La cosmologia e la materia oscura dell'Universo
La cosmologia è oggi guidata dall'esperimento e dall'osservazione e, di conseguenza, da branca della filosofia è diventata branca della fisica. Questo breve saggio prenderà in esame ciò che si conosce della nascita e della prima evoluzione del nostro Universo e gli argomenti sui quali vertono gli attuali punti ancora in discussione. In particolare verrà mostrato come le osservazioni e gli esperimenti abbiano stabilito che il nostro Universo emerge da uno stato primitivo caldo e denso; di solito ci si riferisce a questo come all'Universo del big bang. Dopo aver discusso i fondamenti di tale modello e l'evidenza che lo sostiene, si esamineranno alcuni dei notevoli problemi cosmologici che rimangono da risolvere, con un'enfasi particolare per il cosiddetto problema della materia oscura: nell'Universo la maggior parte della materia non solo è invisibile, ma di fatto non è composta da materia normale, formata da protoni e da neutroni.
Introduzione
Attualmente, la cosmologia si trova in una vera e propria 'età dell' oro', nella quale nuove osservazioni e nuovi esperimenti forniscono continuamente informazioni di tipo quantitativo sull'Universo. Per molti aspetti questa è una situazione analoga all'età dell' oro della fisica atomica a cavallo del secolo, quando, per la prima volta, la tecnologia mise in grado i ricercatori di conoscere la struttura dell'atomo, e condusse alla scoperta dell'elettrone, del nucleo atomico, della meccanica quantistica e della relatività. Alla fine del Ventesimo secolo, la tecnologia permette di conoscere l'Universo nella sua interezza. Tale conoscenza ha confermato che l'Universo primitivo era davvero un Universo caldo e denso, secondo quanto previsto dal modello del big bang. l tre pilastri sui quali si fonda il modello del big bang sono: 'l'espansione' di Hubble; la radiazione del fondo cosmico di microonde; le abbondanze degli elementi leggeri. Esaminiamoli singolarmente.
La legge di Hubble e l'espansione dell'Universo
Nel 1929 Edwin Hubble stabilì che l'Universo si sta espandendo. Da allora le prove dell'espansione dell'Universo hanno continuato ad accumularsi. Il primo importante indizio in questo senso è lo spostamento verso il rosso, il red shift. Una galassia emette o assorbe più fortemente di altre alcune lunghezze d'onda della luce. Se la galassia si allontana da noi, lo spettro di emissione e di assorbimento si sposta verso lunghezze d'onda maggiori, e risulta dunque più rosso all'aumentare della velocità di recessione. Questo fenomeno è conosciuto come spostamento verso il rosso. Esso funziona secondo lo stesso principio dello spostamento Doppler usato dai radar della polizia per individuare coloro che guidano a velocità eccessiva. Le misurazioni di Hubble indicavano che lo spostamento verso il rosso di una galassia distante dalla T erra è maggiore rispetto a quello di una più vicina (fig. 1). Questa relazione, conosciuta ora come legge di Hubble, è proprio quella che ci si potrebbe aspettare in un universo che si espande uniformemente. Questa legge afferma che la velocità di allontanamento di una galassia è uguale alla sua distanza moltiplicata per una quantità Ho detta costante di Hubble. Lo spostamento verso il rosso nelle galassie vicine è relativamente poco percepibile e per essere rilevato richiede una buona strumentazione. Al contrario, lo spostamento verso il rosso di oggetti molto distanti, come le radio galassie e i quasar, è un fenomeno imponente; alcuni sembrano allontanarsi a una velocità superiore al 90% della velocità della luce. Il valore della costante di Hubble (una velocità divisa per una distanza) è usualmente dato in kms-¹Mpc-¹, dove Mpc sta per megaparsec. Il parsec è l'unità di misura di lunghezza usata per la misurazione delle distanze astronomiche ed equivale a circa 3,26 anni-luce; un megaparsec corrisponde a 10⁶ parsec. Le misure correnti di Ho variano da 50 a 90 kms -1 Mpc -1, a seconda della tecnica usata per misurare la distanza. Si noti che, siccome chilometri e megapersac sono entrambe unità di lunghezza, le unità effettive per Ho sono l'inverso dell'unità di tempo (1/t). Per verificare la legge di Hubble, gli astronomi devono misurare le distanze delle galassie rispetto alla Terra. Un metodo per stimare la distanza è quello di osservare la luminosità apparente di una galassia. Se, in un cielo notturno, una galassia è quattro volte meno luminosa di una galassia per altri aspetti comparabile, allora si può stimare che sia due volte più lontana. Questa aspettativa è stata ora provata su tutto il campo visibile di distanze. Alcuni studiosi hanno rilevato che una galassia che appaia più piccola e meno luminosa può non essere effettivamente più distante. Fortunatamente esiste una prova diretta secondo la quale gli oggetti, i cui spostamenti verso il rosso sono maggiori, sono realmente più distanti. La prova scaturisce dalle osservazioni dell'effetto conosciuto come lente gravitazionale. Infatti, un oggetto compatto e di grande massa, come una galassia, può agire come una lente gravitazionale rudimentale che produca un'immagine (o anche più di una) distorta e amplificata di una sorgente di radiazione che si trovi dietro di essa, curvando gravitazionalmente le traiettorie dei raggi luminosi e delle altre radiazioni elettromagnetiche. Così se una galassia si trova sulla linea di osservazione fra la Terra e un qualche oggetto distante, essa curverà i raggi luminosi provenienti dall'oggetto, in modo da renderli osservabili. Durante gli anni Ottanta, gli astronomi hanno scoperto più di una dozzina di lenti gravitazionali e hanno trovato che l'oggetto dietro le lenti ha sempre uno spostamento verso il rosso maggiore di quello delle stesse lenti, confermando così la previsione qualitativa della legge di Hubble. Sebbene nel valore della costante di Hubble vi sia, tuttora, quasi un fattore 2 di incertezza, non vi è contraddizione con il fatto che la relazione sia lineare per distanze di poche centinaia di Mpc; ciò costituisce la componente chiave perché essa rappresenti uno dei pilastri del modello del big bang.
La radiazione del fondo cosmico di microonde
La moderna cosmologia fisica concentra l'attenzione su altre due conseguenze del modello del big bang, che costituiscono il nostro secondo e terzo pilastro. La radiazione del fondo cosmico di microonde è la luce effettiva (ora molto spostata verso il rosso) che proviene dal big bang come esso era circa 100.000 anni dopo l'inizio. Nel 1990 il satellite COBE (Cosmic Background Explorer, Esploratore del fondo cosmico) inviò le misure del fondo di microonde, mostrando che esso aveva un perfetto spettro di corpo nero con temperatura di 2,728 ± O, 002 K. In effetti COBE ha eseguito le migliori misure di uno spettro termico mai ottenute in qualunque altro luogo, compreso un laboratorio. Questa forma spettrale è esattamente ciò che prevede il big bang caldo. Nessun'altra teoria porta naturalmente a un tale preciso spettro di corpo nero avendo a disposizione soltanto un parametro indipendente, cioè la temperatura. Nella figura (fig. 2) è illustrata una sintesi delle più recenti misure.
L'abbondanza degli elementi leggeri
Il terzo pilastro è l'abbondanza degli elementi leggeri e l'origine di questi nella nucleo sintesi avvenuta nel big bang, quando, durante i suoi pochi primi minuti iniziali, l'intero Universo era un reattore termonucleare. Questi isotopi sono l'idrogeno, il deuterio (idrogeno-2), l'elio-3, l'elio-4, e il litio- 7. La figura (fig. 3) mostra la quantità di questi isotopi prodotta, secondo i calcoli standard, in funzione della densità della materia che emerge dal big bang. Spesso i cosmologi affermano che la densità media dell'Universo è una frazione della densità critica, che corrisponde alla massa richiesta perché l'Universo sia in equilibrio perfetto fra un'espansione continua e un nuovo collasso. l calcoli della nucleosintesi tengono conto solo della densità barionica, quella dovuta a protoni e neutroni, cioè la materia normale di cui siamo fatti (a loro confronto gli elettroni sono così leggeri che in questo caso possono essere ignorati). l barioni partecipano alle reazioni nucleari e la loro densità è perciò in rapporto con le abbondanze degli elementi leggeri. La banda verticale del diagramma mostra lo stretto intervallo delle densità barioniche che producono le effettive abbondanze degli elementi leggeri osservate nell 'Universo oggi, estrapolate all'indietro fino ai loro valori primordiali. La quantità del deuterio nell'Universo è particolarmente caratteristica; quest'elemento non può essere stato prodotto in maniera significativa in nessun processo avvenuto dopo il big bang, ma può soltanto essere distrutto: la sua abbondanza attuale pone uno stretto limite superiore alla densità banomca. Viceversa, l'elio-3 è prodotto dalla combustione dell'idrogeno all'interno delle stelle di piccola massa; il deuterio brucia nelle stelle per dare elio-3. Ma, a complicare le cose, l'elio-3 può essere distrutto dalle stelle di grande massa le quali, tuttavia, producono elementi pesanti, come l'ossigeno e il ferro, che non sono stati prodotti durante il big bang. Per evitare un eccesso di questi elementi pesanti nel nostro ammasso locale di galassie, possiamo fissare quanto elio-3 e deuterio possono esistere e ciò fornisce il limite inferiore per la densità. Come viene mostrato dal diagramma, lo stretto intervallo di valori consentiti fra questi due limiti richiede che illitio-7 si trovi vicino al minimo della sua curva di produzione. Le misure del litio- 7 nelle stelle più vecchie della Popolazione 11 mostrano che questo è proprio quello che avviene. Queste stelle, che forniscono un campione idoneo di materia primordiale, hanno un'abbondanza di litio-7 di circa un decimiliardesimo rispetto a quella dell'idrogeno (misure con un tale livello di precisione sono veramente impressionanti). Perciò, gli elementi leggeri con abbondanze che variano da l a 10-10 concordano con la previsione del modello del big bang. L'unico parametro variabile in questo calcolo ci fornisce la densità barionica globale dell'Universo. E quanto risulta essere questo valore? Soltanto circa il 6% della densità critica (per Ho = 50 kms-1Mpc-¹). Per tentare di trovare alternative a questa conclusione sono state apportate modifiche alle assunzioni fatte nei calcoli. Una volta discussi in dettaglio i modelli, si è trovato che la densità barionica presenta, essenzialmente, lo stesso limite del modello standard: le conclusioni, perciò, sono eccezionalmente solide.
Famiglie di neutrini
All'impressionante evidenza delle abbondanze degli elementi leggeri bisogna aggiungere una recente misurazione del numero di famiglie di neutrini, realizzata con acceleratori a fasci incrociati (collider) ad alta energia. l fisici conoscono tre tipi di queste particelle: i neutrini elettronici, i neutrini muonici e i neutrini tau. Può esisterne un quarto tipo? Il numero totale di tipi che possono esistere dipende in maniera cruciale dalla nostra reale conoscenza della nucleosintesi avvenuta quando l'età dell'Universo era compresa tra un secondo e pochi minuti. Alla fine degli anni Ottanta misurazioni della macchina LEP (Large ElectronPositron Collider, Grande collisionatore elettrone-positrone) del CERN (Consiglio europeo per le ricerche nucleari) hanno fissato il numero dei tipi di neutrini a 2, 99 ± 0,02; in altre parole essi sono tre, e non esiste nessuna possibilità che ve ne sia un quarto. Negli anni Settanta, J. Gunn, G. Steigman e D. Schramm hanno messo in evidenza che l'ammontare di elio-4 ordinario, sintetizzato nell'Universo primitivo, dipende quantitativamente dal numero di famiglie di neutrini. La quantità di elio nota oggi fornisce una previsione cosmologica dell'esistenza di meno di 3,5 famiglie di neutrini: ciò significa che tre vanno bene ma che una quarta è esclusa, e ciò è coerente con le misure realizzate per mezzo del collider. Questa prova sperimentale del modello cosmologico, realizzata mediante la fisica delle particelle, costituisce una novità assoluta. In effetti, essa rappresenta una sorta di consumazione del matrimonio fra la fisica delle particelle e la cosmologia. Ci dà, inoltre, ulteriore fiducia sul fatto che siamo in grado di comprendere la nucleo sintesi avvenuta nel big bang e che, pertanto, conosciamo effettivamente la densità barionica dell 'Universo.
La materia oscura
Prendiamo ora in considerazione alcuni problemi notevoli della cosmologia. Discuteremo per primo il problema fondamentale della cosmologia fisica cioè la necessità di una materia oscura e il problema correlato riguardante l'origine della struttura dell'Universo. In seguito prenderemo in considerazione i problemi della condizione iniziale dell'Universo primitivo. Consideriamo ora il fatto che la maggior parte della massa della materia dell 'Universo sembra essere oscura, cioè non emette una radiazione elettromagnetica osservabile. In realtà, verrà mostrato come probabilmente essa non sia costituita da normale materia di neutroni e protoni (cioè di barioni), ma da una qualche sostanza esotica. Una conseguenza derivante dall'abbondanza degli elementi leggeri è la previsione che la materia normale è circa il 6% della densità critica dell 'Universo. La densità critica (circa 10-²⁹ grammi per centimetro cubo, calcolata in media su tutto il cosmo) corrisponde alla massa che consentirebbe all'Universo di essere in equilibrio fra un'espansione illimitata e un eventuale nuovo collasso in un big crunch (grande scontro). La densità cosmica è usualmente indicata con Ω, con la densità critica fissata da Ω = 1. Un valore minore condurrebbe a un'espansione perenne e a un raffreddamento; se l'Universo contenesse soltanto la normale materia barionica, cioè quella che partecipa alle reazioni nucleari, questo sarebbe il suo destino finale. È interessante il fatto che la frazione della densità critica che effettivamente emette luce (stelle, nebulose) è soltanto lo 0,3% circa. Perciò la quantità di materia normale deve essere ben oltre 10 volte maggiore di quella che emette luce. In altre parole, la gran parte della normale materia barionica è oscura. Oltre a ciò, sembra che vi sia ancora più materia di quella che si trova nel 6% della densità critica. Infatti, osservazioni quali il moto d'insieme delle galassie su scale molto ampie (fino a un miliardo di anni-luce), forniscono argomenti a favore di un universo vicino al valore critico Ω = 1. Sicuramente queste nuove indicazioni sono ancora soggette a possibili errori sistematici, quali gli errori di selezione. Tuttavia vi sono anche ragioni teoriche a sostegno di un Universo con densità critica. Nel più semplice modello del big bang, anche una deviazione microscopica da Ω = 1 avrebbe avuto ben presto risultati disastrosi, perlomeno in assenza di una qualche speciale regolazione selettiva. L'Universo appena nato o sarebbe immediatamente ricollassato in un big crunch, oppure si sarebbe espanso e rarefatto così velocemente che le stelle non avrebbero avuto il tempo di formarsi: si sarebbe avuto il big chill (grande freddo). Nei primi istanti del big bang, in particolare, lo scenario dell'Universo inflazionario enormemente attraente per i teorici, a causa della sua eleganza e delle sue capacità esplicative, prevede che l'Universo abbia esattamente la densità critica. Esistono prove evidenti a favore della materia oscura. Le galassie che fanno parte degli ammassi si muoverebbero troppo rapidamente per restare unite insieme dal punto di vista gravitazionale, se in esse non ci fosse altro che la massa visibile. Grazie a una gravità extra, dentro questi ammassi viene anche fortemente trattenuto un gas caldo. Singole galassie a spirale ruotano in maniera troppo veloce nelle loro parti esterne per ritenere che agisca solo la gravità delle stelle in esse visibili e del materiale interstellare. E così via. Gli indizi gravitazionali di materia oscura nell'alone della nostra Galassia non richiedono necessariamente nulla di diverso da grosse quantità oscure di normale sostanza barionica, sia nella forma di stelle nane brune, pianeti giganti, sciami di meteoriti, sia in quella di buchi neri formati dalle stelle. Ma soltanto il 6% circa (o al massimo il 10%) della densità critica può essere ottenuto in questo modo, mantenendo intatte le abbondanze degli elementi leggeri. Così, se Ω è dovunque prossimo a 1, la maggior parte della massa cosmica deve consistere di un secondo e differente tipo di materia oscura, basata su qualcosa di diverso rispetto ai familiari componenti elementari barionici, cioè ai protoni e ai neutroni. Poiché anche per quanto riguarda le scale degli ammassi di galassie Ω sembra essere maggiore di 0,1, sembrerebbe che abbiamo bisogno di una materia esotica, anche se Ω non è esattamente l'unità. Chiamiamo materia non barionica tale tipo esotico di materia oscura, che viene classificata come calda o fredda. Le particelle di materia oscura calda, HDM (Hot Dark Matter), durante la formazione delle galassie si muovono a una velocità vicina a quella della luce; i neutrini dotati di piccole masse sono i candidati favoriti a far parte della HDM. La materia oscura fredda, CDM (Cold Dark Matter), è costituita da particelle che, in quel tempo, si muovevano lentamente e perciò furono in grado di far parte degli aggregati gravitazionali su scala galattica. Le proposte per la CDM includono una varietà di particelle ipotetiche teorizzate dai fisici, come i fotini e gli assioni, così come i minuscoli buchi neri formatisi nelle primissime fasi del big bang. Nel frattempo, si sono avuti interessanti sviluppi riguardo alla materia oscura quasi nel nostro cortile di casa. Nel settembre del 1993, gruppi di ricerca in Francia, in California e in Australia, hanno annunciato simultaneamente di aver trovato, con l'uso della tecnica detta micro-lente gravitazionale, tre oggetti nell'alone della nostra Galassia aventi masse pari a circa un decimo rispetto al Sole. Da allora è stato scoperto un gran numero di tali oggetti, ma non abbastanza da rendere conto di tutta la materia oscura dell'alone. Questi sensibili rilevamenti sembrano indicare che meno del 60% dell'alone potrebbe essere barionico, cosicché la necessità di una materia esotica esiste anche per quanto riguarda la scala della nostra stessa Galassia.
Condizioni iniziali dell'Universo primordiale
La formazione degli oggetti osservati nell'Universo, come galassie, ammassi, stelle, pianeti e persone, richiede molto più di una semplice combinazione di materia ordinaria e di materia esotica HDM e/o CDM. Qualcosa deve aver agito come 'seme' per far sì che la materia, sia normale sia esotica, cominciasse ad aggregarsi. La presenza di una massa addizionale accelera il processo di aggregazione che porta alla formazione dei grumi osservabili, ma comunque tutti i modelli richiedono una qualche sorta di seme o fluttuazione della densità per riuscire a passare dall'Universo primordiale, uniformemente omogeneo, all'odierno Universo di tipo granuloso. Tutti i semi capaci di produrre gli oggetti osservati, perfino quelli costruiti più accuratamente, inducono delle irregolarità nel fondo di microonde: non si possono formare le galassie senza disturbare il fondo di microonde, per lo meno a livello di alcune parti su 100.000. Il satellite COBE ha rilevato alcune fluttuazioni su larghe scale angolari a questo livello, ma per discriminare tra differenti modelli strutturali sono necessarie fluttuazioni su scale più piccole. Ogni modello di formazione di strutture implica un'ipotesi riguardo ai semi (o fluttuazioni della densità) e un insieme addizionale di ipotesi riguardanti la densità sia della materia barionica, sia di quella esotica CDM e/o HDM. l tipi di semi più semplici sono soltanto delle variazioni casuali della densità, derivanti unicamente da microscopiche fluttuazioni quantistiche fra particelle, nel periodo iniziale del big bang, subito dopo la fine dell'epoca inflazionaria. Questo tipo di inseminazione opera meglio con la CDM. Altri tipi di semi presi in considerazione dai teorici sono i semi topo logici. Questi sono dei difetti nella struttura stessa dello spaziotempo, quali le lunghe e massicce linee note come stringhe cosmiche. l semi topo logici sembrano operare meglio con l'HDM. Una possibilità interessante è che la natura dei semi possa essere già scritta da qualche parte del cielo. Differenti modelli di formazione di strutture prevedono differenti ampiezze e tipi di irregolarità del fondo di microonde osservate oggi. La sfida sarà quella di studiarle sufficientemente bene da riuscire a individuare tali caratteristiche. Osserviamo irregolarità come differenze di temperatura: la loro causa è semplicemente la gravità. In una regione dove la densità è più alta della media, il campo gravitazionaIe è più forte e perciò la radiazione che viene emessa avrà una lunghezza d'onda maggiore. Ciò si rivela sotto forma di una temperatura lievemente più bassa. È da notare che le regioni ad alta densità, quelle che alla fine formeranno la struttura, producono fluttuazioni della temperatura verso il basso, mentre le aree a bassa densità producono zone calde. La scala angolare di circa 2° è, in questo contesto, cruciale. Questa è la grandezza angolare del materiale che fu connesso causalmente l'ultima volta che la radiazione di fondo interagì con la materia, quando cioè essa si liberò per iniziare il suo viaggio di molti miliardi di anni fino ai nostri strumenti. Una regione connessa causalmente è quella che, a partire dall'inizio dell'Universo, la luce avrebbe avuto il tempo di attraversare. Nel caso del fondo di microonde, ciò significa una regione di circa 300.000 anni-luce, che corrisponde a circa 2° nel cielo di oggi. Poiché nessuna informazione può viaggiare più velocemente della luce, regioni fra loro più lontane di 2° non possono avere avuto proprio nulla a che fare l'una con l'altra, sia prima che al momento in cui venivano abbandonate dalla radiazione di fondo. Allora perché queste regioni si somigliano tanto? Risolvere questo paradosso è uno degli aspetti attraenti dell'inflazione cosmica. La teoria dell'Universo inflazionario sostiene che l'intero cosmo osservabile è soltanto una piccola parte di un dominio molto più ampio che era, in effetti, connesso causalmente prima dell'inflazione, la quale ebbe luogo circa tra 10-³⁵ e 10-³² secondi dopo l'inizio. Dopo 10-³⁵ secondi, un movimento e una formazione di struttura significativi erano impossibili per scale più ampie di 2°, come si osserva oggi sul fondo di microonde. Le fluttuazioni su più larga scala, oltre circa 7° di separazione angolare, rilevate dal satellite COBE, ci mostrano lo spettro primordiale effettivo, presumibilmente dalla fine dell'inflazione, ancora privo di qualsiasi modifica verificatasi più tardi. Questo è un vantaggio in quanto COBE ci fornisce la testimonianza intatta di un tempo incredibilmente remoto. Ma è anche uno svantaggio, perché COBE non ha potuto osservare le variazioni della densità su scala più piccola che alla fine sono diventate strutture osservabili come le galassie, gli ammassi di galassie, la Grande Muraglia e il Grande Attrattore. Esso non ci mostra in che modo le strutture si siano effettivamente formate, né ci consente di scegliere fra modelli le cui principali differenze si trovano soltanto su scale angolari più piccole di circa 2°. All'interno di una regione connessa causalmente, d'altra parte, il movimento della materia può creare ulteriori perturbazioni sulla radiazione di fondo, molto dopo l'inflazione: ciò produce la protuberanza che appare in figura (fig. 4). Tuttavia, su scale angolari estremamente piccole (minori di 8 minuti di arco), tutte le perturbazioni appaiono meno irregolari e si estendono su un largo intervallo dei valori della temperatura, della densità e del tempo dell 'ultimo scattering della radiazione di fondo da parte della materia, valori che non erano definiti in maniera netta. In altre parole, l'Universo divenne trasparente alla propria radiazione soltanto gradualmente. Perciò, l'attesa anisotropia delle microonde dovrebbe svanire su scale più piccole di circa 8 minuti di arco (v. figura 4). Sulle larghe scale che COBE ha esaminato è stato trovato uno spettro relativamente piatto, che ugualmente suggerisce forti irregolarità primordiali su tutte le scale. Le fluttuazioni erano inoltre distribuite casualmente nel cielo. Ma essenzialmente tutti i modelli implicano fluttuazioni casuali sulle grandi scale che COBE ha esplorato, dato che le strutture su larga scala devono includere le somme casuali di numerose regioni separate tra loro di 2°. Uno spettro piatto (piatto nel senso che le fluttuazioni hanno la stessa ampiezza su scale angolari differenti al di sopra di circa 2°) è quanto prevede l'inflazione cosmica. Ma spettri piatti sono stati ipotizzati ben prima che il concetto di inflazione fosse inventato, così trovare uno spettro potenzialmente piatto non costituisce necessariamente una prova dell'inflazione. Semplicemente esso non la contraddice.
Conclusioni
La ricerca della materia oscura e dei semi che hanno condotto alla struttura osservata su larga scala è il principale obiettivo della moderna cosmologia fisica. La misurazione delle anisotropie cosmiche delle microonde su scale angolari di circa l ° sarà realizzata con il satellite della prossima generazione, noto come MAP, che verrà lanciato intorno all'anno 2002. MAP rivelerà non soltanto la natura delle fluttuazioni, ma anche l'altezza del picco intorno a l°, che è direttamente correlato alla densità dei barioni. In tal modo, MAP fornirà una stima della densità dei barioni indipendente dalle argomentazioni relative all'abbondanza degli elementi leggeri. Inoltre, la posizione angolare del picco è correlata alla densità totale, cosicché MAP potrà anche fornire informazioni sul futuro dell'Universo. Finirà con un big crunch (Ω> l) o con big chill (Ω < l)?
Ringraziamenti
Questo saggio è tratto da due miei articoli, Schramm D.N. (1991) in Sky and Telescope 82, 140-145; (1994) in Sky and Telescope, 28-35), e da un articolo scritto insieme a 1. Peeb1es, R. Kron ed E. Tumer (Peeb1es 1., Kron R., Schramm D.N., Tumer E. (1994) in Sdentific American, 271, 27-33). Ringrazio i due coautori e gli editori di Sky and Telescope e di Sdentific American per il loro aiuto. Ringrazio anche C. Copi per la sua collaborazione nella preparazione delle figure aggiornate per questo saggio.
Bibliografia generale
HAWKING, S. A BrieJ History of Time. Bantam Books, 1988.
LEDERMAN, L., SCHRAMM, D.N. From Quarks to the Cosmos: Tools of Discovery. Scientific American Library, 1989.
OVERBYE, D. Lonely Hearts of the Cosmos: The Scientific Quest Jor the Secret oJthe Universe. Harper-Collins, 1991.
RIORDAN, M., SCHRAMM, D.N. The Shadows of Creation: Dark Matter and the Structure of the Universe. W.H. Freeman & Co., 1991