Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nella crisi dell’alto Medioevo le città si chiudono all’interno delle proprie mura e trovano nelle gerarchie ecclesiastiche il nuovo elemento unificante della società. La cattedrale diviene l’elemento centrale del paesaggio mentale degli abitanti. In essa i cittadini trovano risposte alle esigenze più diverse: spirituali, politiche, economiche e rappresentative. La cattedrale si espande insieme alla città e ne manifesta potenza e ideali agli occhi dei comuni cittadini, delle autorità e dei viaggiatori.
L’identificazione fra cattedrale e città affonda le radici nell’organizzazione e nelle vicende della Chiesa altomedievale. All’indomani dell’editto di Costantino, nel 313, le circoscrizioni ecclesiastiche vengono disegnate sulle ripartizioni amministrative dell’Impero romano, facenti capo ai centri urbani. La Chiesa del vescovo assume la preminenza all’interno del territorio ponendosi come naturale punto di riferimento per le strutture ecclesiastiche della diocesi. A questa crescita di ruolo si accompagna l’affermazione del santo titolare, che viene sentito sempre di più come il protettore della civitas. Non siamo però ancora di fronte al fenomeno di identificazione della comunità con una sola prestigiosa costruzione, poiché non sono rari i casi in cui il vescovo si appoggia a due distinti edifici, uno solitamente nel cuore del tessuto cittadino e l’altro sorto sulla tomba suburbana del santo protettore.
Il concetto di cattedrale nasce in epoca carolingia, quando alla chiesa in cui è conservata la cattedra episcopale viene aggregato il Capitolo, un collegio di ecclesiastici che ha lo scopo di aiutare e supplire il vescovo nel governo della diocesi. La chiesa che conserva le reliquie del protovescovo, quando non coincide con la sede del Capitolo, viene spesso affidata a un ordine monastico, come accade in San Zeno a Verona o in Sant’Ambrogio a Milano, senza che venga meno il rapporto fra il santo protettore e la comunità di fedeli. Dal X secolo, con il dissolvimento dell’apparato statale carolingio, il vescovo aggiunge alla riconquistata preminenza in ambito ecclesiastico anche un ruolo di coordinamento dell’attività politica cittadina, a fronte dell’incapacità degli ufficiali regi di assicurare la pace sociale e un’adeguata difesa dalle minacce esterne. In conseguenza di ciò spesso il vescovo ottiene dall’imperatore la concessione di ampi diritti giurisdizionali sulla città e sul relativo distretto. Questo fenomeno di rafforzamento della figura del presule è accompagnato e sorretto da un pullulare di leggende agiografiche, di creazioni di mitici protovescovi e da frequenti ritrovamenti di reliquie e corpi santi.
A partire dall’XI secolo numerose cattedrali extraurbane vengono trasferite all’interno delle mura e contestualmente accelera, dove già non è avvenuto in precedenza, il processo di identificazione della sede episcopale con la figura del protettore della città. Siamo ormai a un punto di svolta nelle relazioni fra il vescovo e gli strati eminenti della popolazione urbana: nel giro di pochi anni dalla loro collaborazione prenderà forma il regime dei consoli, col quale tradizionalmente si identifica la nascita del Comune cittadino. Da questo momento cambia anche il rapporto fra la chiesa principale e l’amministrazione secolare, con una progressiva differenziazione della situazione italiana da quella degli altri Paesi europei.
In Francia e in Inghilterra la creazione dei Comuni non arriva a intaccare il potere del clero locale e non comporta un grado di autonomia dall’autorità regia come invece avviene in Italia settentrionale. Pertanto le magistrature cittadine solo in rari casi trovano la forza di imporre le proprie scelte all’interno del cantiere. L’iniziativa della costruzione e trasformazione delle cattedrali viene presa dal vescovo o dal Capitolo, che relegano le corporazioni cittadine a un ruolo marginale, perlopiù di semplice cofinanziamento dell’impresa. Vi sono poi chiese poste direttamente sotto il controllo regio, come la cattedrale di Reims sede delle cerimonie di incoronazione, alla cui ricostruzione la borghesia cittadina rimane totalmente estranea. La cattedrale resta tuttavia il segno tangibile della rinascita economica della città e la competizione fra edifici sempre più imponenti materializza l’orgoglio cittadino. Le associazioni di mestiere, così come singole famiglie eminenti, finanziano la realizzazione di cappelle, delle quali rivendicano poi il controllo, o di più ridotte parti dell’edificio. In questo atteggiamento si mescolano ideali religiosi e intenti autocelebrativi, come mostrano le raffigurazioni delle corporazioni sulle vetrate di Chartres e Bourges. Altre volte il valore simbolico è più nascosto, ma non meno importante, come a Strasburgo dove le autorità cittadine pagano la ricostruzione di un portale presso il quale sono solite siglare atti importanti. Strasburgo è anche l’unica cattedrale europea che nel Duecento vede la progressiva affermazione delle autorità laiche, le quali, in seguito a un incendio nel 1298, pongono la gestione del cantiere totalmente sotto il loro controllo.
In Italia come in Europa la riedificazione di strutture più ampie rispetto al passato risponde anche a un’esigenza funzionale sempre più avvertita in città caratterizzate da un’accentuata crescita economica e demografica. All’interno delle città medievali, contraddistinte da un insediamento fitto e impenetrabile e da strade non selciate, la cattedrale rappresenta l’unico luogo ampio e asciutto in cui poter tenere le assemblee delle associazioni di mestiere e i consigli cittadini. Nella cattedrale ci si incontra, si contratta e si stipulano compravendite e nella vecchia cattedrale di San Paolo a Londra si tiene addirittura una fiera equina. Anche gli spazi esterni sono teatro della dimensione sociale della comunità col mercato che si tiene nel cimitero e le sacre rappresentazioni inscenate sul sagrato.
In Italia la situazione appare più complessa dal momento che la frammentazione politica permette alle istituzioni comunali un’ampia autonomia, che si spinge fino alla creazione di vere e proprie città-stato. Qui l’ingerenza dei laici nelle vicende della Chiesa locale è molto più avvertibile che altrove e sulla cattedrale convergono significati simbolici di marcata valenza politica. Questa fase di trasformazione è ben rappresentata dalle vicende della cattedrale modenese, ricostruita a partire dal 1099, in anni di vacanza del potere vescovile. La decisione, presa insieme dai cittadini e dal clero, rivive nel resoconto della traslazione del patrono Geminiano, nelle cui illustrazioni, datate al 1184 circa quando il Comune è già una realtà, manca la figura del papa, così come appare ridimensionato il ruolo di Matilde di Canossa. La differenza rispetto al testo, dove i due personaggi sono ben rappresentati, è spiegabile con la volontà di sottolineare maggiormente l’apporto dei cittadini modenesi.
È possibile individuare un analogo uso politico dell’immagine nella lunetta del portale di San Zeno a Verona, scolpito da Nicholaus nel 1136 mutando il significato di uno spazio da sempre riservato alla celebrazione della funzione mediatrice della Chiesa. L’identificazione del patrono con la città e coi suoi cittadini in armi è ben rappresentata dal grande spazio riservato alle insegne del Comune, ben visibili accanto al santo vincitore del demonio. Il valore della scena è ben compreso ancora molti anni dopo quando i nuovi signori della città fanno ridipingere lo scudo di uno dei cavalieri sovrapponendo il proprio simbolo, la scala, alla croce comunale.
Il graduale passaggio dall’amministrazione vescovile a quella dei consoli fa sì che in numerose città la prima sede delle nuove magistrature venga a trovarsi in una parte del palazzo episcopale o in locali annessi alla cattedrale, che diventa così il fulcro della politica cittadina. È sulle sue mura esterne, ad esempio, che i primi provvedimenti presi dalle istituzioni vengono resi pubblici: a Perugia un’epigrafe è posta sul campanile, i cui annessi servono in un primo momento come sede comunale, mentre a Orvieto nel 1221 la facciata accoglie i provvedimenti contro la famiglia comitale dei Bovacciani. La cattedrale, e talvolta la piazza antistante, sono sede delle riunioni pubbliche e delle cerimonie più importanti: in San Pietro a Bologna vengono conferite le lauree dello Studio, a Pisa è nella cattedrale che un rappresentante delle magistrature cittadine accoglie e ottiene il giuramento dal nuovo podestà, ed è sempre qui che dagli anni Quaranta del Duecento, in occasione della festa della patrona, i capifamiglia e i detentori di cariche pubbliche recano ceri in processione all’altare dell’Assunta. Questa cerimonia si ritrova anche in molti altri Comuni dove i ceri vengono portati in dono dagli esponenti dei territori del contado, in segno di sottomissione all’autorità cittadina. Il complesso di edifici che ruota intorno alla cattedrale ospita poi i simboli più importanti della libertà comunale: nel Battistero di Parma dal 1248 si conserva il carroccio strappato ai Cremonesi nella Battaglia di Vittoria. Solo nel 1281 esso viene riconsegnato ai lombardi in cambio del carroccio parmigiano, dapprima custodito in cattedrale e poi, dall’anno seguente, nel battistero. Anche Milano conserva il proprio carroccio all’interno della cattedrale di Santa Maria Maggiore. Le due città differiscono invece per un’altra caratteristica peculiare dell’urbanistica comunale: la costruzione del palazzo comunale sulla piazza della cattedrale. Se a Parma e Verona il palazzo comunale affaccia su una piazza propria, estremamente diffuso è il caso opposto della condivisione dello stesso spazio, fisico e simbolico: come Milano si ricordano Novara, Brescia, Cremona, Modena e molte altre città dell’Italia centro-settentrionale.
Non stupisce quindi che i Comuni investano forti somme di denaro e mettano a disposizione la forza cogente delle proprie magistrature per finanziare i lavori di riparazione o ricostruzione del massimo edificio cittadino. Strumento privilegiato per questo tipo di intervento è l’Opera, ente preposto alla direzione e al controllo del cantiere e alla sua amministrazione. Attraverso un controllo sempre più serrato di questo ente, spesso nato all’interno dell’amministrazione ecclesiastica, il Comune diventa presto il solo soggetto a poter decidere l’indirizzo dei lavori. Accade così che a Orvieto, nel decennio che trascorre tra i due interdetti papali (1295-1303), i Signori Sette delle Arti si impossessino della direzione dei lavori e ne facciano uno strumento di consenso alla propria azione politica. A Firenze nel 1331 l’Opera di Santa Maria, già a composizione mista comunale ed ecclesiastica, viene posta completamente nelle mani della maggiore delle Arti, quella della Lana. Proprio nel centro toscano, nel corso del Trecento, è poi ben documentata una nuova forma di partecipazione cittadina alla realizzazione della cattedrale: la formazione di commissioni, in cui siedono anche cittadini comuni, per discutere le soluzioni via via proposte dai responsabili dei lavori. Un caso analogo è ben noto sul finire del secolo per il Duomo di Milano. Anche qui, come a Firenze, la Fabbrica del Duomo registra presto il prevalere dell’elemento secolare all’interno delle commissioni.
Ma è tuttavia il San Petronio di Bologna, nella sua unicità, a segnare la massima evoluzione di questo complesso rapporto tra Chiesa locale e Comune. Alla fine del XIII secolo infatti la salita al potere dei guelfi Geremei porta al raffreddamento dei rapporti fra istituzioni comunali da una parte e vescovo e Capitolo dall’altra, espressione della parte perdente.
Nasce allora l’idea, concretizzatasi solo nel 1390, di costruire un “tempio civico”. Numerose erano state le fondazioni di “chiese del Comune” fin dall’XI secolo, sede della parte politica dominante prima ancora che luogo di culto, ma per le dimensioni grandiose, la collocazione sulla piazza del palazzo pubblico e il prestigio di cui gode fin da subito, San Petronio supera tutte le altre cappelle per porsi come alternativa alla cattedrale di San Pietro. Pur non divenendo mai veramente sede episcopale, San Petronio riuscirà nell’intento di sostituire la vera cattedrale nell’immaginario collettivo.