L
- L'undecima lettera degli alfabeti latino, greco, fenicio. In quest'ultimo, come si desume dal nome ebraico corrispondente, essa era detta lāmed, nome di significato oscuro (forse "pungolo per i buoi", dalla sua forma più antica, v. alfabeto, II, p. 373, fig.1); da esso deriva il nome greco λάμβδα, mentre quello latino, el, passato poi alle lingue moderne, non è, in corrispondenza con la semplificazione dei nomi delle lettere dell'alfabeto in latino, se non la riproduzione del suono della lettera, con una vocale di appoggio. La forma più antica della l negli alfabeti greci è molto vicina a quella fenicia, e, conservatasi nell'alfabeto calcidico, è passata tal quale o modificandosi solo leggermente negli alfabeti dell'Italia: etrusco, osco, romano, ecc. (nel romano il tratto minore forma angolo retto col maggiore, anziché acuto); nell'alfabeto ionico, invece, si è avuto un capovolgimento del segno, che ha dato origine alla forma normale del greco, Λ. Da questa si è sviluppata, con piccola modificazione, la minuscola λ; da L latina, anche con modificazioni di poco rilievo, sono derivate le varie corsive medievali e le forme moderne.
Dal punto di vista fonetico la l è una liquida laterale; in quanto tale, si scambia facilmente con la r (caratteristico il fenomeno per il quale alcune lingue non possiedono che una sola di queste liquide: così il cinese la sola l, il giapponese la sola r). Frequente è anche lo scambio di l con la dentale d. In fine di sillaba la l ha spesso tendenza a mutarsi nella semivocale u (per es., in provenzale e in francese); innanzi a i̯ "tende alla palatalizzazione (italiano gl in paglia, ridotta in parecchi dialetti a j; l mouillé del francese, un tempo identica a gl italiana, ora ridotta a i̯); lo stesso fenomeno presenta il portoghese (filho, pronunciato come figlio), mentre lo spagnolo ha in questo caso hijo, con gutturale spirante; queste due lingue, poi, palatalizzano la l raddoppiata, con suono identico a gl dell'italiano (caballo, cavalho). Caratteristica delle lingue slave una particolare palatizzazione della l (ù); dell'indoeuropeo la l (e r) sonante, ossia costituente sillaba a sé mediante l'appoggio di tlna specie di e muta, che si è conservata in sanscrito, ma è scomparsa, con esiti varî, nelle altre lingue indoeuropee.