L'Unione europea e il Sahara occidentale
Sul piano internazionale resta controverso lo status del Sahara occidentale. Anche la politica dell’UE al riguardo non è sempre coerente: da una parte, essa è un importante donatore di aiuti umanitari ai rifugiati Sahrawi; dall’altra, consente il commercio di merci provenienti dal Sahara occidentale in opposizione alla volontà del Front Polisario (Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro). In tale quadro, si inserisce la sentenza della Corte di giustizia UE (C. giust. UE) del 2016, che riguarda l’applicazione al Sahara occidentale dell’accordo in merito a misure di liberalizzazione reciproche per i prodotti agricoli, i prodotti agricoli trasformati, il pesce e i prodotti della pesca (accordo di liberalizzazione) tra UE e Marocco.
Il 21.12.2016 la C. giust. UE ha reso una sentenza1 che potrebbe avere importanti ripercussioni sulla politica dell’UE nei confronti del Sahara occidentale. In tale sentenza la C. giust. UE, negando alle esportazioni provenienti dal Sahara occidentale la concessione delle tariffe preferenziali accordate al Marocco, ha sostenuto che gli accordi di associazione e di liberalizzazione tra UE e Marocco non si applicano al territorio conteso del Sahara occidentale.
La C. giust. UE ha affermato che l’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra (accordo di associazione) e l’accordo di liberalizzazione tra l’UE e il Marocco non sono applicabili al Sahara occidentale.
In tal modo, essa ha annullato la precedente sentenza del Tribunale in cui si giungeva a soluzioni opposte e respinto il ricorso di annullamento proposto dal Front Polisario contro la decisione del Consiglio di concludere l’accordo di liberalizzazione. La sentenza della C. giust. UE, pertanto, interessa, indirettamente, la delicata questione dell’appartenenza del Sahara occidentale al territorio del Marocco e del diritto di quest’ultimo Stato di rappresentare il popolo Sahrawi. Peraltro, va precisato che, nella sua decisione, la C. giust. UE non ha riconosciuto espressamente l’esistenza del Sahara occidentale quale Stato indipendente, né ha preso posizione sui rapporti tra tale territorio e il Marocco.
La controversia sullo status del Sahara occidentale2 ha origine nel 1975, quando, dopo la cessazione del regime coloniale spagnolo, il Marocco e la Mauritania iniziarono a contendersi tale territorio. In quello stesso anno, la Corte internazionale di giustizia (CIG), dopo avere affermato che il territorio del Sahara occidentale era stato occupato illecitamente, riconobbe il diritto all’autodeterminazione del popolo Sahrawi3 e nel 1976 il Front Polisario, in rappresentanza di tale popolo, ne dichiarò l’indipendenza, dando inizio a un conflitto armato. La Mauritania si è ritirata da tale conflitto nel 1979 e, nello stesso anno, l’Assemblea generale dell’ONU ha riconosciuto il Front Polisario come «a representative of the people of Western Sahara», autorizzato a rappresentare gli interessi dei suoi abitanti a livello internazionale4. Tale status è stato finora accettato da una cinquantina di Stati e dalla stessa Unione africana. Peraltro, i tentativi dell’ONU di risolvere la controversia pacificamente sono tutti falliti e il Marocco continua a rivendicare la propria sovranità sull’area contesa e a occuparne gran parte del territorio.
L’UE ha espresso la propria posizione sulla questione del Sahara occidentale in più occasioni. Il Parlamento europeo, in particolare, dal 1989 ha riconosciuto il diritto all’autodeterminazione del popolo Sahrawi, facendo rientrare la questione del Sahara occidentale nell’ambito del generale processo di decolonizzazione e invitando gli Stati membri e il Consiglio europeo a promuovere una soluzione del conflitto nel rispetto appunto del diritto all’autodeterminazione5. Tuttavia, l’UE non ha, finora, operato in modo concreto e netto a favore del rispetto dell’indipendenza del Sahara occidentale, principalmente a causa della diversa posizione assunta dai singoli membri al riguardo.
Le relazioni tra UE e Marocco si sono sviluppate nell’ambito del cd. processo di Barcellona, attraverso la conclusione di accordi bilaterali volti principalmente a promuovere la cooperazione economica. In tale contesto, hanno particolare importanza l’accordo di associazione del 26.2.1996 e l’accordo di liberalizzazione del 13.12.2010. Un altro accordo rilevante e controverso è quello di partenariato nel settore della pesca tra UE e Regno del Marocco del 22.5.2006.
La sentenza della C. giust. UE del 21.12.2016 offre spunti interessanti riguardo al tema dell’applicazione al Sahara occidentale degli accordi conclusi tra UE e Marocco, in particolare l’accordo di liberalizzazione. In generale, gli accordi conclusi dall’UE con il Marocco, contrariamente a quanto espressamente previsto in trattati stipulati da altri Paesi con tale Stato africano, non fanno espressamente riferimento al Sahara occidentale, lasciando pertanto indefinita la questione di una loro applicazione a tale ambito territoriale. Può porsi, dunque, il problema dell’applicazione di tali accordi al Sahara occidentale, che, in assenza di una clausola convenzionale specifica, va risolto sulla base della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23.5.1969 e del diritto internazionale consuetudinario.
A seguito dell’adozione da parte del Consiglio della decisione di approvazione dell’accordo di liberalizzazione6, il Front Polisario ha adito il Tribunale dell’UE per chiedere l’annullamento della suddetta decisione, contestando l’applicazione al territorio del Sahara occidentale da parte del Marocco dell’accordo di liberalizzazione. Infatti, in virtù di tale accordo, sarebbero state facilitate le esportazioni verso l’UE di prodotti agricoli e risorse ittiche che spettavano, in realtà, al popolo Sahrawi, in violazione dei diritti fondamentali tutelati dal diritto UE e dei principi di autodeterminazione dei popoli e di sovranità permanente sulle risorse naturali previsti dal diritto internazionale. Nel 2015, il Tribunale ha accolto il ricorso del Front Polisario, annullando la decisione del Consiglio7. Esso ha riconosciuto che il Front Polisario poteva essere considerato una “persona giuridica” ex art. 263 TFUE e avere un interesse “diretto” e “individuale” per sfidare la legittimità della decisione 2012/497/UE del Consiglio. Secondo il Tribunale, gli accordi di associazione e di liberalizzazione erano applicabili al «territorio del Regno del Marocco», espressione che, in assenza di una clausola in senso contrario, doveva essere intesa come comprendente il Sahara occidentale. Inoltre, sebbene né l’accordo di liberalizzazione né quello di associazione includessero espressamente nel loro ambito di applicazione territoriale il Sahara occidentale, le istituzioni dell’UE erano coscienti dell’applicazione dell’accordo del 1996 a parti del Sahara occidentale da parte delle autorità marocchine e non si erano opposte. La Commissione, peraltro, aveva riconosciuto che gli accordi erano stati applicati ai prodotti provenienti dal Sahara occidentale e che diversi esportatori autorizzati in base all’accordo di associazione avevano la sede in quel territorio. Perciò, a causa dell’applicazione di tali accordi al Sahara occidentale, il Front Polisario doveva ritenersi interessato dalla decisione del Consiglio e, in quanto tale, legittimato a chiederne l’annullamento. Inoltre, secondo il Tribunale, pur non essendovi un divieto assoluto per l’UE di concludere un accordo che poteva essere applicato a un territorio conteso, in una tale circostanza andava valutato se l’applicazione di un tale accordo avveniva a scapito della popolazione di quel territorio o in violazione dei diritti fondamentali dei suoi abitanti, inclusi quelli tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali UE. Poiché il Consiglio non aveva rispettato, prima della conclusione dell’accordo di liberalizzazione, l’obbligo di valutare se vi fosse il rischio di uno sfruttamento delle risorse naturali del territorio del Sahara occidentale sotto il controllo marocchino a danno dei suoi abitanti e in violazione dei loro diritti fondamentali, la decisione di approvazione dell’accordo doveva essere annullata nella misura in cui si applicava al territorio suddetto.
A seguito di tale sentenza, il Consiglio ha adito la C. giust. UE per chiederne l’annullamento. La C. giust. UE ha accolto l’impugnazione, rigettato il ricorso del Front Polisario e annullato la sentenza del Tribunale, asserendo che i due accordi non si applicano al territorio del Sahara occidentale. Essa ha ritenuto che non vi fossero motivi per l’annullamento della decisione del Consiglio, infatti, dal punto di vista giuridico, l’accordo tra UE e Marocco non poteva estendersi al Sahara occidentale, dal momento che tale area non fa parte del territorio del Marocco in virtù del diritto internazionale. Secondo la C. giust. UE, in particolare, in assenza di un riferimento esplicito negli accordi al Sahara occidentale, la questione della loro applicazione a tale territorio andava risolta sulla base del diritto internazionale applicabile nei rapporti tra UE e Marocco, secondo l’art. 31 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. Pertanto, in considerazione dello status separato e distinto riconosciuto al territorio del Sahara occidentale in forza della Carta ONU e conformemente al principio consuetudinario di autodeterminazione dei popoli, l’espressione «territorio del Regno del Marocco» non poteva includere il Sahara occidentale e, di conseguenza, a quest’ultimo non erano applicabili gli accordi di associazione e di liberalizzazione. Inoltre, secondo la C. giust. UE, il popolo Sahrawi doveva essere considerato come un terzo sul quale poteva incidere l’attuazione dell’accordo di liberalizzazione. Peraltro, non risultava in alcun modo che tale popolo avesse acconsentito all’applicazione di tale accordo al Sahara occidentale. La C. giust. UE, infine, ha sostenuto che l’applicazione de facto degli accordi da parte dell’UE a prodotti originari del Sahara occidentale non implicava un riconoscimento dei diritti del Marocco sull’area, non essendo stato dimostrato che una tale prassi fosse il frutto di un accordo tra le parti diretto a modificare l’interpretazione dell’ambito territoriale di tali trattati. Inoltre, la dimostrazione di una volontà dell’UE in tal senso avrebbe implicato una violazione da parte sua del principio di autodeterminazione dei popoli. Dunque, la C. giust. UE ha concluso che il Tribunale aveva erroneamente considerato gli accordi in questione applicabili al Sahara occidentale e, di conseguenza, ne ha annullato la sentenza, che invece era giunta alla conclusione opposta.
Riguardo, poi, al ricorso presentato dal Front Polisario, la C. giust. UE ha osservato che, non applicandosi l’accordo di liberalizzazione al Sahara occidentale, tale soggetto non era interessato dalla decisione con la quale il Consiglio aveva approvato la conclusione dell’accordo. La C. giust. UE ha, quindi, respinto formalmente il ricorso del Front Polisario per mancanza di legittimazione ad agire, sebbene ne abbia accolto, nella sostanza, le ragioni principali.
La sentenza della C. giust. UE del 2016 potrebbe avere ripercussioni importanti sulle relazioni tra UE e Marocco. Le relazioni commerciali dei Paesi membri con tale Stato sono di primaria importanza: oltre l’80% della sua produzione agricola è diretta verso l‘UE e, peraltro, numerosi prodotti agricoli e della pesca provengono dal Sahara occidentale. Contestualmente, il Marocco è un partner fondamentale per l’UE per i temi della sicurezza, delle migrazioni e della lotta al terrorismo.
Dal punto di vista del diritto internazionale, è necessario stabilire se gli accordi tra UE e Marocco possono applicarsi al Sahara occidentale. Perciò, andrebbe stabilito se il Marocco sia uno Stato occupante o una potenza amministratrice o che amministra de facto il Sahara occidentale e se il primo abbia la capacità giuridica di concludere accordi internazionali per conto del secondo8. In tale quadro sono anche rilevanti l’obbligo di non riconoscere situazioni illecite in virtù del diritto internazionale, almeno quando siano state violate norme di ius cogens9, che include anche il cd. riconoscimento implicito10, e il principio della sovranità permanente sulle risorse naturali. Tale ultimo principio non impedisce la conclusione di un accordo internazionale per conto del popolo sotto occupazione, purché l’accordo sia concluso conformemente agli interessi e alla volontà del popolo in questione11. Perciò, gli accordi bilaterali conclusi dall’UE potrebbero ritenersi in violazione del diritto internazionale, ma anche in contrasto con gli orientamenti seguiti da essa in altre occasioni, ad esempio in relazione ai territori occupati da Israele. Invero, potrebbe porsi la questione della responsabilità sia dell’UE sia degli Stati membri per eventuali violazioni di norme internazionali12.
La sentenza del 2016 chiarisce che l’ambito di applicazione territoriale dei trattati conclusi dall’UE va sempre definito in riferimento al diritto internazionale. Come correttamente osservato nell’opinione dell’Avv. gen., il fatto che UE e Marocco «agree to disagree» sull’applicazione degli accordi di associazione e di liberalizzazione13 non può incidere sulla circostanza che tali accordi si applicano solo al territorio del Marocco come internazionalmente riconosciuto. Resta incerto, peraltro, come dare attuazione alla sentenza della C. giust. UE. Infatti, dal momento che secondo la sentenza gli accordi commerciali dell’UE si applicano al Sahara occidentale solo se i suoi legittimi rappresentanti vi acconsentono, occorre stabilire come tale consenso possa essere manifestato dal popolo Sahrawi, tenendo presente che solo il Front Polisario è stato riconosciuto dall’ONU come rappresentante di questo popolo. Contrariamente a quanto fatto finora dall’UE, diversi Stati, tra cui gli Stati Uniti, hanno espressamente dichiarato che i trattati da loro conclusi con il Marocco non si applicano al Sahara occidentale, adottando anche misure concrete per garantire il rispetto del diritto all’autodeterminazione del popolo Sahrawi, ad esempio non consentendo le importazioni di merci provenienti dall’area o stabilendo dazi specifici più elevati rispetto a quelli previsti negli accordi commerciali conclusi con il Marocco. Invece, l’UE continua ad avere una politica non coerente. Se, da una parte, è un importante donatore di aiuti umanitari ai rifugiati Sahrawi; dall’altra, consentendo il commercio di merci provenienti dal Sahara occidentale in opposizione alla volontà del Front Polisario, contribuisce de facto a consolidare l’occupazione dell’area e a ostacolare una soluzione della controversia territoriale. In ogni caso, le decisioni considerate indicano che vi sono limiti al potere dell’UE di concludere accordi commerciali che si applicano anche a territori contesi. Inoltre, tali sentenze sembrano suggerire che è necessaria da parte dell’UE una maggiore attenzione al rispetto dei diritti umani e del principio di autodeterminazione dei popoli prima di concludere accordi di libero scambio con determinati partner commerciali. Va ricordato che il Mediatore europeo ha di recente ritenuto che la mancanza, senza valide ragioni, da parte della Commissione di una previa valutazione degli effetti sui diritti umani dell’accordo di libero scambio tra UE e Vietnam rappresenta un caso di cattiva amministrazione14. La sentenza del Tribunale sembrerebbe suggerire che un accordo, la cui applicazione possa comportare violazioni dei diritti umani, non sia ammissibile in alcun caso. Secondo l’Avv. gen. Wathelet, invece, le istituzioni dell’UE e i suoi membri dovrebbero garantire il rispetto solo degli obblighi di ius cogens ed erga omnes e non di tutti i diritti umani15. La C. giust. UE non ha, però, preso in considerazione tale questione.
1 C. giust., 21.12.2016, C104/16 P, Consiglio dell’UE c. Front populaire pour la libération de la saguiaelhamra et du rio de oro (Front Polisario).
2 Cfr. Kingsbury, D., (ed.), Western Sahara: International Law, Justice and Natural Resources, London-New York, 2016.
3 CIG, 16.10.1975, Western Sahara, parere consultivo.
4 Risoluzione 34/37, 21.11.1979.
5 Doc.A2374/88,15.3.1989 e la risoluzione P6_TA(2005)0414, 27.10.2005.
6 Decisione 2012/497/UE del Consiglio, dell’8.3.2012, relativa alla conclusione dell’accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno del Marocco in merito a misure di liberalizzazione reciproche per i prodotti agricoli, i prodotti agricoli trasformati, il pesce e i prodotti della pesca, alla sostituzione dei protocolli nn. 1, 2 e 3 e dei relativi allegati e a modifiche dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra.
7 Trib. UE, 10.12.2015, T512/12, Fronte di liberazione popolare di saguia-el-hamra e del rio de oro (Fronte Polisario)
c. Consiglio dell’UE.
8 Cfr. Soroeta Liceras, J., El conflicto del Sahara Occidental, reflejo de las contradicciones y carencias del Derecho internacional, Bilbao, 2001.
9 Cfr. l’art. 41, par. 2 del Draft Articles on Responsibility of States for Internationally Wrongful Acts, adottato dalla Commissione di diritto internazionale nel 2001.
10 CIG, Legal Consequences for States of the Continued Presence of South Africa in Namibia (South West Africa) Notwithstanding Security Council Resolution 276 (1970), 21.6.1971, parere consultivo; CIG, Legal Consequences of the Construction of a Wall in the Occupied Palestinian Territory, 9.7.2004.
11 Assemblea gen. ONU, risoluzione 50/33, 6.12.1995; CdS ONU, lettera del 29.1.2002 indirizzata al Presidente del CdS dal segretario generale aggiunto agli affari giuridici, consigliere giuridico dell’ONU, S/2002/161, 12.2.2002.
12 Cfr. l’art. 62 del Draft Articles on the Responsibility of International Organizations, with Commentaries, adottato dalla Commissione di diritto internazionale dell’ONU nel 2011.
13 C. giust., C104/16 P, opinione dell’Avv. gen. Wathelet, 13.9. 2016, par. 67.
14 Mediatore europeo, decisione del 26.2.2016, causa 1409/2014/MHZ, par. 28.
15 Opinione dell’Avv. gen. Wathelet, par. 276.