La conquista di Alessandro il Macedone
Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, edizione in 75 ebook
Nel corso di una lunga campagna Alessandro Magno conquista l’Impero persiano, superando la tenace resistenza di Dario III (330 a.C.). Subito dopo la morte dell’ultimo Gran Re, Alessandro ne adotta una buona parte dei titoli, del cerimoniale di corte e, soprattutto, delle aspirazioni ideologiche. Il suo impero, di breve durata, e quello dei suoi successori, i sovrani seleucidi, possono essere considerati regni ellenistici sulla base delle loro élites grecofone, ma strutturalmente hanno maggiori affinità con l’Impero persiano.
A mettere fine all’Impero persiano è Alessandro III, re di Macedonia, soprannominato Alessandro Magno, figlio di Filippo II di Macedonia, che intorno al 338 a.C. sconfigge le città-stato greche della terra ferma unendole sotto il suo dominio. Alessandro eredita il trono del padre nel 336 a.C. Educato da Aristotele e quindi imbevuto delle conoscenze scientifiche e geografiche del suo tempo, il giovane re inizia subito i preparativi per una campagna contro l’Impero persiano che l’ideologia greca del tempo considera l’avversario naturale del mondo greco-macedone. Alessandro infatti presenta la sua guerra al pubblico greco come una vendetta per l’aggressione di Serse nel 480 a.C. e un tentativo di liberare le città greche della Ionia. Si noti, tuttavia, che anche il re macedone si adatterà ai costumi locali dell’Oriente come hanno fatto prima di lui i re persiani.
La conquista dell’Impero persiano ha inizio nel 334 a.C. In contrasto con la percezione comune, il re persiano Dario III (sovrano dal 336 al 330 a.C.) oppone una resistenza tenace agli invasori greco-macedoni. Alessandro vince tre fondamentali battaglie (la battaglia al fiume Granico, la battaglia di Isso e la battaglia di Gaugamela) e un gran numero di scontri minori, percorre distanze enormi e si confronta con una moltitudine di popoli e potentati di secondo rango.
Non trova un nemico in crisi, decadente: il suo successo dipende soprattutto dalla disciplina e dalla superiorità militare delle sue truppe; egli dimostra anche una notevole prontezza nell’usare a proprio vantaggio le crepe del multietnico Impero persiano. Ciononostante la campagna di Alessandro è in vari momenti sul punto di fallire, ma il carisma del re, la sua abilità tattica sul campo di battaglia e un po’ di fortuna impediscono alla spedizione di trovare una fine disastrosa. La resistenza persiana crolla definitivamente solo nel 330 a.C. con la morte di Dario III, vittima di una congiura. A questo punto, Alessandro inizia a presentarsi come successore dei re achemenidi piuttosto che come il conquistatore del loro Impero. Solo di fronte alle città greche della Ionia Alessandro interpreta il ruolo del liberatore; di fronte agli altri popoli dell’Oriente segue invece il modello dei Persiani, lasciandosi ricevere e venerare come nuovo sovrano nel modo tradizionale. Il re macedone è consapevole della necessità di guadagnare la stima e l’aiuto delle élites sia dei popoli conquistati dai Persiani (Egiziani, Lidi, Babilonesi) che dei Persiani stessi – una conditio sine qua non per assicurarsi il controllo dei confini dell’Impero e dei vasti spazi interni non governabili senza cooperazione locale. Anche dopo il 330 a.C. Alessandro adotta questa strategia, creando un forte malumore fra le truppe greco-macedoni. Queste ultime disprezzano i Persiani, a cui vedono assegnare incarichi importanti, e detestano il cerimoniale sempre più orientalizzante della corte di Alessandro. Il famoso matrimonio di massa voluto dal re a Susa fra 10 mila greco-macedoni e spose orientali è solo la più pittoresca espressione della politica di Alessandro e del suo tentativo di governare la resistenza che incontra in ambiente greco e macedone. Inoltre non bisogna dimenticare che la razionale politica di Alessandro e la sua generosità nei confronti dei popoli conquistati sono controbilanciati dall’estrema e spesso gratuita brutalità da lui dimostrata in alcuni casi, ad esempio nella conquista dell’Iran orientale.
La morte prematura di Alessandro nel 323 a.C. preclude un giudizio sul potenziale successo dei suoi sforzi per dare stabilità al suo Impero. Subito ha inizio una lotta fra i cosiddetti successori del re. In Oriente ne esce vincitore Seleuco (sovrano dal 305 al 281 a.C.), governatore della Babilonia e, dopo la cerimonia di Susa, marito di una principessa battriana. Lui e suo figlio Antioco (sovrano dal 281 al 261 a.C.) sono i fondatori del vasto Impero seleucide, che, insieme all’Egitto di Tolomeo, sarà il più stabile tra le varie parti in cui si spezza il regno di Alessandro. L’Impero seleucide viene considerato tradizionalmente un regno ellenistico – a ragione, poiché si tratta di uno Stato con un’élite grecofona. Tuttavia la storiografia recente (Amélie Kuhrt e S. Sherwin-White, per esempio) tende a mettere in evidenza il fatto che questa creazione dei Seleucidi è strutturalmente molto vicina al suo precursore, l’Impero persiano, da cui eredita molte istituzioni, costumi e forme di amministrazione. La storia del Vicino Oriente antico quindi non termina con Alessandro Magno. Lo stesso vale anche per la cultura della Mesopotamia: né l’arrivo dei Persiani, né quello dei Greci interrompe bruscamente il suo sviluppo; si assiste invece ad un graduale processo di trasformazione.
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, Il Vicino Oriente Antico, Storia