I Rom, spesso impropriamente definiti con gli eteronimi ‘zingari’ e ‘nomadi’, sono altrettanto spesso indebitamente associati alla Romania. Infatti si stima che solo il 30% di essi conduca una vita nomade, mentre la maggior parte dei 12 milioni di Rom sparsi per il mondo (dato ufficiale che, considerate le difficoltà riscontrate nei censimenti dei vari paesi, rappresenta verosimilmente una sottostima) risiede permanentemente nel paese di destinazione. Inoltre l’assonanza Rom-Romania è puramente casuale, dal momento che l’origine del termine Rom è ignota - secondo alcuni studiosi deriva dall’etnia Dom della regione nord-occidentale dell’India - e che per tutto il primo millennio d.C. non è stata riscontrata la presenza di popolazioni Rom nel territorio corrispondente all’attuale Romania.
Nel corso dei primi secoli del secondo millennio pare che i Rom si siano spostati dall’India sempre più verso ovest, fino a espandersi in tutto il continente europeo, fermandosi in particolare nei ricchi principati di Valacchia, Moldavia e Transilvania. La loro è stata una storia di mancata assimilazione, discriminazione e povertà, che li ha visti emarginati e cacciati dai vari stati in cui si trasferivano. In particolare, con l’affermazione dello stato-nazione, lo spazio per un’etnia in parte nomade e in parte sedentaria, ma comunque estranea alle logiche nazionalistiche, si è andato progressivamente riducendo fino a giungere al tentativo di sterminio perpetuato dalla Germania nazista.
Tra i Rom non si è mai sviluppato un senso di comune appartenenza nazionale, nonostante nel 1971 si sia tenuto il primo congresso dell’Unione internazionale dei Rom. Oggi l’Unione gode del ‘Consultative Status’ presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite in base all’articolo 71 della Carta, ma è ben lungi dal conseguire l’obiettivo della riunificazione dell’etnia per il quale fu costituita, in quanto i Rom continuano a vivere sparsi tra i vari continenti.
Nonostante la dispersione a livello globale, lo stato che ad oggi annovera il maggior numero di Rom è proprio la Romania, erede del territorio un tempo controllato dai principati danubiani, e grazie alla presenza secolare la popolazione Rom qui ha gettato radici più che altrove - per esempio parlando quasi solo rumeno e non conoscendo l’idioma romanì. Stando ai dati ufficiali, in Romania essi costituiscono il 2,5% della popolazione, ma si stima che possano raggiungere i due milioni (ovvero quasi il 10%) e che non si dichiarino Rom per evitare di essere discriminati. Considerando i rilevanti problemi di relazione con la comunità Rom, nel 2001 il governo di Bucarest ha varato una Strategia nazionale atta a migliorare le condizioni di vita di quest’ultima, ovvero incrementarne la scolarizzazione, la comprensione della lingua rumena e in generale l’integrazione sociale, ma il tentativo si è rivelato fallimentare. Sul piano politico quella Rom resta l’unica minoranza etnica sottorappresentata nel paese, avendo un peso nelle istituzioni pari allo 0,36%, ovvero una rilevanza analoga alle minoranze etniche quasi dieci volte inferiori in termini numerici.
Con la fine della Guerra fredda prima e l’ingresso nell’Eu poi, la minoranza Rom ha iniziato ad abbandonare il paese in direzione degli stati dell’Europa occidentale in modo sempre più consistente, venendo a costituire un potenziale punto di frizione tra Bucarest e le altre capitali europee, che negli scorsi anni hanno proceduto al rimpatrio di migliaia di Rom.