La Banca dati DNA
Il d.P.R. 7.4.2016, n. 87 (Regolamento recante disposizioni di attuazione della legge 30.6 2009, n. 85, concernente l’istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale) ha permesso di attivare (in parte) anche nel nostro Paese la Banca dati nazionale del DNA.
In forte ritardo rispetto a quanto previsto dall’art. 16 l. n. 85/2009 (che prevedeva quattro mesi dall’entrata in vigore della legge), anche in ragione dei gravi fenomeni terroristici e degli imponenti fenomeni migratori che stanno interessando l’Europa, il 7 aprile 2016 è stato adottato il Regolamento recante disposizioni di attuazione della legge 30.6.2009, n. 85, concernente l’istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA1 che, finora, non ha trovato applicazione in quanto la norma citata rinvia alla normativa regolamentare per quanto attiene all’organizzazione, il funzionamento e le modalità di accesso alla Banca dati nazionale del DNA e al Laboratorio centrale per la predetta banca dati; l’individuazione dei criteri, modalità tecniche e procedurali per il prelievo, la conservazione dei campioni biologici e l’identificazione, d’intesa con il Garante per la protezione dei beni personali, dei modi e tempi di conservazione dei campioni biologici e dei profili del DNA inseriti nella Banca dati nazionale.
Il Regolamento si adatta alle Decisioni nn. 2008/615/GAI e 2008/616/GAI (potenziamento della cooperazione transfrontaliera per la lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera), alla Risoluzione n. 2009/C 296/01 (scambio dei risultati delle analisi del DNA) e osserva, soprattutto, la Decisione n. 2009/905/GAI (accreditamento dei fornitori di servizi forensi che effettuano attività di laboratorio a norma EN ISO/IEC 17025) introducendo metodi di analisi accreditati, condivisi e già adottati da tutti i Paesi europei, consentendo un uso più efficace del dato e una proficua e veloce cooperazione fra le diverse Autorità di polizia. In quanto “dati sensibili”, il loro trattamento dei profili deve conformarsi alla disciplina e al Codice in materia di protezione dei dati personali (d. lgs. 30.6.2003, n. 196).
Individuate le nozioni tecniche di «profilo del DNA» e «marcatore», l’art. 10, co. 6 del Regolamento indica come, al fine di dare una risposta di concordanza positiva fra i profili del DNA, deve esserci una concordanza di almeno dieci loci. Viene, poi, distinta la «concordanza totale» (quando i valori identificativi degli alleli dei loci raffrontati sono identici) dalla «quasi concordanza» (quando tra due profili del DNA un solo allele fra tutti quelli raffrontati è di valore diverso).
In conformità alla l. n. 85/2009 protesa, anche, a facilitare l’identificazione degli autori dei reati2 e la repressione della criminalità, in generale, il Regolamento, entrato in vigore il 10.6.2016, ribadisce la diversificazione strutturale e amministrativa fra la Banca dati nazionale del DNA e il Laboratorio e disciplina nel dettaglio il loro funzionamento e le modalità e forme dell’estrazione, conservazione e cancellazione dei dati.
L’art. 3 del testo conferma che Banca dati nazionale è collocata presso il Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Servizio per il sistema informatico interforze della Direzione centrale della Polizia criminale, e fa capo al Direttore del servizio per il sistema operativo interforze della Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno (art. 26). La sua principale funzione consiste nel confrontare costantemente i profili del DNA provenienti dai reperti biologici rinvenuti sulla scena del crimine con quelli dei soggetti sottoposti al prelievo coattivo3. Il Laboratorio Centrale si trova presso il Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Direzione generale dei detenuti e del trattamento e svolge la tipizzazione del profilo del DNA e la conservazione dei campioni biologici utilizzati per la tipizzazione. Il controllo sulle attività del Laboratorio Centrale è affidato al Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (CNBBSV), la cui attività – già regolata dalla l. n. 85/2009 è specificata all’art. 28 del Regolamento – è quella di organo di garanzia, a cui spetta, fra l’altro, rilasciare il nulla osta ai laboratori delle Forze di polizia e ai laboratori delle istituzioni di elevata specializzazione che alimentano la banca dati; nonché di eseguire, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, delle verifiche presso il Laboratorio centrale e presso i vari laboratori che lo alimentano, e di formulare eventuali suggerimenti sulle procedure, sui criteri di sicurezza e su tutti gli aspetti utili al miglioramento del servizio offerto dal Laboratorio. Il Comitato assicura l’impiego del metodo accreditato secondo la norma ISO/IEC 17025 e segnala al responsabile della Banca dati la non conformità alla norma ISO/IEC e successive modificazioni e chiede la revoca dell’autorizzazione all’inserimento dei profili del DNA nella Banca dati del laboratorio interessato.
I profili sono forniti dai reperti biologici rinvenuti sulla scena del crimine e da quelli appartenenti a persone scomparse e consanguinei, da cadaveri, resti cadaverici non identificati, mentre, nel caso di denuncia di persone scomparse, la p.g. deve acquisire, se necessari, gli elementi informativi della persona scomparsa e i suoi oggetti di uso esclusivo. In tal caso è prevista la possibilità che i consanguinei si sottopongano, volontariamente, al prelievo biologico. Per ragioni di riservatezza, i dati anagrafici di coloro che si rendano disponibili sono inseriti in un sottoinsieme dell’AFIS e sono consultabili esclusivamente per lo scopo indicato. Tali operazioni non si inseriscono all’interno dei procedimenti amministrativi, ma poiché conseguono alla presentazione della denuncia di scomparsa, afferiscono all’attività di indagine penale. Infine, nei casi previsti, tassativamente, all’art. 9 l. n. 85/2009 (soggetti destinatari della misura della custodia cautelare in carcere o arresti domiciliari; soggetti arrestati in flagranza di reato o sottoposti a fermo di indiziato di delitto; soggetti detenuti o internati, a seguito di sentenza irrevocabile, per un delitto non colposo; soggetti nei confronti dei quali sia applicata una misura alternativa alla detenzione a seguito di sentenza irrevocabile, per un delitto non colposo; soggetti ai quali sia applicata, in via provvisoria o definitiva, una misura di sicurezza detentiva) il prelievo potrà essere effettuato esclusivamente se si procede per delitti non colposi e per i quali è consentito l’arresto facoltativo in flagranza. Sono, poi, previste una serie di esclusioni. Si ricorda, a tal fine, che la l. n. 85/2009 ha novellato gli artt. 224 bis c.p.p. (perizia) e l’art. 359 bis c.p.p. (prelievo coattivo come atto di indagine), anche se l’attività, nel corso delle indagine, appare disciplinata sulla falsariga del procedimento cautelare personale (l’iniziativa è del PM e occorre l’autorizzazione del g.i.p.), in maniera inopportuna si fa salvo «quanto disposto all’art. 349 comma 2-bis» c.p.p., per cui la polizia giudiziaria può prelevare materiale biologico coattivamente, fuori da ogni necessità urgente, in base alla mera autorizzazione del PM e senza alcuna convalida giudiziale.
L’acquisizione del materiale biologico deve avvenire mediante il prelievo di due campioni di mucosa orale, che può essere effettuato solo nel caso in cui il soggetto non sia già stato sottoposto a tale operazione, fermo restando il caso in cui il campione biologico sia stato distrutto e ricorrano ex novo presupposti legittimanti il prelievo.
Operata, poi, la tipizzazione del reperto, solo l’Autorità giudiziaria può disporre che il personale autorizzato provveda all’inserimento del profilo del DNA, unitamente ai dati identificativi del profilo, nella Banca dati. L’alimentazione dei profili di DNA è compiuta in via telematica dalla p.g. abilitata in servizio presso i laboratori delle Forze di polizia e il Laboratorio centrale che provvederà a corredare il dato di ulteriori elementi (numero di riferimento, codice alfanumerico che identifica la Forza di polizia o l’Istituzione specializzata, codice di laboratorio). Ulteriori indicazioni sono, poi, fornite quanto al trattamento, decodificazione e tracciatura delle operazioni effettuate (art. 7; per le sanzioni v. art. 4 l. n. 85/2009). Il trattamento dei dati del Laboratorio centrale è ammesso esclusivamente da parte degli operatori della p.g., abilitati e designati, su autorizzazione dell’Autorità giudiziaria (art. 12, co. 2, l. n. 85/2009).
L’attendibilità delle analisi e il loro (alto) livello qualitativo dei risultati passa attraverso la previsione che l’analisi dei campioni e dei reperti biologici deve essere eseguita sulla base dei parametri internazionali, indicati dall’European Network of Forensic Science Institute (ENFSI). La l. n. 85/2009 prevede che i profili del DNA possano essere inseriti nella Banca dati solo in quanto tipizzati in laboratori certificati a norma ISO/IEC, mentre il Regolamento prevede, ad ulteriore garanzia, accreditamento dei fornitori di servizi forensi che effettuano attività di laboratorio a norma EN ISO/IEC 17025; ogni errore nell’elaborazione è, poi, evitato stabilendo che l’interpretazione del profilo del DNA debba essere effettuata da due persone distinte, o, se compiuta dalla stessa persona, in due momenti temporali distinti. Le analisi non devono consentire l’identificazione delle patologie da cui può essere affetto l’interessato.
La salvaguardia della delicatissima “materia” importa che la procedura esecutiva è effettuata solo dal personale di Polizia penitenziaria appositamente qualificato e da tempo preparato. Procede, invece, il personale della Forza di polizia se quest’ultima è delegata all’esecuzione di un’ordinanza che dispone gli arresti domiciliari o in caso di arresto in flagranza o fermo, purché il soggetto, dopo la convalida, sia ristretto in un istituto penitenziario o destinatario di una misura alternativa alla detenzione o di sicurezza detentiva. Il campione va distrutto se la tipizzazione dà esito negativo, anche parziale.
L’art. 3, co. 7 del Regolamento garantisce che gli accessi alla banca dati e le operazioni di trattamento dei dati siano condotti da operatori abilitati e designati incaricati del trattamento dei dati personali ai sensi dell’art. 2 d.lgs. n. 196/2003 (cd. Codice della privacy), previa autorizzazione e con credenziali di autenticazione con superamento di una procedura informatica di autenticazione forte. Le diverse fasi – repertamento, estrazione, conservazione e cancellazione – sono soggette ad un costante e puntuale monitoraggio: i trattamenti, accessi e operazioni sono registrati in appositi file di log non modificabili che sono conservati per venti anni. Analoghe tutele investono l’uso del Laboratorio centrale.
La Banca dati, ai fini della cooperazione transfrontaliera, è utilizzabile per lo scambio delle informazioni in entrata (dall’estero verso l’Italia) condotto dai “punti di contatto” esteri, autorizzati, in forma automatizzata o attraverso canali codificati a livello internazionale, secondo tipizzate modalità che ne assicurano – anche per mezzo della cifratura – la riservatezza e l’integrità; nel caso inverso, le attività sono svolte dalla p.g. ai soli fini e nei limiti delineati dalle Decisioni europee e dagli accordi internazionali.
Rispetto alla l. n. 85/2009 che fissa un termine massimo inderogabile di durata della conservazione dei profili e dei campioni biologici per soglie, gli artt. 24 e 25 del Regolamento prevedono che il DNA estratto dai campioni biologici, dopo la completa tipizzazione deve essere distrutto e le operazioni di distruzione verbalizzate. La parte di campione biologico non utilizzata e il secondo campione di riserva devono, invece, essere conservati per un periodo di 8 anni e poi distrutti. I profili del DNA vanno, invece, conservati per 30 anni dall’ultima registrazione delle operazioni di identificazione e prelievo o per 40 anni, quando appartengono a persone condannate con sentenza irrevocabile per uno dei reati previsti agli artt. 380 c.p.p. o 407, co. 2, lett. a), c.p.p. o quando sia stata ritenuta la recidiva in sede di emissione della sentenza di condanna irrevocabile.
La cancellazione dei dati e la distruzione dei campioni biologici va disposta, anche d’ufficio, a fronte dell’assoluzione definitiva dichiarata per insussistenza del fatto, perché l’imputato non lo ha commesso o il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato o, quando la raccolta del profilo sia avvenuta per facilitare il ritrovamento di una persona scomparsa, a ritrovamento avvenuto o qualora accerti che le operazioni di prelievo sono state espletate in violazione delle disposizioni di legge.
Alle persone è riconosciuto il diritto ad essere informate sul trattamento dei dati e spettano i diritti di cui all’art. 10, co. 3, 4 e 5, l. 1.4.1981, n. 121; i consanguinei della persona scomparsa, che hanno consentito al prelievo biologico, hanno diritto alla sua cancellazione.
Al di là di quanto fin qui considerato, desta perplessità non solo il fatto che la cancellazione non sia attivabile a fronte di altri esiti procedimentali o processuali, ma anche la disciplina transitoria che stabilisce che i profili del DNA ricavati da reperti biologici e da campioni biologici di soggetti che al momento del prelievo rientravano nelle previsioni dell’art. 9 l. n. 85/2009, acquisiti nel corso di procedimenti penali anteriormente alla data di entrata in funzione della Banca dati nazionale, debbano essere ivi inseriti, si aggiunge che, fino all’avvenuto espletamento di detta attività, è ammesso l’utilizzo ai fini investigativi in ambito nazionale, previo nulla osta dell’autorità giudiziaria, dei profili conservati dalle Forze di polizia o dalle istituzioni di elevata specializzazione presso i rispettivi laboratori: così statuendo, svanisce la formazione di un unico e legittimo reposity, la cui concreta operatività è, peraltro, condizionata (ancora) all’adozione di un decreto da emettersi entro 30 gg. dall’entrata in vigore del Regolamento, dai Ministri dell’interno e della giustizia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
Note
1 V., fra gli altri, Gennari, G., La istituzione della banca dati nazionale del DNA ad uso forense: dalla privacy alla sicurezza, in Scarcella, A., a cura di, Prelievo del DNA e Banca dati nazionale. Il processo penale tra accertamento del fatto e cooperazione internazionale, Padova, 2009, 44; Colombo, E., La banca dati del DNA in Italia: prime considerazioni nel panorama europeo, alla luce del Regolamento attuativo, in Cass. pen., 2016, 382; Lago, G., Il trattamento dei dati e dei campioni biologici: la banca dati nazionale del DNA e il bilanciamento tra le ragioni di giustizia e la tutela della privacy, in Scarcella, A., Prelievo del DNA e Banca dati nazionale, cit., 104.
2 Per tutti, Fanuele, C., Dati genetici e procedura penale, Padova, 2009, passim; Felicioni, P., L’acquisizione di materiale biologico a fini identificativi o di ricostruzione del fatto, in Scarcella, A., op. cit., p. 201.
3 Gennari, R.Saravo, L., Rilievi e accertamenti sulle tracce: dalle impronte al DNA, in Curtotti, D.Saravo, L., a cura di, Manuale delle investigazioni sulla scena del crimine, Torino, 2013.