Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La canzone francese si forma nel corso dell’Ottocento e riflette i profondi cambiamenti determinati dalla rivoluzione industriale nella società occidentale. Diversi sono i filoni riconoscibili in questo processo verso la “musica leggera” moderna. Un contributo viene certamente dall’opéra-comique e poi dall’operetta, mentre nel passaggio della romanza dal melodramma ai salotti borghesi si intuiscono le origini della canzone sentimentale o drammatica. Un ulteriore contributo viene anche dalla tradizione della canzone politica e sociale che ha le sue radici nelle “società cantanti”, le goguettes.
Formazione della canzone moderna francese
La canzone francese, come del resto tutta la cosiddetta “musica leggera”, è un prodotto del Novecento, tuttavia questo genere “leggero” – canzoni e ballabili – si forma nel corso dell’Ottocento e riflette i profondi cambiamenti determinati dalla rivoluzione industriale nella società occidentale. È nel corso dell’Ottocento che emergono nuove classi sociali e a queste fasce proletarie, borghesi e soprattutto piccolo-borghesi si rivolgono nuovi strumenti di divertimento e d’espressione. Non è più la vecchia partizione fra aristocrazia e alta borghesia da un lato e popolo dall’altra a condizionare anche la scena musicale, e il paesaggio si fa più composito e articolato.
Dalle città, divenute sempre più grandi e popolose, si diffonde anche nelle campagne una produzione di canzoni, di balli e anche di altre forme di spettacolo che non sono più quelle d’estrazione aristocratico-borghese e neppure quelle propriamente popolari, ma si tratta di manifestazioni nuove che raccolgono elementi dell’uno e dell’altro ambito, e si configurano con una propria originalità, entro processi trasformativi assai rapidi.
Questo fenomeno è presente in tutta Europa con caratteri differenti nei vari Paesi – l’omologazione interverrà, progressivamente, nel corso del Novecento con l’apparire dei mezzi di comunicazione di massa e l’affermarsi di una vera grande industria internazionale del divertimento – ma è certamente la Francia o, meglio, Parigi – indiscusso centro culturale e mondano in Europa – che contribuisce maggiormente a questa attività di “creazione” della canzone moderna. Unica reale alternativa a Parigi è, in quest’ambito, Vienna, dalla quale si diffondono i nuovi balli – in primo luogo il valzer – che, tuttavia, troveranno quasi subito una loro ben riconoscibile versione francese. Diversi sono i filoni all’interno di questo processo verso la “musica leggera” moderna. Un contributo importante viene certamente dall’opéra-comique e poi dall’operetta, che di questa è diretta discendente: dai modelli offenbachiani, come dalla grande operetta viennese, derivano altri prodotti a carattere più “popolare”, certo più semplici e quasi mai altrettanto musicalmente geniali.
Così, dal melodramma la romanza passa ai salotti borghesi; non si tratta ancora di musica “leggera” comunque in questo processo si intuisce il facile passaggio alla canzone sentimentale o drammatica.
Il processo di formazione della canzone moderna è quindi complesso, ricco di contributi, prestiti e creazioni; fenomeno di grande significato sociale, oltre che musicale, tuttavia non è stato osservato e studiato nella sua totalità, del resto così sfuggente.
Un contributo importante al formarsi della canzone moderna francese viene anche dalla tradizione della canzone politica e sociale che arriverà fino a noi e confluirà anche nella pratica della canzone “da divertimento”.
La canzone sociale e politica francese moderna ha le sue radici nelle “società cantanti”, le goguettes. Nate nella seconda metà del Settecento, le goguettes erano luoghi semiprivati dove compagnie di poeti, musicisti, attori, professionisti e dilettanti si riunivano per scrivere e cantare canzoni – per lo più d’occasione e di significato sociale, politico, anche apertamente protestatario – ma anche per bere e mangiare.
Jean-Pierre de Béranger
Nel 1805 un libraio parigino, Capelle, decide di finanziare un modesto cabaret, Au Rocher de Cancale. Ribattezzato Caveau moderne, il cabaret diviene il luogo dove un gruppo di amici si riuniscono a mangiare ostriche, bere vino, scrivere e cantare canzoni. Ed è qui che, nel 1813, Jean-Pierre de Béranger canta il suo Roi d’Yvetot, celebrazione satirica dell’epicureismo di una media e piccola borghesia che vuole star tranquilla, fare i suoi affari, divertirsi, e non sente alcuna partecipazione alla gloire napoleonica.
Béranger è un tipico rappresentante della borghesia democratica parigina dell’inizio del secolo, ancora legata allo “spirito del 1789” e al mito napoleonico. Con la Restaurazione, quando la vecchia aristocrazia pretende di recuperare il vecchio potere e i vecchi privilegi cancellati dalla Rivoluzione francese, Béranger si fa portavoce di questa protesta borghese contro gli antichi arroganti signori, rientrati in patria grazie alla Santa Alleanza. Simbolo di questi personaggi, anche un po’ patetici per non aver imparato nulla dalla storia, diviene il Marquis de Carabas, in una sua famosa canzone.
Difficili sono quindi i rapporti di Béranger con la monarchia di Luigi XVIII: lo chansonnier viene accusato due volte di offesa ai buoni costumi, di oltraggio alla morale e di offesa al re oltre che di avere in casa una bandiera tricolore – la bandiera della Rivoluzione e di Napoleone – e viene anche imprigionato per offesa alla religione per la canzone Le bon Dieu.
Il socialismo e la Comune
L’esperienza del saint-simonismo e il diffondersi del socialismo utopistico di Fourier, ma ancor più i moti del 1848, determinano un nuovo fiorire di goguettes, di società cantanti e l’emergere di nuove personalità di autori politici che esprimono uno spirito assai lontano da quello borghese di Béranger, segnato da ideali libertari e apertamente protestatari.
Proprio in questo periodo emerge come poeta politico, Eugène Pottier; ed è lui a cantare il fatto che gli alberi della libertà tornino a esser piantati un po’ ovunque in Francia, come ai giorni della Rivoluzione.
L’avvento del secondo Impero, con Napoleone III, segna la fine di queste speranze e di queste illusioni rivoluzionarie a cui si accompagna, inevitabilmente, la crisi delle compagnie cantanti, della canzone sociale, delle goguettes, ormai ridotte – un po’ per naturale esaurimento ma molto a causa della repressione politica – a café-concert dei poveri.
La guerra del 1870 contro la Prussia, la sconfitta di Sedan, l’assedio di Parigi e soprattutto i sanguinosi giorni della Comune di Parigi determinano un nuovo fiorire di canzoni sociali.
Tra i protagonisti di questa nuova stagione del canto politico vi è ancora Eugène Pottier, al quale si debbono molte poesie rivoluzionarie divenute canzoni – Quand viendra-t-elle?, Le moblot, L’insurgé, Jean Misère, Le pressoir, En avant la classe ouvrière, Elle n’est pas morte –, ma il suo nome rimane soprattutto legato al testo dell’Internationale, futuro inno del movimento socialista internazionale e inno nazionale, fino alla seconda guerra mondiale, dell’Unione Sovietica.
Le parole dell’Internationale vengono scritte da Pottier probabilmente nel 1871, dopo la caduta della Comune e prima di lasciare Parigi per l’esilio in America. La poesia viene pubblicata soltanto nel 1887, dopo la morte dell’autore, e musicata nel 1888 da un musicista belga, Pierre Degeyten.
Fra i poeti i cui nomi sono rimasti legati soprattutto alla Comune di Parigi il più intenso è certo Jean-Baptiste Clément, giornalista, militante socialista, arrestato durante l’Impero per i suoi testi, comunardo e poi esule in Germania. A Clément si devono non soltanto testi direttamente connessi con l’esperienza comunarda (per esempio La semaine sanglante e Le capitaine “Au mur!”), ma anche una bellissima canzone musicata da A. Renard, Le temps de cerises, che, composta prima della Comune (nel 1866), diverrà il simbolo dell’esilio dei comunardi.
Il café-concert
Jean-Baptiste Clément è un autore legato non più alle goguettes, ma al nascente café-concert e a quest’ambiente è legato anche Jules Jouy, ex operaio orafo divenuto autore di canzoni e che deve il suo primo successo (Mademoiselle, écoutez-moi donc) a un divo del café-concert, Paulus; un’altra sua canzone, La Soularde, entrerà nel repertorio della grande Yvette Guilbert.
Jules Jouy non è autore politico in senso proprio, ma piuttosto un cronista che critica, non sempre in chiave satirica, gli avvenimenti della vita francese, con accenti sociali e anche populistici e giustamente i suoi testi saranno definiti chansons au jour le jour.
Nel 1881 Rodolphe Salis, pittore mancato e spirito intraprendente, pensa di commercializzare un’esperienza viva e interessante iniziata nel 1878, il Club des Hydropathes, una goguette vecchio stile del Quartiere Latino, frequentata da studenti, pittori, poeti e musicisti.
Con alcuni transfughi degli Hydropathes, Salis fonda a Montmartre, in Boulevard Rochechouart, lo Chat noir, primo cabaret artistico frequentato da scrittori e artisti.
Allo Chat noir fa le sue prime esperienze e incontra i primi successi di chansonnier populista, Aristide Bruant, giunto a Parigi dalla provincia in cerca di fortuna. Quando nel 1885 lo Chat noir chiude, Bruant, che ha 34 anni, rileva il locale, ribattezzandolo Le Mirliton; qui Bruant si afferma come uno dei più popolari, oggi si direbbe “cantautori”, della Parigi di fine secolo.
Il mondo delle canzoni di Bruant è popolato dai personaggi della Parigi popolare, figure che vivono al margine, ladri e prostitute, in accordo con lo spirito naturalistico del tempo. Nei testi di Bruant, questo microuniverso dei quartieri malfamati trova spesso un’elevata espressione poetica, sempre, comunque, amaramente toccante.
Decine e decine sono le canzoni di Bruant, ma la “serie” più conosciuta è quella dedicata ai quartieri parigini, in una rappresentazione topografica dura e puntuale: A Batignolles, A la Villette, A Montpernasse (sic), Belleville-Ménilmontat, A Saint-Lazare – il carcere parigino –, A la roquette, A la Bastoche, A Montrouge, A la Glacière, A Grenelle, Au Bois de Boulogne, Au Bois de Vincennes, A Montmartre, A la Bastille, A Saint Ouen, A la Chapelle.
Di Bruant ci sono rimaste le straordinarie raffigurazioni nei manifesti disegnati per lui da Toulouse-Lautrec, da Chéret e da Steilen – che illustrano anche le copertine delle sue canzoni – ma è rimasta anche la voce, attraverso alcuni dischi incisi nei primi anni del Novecento.
Il café-concert parigino negli anni della Belle Époque è animato dalle vicende di tantissimi personaggi tra i quali spicca la figura di Yvette Guilbert. Anche l’immagine di questa grande interprete è stata fissata da Toulouse-Lautrec e la sua voce è restituita da dischi dei primi anni del Novecento che attestano le sue raffinate doti di attrice e cantante.
Anche Yvette Guilbert inizia la sua carriera allo Chat noir, interpretando testi – canzoni e monologhi – di scrittori, poeti e giornalisti di qualità. Il suo repertorio incomincia così a comporsi e via via si arricchirà con il contributo di Maurice Donnay, Pierre Louys, Léon Xanrof, Paul Delmet, Jules Jouy, Jehan Rictus, Francis Jammes e Jean Lorrain.