La civiltà greca
Alla fine del 3° millennio a.C., sull’onda delle grandi migrazioni indo-europee, gruppi di invasori s’insediano nei territori meridionali della Penisola Balcanica. Non hanno difficoltà a imporsi alle popolazioni locali ed entrano in contatto con il popolo minoico che già dall’alba del 3° millennio a.C. si era stanziato a Creta. A contatto con la brillante civiltà minoica questa nuova popolazione impara le arti e le tecniche cretesi, tra cui l’arte della scrittura.
Nel 1952 l’inglese M. Ventris decifra la scrittura lineare B individuando un dialetto greco anteriore di vari secoli alla lingua omerica nelle iscrizioni su tavolette rinvenute nelle regge micenee della Grecia continentale e di Creta. Una iscrizione nella stessa scrittura lineare B è stata rinvenuta nel 1994 a Kafkania vicino a Olimpia. Databile all’inizio del 17° sec. a.C., il testo fornisce tra l’altro un antroponimo greco, Karopos, che ritroveremo nove secoli più tardi nell’Iliade. Poiché non vi sono tracce di nuove invasioni in Grecia tra il 21° e il 17° sec. a.C., l’eccezionale ritrovamento permette di affermare che gli invasori della fine del 3° millennio approdati nei territori dell’attuale Grecia erano davvero i greci.
Saranno questi stessi greci a dare vita alla grande civiltà micenea i cui sovrani regneranno su tutto il territorio dell’Ellade, dalla Tessaglia alla Beozia, all’Attica e al Peloponneso durante l’Età del bronzo, in particolare tra il 17° e la fine del 13° secolo a.C.
Dopo un periodo di stretta collaborazione con i minoici (minoici e micenei sono associati al grande commercio internazionale che vede nel periodo della XVIII dinastia le popolazioni egee convogliare le merci dalla costa siro-palestinese verso la valle del Nilo), i micenei, approfittando della distruzione della flotta minoica in seguito all’esplosione del vulcano di Santorini (1500 a.C.), scendono verso Creta, s’impadroniscono dell’isola (1450 a.C.) e installano un loro sovrano prima a Cnosso, poi a La Canea, l’antica Kudonia, nella Creta occidentale.
Intorno al 1200 a.C. l’intero mondo delle corti micenee scompare: i palazzi sono distrutti e insieme a loro tramonta un tipo di società e di organizzazione del territorio che vedeva nel palazzo, centro economico, politico, amministrativo e religioso, il suo punto di riferimento.
Le cause di queste distruzioni sono plurime; alcuni terremoti devastanti hanno colpito centri come Tebe, Tirinto, Micene, Midea e Pilo, e hanno probabilmente provocato una crisi economica che ha generato gravi disordini in seno a una società organizzata secondo una struttura piramidale con a capo un sovrano, una classe sacerdotale, una classe militare, una artigianale e una massa composta da schiavi.
All’indomani del tramonto della civiltà greca micenea, l’intera Ellade conosce un periodo di recessione che abbraccia il 12° e l’11° sec. a.C. chiamato dagli studiosi «Medioevo ellenico».
Con il 10° sec. emerge una nuova realtà: le comunità agricole si organizzano sotto l’impulso di una classe di proprietari terrieri e di artigiani capaci con la loro arte di assicurare la salvaguardia della comunità. È così che il basileus, che in età micenea era un semplice responsabile di una corporazione di fabbri, diventa il «sovrano» di un piccolo territorio. Capace di lavorare i metalli e di procurare armi e utensili essenziali alla sopravvivenza della comunità, il basileus ne assume anche la guida. Nascono i «regni» cantati da Omero nell’Iliade e soprattutto nell’Odissea.
Lentamente la Grecia esce dalle nebbie del Medioevo ellenico e accoglie i mercanti fenici che introducono l’alfabeto nell’Ellade. Nella scia della cultura orientale di cui i fenici sono portatori la Grecia conosce un nuovo slancio artistico ed economico. Intorno alla fine del 9° e all’inizio dell’8° sec. a.C. una trasformazione profonda agita il mondo greco. I vecchi regni omerici cedono il passo a una nuova forma di Stato caratterizzata dalla polis, «la città». La polis è articolata in una struttura costituitada tre elementi: l’Assemblea del popolo che comprende tutti i cittadini; il Consiglio che è l’emanazione dell’aristocrazia terriera; i magistrati che costituiscono il potere esecutivo. Questa struttura consente alla classe aristocratica che gestisce il Consiglio di esercitare la propria egemonia sui contadini e sugli artigiani. Una tale situazione non poteva che portare a un conflitto. Alla fine dell’8° sec. a.C. Esiodo denunciava già la rapacità degli aristocratici.
Una crisi sociale rompe l’equilibrio del regime aristocratico. Alcuni tenteranno di risolvere questa crisi ricorrendo ai legislatori, ma spesso è la violenza a trionfare e a portare un tiranno a capo della comunità. La tirannide diventa il sistema di governo di alcune città vicine all’istmo come Corinto, Sicione, Megara; Atene, a sua volta, sceglierà di affidare le proprie sorti alla tirannide. Il tiranno fa leva sulla massa dei contadini schiacciati dai nobili e su coloro che appartengono alla classe artigianale; conduce una politica di prestigio e ama essere circondato da artisti e poeti.
Intanto le lotte politiche in seno alle città (poleis) hanno costretto molti greci a emigrare verso la Sicilia, la Magna Grecia, la Gallia meridionale, la Spagna orientale, i litorali della Propontide e del Mar Nero. Lungo le coste dell’Asia Minore, già intensamente frequentate dai greci micenei nell’Età del bronzo (Mileto era una vera e propria colonia micenea come testimoniano i documenti ittiti), numerose città greche raggiungeranno nella prima parte del 1° millennio a.C. un livello di sviluppo superiore a quello delle città della madrepatria. Le nuove città che nascono in questi territori sono indipendenti dalle loro metropoli ma continuano ad avere con esse solidi legami religiosi, culturali ed economici.
Nella Grecia continentale emergono due città. La prima, Sparta, offre l’esempio di una città in cui i cittadini si dedicano tutti al servizio esclusivo dello Stato. Sono soldati e vivono grazie allo sfruttamento di una classe contadina subalterna. La seconda, Atene, conosce un prodigioso sviluppo e s’incammina durante tutto il 6° sec., da Solone a Clistene, verso il sistema democratico che vede nel governo del popolo per il popolo l’unica fonte di organizzazione dello Stato.
Mentre ad Atene si sta elaborando il sistema democratico, Dario re di Persia, nel suo sogno di dominio universale, attacca nel 500 a.C. le città greche dell’Asia Minore. Atene è la sola a sostenere i greci d’Asia minacciati dai persiani. Dieci anni dopo, nel 490, Dario decide di invadere l’Attica e viene sconfitto dagli opliti ateniesi a Maratona. Nel 480 Serse, figlio di Dario, lancia un seconda, formidabile spedizione contro la Grecia. La sua flotta viene decimata a Salamina da Temistocle e il suo esercito battuto nel 479 a Platea in Beozia. Dopo la vittoria sui Persiani «il popolo imparò a osare», come scrisse Aristotele, e chiese che fossero applicati istituzionalmente i principi democratici stabiliti da Clistene nel 508/507 a.C.
Pericle a partire dal 461 a.C. diede un assetto sociale alla democrazia greca, stabilendo una retribuzione per le cariche pubbliche in modo da consentire ai meno fortunati di potersi dedicare anche loro al servizio dello Stato.
Ma se all’interno Atene aveva elaborato un sistema democratico avanzato, all’estero la città non esitava ad attuare una politica imperialista aggressiva che colpiva prima di tutto le città alleate creando così uno scontento generale.
La rivalità tra il porto ateniese del Pireo e quelli di Corinto e Megara contribuì a scatenare la guerra del Peloponneso. Sparta e Atene si sfidarono in uno scontro lunghissimo (dal 431 al 404 a.C.) che si concluse con la disfatta di Atene e la presa della città da parte di Lisandro nel 404 a.C. Dopo aver trionfato su Atene, Sparta però non riuscì a mantenere a lungo il proprio dominio sul mondo greco; entrò in lotta contro Tebe e fu sconfitta dal generale tebano Epaminonda a Leuttra nel 371 a.C. Dieci anni dopo Epaminonda, sconfitto a sua volta, moriva nella battaglia di Mantinea.
A partire dalla metà del 4° sec. a.C. il declino del Paese, dovuto alle lotte incessanti tra le città greche per affermare un’effimera egemonia sull’Ellade, era diventato evidente e gli stessi Greci, in cuor loro, sognavano la pace. Filippo II, re di Macedonia, (359-336 a.C.) dopo aver consolidato il proprio potere in patria espanse il suo dominio nei Balcani, verso la Calcidica e la Tracia minacciando gli interessi ateniesi. Demostene tentò di opporsi all’espansione macedone ma fu sconfitto a Cheronea nel 338 a.C. Filippo, intelligentemente, manifestò il proprio attaccamento al principio greco di libertà civica, che determinerà lo statuto dato alla penisola: egli rifiutò di diventare re di Grecia, ma le città greche furono invitate ad aggregarsi in una grande Lega panellenica con sede a Corinto e con a capo il re macedone. Lo scopo ultimo di questa Lega era di condurre un’impresa comune contro l’impero persiano. Alla morte di Filippo nel 336 a.C., il figlio Alessandro attuò il progetto malgrado alcune difficoltà iniziali (opposizione interna in Macedonia, rivolta di Tebe che fu distrutta a eccezione della casa del poeta Pindaro) e riuscì a estendere fino all’Egitto e all’Indo il proprio impero. Nel 323 a.C., dopo aver portato fino all’Asia centrale il messaggio civilizzatore dell’ellenismo, il giovane re macedone moriva a Babilonia. Gli autori antichi raccontano che avrebbe poco prima pronunciato la famosa frase: «ateniesi, quante sofferenze per meritare la vostra stima!». Se le conquiste militari di Alessandro Magno hanno avuto vita piuttosto breve, l’impronta culturale lasciata dalla sua folle e geniale odissea ha segnato per sempre i popoli da lui sottomessi. I valori fondanti della cultura greca promossi dai poeti, dai tragici, dai filosofi, dagli artisti, che hanno celebrato l’uomo ponendolo al centro dell’universo e facendone il protagonista della propria storia, diventeranno il metro a cui si ispirerà tutta la cultura occidentale.
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