Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Fino al 1770 il panorama della chimica europea è caratterizzato da una gran mole di ricerche empiriche relative alla teoria e alle applicazioni tecnologiche. In vari contesti istituzionali la chimica, in quanto socialmente ed economicamente utile, viene sostenuta dal potere politico. Le grandi scoperte in mineralogia e chimica delle arie portano alla distruzione dell’’idea aristotelica di terra e di aria come elementi irriducibili dei corpi. Prima di Lavoisier la chimica è un sapere alla ricerca della propria definizione disciplinare.
Le teorie del flogisto
La pubblicazione del Cours de chimie (1675) di Nicolas Lémery può essere vista come il momento culminante dell’utilizzazione in chimica della filosofia meccanica. In quegli anni dà però il via a una critica serrata del meccanicismo il medico tedesco Georg Ernst Stahl, che reintroduce una forma di animismo vitalistico in medicina. Secondo Stahl, il corpo è una macchina regolata e guidata da un principio immateriale detto anima. In chimica gli atomi o particelle non sono in grado di spiegare i mutamenti osservati nella materia; le qualità dei corpi sono qualità “chimiche” interpretabili soltanto grazie ai principi della tradizione paracelsiana, ossia i portatori materiali di qualità, che sono l’acqua e la terra. Seguendo l’alchimista Johann Joachim Becher, Stahl ammette tre tipi di terre, una delle quali è denominata flogisto, ovvero principio infiammabile: i corpi sottoposti a combustione bruciano perché contengono flogisto che viene liberato da essi durante questa operazione chimica.
Il medico tedesco ha il merito di offrire un’interpretazione chiara e unitaria dei processi di combustione dei corpi che vale sia per i metalli sia per i combustibili: per la prima volta nella storia della chimica, calcinazione dei metalli e combustione sono processi identici di liberazione del flogisto. Dal punto di vista ideologico, Stahl presenta la chimica come un’arte utile per le attività produttive e degna perciò di essere sostenuta dal potere.
Nel corso del Settecento, le idee di Stahl in chimica e in medicina giungono a dominare gli Stati tedeschi che diventano la “patria” (Vaterland) della chimica. L’originaria teoria del flogisto subisce ben presto modifiche a contatto con le nuove scoperte di laboratorio e viene utilizzata anche da naturalisti che non accettano l’approccio “vitalista” di Stahl.
Nel 1730 Johann Juncker pubblica il Conspectus chemiae theorico-practicae, contenente un’esposizione fedele delle teorie di Becher e di Stahl. Per Juncker i movimenti delle particelle non spiegano le caratteristiche delle sostanze che devono essere perciò ricondotte ai principi delle cose: i principia delle cose sono essentiae materiales, per cui acqua e terra sono essenze reificate, i portatori delle qualità nei corpi. Il chimico russo Michail Vasilievic Lomonosov utilizza il concetto di flogisto come principio di combustione, ma rimane fedele al meccanicismo antinewtoniano elaborato dalla tradizione leibniziana.
Negli Elementa chemiae mathematicae (1747) Lomonosov ammette come elementi dei corpi gli atomi o particelle e rifiuta i principi stahliani. Nel 1723 a Parigi esce il Nouveau cours de chymie suivant les principes de Newton et de Stahl del medico Jean-Baptiste Senac, nel quale le idee vitaliste di Stahl sono unite alle concezioni chimiche di Newton. Questi tre esempi mostrano come per il Settecento sia opportuno parlare di teorie del flogisto, poiché non esiste una sola teoria del flogisto e l’originaria concezione di Stahl non risulta dominante nella scienza del tempo.
Rapporti, affinità, attrazioni
Ogni filosofia chimica si è storicamente confrontata con il problema della selettività delle reazioni chimiche, con la ricerca del perché una certa sostanza si combina con sostanze determinate e solo con quelle. Gli alchimisti sono ricorsi all’idea di “affinità”, ammettendo un rapporto di “amicizia” tra le sostanze in combinazione, mentre i chimici meccanicisti fanno appello alle forme delle particelle e alla loro congruenza: un acido agisce su un alcali perché possiede particelle a punta in grado di penetrare nei pori dell’alcali.
Newton, invece, rifiuta il meccanicismo chimico e parla di “sociabilità”, di “attrazione” esistente tra gli atomi, ovvero di forze particellari: l’acqua regia agisce sull’oro perché ha una forza attrattiva verso l’oro che le consente di penetrare nel metallo, mentre la mancanza di tale forza rispetto all’argento le impedisce di agire su di esso.
Nel corso del Settecento si affermano differenti idee sulla dinamica chimica. I meccanicisti cartesiani rifiutano le proposte newtoniane e si affidano alle forme ipotetiche delle particelle. Alcuni “flogististi” utilizzano con entusiasmo le idee di Newton e parlano delle forze come effetti osservabili le cui cause sono ignote. Altri “flogististi” rimangono fedeli a Stahl e considerano le antipatie e le simpatie esistenti tra le cose come cause della dinamica chimica. Buffon ritiene invece che la legge della gravitazione universale sia identica in tutti i settori della natura; le leggi chimiche sono perciò casi particolari della gravitazione e le forme delle particelle spiegano la non rispondenza delle attrazioni chimiche rispetto alla formula matematica della gravitazione. Per Buffon la chimica deve stabilire la legge di attrazione di ogni sostanza, dalla quale dedurre poi la figura delle particelle costituenti.
Queste discussioni avvengono contemporaneamente alla creazione di tavole di rapporti, affinità, attrazioni elettive e combinazioni; tali termini stanno a indicare diverse concezioni sulla dinamica chimica, ma il loro uso non è preciso. Le tavole presentano reazioni osservate, vogliono fornire elenchi di sostanze ordinate secondo la “forza” che le porta a combinarsi con una particolare sostanza assunta come principale; scopo delle tavole, infatti, è fornire visivamente e sinteticamente un sommario utile di risultati sperimentali.
Tra il 1718 e il 1790 compaiono circa 18 tavole diverse: la prima, Table des différents rapports observés entre différentes substances, risale al 1718 ed è opera di Étienne-François Geoffroy. Nel 1775 lo svedese Torbern Bergman pubblica la Disquisitio de attractionibus electivis che contiene la trattazione più completa dei problemi connessi con le affinità. Nel campo delle ricerche sulle affinità, inoltre, alla fine del Settecento si hanno i primi esempi di calcolo degli equivalenti.
Le terre e le arie
La visione alchemica del geocosmo come grande laboratorio nel quale nascono e periscono terre, minerali e metalli viene sostituita nel Settecento da una nuova immagine. La terra-principio di Aristotele e dei paracelsiani lascia il posto all’individuazione di sostanze specifiche e irriducibili.
Secondo la tradizione, lo studio e l’analisi della litosfera sono in grado di individuare terre particolari che devono però essere tutte ricondotte alla terra-principio in quanto essenza primordiale di tutte le sostanze terrose. Si tratta di quella terra originaria della quale si fa menzione nella Genesi biblica. Nel corso del XVIII secolo, poi, soprattutto i mineralogisti svedesi e tedeschi utilizzano l’arte chimica per analizzare i “fossili” e individuano terre specifiche, ma non si preoccupano – e questa è una grande novità – di ricondurle alla terra-principio. Così nella Mineralogia, eller mineral-riket (1747) lo svedese Johan Gottschalk Wallerius fornisce una tavola del regno minerale; la sua classificazione dei “fossili” (terre, pietre, minerali e concrezioni) si basa su criteri esclusivamente chimici, perché individuano segni caratteristici determinati e stabili dei corpi. La Sciagraphia regni mineralis (1782) di Bergman, in cui vengono individuate cinque terre primitive (argilla, magnesia, calce, barite, silice), segna poi la fine del concetto di terra-principio dei corpi solidi.
Un processo simile ma storicamente più complesso si verifica per il concetto di aria. Secondo la tradizione meccanicista e per Stahl l’aria non è un elemento chimico, cioè una sostanza chimicamente attiva; per la tradizione stahliana, infatti, l’aria è uno strumento fisico utile nelle esperienze chimiche: nella combustione funziona come un soffietto e raccoglie il flogisto liberato.
Si possono così individuare due fasi storiche della specificazione chimica dell’aria: la scoperta della sua “chimicità” e l’isolamento sperimentale di arie singole o gas che propriamente appartiene invece alla rivoluzione chimica.
Nel 1727 il naturalista inglese Stephen Hales pubblica la Vegetable Staticks, in cui dedica un capitolo – il sesto – all’analisi dell’aria. Hales vi descrive diversi esperimenti, grazie a cui ha osservato l’aria prodotta da vari processi naturali (fermentazione) e dall’azione di vari reagenti, concludendo che l’aria può unirsi con i solidi, fissarsi e in questa combinazione perde talune proprietà (elasticità). Quando l’aria viene poi liberata da un corpo recupera tutte le proprietà di fluido aeriforme.
Nel 1735 la Staticks viene tradotta in francese da Buffon e i chimici si concentrano sul fatto rivoluzionario stabilito da Hales: l’aria è chimicamente attiva. Gli stahliani francesi sono costretti a modificare le loro idee sugli elementi o principi dei corpi.
Guillaume-François Rouelle accetta sia le idee di Stahl (il flogisto) sia la scoperta di Hales e cerca perciò una sintesi. Dimostratore di chimica al Jardin du Roi di Parigi e conferenziere di enorme fama tra chimici, naturalisti e filosofi (fra i suoi fedeli uditori si annoverano Turgot, Diderot, Rousseau e d’Holbach), Rouelle ammette allora che terra, aria, acqua e fuoco sono allo stesso tempo elementi chimici e strumenti fisici per le esperienze chimiche.
A molti, come per esempio a Voltaire, questa ammissione appare come la fondazione sperimentale delle idee di Aristotele sugli elementi; i chimici sono tuttavia obbligati a spiegare il rapporto tra il fuoco - elemento - e il flogisto - principio di combustione. Una diversa delineazione di questo rapporto rappresenta una caratteristica peculiare delle opere di stahliani francesi quali Pierre-Joseph Macquer, Gabriel-François Venel – il chimico dell’ Encyclopédie – e Antoine Baumé. Macquer è autore di testi assai fortunati come gli Elémens de chimie théorique et pratique (1749-1751) e del primo Dictionnaire de chimie (1766). Nel 1778 Macquer ne pubblica una seconda edizione ampliata e modificata; egli cerca d’accogliere le scoperte sui gas in un tentativo di conciliazione del vecchio con il nuovo. La teoria chimica risulta essere troppo contraddittoria, si è ormai alla vigilia di una rivoluzione radicale. Prima di Lavoisier la chimica è vista come un sapere socialmente utile, degno di essere coltivato e sostenuto. I chimici occupano posizioni direttive nella produzione tessile, vetraria, di ceramiche e di acciai; sono entrati nelle accademie scientifiche e dirigono società metallurgiche e accademie. L’agricoltura, inoltre, appare sempre più un settore di pertinenza della chimica onde ottenere incrementi produttivi.
I chimici accumulano una gran quantità di materiale fattuale e di conoscenze empiriche d’interesse tecnologico. Siamo in un periodo di grandi discussioni e contrasti sui fondamenti del sapere chimico che è alla ricerca del proprio specifico campo, ma l’alchimista ha già lasciato il posto al “chimico” la cui attività, percepita come socialmente rilevante, è culturalmente riconosciuta.