Quando si parla del ritorno della Cina in Africa si fa risalire l’inizio delle nuove relazioni alla costruzione della linea ferroviaria Tazara (acronimo di Tanzania-Zambia Railway), il primo – e più grande, essendo costato 500 milioni di dollari dell’epoca – progetto infrastrutturale che la Cina maoista realizzò in Africa nel dopoguerra. La linea, chiamata anche in swahili Uhuru Railway (‘Ferrovia della libertà’), collegava la località mineraria zambiana di Kapiri Mposhi con il porto tanzaniano di Dar es Salaam, con l’obiettivo di creare uno sbocco al mare alternativo per il rame dello Zambia, che altrimenti avrebbe dovuto essere trasportato attraverso la Rhodesia del Sud e il Sudafrica, controllati da regimi segregazionisti. La presenza della Cina è concentrata soprattutto nel settore dell’estrazione del rame e nelle infrastrutture. Inoltre, la Cina ha condonato 200 milioni di dollari di debito allo Zambia ed è diventata un partner strategico per gli investimenti e la creazione di posti di lavoro. A partire dal 2006, incidenti dovuti alle condizioni di lavoro in miniera hanno però creato frizioni e scontri in questo rapporto, tanto che la questione della penetrazione cinese nel paese è divenuto oggetto di discussione politica, situazione ancora rara nel continente africano.