di Claudio Catalano
L’Unione Europea (Eu) si è dotata in tempi recenti di una politica di difesa. Il trattato per la Comunità europea di difesa (Ced) del 1952 che istituiva un esercito europeo composto da unità nazionali, fu rigettato dal senato francese nell’agosto 1954. L’integrazione europea abbandonò l’approccio federalista di cessione di sovranità su funzioni essenziali per lo stato come la difesa e si affermò il metodo funzionalista su materie economiche. Nell’ottobre 1954, Germania e Italia aderirono al Trattato di Bruxelles, accordo difensivo del 1948 tra Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito, creando l’Unione Europea Occidentale (Ueo). La difesa collettiva in Europa rimase di competenza dell’Alleanza Atlantica e in minor misura dell’Ueo.
Scomparsa la minaccia sovietica, gli stati europei istituirono la Politica estera e di sicurezza comune (Pesc) con il Trattato sull’Eu firmato a Maastricht nel dicembre 1991, indicando la politica di difesa come un processo di cui la Ueo era parte integrante attraverso l’accesso a capacità militari. La ‘Dichiarazione di Petersberg’ dei ministri Ueo del giugno 1992 mise a disposizione Ueo unità militari per assolvere i ‘compiti di Petersberg’: missioni umanitarie e di soccorso, attività di mantenimento della pace e missioni di unità di combattimento nella gestione crisi, incluse missioni tese al ristabilimento della pace.
Nelle crisi balcaniche degli anni Novanta, l’Eu si limitò ad aiuti economici e umanitari e gli stati membri intervennero individualmente o attraverso la Nato. Sull’esperienza della missione Nato Ifor in Bosnia, il Consiglio ministeriale atlantico di Berlino del giugno 1996 propose un’Identità europea sicurezza e difesa (Esdi) tra gli stati europei Nato, acconsentendo con gli accordi ‘Berlin’ ad assegnare all’Ueo proprie strutture o procedure per i compiti di Petersberg dove la Nato non fosse coinvolta. Per questo, il trattato di Amsterdam del 1997 incorporò nella Eu i compiti di Petersberg. Concluso l’intervento in Kosovo, al vertice Nato a Washington ad aprile 1999, gli Stati Uniti sostennero l’Esdi, auspicando una difesa europea per rafforzare la Nato, ponendo limiti a: duplicazione rispetto alla Nato; distacco dal concetto strategico; discriminazione di membri, come la Turchia.
Da giugno 1999, il Consiglio Europeo di Colonia iniziò lo sviluppo della Politica europea in materia di sicurezza e difesa (Pesd). L’obiettivo primario di Helsinki deciso nel consiglio di Helsinki del dicembre 1999 impegnava gli stati membri a schierare entro 60 giorni e mantenere per un anno una forza di reazione rapida (Rrf) di 60.000 persone per assolvere ai compiti di Petersberg. Alla conferenza sull’impegno di capacità del novembre 2000 gli stati membri assegnarono al catalogo delle forze di Helsinki più di 100.000 persone con 400 aerei e 100 navi. Il Consiglio di Nizza del dicembre 2000 inserì la Pesd nell’omonimo trattato e definì nelle sue conclusioni le strutture permanenti: Comitato politico e di sicurezza (Cops) a livello di direttori politici; Comitato militare dell’UE (Eumc) composto dai capi di stato maggiore della difesa degli stati membri e dai loro delegati; stato maggiore dell‘UE (Eums) con militari distaccati presso il Consiglio Eu. Il consiglio Ueo a Marsiglia del novembre 2000 decise lo scioglimento dell’Ueo, che cessò di esistere nel luglio 2001, e il trasferimento dei compiti e delle strutture alla Pesd. Per le operazioni militari, non potendo creare duplicazioni, la Eu doveva richiedere l’utilizzo di procedure, regole e capacità di pianificazione alla Nato. La dichiarazione Nato-Eu sulla Pesd del dicembre 2002 e gli accordi ‘Berlin Plus’ nel marzo 2003 per l’utilizzo di risorse Nato per la gestione militare delle crisi, permisero di inviare la prima missione militare Pesd Concordia in Macedonia (Fyrom) a sostituzione della missione Nato da marzo a dicembre 2003.
Nel 2003, la crisi in Iraq creò frizioni tra gli stati favorevoli all’intervento, come il Regno Unito e i paesi dell’Europa centro-orientale e i contrari, come Francia, Germania, Belgio, che proposero la creazione di un comando autonomo Eu a Tervuren, Bruxelles, a duplicazione del comando Nato. Il contrasto fu risolto con l’accordo del dicembre 2003 sull’utilizzo Eu di comandi Nato, in operazioni militari Nato-Eu o dei comandi operativi di Francia, Grecia, Italia e Regno Unito per missioni europee. Si creò la cellula Eu al comando Nato Shapee un collegamento Nato presso Eums. Nel dicembre 2004, questo schema permise alla Eu di sostituire Nato Sfor con una forza europea nella missione Althea in Bosnia, a oggi la maggiore operazione militare Eu. La Rrf, che doveva divenire operativa nel 2003, rimase sulla carta, così Francia e Regno Unito proposero al vertice bilaterale di Le Touquet del febbraio 2003 di creare dei gruppi tattici (battlegroup), proposta formalmente accettata dal Consiglio Europeo nel giugno 2004. Il battlegroup è una brigata interforze nazionale o multinazionale guidata da una nazione quadro a impiego rapido in missioni autonome per compiti di Petersberg o della Strategia europea di sicurezza del 2003. La capacità operativa iniziale fu dichiarata il 1° gennaio 2005 e la piena capacità due anni dopo, con due battlegroup in pronto impiego a rotazione per sei mesi. I battlegroup non sono mai stati utilizzati per problemi di autorizzazioni parlamentari nazionali e il relativo concetto è oggi in revisione.
Il trattato di Lisbona del 2007 ha rinominato la Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc) confermando le strutture militari esistenti, includendo una clausola di solidarietà tra gli stati membri e allargando i compiti. In più di 10 anni, l’Eu è intervenuta con quasi 30 missioni in tre continenti. Nel 2014, l’Eu schiera 7000 persone, di cui 3000 militari, in 17 missioni: 12 civili e 5 militari.