delle terre rare si dimostrarono così difficili da risolvere, da far ritenere addirittura che la scoperta del sistema periodico fosse stata possibile solo negli anni Sessanta dell'Ottocento, quando ne erano state identificate ancora molto poche, in modo da poter essere successivamente inserite, anche se con molte difficoltà, in quel sistema.
Nei mesi successivi alla formulazione iniziale, Mendeleev lavorò intensamente al perfezionamento della tavola periodica, che originariamente era costruita in gran parte sulla base dei dati relativi ai pesi atomici, seppure in molti casi fossero state prese in considerazione proprietà di altro tipo. A questo punto Mendeleev iniziò una ricerca dettagliata sulle proprietà chimiche e fisiche degli elementi, presentandone poi i risultati al II Congresso degli scienziati russi dell'agosto del 1869 in una comunicazione dal titolo Ob atomnom vese prostych tel (Sul peso atomico dei corpi semplici). Dopo aver ordinato tutti gli elementi in un'unica lunga fila, dal più leggero al più pesante, esaminò il peso specifico e il volume atomico di ciascuno di essi, scoprendo numerose incongruenze che lo spinsero ad apportare alcune modifiche alla sua tavola. Per esempio, sia il peso specifico sia il volume atomico dell'uranio si discostavano dai valori che la sua collocazione tra l'argento e lo iodio avrebbe fatto presumere. Evidentemente la determinazione del peso atomico di questo elemento era errata e occorreva rivedere la sua posizione nella tavola periodica. Mendeleev studiò inoltre i volumi atomici dei composti chimici come fonte aggiuntiva di informazioni sulla periodicità.
In due articoli scritti verso la fine del 1870 e pubblicati l'anno successivo ‒ O meste cerija v sisteme elementov (Sul posto del cerio nel sistema degli elementi) ed Estestvennaja sistema elementa i primenenie eë k ukazaniju svojstv neotkrytych elementov (Il sistema naturale degli elementi e la sua applicazione per indicare le proprietà degli elementi non ancora scoperti) ‒ Mendeleev dichiarava che la struttura di base della sua tavola periodica poteva considerarsi ormai definitivamente stabilita e che rimanevano da fare solo piccoli aggiustamenti nella posizione di alcuni elementi. In questi articoli egli proponeva di collocare l'uranio nel gruppo del cromo, sotto il tungsteno, e l'indio nel gruppo del boro; inoltre cambiò la posizione del cerio e del torio. A eccezione dell'uranio, queste collocazioni coincidono con quelle della moderna tavola periodica.
Nella sua pubblicazione successiva del 1871 ‒ Die periodische Gesetzmässigkeit der chemischen Elemente (La legge della periodicità degli elementi chimici) ‒ Mendeleev effettuava un'ampia sintesi delle sue indagini sulle proprietà chimiche e fisiche delle sostanze inorganiche presentando inoltre due diverse versioni della sua tavola periodica: una, modificata, della sua tavola originale e un'altra in cui gli elementi analoghi sono disposti in verticale. In questo articolo Mendeleev sosteneva con forza l'idea che, in effetti, il suo sistema non era altro che la rappresentazione di una legge periodica. Benché sia probabile che avesse considerato sin dall'inizio il suo sistema come una legge, egli preferì attendere che le proprie intuizioni fossero confermate dalla ricerca prima di dichiararlo pubblicamente. Sempre in questo articolo, sosteneva che il sistema periodico poteva essere utilizzato per predire le proprietà degli elementi non ancora scoperti, descrivendo con grande dovizia di dettagli le proprietà di tre elementi sconosciuti, da lui chiamati 'ekaboro', 'ekalluminio' ed 'ekasilicio'. Erano previste anche le proprietà di altri elementi ancora sconosciuti, benché in modo molto più generico.
All'inizio i lavori di Mendeleev sul sistema periodico non suscitarono un grande interesse nel mondo scientifico, a eccezione di alcuni teorici, tra cui Meyer e Odling. Questa situazione era destinata a cambiare, grazie alle sue previsioni relative a elementi non ancora scoperti. Nel 1875 il chimico francese Paul-Émile (François) Lecoq de Boisbaudran (1838-1912) scoprì, attraverso l'analisi spettroscopica, un nuovo metallo, che chiamò 'gallio'. Mendeleev comprese subito che il gallio doveva essere l'ekalluminio, di cui aveva previsto l'esistenza sulla base della legge periodica. La cosa più sorprendente, tuttavia, è che la prima determinazione della densità del gallio effettuata da Lecoq de Boisbaudran aveva dato un valore di 4,7 invece del valore previsto da Mendeleev, che era compreso tra 5,9 e 6. Quando lo scienziato francese ripeté la sua analisi, prendendo maggiori precauzioni, ottenne una densità di 5,935.
Lo straordinario successo ottenuto con la previsione delle proprietà del gallio si ripeté con lo 'scandio' (l'ekaboro) nel 1879 e con il 'germanio' (l'ekasilicio) nel 1886. L'esattezza di queste previsioni suscitò un grande interesse per i lavori di Mendeleev e dopo il 1886 l'orientamento dell'opinione scientifica internazionale divenne largamente favorevole alla legge periodica. La scoperta dell'argo, nel 1894, seguita da quella di numerosi altri 'gas nobili', sembrò tuttavia minacciare la credibilità del sistema periodico. L'esistenza dei gas nobili non era stata prevista né da Mendeleev né da nessun altro, e l'idea di aggiungerli al sistema già esistente sollevò molte resistenze nel mondo scientifico. Dopo un lungo dibattito, fu stabilito di aggiungere i gas nobili al sistema periodico inserendoli in una nuova colonna tra gli alogeni e i metalli alcalini.
Negli anni trascorsi dalla sua scoperta nel 1869, il sistema periodico si è venuto affermando come una delle idee unificanti di maggiore successo dell'intera storia della scienza. Nonostante i molti progressi scientifici compiuti da allora, esso si è dimostrato capace di superare ogni sfida e di rimanere alla base dello studio della chimica.
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