La burocrazia dell'Impero e i suoi strumenti: la corrispondenza, la schiera di funzionari e il sigillo di stato
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La gestione di un vasto territorio e di differenti attività richiede la presenza di un numeroso gruppo di funzionari dedicati al controllo e all’amministrazione di transazioni economiche, spostamento di merci e persone attraverso un continuo scambio di lettere e messaggi tra le capitali dell’Impero e le province. A garanzia di ogni transazione e messaggio, la burocrazia assira si dota di un sigillo di stato utilizzato dalla cerchia di funzionari per autenticare documenti e beni di proprietà del palazzo.
Fin dalle sue primissime fasi formative (IX sec. a.C.), l’Impero assiro si dota di un’efficiente macchina burocratica di controllo dell’amministrazione civile e militare.
Nelle fasi mature, nell’VIII e nel VII secolo a.C., l’Impero deve gestire non solo una vasta area geografica, ma anche un elevato numero di popolazioni parlanti lingue diverse, che vengono deportate dagli Assiri, secondo un ben preciso disegno politico di neutralizzazione di possibili focolai di rivolta, o che da sole si muovono nelle regioni dell’Impero, magari in cerca di nuove possibilità di lavoro.
L’Impero si dota perciò di una schiera di governatori e funzionari che, dislocati sul territorio, riferiscono al sovrano e ai suoi più stretti collaboratori quali sono le attività in corso, le difficoltà da affrontare e le soluzioni da prendere di fronte ai problemi. Tutto quanto accade nelle province, anche le più remote, deve essere minuziosamente e regolarmente riportato al sovrano che risiede nella capitale: esiste pertanto una fitta rete di comunicazione tra la periferia ed il centro.
I documenti epistolari del regno di Sargon II (re dal 722 al 705 a.C.) sono l’esempio più completo di questa densa trasmissione di informazioni tra il centro e la periferia, tra il sovrano e i suoi collaboratori e rappresentanti locali.
Alcune lettere riguardano problemi di ordine militare, come la delicata questione del controllo dei confini per contrastare infiltrazioni ed attacchi nemici: l’esercito dispone di un’efficiente squadra di esploratori che pattuglia incessantemente il territorio e grazie ad essi il sovrano viene tempestivamente informato sui movimenti delle truppe nemiche lungo i confini. L’esercito assiro dispone nelle aree limitanee di una serie di fortezze stabili e di accampamenti temporanei da cui muovere per fronteggiare l’eventuale invasione nemica. Alcune lettere mettono in guardia sulle difficoltà costituite dall’asperità del terreno e dalle particolari condizioni atmosferiche: una parla della neve che rende difficili gli spostamenti; un’altra informa il sovrano che presto verrà costruito un ponte che permetterà al re in persona e alle schiere di armati di attraversare incolumi un corso d’acqua.
Altre lettere, sempre datate al regno di Sargon II, informano il sovrano sui progressi nella costruzione della città da lui fondata e sulle fasi di avanzamento nella costruzione del palazzo a Dur Sharrukin. Le lettere elencano i materiali preziosi e il legname per le costruzioni ed enumerano le persone che lavorano al progetto edilizio: molti sono stranieri che sono stati catturati nelle campagne militari del re e che sono stati in seguito deportati per essere impiegati come manodopera.
Altri documenti epistolari danno testimonianza del trasporto e dell’invio di oggetti e beni di differente natura dalla periferia verso il centro. Il palazzo del sovrano è la sede principale dell’amministrazione di tutto l’Impero e per questo motivo ogni bene deve essere spedito a palazzo ed ogni tipo di informazione ed azione deve essere riportata personalmente al sovrano.
L’amministrazione centrale può contare su un adeguato numero di messaggeri a cui è affidato il delicato compito di recapitare incessantemente i messaggi dalle province alla capitale, e quindi di riportare indietro le risposte del re. I messaggi sono scritti su tavolette d’argilla, rotoli di pergamena o papiro, tavolette cerate.
Sia il re che i suoi funzionari fanno uso di un sigillo cilindrico o a stampo che suggella e garantisce il messaggio e/o la qualità e il tipo di bene che viene spedito.
Una lettera datata al regno di Esarhaddon (re dal 680 al 669 a.C.) registra la consegna di due sigilli d’oro perché siano dati a due funzionari.
In un’altra lettera spedita a Sargon II, un funzionario riporta di aver ricevuto un messaggio del sovrano sigillato con un sigillo regale a lui ignoto; per questo motivo, esprime la sua preoccupazione e chiede al sovrano di inviargli nuovamente il messaggio con il suo sigillo a conferma della bontà della prima lettera ricevuta. Il funzionario sembra certo della falsità del sigillo perché possiede un archivio delle impronte dei precedenti messaggi del re e nessuna corrisponde a quella che ha appena ricevuto.
Tra i molteplici tipi di sigillo in uso da parte dei funzionari di palazzo, si afferma un sigillo a stampo di forma circolare con la scena, iconograficamente standardizzata, del duello tra il sovrano e il leone: il re è raffigurato stante mentre con una mano stringe le orecchie e la criniera del felino e con l’altra trafigge l’animale con la spada. A partire dal VII secolo a.C., con il regno di Assurbanipal (re dal 668 al 631 a.C.), il motivo a ghirlanda che delimita l’impronta del sigillo può essere sostituito con un’iscrizione cuneiforme.
Questo sigillo viene usualmente definito “regale”, non solo perché reca l’immagine del re ma anche per il fatto che si ritrova su alcuni documenti cuneiformi (emanazioni di decreti regali e concessioni per l’esenzione delle tasse), datati ai regni di Assurbanipal e Assur-etil-ilani (re dal 630 al 627 a.C.), che affermano che il sovrano ha sigillato i documenti con il proprio sigillo.
Tuttavia, questo tipo di sigillo è stato ritrovato impresso anche su cretule che sigillavano ceste, casse di varie dimensioni e giare. E poiché è impensabile che il sovrano abbia personalmente sigillato tutti i beni in entrata e in uscita, è chiaro che nella maggior parte dei casi questo sigillo deve piuttosto intendersi come sigillo di stato o sigillo di palazzo, usato per convalidare i documenti emessi dalla cancelleria centrale, e approvati dal sovrano stesso, e per inventariare gli oggetti di proprietà del palazzo. Nel VII secolo a.C., la dicitura “Palazzo di Assurbanipal” non comporta necessariamente che il bene debba essere immagazzinato nel o provenga dal palazzo. Il termine “palazzo”, spesso impresso anche sui mattoni per la costruzione di edifici pubblici, serve a precisare che l’oggetto proviene dalle officine palatine, è di produzione dello stato.
È interessante osservare che cretule con l’impronta del sigillo di stato sono state rinvenute solo in contesto assiro (nelle capitali di Nimrud, Dur Sharrukin e Ninive), eccetto un solo esemplare ritrovato a Samaria.