La Cappella Palatina di Aquisgrana
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La Cappella Palatina, concepita come parte integrante del complesso residenziale di Carlo Magno ad Aquisgrana, purtroppo in gran parte scomparso, sovrasta oggi la cittadina di Aachen. L’architettura di questo edificio ha il suo fulcro nel corpo centrale, ovvero la loggia destinata all’imperatore che, posta in asse con il presbiterio, evidenzia l’armonia fra autorità religiosa e laica, distinte eppure profondamente unite.
La Cappella Palatina di Aquisgrana, come indica il nome stesso, è stata pensata in origine come facente parte del complesso residenziale voluto da Carlo Magno (742-814) nella sede preferita del suo impero. Oggi, scomparso quasi per intero il palazzo imperiale, la cappella sovrasta solitaria la cittadina tedesca di Aachen. La costruzione, iniziata forse prima del 790, viene portata a termine tra il 799 e l’805, anno della consacrazione dell’edificio al Salvatore e alla Vergine per mano di papa Leone III (?-816). Un’iscrizione, ora perduta, ricorda il nome del probabile architetto: l’egregius magister Odo di Metz.
La cappella, preceduta da un quadriportico, presenta uno spazio centrale ottagonale, delimitato da pilastri cruciformi, che sostengono a loro volta una cupola, e circondato da un deambulatorio a due piani, in cui le grandi aperture della galleria sono articolate da due ordini di colonne corinzie. L’ingresso monumentale alla cappella è costituito da due alte torri, che racchiudono un’arcata al piano inferiore e una loggia in quello superiore, in cui trova posto il trono, da cui il sovrano assisteva alle celebrazioni. Questo aspetto turrito, chiamato Westwerk, segna un momento di forte autonomia artistico-concettuale da parte degli architetti carolingi, sebbene torri in facciata fossero presenti già nel IV secolo nell’edilizia siriaca e forse non molto dopo anche nel territorio dei Franchi. Nell’architettura carolingia, però, non sono più le torri a costituire la parte importante della facciata, bensì il corpo centrale, ovvero la loggia destinata all’imperatore, in cui si possono condensare quei concetti di egemonia e vitalità della figura imperiale assai vivi nell’età di Carlo Magno. Questi, seduto sul trono, era posto in asse e poteva orientare lo sguardo sia verso la cupola con l’immagine del Cristo in trono sia verso il celebrante e l’altare, divenendo una sorta di trait-d’union tra la sfera celeste e quella terrestre. Non solo, posizionandosi in asse con la persona del celebrante, l’imperatore crea un senso di armonia tra l’autorità laica e quelle religiosa, dove ognuno ha il suo spazio, pur in una profonda situazione d’unione. Questo perfetto equilibrio architettonico diventa anche metafora di una situazione storico-politica in cui il potere imperiale, incarnato da Carlo, opera in armonia con quello spirituale.
Dagli studiosi sono state più volte sottolineate le analogie architettoniche esistenti tra la Cappella Palatina di Aquisgrana e alcuni edifici bizantini di epoca giustinianea a pianta centrale, come il Chrysotriklinios e i Santi Sergio e Bacco a Costantinopoli o la Chiesa di San Vitale a Ravenna. In realtà tali affinità si fermano alla sola tipologia, peraltro presente in molti edifici occidentali (San Gereone a Colonia, San Lorenzo a Milano, Battistero Lateranense a Roma), dato lo iato che sussiste tra la leggerezza e la dinamicità delle architetture bizantine e la “pesantezza monumentale” della cappella di Carlo Magno, di ispirazione quasi “romana”. La romanità, che Carlo sicuramente mira a evocare per ragioni ideologiche e di rimando tra il suo Sacro Romano Impero e quello della Roma antica e paleocristiana, si esplica anche attraverso l’uso di materiale di spoglio, di capitelli classicheggianti, delle cancellate delle logge e di alcuni particolari di forte suggestione, quali la lupa e la pigna in bronzo d’età romana, ricordi delle opere analoghe all’epoca sistemate nella residenza papale al Laterano e nella basilica petriana al Vaticano. Anche le porte di bronzo, suddivise in eleganti specchiature da cornici a rilievo, alcune delle quali con teste leonine campite nel centro, presuppongono sicuramente modelli antichi e paleocristiani. È tuttavia un’analogia con il mondo romano che si risolve poi su un piano puramente simbolico e mentale, lo stesso su cui viaggia il concetto di copia nel Medioevo. La decorazione della cappella era completata infine dalla decorazione della cupola, oggi purtroppo perduta ma nota da un disegno di Giovanni Ciampini (1633-1698), in cui era raffigurata l’immagine del Cristo in trono dell’Apocalisse.