La civilta islamica: condizioni materiali e intellettuali. Gli osservatori astronomici
Gli osservatori astronomici
Sin dall'inizio, nel IX sec. e ancora per tutto il XVI, l'astronomia fu ampiamente diffusa nelle società del mondo islamico. Molti furono gli scienziati coinvolti nella ricerca astronomica sia sul piano pratico sia su quello teorico. Numerose furono le osservazioni ‒ dovute all'opera di singoli astronomi o al lavoro collettivo in veri e propri osservatori ‒ e molti i manuali che sulla base dei risultati ottenuti furono pubblicati. Come già per l'Antichità, l'interesse che il mondo islamico dimostrò per l'astronomia ha le sue radici nell'astrologia e nel fascino esercitato dai misteri del cielo. Ulteriori incentivi provennero da esigenze di carattere pratico come la necessità di reperire la rotta durante i viaggi notturni o quella di correlare le stagioni dell'anno con le posizioni dei pianeti. Questi aspetti di carattere generale non costituiscono tuttavia una motivazione esauriente, né spiegano il mutare dell'interesse per lo studio degli astri nel corso dei vari periodi della sua storia. Per comprendere l'emergere dell'osservatorio quale istituzione è essenziale tenere conto del contesto sociale: è solo con l'Islam, infatti, che l'osservatorio compare per la prima volta nella storia e, se è vero che alcuni dei fattori che contribuirono alla sua nascita sono condivisi anche dalle civiltà precedenti, è pur vero che altri sono specifici delle società del mondo musulmano.
L'attività scientifica negli osservatori si diversificò da quella effettuata dai singoli astronomi; ciononostante, lo studio delle origini dell'osservatorio quale istituzione non può esser separato da quello delle osservazioni astronomiche eseguite in ambito privato. Non solo, infatti, in varie regioni del mondo islamico queste precorsero le osservazioni collettive, ma è possibile anche affermare che l'interesse di singoli astronomi ad accumulare osservazioni abbia preparato il terreno al successivo emergere di iniziative organizzate e collettive: il primo impulso per la costruzione di osservatori si può quindi far risalire proprio alle osservazioni eseguite dai singoli scienziati. Già nella seconda metà dell'VIII sec., prima di al-Ma᾽mūn, alcuni astronomi avevano costruito i loro speciali strumenti, identificato specifici problemi da investigare ed elaborato programmi di osservazione in relazione a tali problemi. In altre parole, già prima dell'emergere dell'osservatorio come istituzione, esisteva una comunità di astronomi per i quali l'attività osservazionale si era imposta come compito prioritario della ricerca astronomica.
I primi osservatori furono istituiti dal califfo abbaside al-Ma᾽mūn (r. 813-833). Pur nel suo carattere pionieristico, la loro fondazione non può essere spiegata in assenza di quel livello di organizzazione amministrativa e scientifica che fu tipico delle grandi istituzioni promosse per le attività collettive: gruppi di professionisti furono radunati in luoghi specifici per condurre ricerche di astronomia; per ognuno dei gruppi così costituito furono nominati alcuni direttori e si tentò di organizzare il supporto finanziario necessario a sostenere i progetti e a pagare i salari. In tal senso, all'attività scientifica si accompagnò da subito una complessa struttura organizzativa e amministrativa. La gestione degli osservatori includeva, tra l'altro, la coordinazione delle attività scientifiche, il disegno e la costruzione di strumenti di precisione appropriati al programma di ricerca e la supervisione delle osservazioni. All'attività di ricerca si accompagnava inoltre l'identificazione degli oggetti da osservare e la conduzione di osservazioni simultanee dello stesso fenomeno astronomico da più di una postazione.
Sebbene le informazioni in nostro possesso sulla primissima attività non siano dettagliate, è certo che la nascita degli osservatori si inserì nel solco di una solida tradizione di osservazioni private le quali fra l'altro continuarono anche dopo l'VIII sec. accanto a quelle eseguite nel quadro istituzionale. Un gran numero di casi al limite tra osservazioni private e incarichi ufficiali è documentato nelle opere di celebri astronomi quali Ḥabaš al-Ḥāsib al-Marwazī (IX sec.), Ibn Yūnus (m. 399/1009) e al-Bīrūnī (X-XI sec.). Questi, per esempio, nel Kitāb Taḥdīd nihāyāt al-amākin li-taṣḥīḥ masāfāt al-masākin (Libro sulla determinazione delle coordinate delle località per rettificare il valore delle distanze fra loro) documenta numerose osservazioni che rivelano un interesse diffuso per la determinazione della latitudine e della longitudine di varie località geografiche.
L'esistenza di un'affermata tradizione di studi è un fattore importante per la nascita dell'osservatorio quale istituzione. Alcune delle prime osservazioni si dovettero all'iniziativa di privati che apprestarono allo scopo siti specifici; altre sono invece da collocare in località non ben precisate. Nel fondare osservatori con carattere di istituzione pubblica al-Ma᾽mūn non fece che radunare astronomi già attivi da tempo e per i quali non si può escludere che fossero già usi alla collaborazione. In tal senso, anche il fatto che il califfo ne assumesse la guida, più che esser l'origine dell'attività osservazionale collettiva, ne appare come un risultato.
D'altronde, ciò non vuol dire che il patrocinio di al-Ma᾽mūn non sia stato carico di conseguenze: esso conferì prestigio formale all'attività astronomica e creò un importante precedente. A partire dal IX sec., infatti, il patrocinio califfale o governativo divenne un'efficace forma di supporto dell'attività scientifica.
Il programma di osservazioni astronomiche voluto da al-Ma᾽mūn coinvolse due importanti città del mondo islamico: la capitale abbaside, Baghdad, e l'antica capitale degli Omayyadi, Damasco (precisamente gli osservatori erano l'uno a Šammāsiyya, presso Baghdad, e l'altro a Dayr Murrān sul monte Qāsiyūn, presso Damasco); chiaramente, le due località furono scelte perché adatte all'osservazione astronomica. Queste istituzioni offrivano un alloggio ai ricercatori e ai vari professionisti che, con diverse qualifiche, erano reclutati per eseguire i compiti necessari all'attività dell'osservatorio.
Lo scopo del programma di ricerca era quello di verificare l'esattezza delle osservazioni tolemaiche: comparare quindi i risultati dei calcoli ‒ basati sui modelli tolemaici ‒ con quelli ricavati dalle nuove osservazioni. Il programma ‒ che rappresenta il primo caso storico attestato di iniziativa pubblica per una ricerca collettiva ‒ mise in evidenza la necessità di continuare la verifica delle osservazioni astronomiche precedenti e fece emergere l'esigenza di utilizzare strumenti più precisi. I risultati furono affidati essenzialmente a uno scritto, al-Zīǧ al-mumtaḥan (Tavole astronomiche verificate), redatto da Yaḥyā ibn Abī Manṣūr per ordine dello stesso al-Ma᾽mūn che aveva dato incarico di compilare uno zīǧ (tavola) con i risultati delle nuove osservazioni, oltre che tutto il materiale necessario agli studiosi interessati. Gli Zīǧ al-mumtaḥan conosciuti anche come al-Zīǧ al-Šammāsiyya (Tavole di Šammāsiyya) o al-Zīǧ al-ma᾽mūnī (Tavole dedicate ad al-Ma᾽mūn) non sono sopravvissuti nella loro interezza, ma sono noti perché ampiamente citati dagli astronomi successivi.
Le fonti di cui disponiamo per gli osservatori di al-Ma᾽mūn sono costituite dagli stessi scritti che ci informano sull'astronomia precedente: al-Zīǧ al-dimašqī (Le tavole astronomiche di Damasco) di Ḥabaš al-Ḥāsib al-Marwazī, il già citato Kitāb Taḥdīd nihāyāt al-amākin li-taṣḥīḥ masāfāt al-masākin di al-Bīrūnī e lo scritto di Ibn Yūnus al-Zīǧ al-ḥākimī al-kabīr (Grandi tavole astronomiche dedicate ad al-Ḥakim). Tali fonti non forniscono solamente informazioni generali ma anche resoconti specifici delle osservazioni registrate dagli astronomi dei vari osservatori. Tutte le fonti hanno inoltre il pregio di esser redatte da astronomi il cui interesse non era di carattere esclusivamente storico ma anche scientifico: i loro autori utilizzarono infatti i dati ottenuti negli osservatori di al-Ma᾽mūn per le proprie ricerche astronomiche.
Come si è accennato, i principali obiettivi degli Osservatori di Šammāsiyya e del monte Qāsiyūn erano l'aggiornamento e la correzione delle osservazioni tolemaiche del Sole e della Luna, nonché la compilazione di nuove tavole. La più importante correzione introdotta consistette nel mostrare che l'apogeo della sfera solare si muoveva con la precessione delle stelle fisse. Un altro importante contributo fu la determinazione dell'obliquità dell'eclittica, una delle attività cui gli astronomi si dedicarono sin dai tempi di Šammāsiyya.
La riuscita del programma fu del resto un fattore essenziale alla stessa fondazione dei due osservatori: quando i risultati registrati negli anni 213-214 del calendario musulmano (corrispondenti a quelli 827-828 dell'era cristiana) dall'Osservatorio di Šammāsiyya furono giudicati insoddisfacenti, al-Ma᾽mūn diresse un gruppo di astronomi con il compito di condurre osservazioni aggiuntive a Dayr Murrān sul monte Qāsiyūn dove furono eseguite giornalmente per almeno tutto il 214 e poi a intermittenza nei successivi due o tre anni.
La descrizione della costruzione dell'Osservatorio del monte Qāsiyūn che, come si è appena detto, fu eretto dopo il fallimento delle osservazioni di Šammāsiyya, è in tal senso di un certo interesse. Durante un soggiorno a Damasco, al-Ma᾽mūn avrebbe incaricato due uomini (uno dei quali era già attivo a Šammāsiyya) di trovare l'astronomo con la maggior esperienza in fatto di osservazione. Fu reclutato un certo Ḫālid ibn ῾Abd al-Malik al-Marwarrūḏī cui andò l'incarico di costruire i più accurati strumenti per l'osservazione del Sole e della Luna: almeno uno di questi, il quadrante azimutale, fu infatti nuovamente disegnato e costruito. Sanad ibn ῾Alī, un famoso astronomo e costruttore di strumenti, ebbe invece il compito di supervisionare le osservazioni di Ḫālid ibn ῾Abd al-Malik al-Marwarrūḏī.
L'emergere della nuova istituzione dell'osservatorio è un fenomeno senza precedenti che richiede una spiegazione. Senza dubbio essa va in parte reperita nelle stesse forze culturali che contribuirono alla nascita di molte altre istituzioni nelle città, cosmopolite e in rapido sviluppo, del mondo arabo-islamico. Tra tali istituzioni vi è la biblioteca del Bayt al-Ḥikma (Casa della sapienza), fondata dal califfo abbaside Hārūn al-Rašīd (786-809) e in seguito pienamente sviluppata dal figlio al-Ma᾽mūn. Tale biblioteca conteneva una larga parte dei classici della scienza antica, della filosofia e della letteratura sapienziale. Sia il Bayt al-Ḥikma sia l'osservatorio ebbero il patrocinio di al-Ma᾽mūn e vi fu talvolta una sovrapposizione tra gli scienziati che erano associati alla biblioteca e quelli che lavoravano negli osservatori. Nonostante ciò, le due istituzioni erano comunque chiaramente distinte l'una dall'altra e differivano in un aspetto importante: la prima emulava una precedente tradizione sasanide ed era in tal senso una di quelle istituzioni con cui gli Abbasidi tentavano di appropriarsi dei simboli sasanidi dell'autorità regia. Nel caso dell'osservatorio, invece, non esiste prova di un precursore: in quanto tale, l'osservatorio non ha parallelo istituzionale nelle civiltà precedenti all'Islam.
Ad al-Ma᾽mūn si devono anche altre iniziative scientifiche: ne sono un esempio la misurazione delle coordinate geografiche di Baghdad e della Mecca allo scopo di calcolare in modo accurato la qibla (direzione [cui rivolgere le preghiere]) della Ka῾ba o le spedizioni di scienziati e di personale specializzato ‒ geometri, astronomi, esperti di strumenti, muratori e fabbri per la lavorazione dell'ottone ‒ organizzate allo scopo di misurare la lunghezza di un grado terreste sulla superficie della Terra. Se da una parte la ragione di tali iniziative va individuata nell'utilità che esse dimostravano, dall'altra una delle loro motivazioni fu l'interesse per la scienza e la curiosità intellettuale di al-Ma᾽mūn. E ciò è tanto più vero nel caso della nascita degli osservatori, che appare irriducibile nei termini meramente strumentali.
Le ragioni che si adducono per spiegare l'interesse di al-Ma᾽mūn per gli osservatori sono solitamente due: l'una fa riferimento all'astrologia, l'altra alla religione. Per quanto riguarda la prima, è certo che nelle società islamiche, come in quelle dell'Antichità, l'interesse per l'astronomia fu sempre strettamente connesso con quello per l'astrologia e con il fascino per i poteri e i misteri delle stelle. Anche al-Ma᾽mūn, come molti suoi predecessori, credeva nell'astrologia ed era interessato alle previsioni astrologiche; si è quindi spesso ritenuto che questo sia stato il motivo principale per il quale egli abbia promosso la fondazione degli osservatori. Questa ipotesi non è tuttavia corroborata da alcuna prova storica. Nelle fonti, tra le motivazioni addotte per spiegare la promozione da parte di al-Ma᾽mūn di un programma di ricerca e di osservazione astronomica non figura l'astrologia. Di certo le tavole compilate come risultato delle osservazioni potevano aver avuto un'utilità astrologica, ma a differenza di ciò che accade con gli osservatori più tardi, dove tale finalità è invocata in maniera esplicita, nessun motivo del genere compare nelle tavole di quest'epoca. Il solo elemento conosciuto è che alcuni astronomi che lavoravano negli osservatori di al-Ma᾽mūn erano anche astrologi (munaǧǧim); tuttavia, molti altri avevano i titoli tecnici di osservatori, esperti d'astrolabi o altro, cosicché tali titoli non si rivelano d'aiuto per identificare i motivi sottostanti all'interesse di al-Ma᾽mūn per le osservazioni.
La difficoltà a discernere l'esatto ruolo giocato dall'astrologia si deve comunque anche al fatto che in quell'epoca richiamarsi a essa era un evento molto comune; essa continuò a esser praticata e a incoraggiare la conoscenza astronomica, e una cospicua porzione dei fondi destinati alla ricerca in questo settore era dettata dal desiderio di fare previsioni astrologiche. Ciononostante, esisteva una chiara linea di demarcazione tra le discipline dell'astronomia e dell'astrologia. La grande maggioranza delle centinaia di scritti composti nel IX sec. è di astronomia; soltanto alcuni riguardano l'astrologia e se è vero che molti astronomi lavorarono come astrologi di corte, è anche vero che di gran lunga più numerosi furono quelli che condannarono l'astrologia, prendendone le distanze. Del resto, anche quando gli osservatori furono costruiti allo scopo di facilitare le previsioni astrologiche (come nel caso dell'Osservatorio di Marāġa), il lavoro effettivo che vi si eseguiva faceva scarso riferimento all'astrologia, focalizzandosi quasi esclusivamente sull'astronomia. In tal senso è possibile affermare che gli astronomi si siano spesso avvantaggiati dell'appello popolare all'astrologia al fine di assicurarsi un impiego oppure per garantirsi i fondi necessari allo svolgimento del proprio lavoro. Nella maggior parte dei casi, infatti, gli astronomi non consideravano l'astrologia una disciplina valida scientificamente ed erano particolarmente scrupolosi nel sottolineare la distanza che divideva la loro scienza esatta dall'astrologia.
A far vacillare l'ipotesi di un interesse astrologico vi è anche un altro ordine di ragioni: sebbene l'astrologia esercitasse il suo fascino sulla cultura politica dell'élite, la più vasta cultura religiosa, ben radicata nella società, le si oppose veementemente. Il ruolo dell'astrologia deve quindi esser esaminato alla luce dell'opposizione che a questa provenne sia dalla comunità scientifica sia dall'ambiente religioso. È quindi chiaro che, data la vastità di questa opposizione, a meno di non trovarne una prova diretta, non si può assumere un influsso significativo dell'astrologia sull'astronomia.
La seconda ragione addotta per spiegare lo sviluppo delle attività di osservazione astronomica sotto al-Ma᾽mūn è, come si è accennato, quella religiosa. Le osservazioni servivano a determinare la qibla, i tempi della preghiera e la visibilità crescente, elementi necessari per adempiere correttamente agli obblighi religiosi. Anche in questo caso, comunque, le prove non sono univoche. Innanzitutto, una larga parte delle osservazioni eseguite negli osservatori (e anche quelle dei singoli astronomi) non ha attinenza con le esigenze della religione islamica. Inoltre, per soddisfare tali esigenze sarebbero state necessarie osservazioni a scala ridotta in molti luoghi diversi, mentre le attività degli osservatori erano condotte su scala molto maggiore e solamente in alcune località. La determinazione della qibla in un certo punto richiedeva, per esempio, oltre alle coordinate della Mecca, la misurazione della longitudine e della latitudine di quella particolare località; era quindi necessario ripetere un insieme relativamente semplice di osservazioni sul posto e quelle normalmente eseguite negli osservatori non potevano perciò essere di aiuto. Queste ultime erano anche di gran lunga superiori al numero richiesto per determinare la qibla e, infine, risultano molto più numerose le misurazioni della latitudine rispetto a quelle della longitudine, mentre a questo scopo era necessario conoscere entrambe. L'individuazione della latitudine era, d'altronde, necessaria per risolvere un maggior numero di problemi astronomici non connessi alla soluzione di quelli posti dalle esigenze della religione. In tal senso, la soluzione dei problemi religiosi contribuì soltanto indirettamente alla fondazione degli osservatori e non fu la causa principale della loro nascita. In breve, l'utilità religiosa spiega solo una piccola parte dell'interesse individuale per l'astronomia.
In ultima analisi, è possibile affermare che la curiosità scientifica, l'interesse per l'astrologia, le tradizioni regali e l'utilità che l'osservazione del cielo rivestiva per la religione sono tutti elementi che contribuirono in vario modo alla fondazione degli osservatori. Il motivo principale va tuttavia cercato nell'evoluzione della tradizione astronomica che era cominciata già prima della fondazione del primo osservatorio ufficiale. E ciò in un senso preciso. Gli Zīǧ al-Sindhind (Tavole astronomiche indiane) di al-Ḫwārizmī (attivo nell'830) sono la prima opera originale ancora esistente dell'astronomia araba. Benché l'autore fosse uno degli astronomi attivi a Šammāsiyya, questi zīǧ furono compilati prima della fondazione degli osservatori di al-Ma᾽mūn. Gli zīǧ di al-Ḫwārizmī contengono tavole per i moti del Sole, della Luna e di cinque pianeti con note che ne spiegano l'utilizzo. Molti dei parametri usati da al-Ḫwārizmī sono di origine indiana, ma alcuni sono derivati dalle Tavole manuali di Tolomeo. Fonti arabe menzionano anche gli Zīǧ al-Šāh (Tavole astronomiche reali), una collezione di tavole astronomiche basate su parametri indiani e compilata nella Persia sasanide nell'arco di un periodo di due secoli. Il caso di al-Ḫwārizmī dimostra come i primi astronomi fossero consapevoli dell'esistenza di diversi insiemi di parametri derivanti da antiche tradizioni di cui essi erano gli eredi e che avevano già cominciato a studiare e sintetizzare. Il desiderio di produrre una sintesi di tradizioni astronomiche divergenti richiedeva del resto una loro rivalutazione. Poiché il modo più ovvio per decidere dei meriti relativi a ciascuna tradizione e delle osservazioni, delle misurazioni e dei parametri di volta in volta proposti era condurre nuove osservazioni, è possibile ascrivere proprio all'eredità dell'astronomia antica un ruolo considerevole nella nascita degli osservatori nel mondo arabo-islamico. Inoltre, gran parte dell'Almagesto di Tolomeo, il libro che ebbe maggior influenza sull'astronomia arabo-islamica, è dedicata ai metodi per costruire i vari modelli e per calcolarne i parametri e contiene anche le tavole per i moti planetari da usare insieme ai modelli.
L'interesse originario per l'astronomia ai tempi di al-Ma᾽mūn può quindi essere spiegato a partire dal forte influsso della tradizione astronomica greca, nella quale un grande impegno fu dedicato alle osservazioni e al calcolo dei parametri. Anche prima che al-Ma᾽mūn fondasse gli Osservatori di Baghdad e Damasco, una comunità di astronomi aveva creato una sostanziale tradizione astronomica e assegnato alle osservazioni un ruolo primario. Più di qualsiasi altra cosa, gli osservatori di al-Ma᾽mūn sono espressione di questa tradizione emergente e furono costruiti per risolverne le necessità e i problemi.
Registrazioni di attività di osservazione abbondano dal tempo di quelle effettuate a Šammāsiyya e Dayr Murrān in poi; nel IX e nel X sec. numerose furono il risultato di iniziative private, non di meno esse furono spesso estremamente significative ai fini dell'avanzamento dell'attività scientifica. Alcune misurazioni degli osservatori di al-Ma᾽mūn furono confermate dopo la sua morte da osservazioni private e le stesse misurazioni furono in seguito modificate da altri. Gli astronomi di al-Ma᾽mūn, per esempio, corressero l'antico valore per la precessione degli equinozi da 1°/100 anni a 1°/66 anni. Questo nuovo valore fu confermato nel IX sec. nelle osservazioni private dei Banū Mūsā, dei Banū 'l-Munaǧǧim, di Ḥabaš al-Ḥāsib, di al-Nayrīzī e di al-Māhānī. Nel secolo successivo i Banū Amāǧūr, cioè Abū 'l-Qāsim ῾Abd Allāh ibn Amāǧūr al-Turkī (m. 933) e suo figlio Abū 'l-Ḥasan ῾Alī, e Ibn al-A῾lam (m. 975 ca.) ottennero un valore di 1°/70 anni. La questione era ancora irrisolta quando nel XIII sec. fu fondato l'Osservatorio di Marāġa, in Iran. Queste e altre osservazioni furono condotte in osservatori privati costruiti nelle case di astronomi, che spesso durarono nel tempo molto di più di quelli che avevano goduto di un'investitura ufficiale. Nell'arco di un periodo di circa 50 anni, i Banū Amāǧūr eseguirono per esempio molte osservazioni sia a Shiraz (in Iran) sia a Baghdad; queste ultime includevano eclissi solari e lunari nonché osservazioni planetarie, e i dati ricavati furono utilizzati nella compilazione di numerose tavole astronomiche. Nello stesso periodo, per un arco di molti anni, Abū ῾Abd Allāh al-Battānī (m. 929) condusse le proprie osservazioni a Raqqa, in Siria, e usò alcune di queste per compilare i celebri al-Zīǧ al-ṣābi᾽ (Tavole astronomiche sabee, dall'appellativo al-Ṣābi᾽, il Sabeo, di al-Battānī); egli si servì di molti strumenti del suo osservatorio privato, alcuni dei quali erano di dimensioni considerevoli.
Il X sec. è quindi un momento di grande importanza per lo sviluppo dell'astronomia. Alcuni piccoli osservatori privati furono fatti costruire anche dai prìncipi o dai governanti; è il caso, per esempio, di Abū 'l-Faḍl ibn al-῾Amīd (930 ca.-960), il visir del principe buwayhide Rukn al-Dawla (932-976), che ne fece costruire uno di piccole dimensioni a Rayy, nella regione iranica, per le osservazioni di Ǧa῾far al-Ḫāzin. Nel X sec. fu anche istituita una commissione preposta alla promozione di osservazioni astronomiche individuali più che di interi programmi affidati agli osservatori formalmente istituiti. ῾Abd al-Raḥmān al-Ṣūfī, per esempio, misurò l'obliquità dell'eclittica a Shiraz su commissione del principe buwayhide ῾Aḍud al-Dawla e costruì un grande anello speciale chiamato 'l'anello ῾aḍudī', proprio dal nome del principe. Anche in questo caso, le osservazioni furono condotte in presenza di molti scienziati, tra i quali vanno ricordati Abū Sahl al-Qūhī, Aḥmad al-Siǧzī, Naẓīf ibn Yumn al-Yūnānī e Abū 'l-Qāsim Ġulām Zuḥal. A differenza dell'iniziativa collettiva tipica degli osservatori di al-Ma᾽mūn, questi individui non ricevevano un salario, né erano associati a una particolare istituzione fisica o a una data località.
Ancora nel X sec. va collocata la costruzione di grandi strumenti fondata sull'assunto basilare che più grande fosse stato lo strumento, più la misurazione sarebbe stata accurata. Al-Ḫuǧandī, per esempio, costruì a Rayy un sestante chiamato al-suds al-faḫrī (il sestante di Faḫr) con un raggio di 20 m; esso corrispondeva a un arco di 60° della meridiana e fu realizzato per misurare l'obliquità dell'eclittica. Da quanto ci è noto, fu il più grande strumento a esser costruito a quel tempo e fu utilizzato in presenza di autorità.
Anche dopo al-Ma᾽mūn, quindi, l'attività privata continuò a mantenere vivo l'interesse per l'astronomia e alcuni dei migliori astronomi del mondo arabo-musulmano (come al-Bīrūnī e Ibn Yūnus) condussero le loro ricerche proprio in osservatori privati. Nonostante che, comunque, esistessero degli osservatori pubblici.
Dopo quelli di Šammāsiyya e Dayr Murrān, il primo osservatorio istituito con un atto formale fu quello del principe buwayhide Šaraf al-Dawla (r. 982-989) menzionato dalle fonti come bayt al-raṣd (casa dell'osservazione), nome che indica chiaramente l'esistenza di una struttura separata dedicata a tale attività. Il bayt al-raṣd, che si distingueva per la sviluppata organizzazione, fu costruito nel giardino del palazzo di Šaraf al-Dawla; aveva sia un direttore (Abū Sahl al-Qūhī) sia un astronomo (al-Būzǧānī, 940-997), chiamato ṣāḥib al-raṣd (responsabile o incaricato dell'osservazione), cui spettava la cura dell'aspetto scientifico. L'istituzione fu inaugurata formalmente in presenza di dignitari e giudici che firmarono due documenti separati per testimoniare la veridicità delle osservazioni e l'accuratezza degli strumenti utilizzati. L'osservatorio disponeva di almeno uno strumento considerevolmente grande. Gli astronomi chiamati a lavorarvi ricevettero istruzioni esplicite da Šaraf al-Dawla per l'osservazione dei sette pianeti; tuttavia, nonostante questo preciso programma, l'attività fu presto interrotta a causa della morte del fondatore e, di conseguenza, l'apporto dato da questa struttura appare meno significativo di quello degli osservatori di al-Ma᾽mūn. Tra le misurazioni che vi sono state effettuate e di cui si ha notizia vi è, comunque, quella dell'obliquità dell'eclittica dovuta ad Abū 'l-Wafā᾽ al-Būzǧānī nell'anno 988 e che egli aveva eseguito in privato esattamente un anno prima della fondazione dell'osservatorio; questo suggerisce, fra l'altro, che la convocazione di al-Būzǧānī sia dovuta proprio alla familiarità con le misurazioni così dimostrata. Tuttavia, a differenza di al-Ma᾽mūn, Šaraf al-Dawla sembra esser stato più interessato agli aspetti formali del patrocinio dell'istituzione che all'attività che vi era svolta. Può esserne considerata una prova il fatto che l'osservatorio da lui voluto fu inaugurato con una cerimonia solenne in presenza di vari ufficiali e diverse figure pubbliche, un atto che conferì autorità all'istituzione ma attribuì anche prestigio a Šaraf al-Dawla. Del resto, in questo caso il patrocinio regio non garantì la vita dell'istituzione e contribuì anzi al rapido declino con la morte del fondatore.
In effetti, sembra che alcuni astronomi fossero consapevoli dei rischi derivanti dal patrocinio regio già all'inizio dell'XI sec., periodo in cui la costruzione di grandi strumenti in grado di fornire dati di maggiore precisione era in pieno sviluppo. La costruzione degli strumenti era spesso finanziata da ufficiali e membri dell'élite politica e si rivelava in tal senso soggetta alle fortune e agli umori dei prìncipi e dei governanti. Alcuni astronomi, consapevoli della necessità di finanziamenti ufficiali per la realizzazione di strumenti grandi e ingombranti, cercarono soluzioni alternative per ridurre la loro dipendenza dalle imprevedibili preferenze degli ufficiali di Stato. Al-Bīrūnī e Ibn Yūnus, per esempio, non condussero le loro ricerche in osservatori ufficiali. Del resto, al-Bīrūnī non fece affidamento soltanto sugli strumenti, che pure costruiva, ma anche su tecniche osservazionali migliori e su avanzati metodi di calcolo; mentre Ibn Yūnus suggerì che la precisione dipendeva dalle capacità dell'osservatore piuttosto che dalla dimensione dello strumento impiegato. Tale affermazione potrebbe essere nata dalla consapevolezza dei problemi tecnici tipici dei grandi strumenti e dal fatto che non esisteva una correlazione necessaria tra la dimensione dello strumento e l'accuratezza dell'osservazione. In realtà, difetti nella realizzazione costringevano spesso a ricostruire ripetutamente questi strumenti e altre serie difficoltà erano legate al trasporto e al montaggio, nonché al materiale usato, alla sua possibile distorsione, all'effetto delle condizioni climatiche, alla calibratura e alla difficoltà di manutenzione.
Gli osservatori istituiti ufficialmente avevano spesso obiettivi scientifici simili a quelli delle singole postazioni dei privati. A distinguere i primi dalle seconde erano l'organizzazione, i fondi regi e il patrocinio necessari a sostenere il lavoro collettivo. Alla fine dell'XI sec. il modello dell'osservatorio come istituzione specializzata era ben stabilito e prevedeva: una postazione fissa equipaggiata con numerosi strumenti, fra i quali alcuni di precisione o di grandi dimensioni; un programma di ricerca astronomica per l'osservazione del Sole, della Luna e dei pianeti; una squadra specializzata di scienziati e uno specifico personale amministrativo.
I casi di osservatori che godettero di un patrocinio ufficiale sono diversi. Il principe di Isfahan ῾Alā᾽ al-Dawla commissionò, per esempio, la costruzione di un osservatorio a Hamadan sotto la direzione di Avicenna, che inventò un grande strumento noto come 'anello azimutale' e affidò poi al suo discepolo Abū ῾Ubayd al-Ǧūzǧānī il compito di portare a termine l'allestimento dell'edificio e degli strumenti. Nel sito furono condotte osservazioni molto probabilmente dallo stesso al-Ǧūzǧānī, per almeno otto anni.
Un altro importante osservatorio ‒ frutto di un progetto ambizioso e costoso ‒ fu quello di Isfahan, voluto nel 1074/1075 dal sultano selgiuchide Malikšāh (r. 1072-1092); esso costituisce il primo esempio di osservatorio regio islamico funzionante come un'istituzione perfettamente compiuta per un lungo periodo di tempo. Gli obiettivi furono fissati chiaramente fin dall'inizio e, per la prima volta, si stabilì una durata minima di trent'anni di attività, scadenza adottata in seguito, su questo esempio, in molti altri casi. L'osservatorio di Malikšāh si avvicinò al raggiungimento dei suoi obiettivi: restò infatti attivo per circa vent'anni, la massima durata per un'istituzione ufficiale a quei tempi; furono realizzati e utilizzati strumenti complessi e costosi e vennero coinvolti numerosi astronomi specializzati, tra i quali il famoso ῾Umar al-Ḫayyām. Anche se vi furono condotte alcune osservazioni planetarie, l'obiettivo principale fu quello della riforma del calendario e dei calcoli.
L'osservatorio di al-Afḍal al-Baṭā᾽iḥī costituisce il più elaborato esempio del contesto sociale in cui un osservatorio veniva fondato. I lavori di costruzione cominciarono nell'anno 1120 al Cairo con il visir fatimide al-Afḍal Abū 'l-Qāsim ibn al-Ǧuyūšī Badr al-Ǧamālī e continuarono, dopo il suo assassinio, con il suo successore Abū ῾Abd Allāh al-Ma᾽mūn al-Baṭā᾽iḥī, condannato a morte nel 1125 per ordine del califfo al-῾Amīr bi-Aḥkām Allāh (r. 1101-1130). Con la morte di quest'ultimo, la costruzione si interruppe bruscamente. Le fonti forniscono tutti i dettagli sulle origini, sul processo di costruzione, sulla progettazione del sito e sulla realizzazione di strumenti speciali, sul reclutamento del gruppo di lavoro, sui salari e sui permessi richiesti per coprire i costi della sua edificazione e del suo programma di ricerca nonché sugli intrighi legati al suo declino. Seguirne la storia è di un certo interesse. Intorno al 1120 un gruppo di astronomi del Cairo compilò alcune effemeridi che, comparate con un gran numero di effemeridi provenienti dalla Siria, rivelarono alcune divergenze. Interrogati da al-Afḍal, gli astronomi si giustificarono sostenendo che le precedenti tavole erano basate sulle osservazioni registrate negli Zīǧ al-mumtaḥan dell'epoca di al-Ma᾽mūn, mentre le loro erano basate sui successivi e più accurati Zīǧ al-ḥākimī al-kabīr di Ibn Yūnus. Essi raccomandarono quindi la costruzione di un nuovo osservatorio per ottenere risultati migliori e, seguendo questo consiglio, al-Afḍal cominciò a esaminare vari scienziati per nominarne il direttore e iniziarne la realizzazione, che richiese molto tempo e coinvolse operai specializzati, ingegneri e astronomi. Il sito fu scelto in un primo momento sulla base di considerazioni di carattere pratico, tra le quali la sua prossimità ai materiali edilizi; in seguito, si preferì una località più adatta a condurre osservazioni astronomiche. Ci sono giunte informazioni dettagliate anche per quanto riguarda le cerimonie che accompagnarono la costruzione dell'anello azimutale: furono assemblate dieci fornaci di rame fuso da cui si ricavò un anello di cinque metri che, per le sue dimensioni esagerate, risultò essere difettoso; successivamente si produsse quindi uno strumento più piccolo.
Il principale obiettivo dell'osservatorio di al-Afḍal al-Baṭā᾽iḥī era la compilazione di tavole accurate e corrette: di fatto le fonti non fanno riferimento ad alcuna loro utilità astrologica. L'interesse dei due visir al progetto si dovette quindi probabilmente, più che a esigenze di carattere astrologico, al prestigio che sarebbe loro derivato dal patrocinarne l'iniziativa e al desiderio di dare il proprio nome alle nuove tavole corrette. Non a caso, una delle accuse avanzate dal califfo contro al-Baṭā᾽iḥī e che portarono quindi alla sua condanna a morte, fu proprio quella di voler dare alle tavole il proprio nome e non quello del califfo. In tal senso, appare anche significativo che nessuno degli astronomi associati fosse molto famoso: l'osservatorio non derivava il proprio prestigio dalla loro reputazione ma piuttosto dalla sua struttura organizzativa, che tuttavia dipendeva totalmente dal patrocinio ufficiale. Con la morte dei suoi benefattori, quindi, l'istituzione cessò improvvisamente la sua attività.
Il patrocinio ufficiale e la piena integrazione fra le istituzioni islamiche spiegano la fondazione, nel XIII sec., dell'Osservatorio di Marāġa, forse il più famoso del mondo musulmano. Esso venne fondato su un largo terreno pianeggiante dal principe mongolo ilkhanide Hūlāgū e fu diretto dal celebre Naṣīr al-Dīn al-Ṭūsī. A differenza dei precedenti, quello di Marāġa fu prima costruito e poi finanziato grazie alla devoluzione a suo favore delle entrate del waqf (fondazione pia). Assicurata in tal modo l'autonomia finanziaria, l'osservatorio poté sopravvivere dopo la morte del suo fondatore e per oltre cinquant'anni servì come centro della ricerca astronomica attraendo i maggiori scienziati da tutto il mondo musulmano. L'osservatorio era costituito da più di un edificio e da una grande biblioteca con una vasta collezione di libri e fu centro d'insegnamento dell'astronomia e di altre scienze matematiche. Il gran numero di studenti pre- senti a Marāġa suggerisce che l'educazione non fosse privata ma inserita nell'ambito istituzionale e un'ulteriore conferma della formalizzazione dell'istruzione scientifica ci viene dal fatto che molti degli astronomi di Marāġa scrissero libri di testo a scopi didattici. Una grande squadra di astronomi e scienziati, anche giovani, lavorò a Marāġa e fu coinvolta in vari tipi di ricerca scientifica, fra i quali la costruzione di speciali strumenti di osservazione, la compilazione di nuove tavole (gli Zīǧ al-īlḫanī o Zīǧ ilkhanidi) e lo studio avanzato della teoria planetaria.
Il principale specialista della progettazione degli strumenti e della costruzione di Marāġa fu l'astronomo di Damasco Mu᾽ayyad al-Dīn al-῾Urḍī. Nella Risāla fī kayfiyyat ῾amal al-arṣād (Epistola sui metodi operativi dell'osservazione astronomica) al-῾Urḍī fornisce informazioni articolate sulla struttura e la costruzione di molti strumenti in uso nell'osservatorio, sebbene non tutti quelli descritti fossero stati specificamente progettati per essere usati a Marāġa, che furono realizzati nell'arco di un periodo di almeno tre anni. Sappiamo poi di altri strumenti utilizzati a Marāġa e non costruiti da al-῾Urḍī, il che ci indica che più di un costruttore di strumenti era associato all'istituzione. Nella sua opera al-῾Urḍī descrive anche strumenti da lui inventati e costruiti in Siria prima di cominciare a lavorare a Marāġa, dimostrando la stretta connessione esistente tra le attività di un numero limitato di grandi osservatori e quelle più numerose condotte su piccola scala dai singoli astronomi nel contesto delle loro ricerche. Si conferma così come l'istituzione dell'osservatorio avesse le proprie radici negli interessi scientifici e nelle attività della comunità degli astronomi.
Le entrate derivate dal waqf furono utilizzate nel XIV sec., come nel caso dell'Osservatorio di Marāġa, anche per finanziare l'Osservatorio di Tabriz, fondato dal sovrano mongolo ilkhanide Ġāzān Ḫān (r. 1295-1304). Sebbene non avesse la portata scientifica di Marāġa, esso fu attivo per oltre quindici anni, funzionando anche come centro d'istruzione astronomica. Insieme a un altro osservatorio ilkhanide fondato a Yazd nel corso del XIV sec. per la misurazione del tempo, faceva parte di una complessa rete di istituzioni caritatevoli; ciò conferma come l'istituzione abbia goduto di un crescente riconoscimento nelle società islamiche, affiancandosi sempre di più a quelle tradizionali.
Un diverso modello per il riconoscimento sociale dell'astronomia e la connessa integrazione delle istituzioni astronomiche all'interno della società si ha con l'ufficio dell'incaricato alla misurazione del tempo, attivo in molte moschee in tutto il mondo musulmano. Sebbene tale attività non fosse identica a quella condotta negli osservatori, anch'essa necessitava di risorse stabili e strumentazioni fisse. Inoltre, anche da un punto di vista puramente scientifico, ci sono casi in cui i risultati ottenuti dagli addetti alla misurazione del tempo furono superiori a quelli ricavati dagli astronomi degli osservatori. Il migliore esempio in proposito è dato dal celebre astronomo del XIV sec. Ibn al-Šāṭir, che rivestì il ruolo di misuratore del tempo nella moschea degli Omayyadi a Damasco. Ibn al-Šāṭir condusse molte osservazioni, progettò e costruì nuovi strumenti e offrì i contributi più avanzati e validi dell'astronomia islamica nel campo della teoria planetaria. Sebbene non si abbiano notizie sull'apparato strumentale da lui utilizzato, le sue osservazioni, che costituivano la base sulla quale fondò l'elaborazione dei contributi teorici, furono di grande importanza da un punto di vista scientifico. È chiaro dunque che l'attività osservazionale di Ibn al-Šāṭir, resa possibile anche dalla strumentazione disponibile all'interno della moschea di Damasco, fu significativa almeno quanto quella condotta negli osservatori formalmente istituiti. È dunque ragionevole pensare all'ufficio di misurazione del tempo come a un osservatorio minore che, a differenza dei grandi osservatori ufficialmente riconosciuti, ebbe carattere più stabile, finanziariamente indipendente e pienamente integrato all'interno delle istituzioni sociali tradizionali.
L'emergere di tale ufficio non impedì comunque lo sviluppo degli osservatori regi, che continuarono a essere fondati per molti secoli ancora. L'istituzione di Marāġa fece da modello per l'organizzazione del grande Osservatorio di Uluġ Beg a Samarcanda (nell'attuale Uzbekistan) nel XV sec., per quello di Taqī al-Dīn a Istanbul nel XVI sec. e per quello di Jai Singh a Jaypur nel XVIII secolo. Il più famoso tra questi è l'Osservatorio di Samarcanda. Fondato dal governatore timuride (in seguito sovrano) Uluġ Beg (1394-1449), questo osservatorio monumentale ebbe oltre trent'anni di vita e vantò il possesso di molti strumenti, tra cui un grande arco di meridiano alto trenta metri. A esso fu associata la fondazione a Samarcanda, nello stesso periodo, di una scuola per l'insegnamento dell'astronomia e delle scienze matematiche. Oltre a Uluġ Beg gli astronomi affiliati a questa istituzione erano ῾Alā᾽ al-Dīn al-Qūšǧī, Qāḍī Zāda Rūmī e il famoso Ġiyāṯ al-Dīn al-Kāšī, il lavoro dei quali produsse, tra l'altro, tavole astronomiche che presero il nome dal fondatore. Come nella maggior parte dei casi precedenti, l'istituzione di Samarcanda fu chiusa alla morte del suo benefattore, ma soltanto dopo aver completato il ciclo di osservazioni di trent'anni necessario al completamento del programma.
L'osservatorio del XVI sec. edificato a Istanbul da Murād III ebbe invece vita molto più breve. A differenza dei precedenti, quello di Istanbul fu costruito infatti su iniziativa non di un governante ma di Taqī al-Dīn, un giudice e astronomo del Cairo recatosi a Istanbul per servire come primo astronomo di corte. Egli sottopose al sultano un resoconto in cui si richiedeva la costruzione di un osservatorio. Una volta che il progetto fu approvato da Murād III e dal suo consiglio dei ministri, furono allocati i fondi per la costruzione la cui direzione fu affidata a Taqī al-Dīn. Si trattò di un complesso monumentale che comprendeva più di un edificio per ospitare le numerose persone chiamate a collaborarvi, una biblioteca e diversi strumenti. Sebbene abbia avuto una vita inferiore ai sette anni, questo osservatorio produsse anche tavole astronomiche. Comunque, più che per il suo statuto, esso è interessante per le circostanze che ne caratterizzano l'inizio e la fine. Taqī al-Dīn avanzò la richiesta di costruire un osservatorio fondandola sulla necessità di modificare le precedenti tavole ma, richiamandosi anche alle finalità religiose dell'osservazione del cielo. Poco dopo la sua costruzione, nel 1577, con l'apparizione di una cometa, che Taqī al-Dīn interpretò positivamente, l'osservatorio fu coinvolto in pratiche astrologiche. A dispetto dei pronostici di Taqī al-Dīn, negli anni successivi al 1577 si verificarono numerose sciagure e scoppiò una pestilenza che ebbe come conseguenza la nascita di un movimento ostile all'attività astrologica dell'Osservatorio di Istanbul, ritenuto responsabile delle molte disgrazie; a guidare tale movimento fu lo Šayḫ al-Islām che ne richiese la demolizione effettivamente avvenuta nel 1580.
Questa vicenda è rappresentativa dello status dell'osservatorio nelle società dell'Islam medievale. L'istituzione rivestiva un ruolo sociale nella misura in cui si rivelava utile per le ricerche astronomiche e, in misura minore, per la soluzione dei problemi astronomici sollevati dalla religione. I sovrani che assicurarono il supporto finanziario a tutti gli osservatori noti erano però spesso interessati a rivendicare una tradizione regale oppure si occupavano di astrologia. L'attività astrologica suscitò d'altro canto una violenta reazione di carattere religioso e impedì la piena integrazione degli osservatori nelle istituzioni sociali tradizionali. Tuttavia, da una parte i progressi apparentemente indipendenti dei vari osservatori e, dall'altra, le comunità di scienziati che fornirono continuità temporale e spaziale alla cultura scientifica finirono per costituire l'osservatorio quale parte integrante della società islamica. Gli astronomi professionisti riuscirono a collocare il loro specifico sapere scientifico, con i suoi interessi peculiari, all'interno di una cultura più vasta e in connessione con le varie istituzioni della società. Le moschee divennero i nuovi siti di osservazione e, almeno in alcuni casi, funsero da osservatori minori. Questo è, per esempio, il caso di Ibn al-Šāṭir e Sulaymān ibn Muṣṭafā ibn Kāmalī (attivo nel 1785), che condusse le sue osservazioni dalla moschea della Valīde Sulṭān di Istanbul. Con la crescente diffusione delle conoscenze scientifiche tra ampie fasce dell'élite colta, l'astronomia trovò casa nelle moschee e cessò di dipendere dal patrocinio di corte o dai finanziamenti cospicui, ma unici nel tempo, che avevano determinato la nascita dei primi osservatori.
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