L'Ottocento: fisica. I laboratori di fisica tedeschi e inglesi
I laboratori di fisica tedeschi e inglesi
Fino all'inizio del XIX sec., gli esperimenti di fisica erano effettuati in laboratori privati, di proprietà di ricchi studiosi o di loro benefattori. Esemplare è il caso del lavoro di Robert Boyle sulla pompa d'aria, condotto durante gli anni Settanta del Seicento dai suoi assistenti nella sua lussuosa residenza; o quello di Isaac Newton che, tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII sec., eseguiva gli esperimenti di ottica nel proprio appartamento al Trinity College di Cambridge; o ancora quello di Benjamin Franklin che, nella seconda metà del Settecento, per studiare le proprietà dell'elettricità si aggirava per le strade di Filadelfia reggendo un filo metallico isolato collegato a un aquilone. Durante il XVII e il XVIII sec., i laboratori erano riservati esclusivamente all'indagine scientifica e non svolgevano alcuna funzione pedagogica nell'ambito della formazione scolastica elementare o superiore. Nei territori tedeschi, l'istruzione era in genere limitata alle dimostrazioni tenute dai mechanici, i curatori delle collezioni regionali di strumenti. Di tale situazione si lamentava, alla fine del Settecento, Joseph Priestley:
Mi duole dover osservare come la scienza naturale sia assai poco, se non per nulla, argomento di insegnamento in questo paese. […] Vorrei far osservare che, se vogliamo predisporre una buona formazione per un'inclinazione filosofica, e per gli studi filosofici, le persone dovrebbero essere abituate sin da giovani alla vista di esperimenti e procedimenti. Più in particolare, dovrebbero essere avviate in giovane età alla teoria e alla pratica dell'indagine, mediante la quale possono appropriarsi di molte vecchie scoperte come fossero realmente le loro; il che gliele farà apprezzare molto di più. (Priestley 1790, I, p. XXIX)
La nascita di laboratori destinati all'insegnamento e alla ricerca fu un fenomeno tipicamente ottocentesco. In Gran Bretagna e nei territori tedeschi furono creati nella prima metà del secolo laboratori sperimentali dedicati alla ricerca chimica, una disciplina che senza dubbio si richiamava in maniera più diretta alle esigenze della vita pratica, e soltanto in un secondo momento sorsero i laboratori di fisica. I progressi della metallurgia, della tecnologia mineraria, della produzione di munizioni, di fertilizzanti e di coloranti necessitavano infatti di una profonda conoscenza dei principî chimici. In fisica, invece, l'epoca delle ricerche sul vapore sarebbe arrivata verso la metà del secolo, insieme a quelle, approfondite, sull'elettricità e sul magnetismo. A ciò si deve aggiungere che i costi di costruzione dei laboratori chimici non erano così elevati come quelli dei laboratori fisici. Justus von Liebig (1803-1876) nel 1824 fondava il famoso Istituto Chimico dell'Università di Giessen, mentre William Thomson (lord Kelvin, 1824-1907) nel 1831 allestiva presso l'Università di Glasgow il primo laboratorio di chimica per l'istruzione degli studenti in Gran Bretagna.
L'utilizzazione dei laboratori di fisica nelle istituzioni accademiche britanniche fu un segno distintivo della scienza vittoriana durante la seconda metà del XIX sec.; essi possono generalmente essere suddivisi in due categorie in base al loro obiettivo: la ricerca o l'insegnamento. La creazione dei laboratori di fisica di Glasgow e di Cambridge, infatti, fu, in parte, il risultato delle sollecitazioni che provenivano dai programmi della ricerca professionalizzata, mentre gli altri laboratori nacquero per soddisfare l'esigenza sempre crescente dell'insegnamento professionale.
In particolare, durante gli anni Sessanta e Settanta del XIX sec., i fisici avevano l'esigenza di essere istruiti in laboratorio sulle misure di precisione. Essi erano convinti che un addestramento pratico in laboratorio fosse, in primo luogo, la componente fondamentale di un'istruzione alla riflessione razionale e accurata adatta agli aspiranti insegnanti di fisica e, in secondo luogo, una potente alternativa ai metodi non quantitativi fondati su regole empiriche che erano parte integrante degli apprendistati nelle industrie.
Negli anni Settanta del XIX sec. i metodi di laboratorio dal dominio della chimica passarono a quello della fisica, della geologia e dell'ingegneria come conferma la voce Laboratory della Globe encyclopaedia (1879) in cui si osservava che il termine "è stato a lungo conosciuto in riferimento alla chimica, e fino a non molto tempo fa è stato utilizzato quasi esclusivamente in questa relazione. Ora, tuttavia, i laboratori vengono riconosciuti come essenziali allo studio completo di ogni scienza nazionale e fisica". I laboratori di fisica non erano più un lusso di cui godevano esclusivamente le istituzioni d'élite, ma erano divenuti piuttosto un luogo di lavoro necessario ai fisici per l'esercizio della loro professione.
Durante tutto il XIX sec., nei territori tedeschi, quelle che erano piccole collezioni di strumenti fisici furono trasformate in importanti istituzioni per la ricerca e per l'insegnamento; tali collezioni, solitamente raccolte dai governatori regionali e messe a disposizione del collegium regionale o dell'università, durante i primi decenni del secolo rappresentavano gli unici laboratori di fisica. Una tra le più grandi era quella del Collegium Carolinum di Brunswick, fondato nella scuola del convento dal duca Carlo nel 1743. Negli anni, il Collegium aveva raccolto strumenti matematici e fisici ‒ i primi dei quali furono costruiti dagli artigiani olandesi Musschenbroeck e 'sGravesande ‒ che dovevano servire per la ricerca in vari campi delle scienze fisiche, quali la dinamica generale, la statica e la meccanica, l'idrostatica e l'idraulica, l'aerostatica e l'aerodinamica, l'acustica, il calore, l'ottica, l'elettricità e il magnetismo. Alla fine del Settecento, il direttore della collezione del Collegium, Johann Heinrich Gottlob Fricke, si rivolse ai produttori britannici ‒ che nell'ultimo quarto del secolo avevano soppiantato quelli olandesi ‒ e acquistò un telescopio riflettore da James Short, un microscopio da Jesse Ramsden e una 'macchina elettrica' da Edward Nairne. Fricke volle poi includere nella collezione apparecchiature mediche e nel 1803 trasformò la collezione di strumenti fisici in Istituto fisico-medico, che sarebbe servito in seguito da ospedale militare durante le guerre di liberazione contro le truppe di Napoleone.
Sino alla morte, nel 1823, Fricke ampliò l'Istituto, mentre il suo successore, Karl Michael Marx (1794-1864), aggiunse nuove collezioni che vennero costantemente accresciute. A partire dal terzo decennio del XIX sec., il Collegium Carolinum non importava più i suoi strumenti fisici dall'estero, ma assumeva mechanici regionali che li realizzassero; il ricorso alla manodopera tedesca non era un fenomeno limitato solo a Brunswick, ma rifletteva un progresso generale nella qualità del lavoro artigianale associato alle discipline scientifiche e tecnologiche verificatosi in tutti i territori tedeschi. In quegli anni, infatti, i costruttori di strumenti tedeschi erano considerati superiori ai loro colleghi francesi, olandesi e britannici. C. Deicke di Brunswick fu il primo mechanicus a essere assunto da Marx. Durante il periodo d'impiego al Collegium, egli fabbricò un cerchio zenitale e un telescopio riflettore newtoniano da 4 piedi (1,2 m ca.) con specchio di piombo; inoltre riparò molti altri strumenti. Al Collegium, Deicke era anche responsabile dell'istruzione degli studenti di fisica e di chimica riguardo all'uso di tali strumenti. Presso le università e i collegi tedeschi era consuetudine assumere mechanici locali affinché si occupassero delle collezioni di strumenti fisici e istruissero gli studenti di fisica e di chimica sulle tecniche di laboratorio. Friedrich Körner (1778-1847), per esempio, fu assunto da Johann Wolfgang von Goethe all'Università di Jena. Körner era un ottico che aveva frequentato il primo anno al Gymnasium di Weimar, dove apprese alcune nozioni di matematica; in seguito, aveva trovato impiego presso varie officine meccaniche sparse per tutta l'Olanda prima di far ritorno a Weimar, dove costruì e riparò strumenti e fabbricò i prismi ottici utilizzati da Goethe nel suo studio dell'ottica e della teoria dei colori. Dal 1813 al 1815 sovrintese alla costruzione di un nuovo telescopio per l'Osservatorio di Jena, dove si stabilì nel 1817, aprendo un'officina e uno studio per strumenti matematici e filosofici. Goethe convinse Carlo Augusto a finanziare una Promotion universitaria, grazie alla quale Körner ebbe la possibilità di chiedere al Senato accademico di accettare alcuni testi sulla rifrazione delle lenti nei telescopi da lui scritti alcuni anni prima, per conferirgli il titolo di dottore e il permesso d'insegnare. Durante gli anni Venti, dunque, Körner istruì gli studenti di chimica e di fisica dell'Università di Jena sulle tecniche e le pratiche necessarie per la produzione di strumenti di vetro quali i termometri. Il lavoro di Körner culminò nella pubblicazione, nel 1831, dell'Anleitung zur Bearbeitung des Glases an der Lampe (Guida alla lavorazione del vetro delle lampade), un trattato che mirava a far apprendere agli studenti come costruire gli strumenti:
In accordo con i rispettabili insegnanti dell'Università [di Jena], ho maturato la convinzione che la lavorazione del vetro alla fiamma possa essere della massima utilità sia per i giovani che si sono dedicati allo studio della fisica e della chimica sia per lo stato attuale di queste scienze. Inoltre, mediante una siffatta istruzione essi possono sviluppare la loro abilità e quindi apprendere come maneggiare abilmente gli oggetti in molte operazioni pratico-scientifiche. Ho raccolto perciò intorno a me alcuni studenti ogni semestre, per un certo numero di anni, per mostrare loro le manovre necessarie per lavorare il vetro alla fiamma cosicché essi possano produrre gli strumenti, e per insegnare loro la teoria relativa allo strumento quando è necessario. […] Come risultato dei miei sforzi, i dilettanti si trovano ora nella condizione di poter fare a meno dei meccanici e dei lavoratori del vetro. (Körner 1831, p. 2)
Körner affermò inoltre che quello era il momento migliore per avviare un tale insegnamento, dato che i territori tedeschi possedevano il miglior vetro flint e il miglior vetro crown utilizzato nei telescopi di tutta Europa.
Anche nei territori tedeschi cattolici, verso la fine del XVIII sec., non esistevano grandi laboratori di fisica, ma soltanto collezioni di strumenti fisici. Diversamente da quanto avveniva nelle regioni protestanti, tuttavia, queste collezioni appartenevano agli ordini monastici, in particolar modo ai benedettini. Ad Augusta e a Monaco (così come a Salisburgo e a Innsbruck in Austria) i benedettini e gli agostiniani possedevano attrezzatissimi gabinetti dotati di strumenti fisici per la ricerca in ottica, nel campo dell'elettricità, della topografia militare e del magnetismo, che in seguito alla secolarizzazione degli ordini monastici, avvenuta nel 1801, divennero proprietà dello Stato.
L'impatto della cultura benedettina sullo sviluppo della ricerca fisica è dimostrato dal laboratorio di Joseph von Fraunhofer (1787-1826), un artigiano proletario autodidatta, che utilizzò il monastero benedettino secolarizzato di Benediktbeuern come suo laboratorio, sfruttando lo spazio architettonico preesistente per costruire rinomate e ambite lenti acromatiche, prismi per telescopi e microscopi, e strumenti topografici per scopi militari. Egli divenne il più importante ottico europeo dell'inizio del XIX sec., a capo del più imponente laboratorio tedesco dell'epoca: l'Istituto Ottico, fondato nel 1809 insieme a Georg Friedrich von Reichenbach e Joseph von Utzschneider nei locali del monastero benedettino di Benediktbeuern.
Di tutte le abbondanti risorse di cui poteva disporre Utzschneider, primo consigliere privato di Baviera e imprenditore, un monastero benedettino era quello che meglio rispondeva alle esigenze di una vetreria. In primo luogo, Benediktbeuern si trovava al centro di una grande foresta che garantiva un abbondante rifornimento di legna come combustibile per la fonderia; in secondo luogo, una cava di quarzo, uno degli ingredienti chiave del vetro, era situata nella vicina Zillertal; in terzo luogo, i monaci benedettini e gli artigiani delle comunità limitrofe erano molto versati sia nella teoria e nella pratica ottica sia nella fabbricazione del vetro: padre Udalricus Riesch, che lavorava con Fraunhofer all'Istituto Ottico, era stato un cartografo a Benediktbeuern e possedeva una profonda conoscenza degli strumenti topografici; padre Josef Maria Wagner insegnava ottica ai giovani apprendisti che lavoravano con Fraunhofer nel monastero, ed entrambi erano suoi intimi amici; Ulrich Schiegg era un monaco benedettino e Joseph Niggl aveva ricevuto la sua istruzione ottica presso i benedettini di Rott; in quarto luogo, i monasteri e i conventi, che in tutta la Baviera, la Boemia e il Tirolo erano stati per quasi un millennio luoghi di fabbricazione del vetro, tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX sec. possedevano imponenti biblioteche che includevano testi di ottica fisica e ricche collezioni di strumenti fisici comprendenti telescopi stellari, teodoliti e sestanti. Infine, l'ampio spazio del monastero consentì a Fraunhofer di ideare un esperimento in cui i raggi di luce emessi da lampade erano resi quasi paralleli, utilizzandoli poi nella costruzione e nella calibrazione delle lenti acromatiche.
Il silenzio e la segretezza cui si attenevano Fraunhofer e Utzschneider rispecchiavano le antiche pratiche di lavoro dei monaci benedettini, i quali custodivano gelosamente le tecniche di lavorazione e le formule per la produzione del vetro. Gli operai specializzati che non appartenevano agli ordini monastici, invece, rispettavano il segreto corporativo per motivi economici. Nel Tardo Medioevo, con il diffondersi della capacità di leggere e scrivere, i membri delle corporazioni, che basavano i loro insegnamenti sulla trasmissione orale, avevano iniziato a mettere per iscritto i loro segreti tecnici, soprattutto gli operai dei monasteri, il cui tasso di alfabetizzazione era molto più alto di quello degli artigiani secolari. Questi testi, tuttavia, non erano facilmente comprensibili, poiché spesso si usavano alcuni simboli, molto simili a quelli degli alchimisti, per cifrare i libri di formule e le spiegazioni delle pratiche di lavorazione del vetro: a ciascun numero si faceva corrispondere una particolare lettera e chi non era in grado di decifrare il codice non avrebbe potuto riprodurre il vetro. Il sapere degli artigiani, invece, veniva trasmesso in modo molto più accurato mediante l'imitazione e l'emulazione del maestro piuttosto che attraverso i testi e, come misura estrema per assicurare la segretezza, i vetrai svelavano soltanto raramente i loro cognomi nel timore che i governanti di altre regioni potessero rapirli.
Poiché l'architettura benedettina rifletteva i rituali pubblici e privati associati alla vita monastica, Benediktbeuern poté facilmente essere trasformato in un'impresa ottica che richiedeva una demarcazione tra accesso pubblico e accesso privato. La lavanderia dei monaci, considerata un luogo pubblico, fu trasformata nella fonderia del vetro acromatico, alla quale avevano accesso i comuni vetrai, tagliatori, molatori e levigatori, per fornire la loro assistenza nella fabbricazione delle lenti acromatiche; essa era invece interdetta agli ottici provenienti da altre istituzioni e ai filosofi naturali sperimentali, come Herschel.
Il laboratorio di Fraunhofer fu costruito invece all'interno delle preesistenti celle dei monaci, concepite per sottolineare l'importanza del silenzio nella regola di san Benedetto. L'accesso al laboratorio era consentito solamente a quei lavoratori di Benediktbeuern che fossero esperti di ottica; tuttavia, Fraunhofer vi riceveva ottici di altre istituzioni e filosofi della Natura sperimentali ai quali mostrava soltanto la sua tecnica di calibrazione delle lenti acromatiche, relativa all'uso delle righe di assorbimento dello spettro, assicurando così l'egemonia ottica del suo istituto senza rivelare come fossero costruite le lenti.
Tutti i laboratori di cui si è parlato erano privati, costruiti e mantenuti per ragioni imprenditoriali (come era avvenuto nel caso dell'Istituto Ottico di Benediktbeuern), oppure erano proprietà personale di governatori che li mettevano a disposizione dei filosofi della Natura sperimentali per le loro ricerche e dimostrazioni.
Il primo laboratorio di fisica tedesco in senso moderno fu fondato da Heinrich Gustav Magnus (1802-1870) a Berlino nel 1833. Inizialmente egli adibì alcune stanze della sua residenza privata agli esperimenti di fisica e nel 1845 disponeva di un gruppo di cinquantatré uomini che vi tenevano lezioni e dimostrazioni. Il 14 gennaio la sua casa divenne la sede della Physikalische Gesellschaft zu Berlin. Tra gli allievi più illustri che conducevano esperimenti sotto la sua supervisione figurano Gustav Heinrich Wiedemann, Hermann von Helmholtz, Emil Du Bois-Reymond e John Tyndall. Con l'aumentare del numero degli studenti, l'Università di Berlino (l'odierna Humboldt-Universität) cominciò a sostenere Magnus finanziariamente e nel 1863 gli offrì un'area all'interno della sua proprietà per costruirvi un laboratorio di fisica.
Iniziative analoghe furono intraprese anche in altre università tedesche: Phillip Johann Gustav von Jolly nel 1846 aprì un laboratorio a Heidelberg, che con sisteva di due stanze all'interno di un'abitazione privata. Nel 1850 il laboratorio fu spostato in uno spazio più grande all'interno dell'università, dove Gustav Robert Kirchhoff e Robert Bunsen condussero la loro famosa ricerca sull'analisi spettrale.
A metà del XIX sec., le università tedesche offrivano sia un'istruzione generale di fisica per gli studenti di medicina, sia un tirocinio per gli insegnanti di fisica delle scuole secondarie. Nel 1828, seguendo la politica dell'Università di Bonn, Franz Ernst Neumann (1798-1895) e Heinrich Wilhelm Dove (1803-1879) istituirono presso l'Università di Königsberg un seminario di scienze naturali, concepito per trasmettere agli insegnanti della scuola secondaria le tecniche base della sperimentazione. Sorsero problemi per il finanziamento delle attività, ma i piani furono alla fine realizzati nel 1835. All'inizio degli anni Trenta, Wilhelm Weber (1804-1891) avviò un corso di pratica di laboratorio all'Università di Gottinga, che includeva anche un tirocinio per gli insegnanti della scuola secondaria. Come scrisse al capitano Sabine nel 1845: "In Germania […] fino a oggi esistevano soltanto collezioni di strumenti fisici senza occasioni permanenti per il loro uso; non c'erano laboratori fisici né osservatori. Tali laboratori e osservatori, che sono divenuti indispensabili per i progressi della scienza, stanno ora cominciando a sorgere e le sovvenzioni concesse per le misurazioni magnetiche forniscono a ciò un sostegno solido e affidabile, come la mia personale esperienza può attestare" (Weber a Sabine, 20 febbraio 1845, in Jungnickel 1986, I, p. 77). Weber alludeva, naturalmente, alla sua collaborazione con Carl Friedrich Gauss (1777-1855) a Gottinga nelle ricerche di elettromagnetismo del Magnetischer Verein.
Sostenendo che i loro seminari avevano un'importanza fondamentale per lo Stato come luogo di formazione degli insegnanti, Neumann, Dove e Weber riuscirono a ottenere in misura sempre maggiore fondi per la loro personale ricerca. Con il passare del tempo, essi furono capaci di trasformare i seminari, in cui si insegnavano i fondamenti della fisica agli aspiranti insegnanti della scuola, in moderni laboratori dotati di complesse apparecchiature. Come riferì Neumann, ormai anziano, in una relazione all'Università di Königsberg nel 1876:
Per quanto riguarda l'insegnamento della fisica, va sottolineato che esso deve soddisfare un duplice requisito. In primo luogo, deve fornire la conoscenza e le idee che rientrano nell'educazione generale di coloro che vogliono dedicarsi a una delle differenti scienze naturali, la chimica, la mineralogia, la botanica, ecc., o intendono studiare medicina. Il primo requisito è soddisfatto dalle lezioni di fisica sperimentale. Queste lezioni sono al tempo stesso il fondamento per qualsiasi studio più approfondito della fisica, ma non sono sufficienti per coloro che vogliono diventare insegnanti di fisica nelle scolastiche istituzioni superiori del sapere oppure fisici di professione. A essi sono destinate le lezioni di fisica teorica, che sviluppano l'esatta connessione matematica tra i fenomeni che la fisica sperimentale deve lasciare più o meno sconnessi. […] Con questo insegnamento sperimentale e teorico, la nostra università conclude di norma l'addestramento in fisica, il quale rimane perciò incompleto. A esso manca ancora un aspetto essenziale, l'addestramento pratico. L'arte dell'osservazione, il maneggiare le apparecchiature, i metodi per determinare il tempo e la lunghezza, i metodi attraverso cui gli elementi che devono essere determinati vengono ricavati dai fenomeni, ecc., possono essere acquisiti soltanto attraverso il lavoro pratico in un laboratorio; solo qui l'insegnante può fornire l'istruzione e la guida necessarie. (in Jungnickel 1986, I, p. 89)
È interessante notare come in questa relazione Neumann non leghi il seminario all'insegnamento della fisica; ciò conferma che nel 1876 il laboratorio di fisica era ormai divenuto a tutti gli effetti un luogo per l'insegnamento.
Nel 1887 il governo tedesco e un famoso ingegnere e imprenditore, Werner von Siemens (1816-1892), unirono le loro risorse per istituire la Physikalisch-Technische Reichsanstalt (l'Istituto Imperiale di Fisica e Tecnologia), costruita nella città di Charlottenburg, che all'epoca confinava con Berlino. L'Istituto rappresentava il meglio della scienza pura e dell'industria tedesche; tra gli esempi di ricerca pura condotta al suo interno vi era quella sulla radiazione del corpo nero, decisiva per la nascita della teoria dei quanti. Il suo impegno nella metrologia fisica è comprovato dallo sviluppo di campioni di unità elettriche validi sia per la scienza sia per l'industria. L'Istituto collaudava e brevettava strumenti scientifici, come il diapason, e apparecchiature per effettuare misurazioni.
L'architettura della Physikalisch-Technische Reichsanstalt rifletteva la decisione di porre l'accento tanto sulla ricerca scientifica pura, quanto sulle applicazioni tecniche. La sezione scientifica fu costruita per prima fra il 1887 e il 1891, con un costo di circa un milione di marchi per l'edificio e per le attrezzature. La sezione tecnica era alloggiata in diverse stanze disponibili presso la Technische Hochschule e la costruzione di nuovi edifici fu rinviata dal direttore Helmholtz, a causa della decisione del governo tedesco di non erogare sufficienti finanziamenti, a una fase successiva al completamento della sezione scientifica.
Dal 1887 al 1891 la ricerca della sezione scientifica fu limitata agli studi termometrici necessari a creare il fondamento per il lavoro, svolto in questo campo dalla sezione tecnica. Dopo il 1891, quando i nuovi edifici furono completati, la sezione scientifica era divisa in tre laboratori destinati, rispettivamente, allo studio del calore, dell'elettricità e dell'ottica. Nel 1893 essa impiegava un numero di persone superiore a quello di ogni altra istituzione scientifica dell'epoca; dodici svolgevano il lavoro scientifico o tecnico, cinque si occupavano del mantenimento dei macchinari fisici e dei laboratori, cinque lavoravano nell'ufficio.
Max Thiesen (1849-1936) era a capo del laboratorio per le ricerche sul calore, il più grande dei tre, i cui obiettivi erano di trovare materiali migliori per i termometri, misurare in maniera più accurata temperature sempre più elevate e comprendere quale fosse l'influenza della temperatura, della pressione e di altri parametri sul funzionamento delle macchine termiche. In breve, si cercava di creare una scala termodinamica assoluta di temperatura affidabile per tutte le misure del calore.
Il laboratorio per le ricerche sull'elettricità, diretto da Wilhelm Jager, operava tendendo a contrastare gli sforzi dei Francesi per dominare la metrologia elettrica internazionale. Celebrò il suo primo successo quando fissò i campioni di misura elettrici per l'ampere e per l'ohm adottati dall'International Electrical Congress di Chicago del 1893. Il laboratorio conduceva anche indagini magnetiche sul ferro e sull'acciaio, decisive per la costruzione della dinamo, e collaborava con la Marina imperiale tedesca per la costruzione di bussole magnetiche di precisione.
Il laboratorio di ottica, sotto la direzione di Otto Richard Lummer (1860-1925), concentrava le sue energie sulla fotometria, ossia sulla misurazione delle varie quantità che descrivono la luce, intraprendendo anche indagini polarimetriche. L'industria tedesca dello zucchero e l'ufficio tedesco della dogana richiedevano il collaudo e il brevetto degli strumenti di polarizzazione che misuravano l'attività ottica, cioè l'angolo del quale ruotava il piano di polarizzazione della luce nell'attraversare una sostanza otticamente attiva.
La sezione tecnica della Physikalisch-Technische Reichsanstalt era diretta da Leopold Loewenherz, che si era laureato in matematica e fisica all'Università di Berlino, presso la quale aveva conseguito nel 1870 il dottorato in geometria sintetica. In seguito, Loewenherz lavorò per diciassette anni nella Normal Eichungskommission di Wilhelm Julius Förster, dove sviluppò le sue capacità amministrative e stabilì contatti fondamentali nell'ambito delle industrie tedesche, svolgendo inoltre un ruolo importante all'interno della Deutsche Gesellschaft für Mechanik und Optik e della rivista affiliata, la "Zeitschrift für Instrumentenkunde". Con queste qualifiche, non sorprende affatto che egli sia risultato la scelta perfetta per dirigere la sezione tecnica e sia divenuto in breve tempo il braccio destro di Helmholtz. Come direttore, Loewenherz controllava quattro laboratori: meccanica di precisione, calore e pressione, elettricità, ottica, sovrintendendo inoltre al laboratorio chimico e all'annessa officina. Nel 1892, Loewenherz dirigeva quarantatré impiegati, di cui ventiquattro svolgevano il lavoro tecnico, dieci mettevano a disposizione la loro conoscenza meccanica per il mantenimento delle apparecchiature e nove amministravano l'ufficio.
Il primo direttore del laboratorio di meccanica di precisione fu Arnold Lemau, che rimase in carica sino alla morte, nel 1914. Sotto la sua guida il laboratorio portò avanti sei progetti: fornì alla sezione scientifica misure precise dello spessore delle lamine di quarzo nei polarimetri; collaudò i girometri per la determinazione della velocità di rotazione, di fondamentale importanza per l'industria tedesca del motore; collaudò e brevettò la filettatura American Standard Unfied; effettuò indagini sull'espansione dei metalli dovuta al calore; fece ricerche sulle leghe di nichel-rame e di alluminio per il loro uso come pesi analitici; in ultimo, fissò gli standard ed effettuò test per il diapason.
Hermann Wiebe dirigeva il laboratorio per le ricerche sul calore e sulla pressione; esso era responsabile del controllo della qualità dell'industria tedesca del termometro e vi erano effettuate indagini preliminari sui pirometri tecnici e misurazioni della temperatura di tre forni di ricottura usati nello stabilimento di Carl Zeiss oltre al collaudo di una serie di strumenti per la misurazione del calore e della pressione, come calorimetri, barometri, manometri, misuratori di olio, viscosimetri, e di differenti tipi di olio e di anelli in lega usati nelle caldaie.
Il laboratorio per le ricerche sull'elettricità, sotto la guida di Karl Feussner, doveva soddisfare le esigenze delle industrie elettriche tedesche, essendo in particolare responsabile del miglioramento dei loro campioni e degli strumenti di misura. Vi si condussero numerose misurazioni dell'intensità di corrente e della tensione per mezzo di un compensatore o di un potenziometro. Il laboratorio collaudava e brevettava anche vari tipi di apparecchiature elettriche, come pile campione, condensatori, galvanometri, voltmetri, accumulatori e batterie; a partire dal 1893, il laboratorio compiva indagini anche sulle proprietà magnetiche dell'acciaio, del ferro e del nichel. Infine, sempre nei primi anni Novanta del secolo, il laboratorio realizzava la manganina, una lega di rame, manganese e nichel usata per realizzare resistori.
Lummer era a capo anche del laboratorio ottico, che rispondeva ai bisogni dell'industria tedesca dell'illuminazione. Esso collaudava e brevettava le lampade Hefner e svolgeva il proprio lavoro nel campo della fotometria costruendo uno strumento fotometrico utilizzato nella tecnologia dell'illuminazione a gas; si occupava del collaudo delle lampade ad arco per l'illuminazione urbana, di quelle elettriche, di quelle a gas e a cherosene; realizzava un'analisi fotometrica di differenti tipi di petrolio e confrontava sorgenti di luce colorata.
La Physikalisch-Technische Reichsanstalt divenne così l'invidia del mondo scientifico: i fisici francesi e britannici notavano con disappunto come in meno di cinquant'anni i Tedeschi avessero soppiantato il loro dominio scientifico, esprimendo le loro preoccupazioni ai rispettivi governi e sollecitandoli a incrementare i finanziamenti per la ricerca scientifica e per quella tecnologica, nel timore di rimanere pericolosamente arretrati rispetto al loro nuovo e incredibilmente potente vicino europeo.
Agli inizi del XIX sec., il primo importante laboratorio britannico era la Royal Institution, fondata nel 1800 e costituita dall'anfiteatro per le dimostrazioni, dalla sala dei campioni e dalle officine, dove i fabbri lavoravano con la fucina e con il mantice. Lo scopo dell'istituzione, secondo il suo fondatore, Benjamin Thompson (conte di Rumford, 1753-1814), era di promuovere la scienza applicata, ma la prospettiva industriale iniziò a declinare a favore della ricerca pura dopo il 1802, quando Rumford lasciò l'Inghilterra per recarsi in Baviera. In effetti, la Royal Institution divenne la sede di alcuni dei più importanti lavori di fisica del XIX sec.: dalle ricerche di Thomas Young e Sir Humphry Davy, agli esperimenti sull'elettricità e sull'elettromagnetismo di Michael Faraday. Essa era però generalmente utilizzata per le dimostrazioni sperimentali accompagnate da lezioni, che si svolgevano nell'anfiteatro. I filosofi naturali, come Faraday, conducevano i propri esperimenti nel laboratorio del seminterrato e, dopo averne perfezionato le tecniche, li presentavano, sotto forma di 'dimostrazioni pubbliche', di fronte a un pubblico eterogeneo, composto da colleghi e da persone istruite appartenenti alla classe media.
La nascita dei laboratori per l'insegnamento della fisica
La Royal Institution non era deputata all'istruzione degli studenti e, non subendo modifiche per diciassette anni, fu sorpassata dai nuovi laboratori di Oxford, Cambridge, Manchester e Glasgow. Nel 1871 furono apportati i primi miglioramenti e in seguito, negli anni Novanta, grazie alla generosità del dottor Ludwig Mond, la Royal Institution ebbe un nuovo laboratorio scientifico, che prese il nome di laboratorio di ricerca Davy-Faraday, aperto nel dicembre del 1896 e diretto da John William Strutt (lord Rayleigh, 1842-1919). Esso fu definito l'unico laboratorio pubblico nel mondo dedicato esclusivamente alla ricerca nella scienza pura, aperto sia agli uomini sia alle donne di tutte le scuole e a tutte le opinioni sulle questioni scientifiche.
In realtà, nel 1872, un anno dopo che la Royal Institution aveva iniziato a rinnovarsi, la Gran Bretagna contava un certo numero di laboratori per l'insegnamento della fisica (tab. 1), ai quali, nei decenni seguenti, si aggiunsero lo University College of Bristol, il Mason College of Birmingham, lo University College of Liverpool e lo University College of Bangor. In occasione dell'apertura ufficiale del laboratorio di Bangor, nel 1885, Thomson poteva quindi proclamare: "il sistema dei laboratori di fisica è divenuto oramai abbastanza universale. Nessuna università può fare a meno di un laboratorio ben attrezzato" (1885, p. 412).
La tecnologia legata alle misurazioni di precisione, utilizzata da Thomson a partire dal 1850 nel corso delle sue indagini nel laboratorio di fisica dell'Università di Glasgow, era indissolubilmente legata al suo impegno nell'industria dei cavi elettrici e, successivamente, presso l'Electrical Standards Committee della British Association for the Advancement of Science. Thomson, con l'aiuto di alcuni studenti volontari, analizzava le proprietà elettriche della materia, e in modo particolare il ritardo di segnale. Essi osservarono che la purezza del rame del conduttore elettrico fornito alle compagnie di cavi variava notevolmente e che la minima quantità di impurità amplificava il ritardo di segnale. Il suo laboratorio di collaudo a Glasgow aiutava le compagnie di cavi a costruire conduttori a bassa resistenza e nello stesso tempo incoraggiava queste compagnie a usare la guttaperca indiana come isolante. Thomson e i suoi studenti di laboratorio risolsero i problemi relativi alla costruzione e al funzionamento del telegrafo realizzando, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, nuovi strumenti per le misurazioni elettriche di precisione e migliorando quelli vecchi, come i galvanometri e le pile Daniell. Nei decenni successivi, questi strumenti furono impiegati da molti sperimentatori professionisti nell'insegnamento presso i laboratori accademici destinati allo studio dell'elettricità. Il laboratorio di fisica di Thomson a Glasgow rispondeva all'esigenza di costruire una rete di cavi telegrafici sottomarini che permettesse al governo britannico e alle industrie di esercitare un controllo sui vasti e distanti territori dell'Impero.
I colleghi di Thomson si unirono a lui nel sottolineare l'importanza del recente sviluppo della fisica di precisione e delle sue applicazioni all'industria. Frederick Guthrie, professore di fisica presso la Royal School of Mines, Tyndall, presidente della British Association for the Advancement of Science, George C. Foster dello University College of London, erano tutti d'accordo sul fatto che le misure di precisione avevano unificato con successo la varie branche della fisica, dimostrando che la termodinamica, l'elettromagnetismo, l'ottica e la dinamica sono scienze quantitative interrelate che hanno per oggetto il trasferimento di energia.
Nella seconda metà del XIX sec. si assiste, dunque, a uno spostamento, nell'ambito dell'insegnamento universitario della fisica, dall'apprendimento ripetitivo delle lezioni e dei manuali a un metodo di istruzione più pratico e orientato verso l'esperienza, come affermò nel 1868 Robert B. Clifton appellandosi all'Assemblea dell'Università di Oxford al fine di ottenere un sostegno finanziario per la costruzione di un nuovo laboratorio di fisica:
all'epoca in cui fu costruito [verso la fine degli anni Cinquanta] il Museo [dell'Università], si riteneva necessario impartire soltanto delle lezioni di fisica […]. Tuttavia, da allora, la scienza fisica si è ampliata grandemente: ora si è reso necessario che gli studenti ricevano un'istruzione più completa di quella che forse può essere impartita loro attraverso le lezioni pubbliche, ed è importante per uno studente di fisica prendere conoscenza attraverso la reale esperienza degli accurati processi fisici, così come è importante per gli studenti di chimica o di fisiologia ricevere un'istruzione pratica presso i loro dipartimenti di scienza. (in Gooday 1990, p. 38)
Il laboratorio Cavendish
Il più prestigioso laboratorio di fisica della Gran Bretagna era quello Cavendish dell'Università di Cambridge, fondato nel 1874 e diretto da James C. Maxwell (1831-1879) sino alla sua prematura morte. Era un laboratorio per l'istruzione degli studenti laureati e quindi non contribuiva all'insegnamento universitario, diversamente dai laboratori considerati in precedenza. La caratteristica distintiva del laboratorio di fisica, nell'antica 'tradizione di Cambridge', era lo stretto legame tra l'analisi matematica dettagliata e complessa e le accurate misure sperimentali. Lo stile della Scuola di fisica di Cambridge era così riassunto da Schuster agli inizi del XX secolo.
Definire chiaramente un problema circoscrivendone i limiti, ampi o stretti, in maniera da trasformarlo in un problema preciso che può essere formulato e sottoposto ad analisi matematica. Deve esserci sempre una risposta definita a una questione definita, e, fino a quando le difficoltà matematiche non sono insuperabili, le conseguenze di ogni assunzione possono essere ottenute in una forma in cui possono essere verificate, non soltanto per quanto riguarda la loro natura generale ma anche per quel che riguarda i loro valori numerici. Il risultato può non essere di grande portata, ma all'interno del suo campo limitato esso è definito. (Schuster 1917, pp. 12-13)
Come asseriva lo stesso Rayleigh, successore di Maxwell alla direzione del laboratorio e Cavendish professor dal 1879 al 1884, gli esperimenti devono essere controllati, quantitativi e precisi, e la loro esattezza analizzata molto dettagliatamente. Rayleigh decise inoltre che il laboratorio dovesse concentrare gli sforzi sulla misurazione dei campioni di unità elettriche, di modo che sotto la sua guida gli obiettivi del laboratorio Cavendish divennero le misure di precisione e la determinazione di costanti fisiche. Pertanto i fisici istruiti sotto la tutela di Rayleigh dovevano essere matematici molto esperti ‒ quasi tutti avevano superato il mathematical tripos di Cambridge ‒ e avere una buona padronanza delle tecniche di progettazione sperimentale. Rayleigh era anche un efficace procacciatore di fondi e riuscì a ottenere oltre 1500 sterline per l'attrezzatura.
Uno dei fisici che si formarono nello spirito di Rayleigh fu Joseph J. Thomson (1856-1940), il cui lavoro sperimentale si poneva però in netto contrasto con quello del maestro, non essendo altrettanto interessato alle misure di precisione e nemmeno a uno stretto connubio fra teoria ed esperimento. Piuttosto, egli era attratto dalle teorie immaginative fondate su analogie meccaniche (normalmente riguardanti i vortici dell'etere) e considerava invece la matematica uno strumento per spiegare i particolari. Il singolare atteggiamento di Thomson nei confronti dell'esperimento era basato su tre fattori: (1) gli mancavano la pazienza e l'abilità manuale necessarie per essere uno sperimentatore di successo a Cambridge; (2) era straordinariamente immaginativo e aveva una predilezione per le teorie onnicomprensive; (3) la sua immaginazione era più visiva che metrica. Tuttavia la ricerca di Thomson costituiva l'interfaccia fra due gruppi molto diversi di scienziati interessati al problema delle scariche elettriche: i dilettanti, che possedevano poca istruzione matematica, e i fisici formati a Cambridge. Thomson spingeva il laboratorio Cavendish a familiarizzare con nuove tecniche e apparecchiature sperimentali, quali i tubi a scarica di vetro e le pompe da vuoto. Dal 1874 al 1899, quindi, la grande maggioranza degli articoli pubblicati dai fisici del laboratorio Cavendish si occupava della ricerca di campioni di misura delle grandezze fisiche, mentre con il passare del tempo la ricerca si concentrava sempre più sul settore delle scariche elettriche.
In conclusione, i commentatori della fine del XIX sec. facevano riferimento alla metà del secolo come al periodo della 'rivoluzione del laboratorio' e gli scienziati di entrambe le sponde dell'Atlantico rilevavano che i metodi di apprendimento in laboratorio avevano rimpiazzato la lezione, la dimostrazione e il manuale nell'insegnamento istituzionale della scienza, in particolare della fisica e della chimica. Sulle pagine del periodico americano "Science" riferendosi a quel periodo, nel 1884, si affermava che quarant'anni prima esistevano pochi laboratori, o sarebbe più giusto dire nessuno, che oggi potrebbero essere considerati accettabili. Adesso ogni università che abbia una certa importanza e un'alta reputazione nel mondo possiede numerose stanze per ogni dipartimento di scienza e spesso parecchie foresterie, dentro le quali migliaia di studenti vengono giornalmente a contatto con i fatti e le leggi della Natura.
Ciò è in netto contrasto con quanto si trova nella Cyclopedia del 1819, dove il laboratorio viene definito come "un luogo fornito di apparecchiature chimiche e interamente dedicato alle differenti operazioni della chimica o su scala produttiva, o a scopo di ricerca" e dove non sono menzionati i laboratori di fisica.
Negli anni Quaranta del secolo, quando William Thomson sollevò la questione di un laboratorio di fisica con uno studente di von Liebig, questi si chiese perché mai un tale laboratorio dovesse essere necessario per i fisici. Lo stesso Thomson ci informa che quando intraprese per la prima volta il lavoro sperimentale in fisica all'Università di Glasgow, all'inizio degli anni Cinquanta, l'espressione 'laboratorio di fisica' era del tutto 'sconosciuta'. Ancora nel 1867, un nuovo ma effimero giornale intitolato "The Laboratory" associava i laboratori esclusivamente alla chimica, in particolar modo alle sottodiscipline della metallurgia e della farmacia, ma sul finire degli anni Settanta, i laboratori di fisica erano divenuti sia una componente decisiva dell'istruzione dei fisici, sia un luogo di lavoro.
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