Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel Quattrocento la Boemia è agitata dal movimento hussita. Il ceco Jan Hus denuncia lo stato di corruzione del clero. Scomunicato, Hus va a Costanza per difendersi, ma viene processato e condannato al rogo. Gli hussiti danno vita ad un vasto movimento d’opposizione alle gerarchie cattoliche e ai Tedeschi. Si dividono però in due fazioni: i moderati utraquisti e i radicali taboriti. La vittoria dei primi rende possibile un riavvicinamento ai cattolici. Nella seconda metà del secolo è eletto re il ceco Giorgio Podebrady, sostenuto dagli hussiti.
La nascita del movimento hussita
Il titolo di re di Boemia, a seguito delle riforme di Carlo IV di Lussemburgo (1316-1378), è diventato dalla metà del Trecento molto importante, in quanto il suo detentore è uno dei grandi elettori dell’impero. Per questa nuova condizione nascono le contese sul titolo tra gli stessi membri della casa di Lussemburgo, nonché le costanti aspirazioni degli Asburgo a divenire re di Boemia.
L’inizio del secolo vede la nobiltà boema in pieno tumulto contro re Venceslao (1361-1419), il quale, già deposto dalla carica imperiale, riesce ad uscire vittorioso dal confronto, ottenendo l’abolizione di parte dei privilegi limitativi delle prerogative reali che in precedenza ha dovuto concedere. Negli ultimi anni del regno di Venceslao esplodono le dispute ecclesiastiche che infurieranno per tutto il secolo. Al principio del Quattrocento la Boemia, infatti, è agitata dal movimento religioso, sociale e nazionale degli hussiti.
Il ceco Jan Hus (1370 ca. - 1415) è l’erede di vari movimenti religiosi boemi del tardo Trecento, che hanno denunciato lo stato di corruzione del clero e del popolo. Apprezzato per la sua attività di predicatore nei diversi ambienti sociali della città di Praga, Hus entra in contatto con le idee di Wycliffe (1320 ca. - 1384), che già da qualche decennio circolano in Boemia. Dal pulpito della chiesa di Betlemme a Praga, predica contro la simonia del clero e contro le indulgenze. Per il prestigio conseguito, Hus nel 1409 viene eletto rettore della prestigiosa università di Praga, mentre l’arcivescovo della città assume nei suoi confronti e verso coloro che lo sostengono atteggiamenti sempre più ostili. Scomunicato, Hus si appella al concilio. L’imperatore Sigismondo di Lussemburgo (1368-1437) si è adoperato per la convocazione del concilio a Costanza per la riunificazione della chiesa e per la soluzione dei problemi ereticali. Egli spinge Hus a presentarsi al concilio, fornendogli un salvacondotto. Ma dopo alcuni giorni dal suo arrivo, i suoi oppositori inducono le autorità del concilio ad arrestarlo, nonostante le proteste dell’imperatore.
Proprio nei mesi in cui a Costanza si svolge il processo a Jan Hus, tra i suoi sostenitori si va affermando la dottrina della comunione sotto le due specie. Gli utraquisti sostengono che l’eucarestia deve essere somministrata ai laici attraverso il pane e il vino. A Costanza, intanto, poiché Hus si rifiuta di ritrattare le sue posizioni, viene condannato come eretico e consegnato all’autorità imperiale che procede rapidamente alla sua esecuzione. Le sue idee, al di là degli aspetti specificamente religiosi, diventano il punto di riferimento del rancore dei Cechi, indignati con le gerarchie ecclesiastiche per il trattamento inferto a Hus a Costanza.
La piccola nobiltà è il ceto sociale più vicino alle posizioni hussite, ma alla sua protesta si uniscono anche gli altri settori della società boema. Le richieste degli hussiti ben presto sopravanzano il progetto iniziale di Jan Hus. Il suo rogo e la condanna del concilio di Costanza infuriano a tal punto il popolo ceco da scatenare una rivolta nazionale. Ben presto, però, si manifestano in seno alla comunità hussita divergenze. Gli hussiti si dividono nei più moderati utraquisti, che si impossessano della chiesa boema a scapito delle gerarchie tedesca e cattolica, e nei taboriti, con posizioni più radicali, che fondano comunità evangeliche separate. Il punto di incontro tra le due fazioni resta comunque la deliberazione dell’Università di Praga del 1517, che stabilisce la concessione del calice ai laici e della comunione sotto entrambe le specie. Il simbolo degli hussiti dal quel momento diviene, infatti, proprio il calice. Le posizioni moderate degli utraquisti sono poi formalizzate nel 1420 nei Quattro articoli di Praga, che prevedono: libertà di predicazione; comunione ai laici secondo le due specie; abolizione del potere di preti e monaci sui possedimenti secolari; punizione dei peccati ed in particolare della simonia.
Scoppia la rivolta hussita
Venceslao, dopo una iniziale simpatia verso gli hussiti, assume posizioni sempre meno tolleranti verso il movimento, favorendo gli elementi antihussiti ed episodi di repressione. Il 30 luglio del 1419, quindi, a Praga esplode la crisi in modo violento: una processione hussita chiede la liberazione di alcuni prigionieri e non venendo ricevuta dalle autorità, assale il municipio scaraventando fuori dalle finestre i consiglieri antihussiti. All’episodio fa seguito la morte di Venceslao, mentre gli hussiti organizzano l’amministrazione della stessa città.
L’imperatore Sigismondo, fratello e successore di Venceslao, marcia su Praga con un esercito di crociati, si impossessa del castello dove ha luogo la cerimonia dell’incoronazione, ma immediatamente dopo il suo esercito viene messo in fuga dalla forze hussite, in maggioranza taborite guidate da Jan Žižka (1360 ca. - 1424). Gli eserciti tedeschi successivamente subiscono numerose sconfitte. Dal 1419 al 1436 la Boemia non ha un sovrano e viene governata da speciali consigli provvisori, mentre si vanno accentuando i contrasti tra i moderati utraquisti e i radicali taboriti. Dopo anni di resistenza ai tentativi di invasione dei crociati, gli hussiti più moderati, prevalentemente nobili, sono pronti a cercare forme di accordo coi cattolici, cedendo su diversi punti dottrinali e accontentandosi del calices ai laici e dell’eliminazione di alcuni abusi. Si arriva così agli accordi dei Compactata di Praga del 1434, coi quali i cattolici riconoscono alcuni punti dei Quattro articoli. Nobili cattolici e nobili hussiti si uniscono e nella battaglia di Lipan del 30 maggio 1434 sconfiggono i taboriti. La disfatta taborita facilita gli accordi con il concilio di Basilea e con Sigismondo, che può rientrare a Praga come sovrano.
Le lotte hussite avvantaggiano le diverse componenti della nobiltà boema, che si impossessano di ingenti beni della chiesa. Restano invece frustrate le aspirazioni delle masse contadine. La rivolta hussita, inoltre, ha effetti sullo sviluppo della autocoscienza ceca, in opposizione agli elementi tedeschi che dominano il paese da due secoli e che ora perdono molti privilegi e posizioni di forza.
Il regno di Giorgio Podebrady e l’avvento degli Jagelloni
Con la morte di Sigismondo si ha un nuovo periodo di confusione per la successione al trono. Solo una parte degli stati boemi riconosce Alberto d’Austria (1397-1439), genero di Sigismondo, come re, ma poi lo stesso Alberto muore precocemente. Nel 1452 inizia il regno Ladislao il Postumo (1440-1457). Anche in questo caso, la precoce morte del sovrano nel 1457 lascia la Boemia senza sovrano. Estinti i Lussemburgo e respinte le pretese degli Asburgo, nel 1458 diviene sovrano il ceco Giorgio Podebrady (1420-1471), re grazie al partito nazionale hussita, ma anche all’appoggio della nobiltà cattolica. Podebrady è un uomo abile, ambizioso e di pochi scrupoli, alla ricerca di un’affermazione del primato ceco. Con re Giorgio nasce una monarchia nazionale nella Boemia hussita, con la rinascita della vita politica e dello stato. La monarchia nazionale ceca ha caratteri diversi dalla monarchia ungherese e polacca del tempo. Nel regno di Boemia i borghesi costituiscono con la chiesa nazionale una forza politica potente, tanto nella Dieta quanto negli organi del governo del paese.
Re Giorgio nel corso del suo regno ha continui scontri coi vertici ecclesiastici cattolici, che lo accusano di connivenza con le eresie boeme. Deve, quindi, combattere il suo ex genero Mattia Corvino (1443 ca. - 1490), re d’Ungheria, che nel 1468, spinto dal papa, invade la Boemia. Di fronte all’avanzata del temibile esercito di Mattia, Giorgio Podebrady risponde facendo eleggere dagli stati di Boemia, quale suo successore, Ladislao VII Jagellone (1456-1516), figlio di Casimiro di Polonia (1427-1492), creando, quindi, motivo di rivalità tra Ungheria e Polonia. Dopo la morte di Giorgio nel 1471, anche l’Imperatore riconosce come re di Boemia Ladislao. Col trattato di Olomuc, del 1478, Ladislao deve cedere a Mattia la Moravia, la Slesia e la Lusazia e Mattia conserva anche il titolo di re di Boemia. Ma la morte improvvisa di Mattia nel 1490 favorisce Ladislao, lasciando la Boemia in mano agli Jagelloni fino al 1517.