La diffusione della cultura Tardo Uruk
Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, edizione in 75 ebook[1]
Il fenomeno “coloniale”
Nella seconda metà del IV millennio oltre al processo di urbanizzazione e alla formazione delle prime organizzazioni di tipo statale si intensificano i rapporti con varie regioni del Vicino Oriente, in particolare con l’intera Mesopotamia, ma anche con territori molto lontani. In alcuni casi la natura di questi rapporti è costituita da veri e propri movimenti di popolazione da sud verso nord per fondare nuovi insediamenti in località prive di occupazione. Allo stesso tempo centri locali di lunga tradizione interagiscono con i gruppi meridionali e assimilano in modo più o meno intenso lo stile di vita e il sistema di potere della cultura Uruk. Si configurano così modalità distinte con cui la cultura Uruk si afferma nel Vicino Oriente. Centri coloniali vengono fondati lungo il medio e alto Eufrate come Habuba Kabira, Jebel Aruda, Hassek Höyük e, sorto già come avamposto Uruk alla metà del IV millennio, Sheikh Hassan. Alcuni grandi centri dell’Alta Mesopotamia con una lunga tradizione locale, sebbene non si caratterizzino come colonie, risultano fortemente influenzati dai centri protourbani del sud, come Tell Brak, Tell Hamoukar e Ninive. A questi ultimi si possono aggiungere siti più piccoli nella regione anatolica a sud del Tauro come Zeytinli Bahçe Höyük, Kurban Höyük e Hacýnebi.
Ancora più a nord sull’alto Eufrate l’esito di tale influenza dal meridione è peculiare e si manifesta chiaramente ad Arslantepe in cui i tratti innovativi si fondono in modo originale con quelli tipicamente locali. L’espansione Tardo Uruk si manifesta anche in Iran a causa della forte spinta da parte dei grandi centri Uruk che, in questo caso si possono identificare con quelli della regione del Khuzestan, in parte estensione dell’alluvium mesopotamico, come Susa, Abu Fanduweh e Choga Mish. Tale spinta porta alla fondazione di piccoli avamposti come Godin Tepe nella valle di Kangavar, negli Zagros centrali (Iran occidentale). Il periodo V di Godin, attribuito al Tardo Uruk, consiste in un cortile centrale e tre maggiori edifici, con un ambiente che funge da accesso all’insediamento. L’intero complesso è circondato da uno spesso muro con andamento curvilineo. Susa doveva essere in questo periodo un grande centro abitato. Localizzata nella vasta pianura solcata dal fiume Karkeh, la città di Susa, come Uruk, doveva fungere da centro propulsore di iniziative economiche e commerciali. Il sito è costituito da quattro colline, una delle quali, l’Acropoli, doveva estendersi durante il Tardo Uruk per almeno nove ettari (Acropoli livello 17), ma è stato stimato che l’insediamento dovesse avere una superficie molto più ampia.
Lungo il medio corso dell’Eufrate siriano i classici siti coloniali sono quelli di Habuba Kabira e Jebel Aruda. Habuba Kabira è costituito da tre aree collinari principali: Tell Habuba Kabira a nord, una collina più ampia nella zona centrale e Tell Kannas nell’area meridionale. L’intera estensione del sito è stimata in dieci ettari. L’insediamento si sviluppa in un arco di tempo piuttosto breve corrispondente alla fine del IV millennio. Date radiometriche calibrate dei livelli più recenti dei tre individuati, si inseriscono in un periodo compreso tra il 3300 e il 2950. Questa attribuzione cronologica viene confermata anche dal materiale archeologico messo in luce durante gli scavi: ceramica di massa prodotta in serie costituita soprattutto da ciotole a bordo tagliato (beveled rim bowls), olle quadriansate decorate con un motivo geometrico inciso sulla spalla e bottiglie con beccuccio ripiegato, oltre ad abbondanti oggetti con funzioni amministrative. Questo materiale permette di attribuire la maggior parte dei contesti al Tardo Uruk ed è correlabile al livello 17 dell’Acropoli di Susa e al livello IVb-V dell’area sacra dell’Eanna ad Uruk. Il nucleo abitativo è circondato da un imponente muro di fortificazione che raggiunge tre metri di spessore. La struttura è articolata sul fronte esterno da torri rettangolari: ne sono state riconosciute 8 a nord e 29 lungo il lato occidentale, mentre un muro ancora più esterno corre lungo tutto il perimetro della fortificazione, costituendo un primo sistema difensivo. Lungo le mura si aprono due porte di accesso alla città, entrambe precedute da un ampio ambiente rettangolare. Le aree residenziali o destinate ad attività artigianali si estendono a nord di Tell Kannas e risultano costituite da un tessuto urbano articolato. Sono presenti strade pavimentate con ghiaia o ciottoli, costruite su assi ortogonali e attrezzate con sistemi di drenaggio. I quartieri abitativi sono stati ampliati progressivamente e mostrano come risultato aree densamente occupate. Il motivo planimetrico comune è costituito da una struttura tripartita con un’ampia sala centrale fiancheggiata da ambienti più piccoli. In molti casi questo schema costruttivo, affiancando più case o unendo cortili, viene utilizzato per la realizzazione di veri e propri complessi architettonici. Si tratta solitamente di strutture domestiche, ma non mancano, soprattutto nei cortili, zone destinate ad attività artigianali, come nel caso della produzione metallurgica. Altre strutture hanno la funzioni di stoccaggio e di controllo amministrativo dei beni. Questa attività viene documentata dalla presenza di cretulae con impronte di sigillo, bullae e tavolette numeriche.
Lo schema insediativo di Habuba Kabira mostra una forte aderenza al modello sud-mesopotamico e i templi messi in luce a Tell Kannas, che rappresenta il centro amministrativo e religioso della città, confermano queste strette relazioni. I templi sono a pianta tripartita, costruiti con lo stesso tipo di mattoncini (Riemchen) e con gli stessi coni d’argilla per il rivestimento esterno utilizzati nei templi contemporanei della città di Uruk. Con la fine della cultura Uruk la città viene definitivamente abbandonata. L’altro sito, Jebel Aruda, non è molto distante da Habuba Kabira ed è posto su di una cresta collinare di origine calcarea. L’insediamento ha restituito un’ampia area cerimoniale-religiosa posta su di una collina isolata, in posizione preminente e due aree residenziali adiacenti, collocate a nord e a sud di essa, su di un terrazzo a quota inferiore. Anche per Jebel Aruda il periodo di occupazione è molto breve e copre un arco di tempo compreso tra il 3350 e il 3000. Alla fine di questo periodo un violento incendio devasta gran parte degli edifici residenziali e quel momento rappresenta presumibilmente la fine dell’occupazione.
L’architettura religiosa di Jebel Aruda riflette in modo puntuale gli schemi planimetrici dei templi sud-mesopotamici. Sulla sommità più alta della collina viene edificato inizialmente un primo edificio templare, il “Tempio rosso”, con un cortile delimitato da un muro di cinta. Sul limite della terrazza a quota più bassa una zona, attrezzata con numerosi focolari, era adibita a cucina. In una seconda fase costruttiva l’area terrazzata risulta ampliata per la costruzione di un altro edificio, il “Tempio grigio”. In una terza e ultima fase tutte le strutture vengono racchiuse in un’unica ampia terrazza in mattoni di argilla cruda, offrendo maggiore visibilità all’intero complesso. I singoli templi sono costituiti da una grande sala centrale con altari e ambienti laterali più piccoli. Esternamente i muri sono movimentati da nicchie e nell’insieme ripetono gli schemi architettonici del “Tempio bianco” di Uruk e soprattutto del “Tempio dipinto” di Tell Uqair.
A nord e a sud dell’intero impianto cultuale si estendono le aree residenziali probabilmente destinate al personale dell’istituzione templare. Le case più grandi sono costituite da edifici separati organizzati intorno a un cortile (assente nelle unità domestiche minori). Lo schema planimetrico comune è quello tripartito. Il vero e proprio quartiere amministrativo doveva essere localizzato a sud della zona templare. Uno dei complessi architettonici abitativi più imponenti dell’insediamento, infatti, ha restituito una significativa quantità di materiale amministrativo come tavolette numeriche, cretulae, un sigillo, ciotole fabbricate in serie e aree per l’immagazzinamento. La ceramica, così come la glittica e gli altri aspetti della produzione materiale di Jebel Aruda ripropongono stile e motivi della ceramica e della glittica di Uruk e in particolar modo, anche se in forma più ridotta e selettiva, quelli di Susa. Questo sito è caratterizzato da una forte connotazione amministrativo-religiosa.
È dai grandi centri della Mesopotamia meridionale del periodo Tardo Uruk che Habuba Kabira e Jebel Aruda derivano la loro ragion d’essere come vere e proprie colonie commerciali.
Tell Brak, invece, è un vasto centro urbano in cui la forte influenza meridionale non cancella la componente locale che risulta chiaramente presente nel tessuto sociale. È possibile che le élites locali usino i modi di vita e i sistemi amministrativi sud-mesopotamici per accrescere e legittimare il proprio potere politico. Dal livello 12 del settore TW di Brak attribuito al Tardo Uruk/Tardo Calcolitico 5, provengono ceramiche tipiche del repertorio sud-mesopotamico, inoltre coni di argilla dipinti, bullae, tavolette con segni pittografici e focolari piriformi simili a quelli di Habuba Kabira. Tutto questo mostra il forte legame di Tell Brak con il mondo Uruk, anche se il sito non può considerarsi una “colonia”. Di diversa natura è il rapporto del sito di Arslantepe, posto sull’altopiano anatolico, con le regioni sud-mesopotamiche, un rapporto probabilmente mediato dai siti del medio Eufrate. Il periodo VI A, dai cui livelli provengono numerosi campioni datati con il metodo del radiocarbonio, si colloca cronologicamente tra il 3350 e il 3000. Dal punto di vista architettonico il Tardo Calcolitico 5 di Arslantepe è caratterizzato da un complesso palatino formato da templi, magazzini, aree di scarico di materiale amministrativo, cortili, corridoi con aree pianificate per l’esercizio delle principali funzioni pubbliche, religiose e secolari. Tutta l’area era dominata da due edifici cerimoniali situati sulle parti più elevate del pendio della collina antica. Le planimetrie e le dimensioni dei due templi risultano pressoché identiche e mostrano caratteri originali. Queste strutture pur ispirandosi alla tradizione delle regioni mesopotamiche, seguono consuetudini dettate da esigenze di origine locale. La stessa produzione ceramica mostra chiari caratteri regionali anche se non mancano indizi di ispirazione meridionale. Le bevelled rim bowls, la classica produzione di massa destinata a fornire pasti giornalieri al personale dipendente al servizio del tempio, non ci sono ad Arslantepe, ma sono sostituite dalle “ciotole tornite”, che avevano analoghe funzioni.
Molti dei caratteri riconoscibili come tipici del Tardo Uruk sono assimilati ed espressi ad Arslantepe in chiave locale. In uno degli ambienti del “palazzo” è stato messo in luce un gruppo di armi in rame arsenicato costituite da nove spade, dodici punte di lancia, e una placca, forse una fibbia, a quadrupla spirale. L’introduzione della spada è un’assoluta novità, in vari casi l’elsa è decorata con motivi incisi o, in tre esemplari, impreziosita con triangoli in agemina d’argento. Con la presenza della spada Arslantepe suggerisce un cambiamento radicale nei modi del combattere, caratteristica che diventerà rilevante nei successivi grandi imperi del Vicino Oriente. Dunque la metallurgia ad Arslantepe assume un ruolo di primo piano in un sistema di organizzazione centralizzata, perché il metallo diventa espressione di prestigio economico e di potere coercitivo. L’insediamento di Arslantepe è il principale e forse unico centro amministrativo dell’alto Eufrate e quasi certamente funge da cerniera tra le regioni dell’Anatolia orientale e centrale, e il meridione. Nonostante il suo ruolo cardine il sito non mostra, come nel resto nella tradizione anatolica, caratteri tipicamente urbani.
Quali siano stati i motivi che hanno portato all’espansione Uruk in un territorio geograficamente così vasto, è stato oggetto di un ampio dibattito tra gli studiosi. Per lungo tempo il tema sull’espansione Uruk si è focalizzato sulla necessità da parte dei centri della Mesopotamia meridionale di reperire materie prime come metallo, legno, pietre preziose, di cui la regione era priva. La presenza Tardo Uruk in località periferiche era motivata, dunque, dal fatto di voler controllare l’accesso alle ricche risorse anatoliche e iraniche. Più di recente Guillermo Algaze, ponendo il commercio a lunga distanza come argomento prioritario per l’espansione Uruk, ha proposto un approccio nuovo. Traendo spunto dalla teoria sul “sistema-mondo” di Immanuel Wallerstein, Algaze sostiene che le cittàstato della Bassa Mesopotamia avevano assoluta necessità di reperire grandi quantità di metallo, legno e pietre per arricchire gli edifici pubblici monumentali. Essi rappresentavano i simboli dell’autorità e fornivano la legittimazione per le nuove gerarchie al potere. Così, secondo Algaze, questi centri promossero iniziative per stabilire punti di controllo nelle zone periferiche e garantire quindi flussi ininterrotti di materie prime verso il sud. Alla periferia erano assicurati grano oppure orzo e prodotti finiti. Le élites dei siti periferici ottenevano così beni esotici per confermare i propri privilegi. I grandi centri della Mesopotamia meridionale avrebbero favorito l’istallazione di una rete di insediamenti costituiti da vere e proprie colonie, villaggi-satellite e piccoli avamposti localizzati lungo le principali rotte che univano la piana alluvionale con l’Anatolia. I siti a forte influenza Uruk rientrano in questo schema ricostruttivo poiché i gruppi di potere locali, assimilando lo stile di vita delle comunità sud-mesopotamiche, erano interpreti di questo vasto sistema di controllo. Il modello proposto da Algaze ha suscitato indubbiamente molto interesse tra gli studiosi, ma in alcuni casi è in contrasto con i dati oggettivi quali, a esempio il fatto che quella intensa attività di commercio a lunga distanza non è documentata da materiale archeologico sufficiente. Inoltre la presenza di prodotti finiti di provenienza sud-mesopotamica nei centri periferici risulta aver un peso molto limitato. In vari casi, come ad esempio la metallurgia, la produzione specializzata nei siti periferici è particolarmente raffinata e quindi non sarebbe derivata dai centri meridionali. Un altro tema controverso è il fatto che alcuni siti considerati da Algaze “colonie” potrebbero, sulla base dei dati archeologici, non essere tali. Negli ultimi anni le ricerche nelle aree considerate periferiche al mondo Uruk hanno messo in evidenza una complessità sociale ed economica maggiore di quanto fosse stato valutato in passato.
Un altro approccio che tenta di spiegare l’espansione Uruk è quello proposto da Gregory Johnson. Egli sottolinea il fatto che le città-stato sud-mesopotamiche erano in continuo conflitto tra loro a causa della poca terra disponibile per l’agricoltura e della scarsità di lavoro per i singoli individui e le loro famiglie. Questo continuo contrasto deve aver favorito l’emigrazione forzata di migliaia di persone dal sud, verso la Siria e l’Anatolia orientale. Questi gruppi, ormai privi di radici, si stabilirono in nuove località assumendo lo stile di vita Uruk. La proposta di Johnson, sebbene suggestiva, non sempre risulta documentabile archeologicamente. Un’ulteriore ipotesi è quella di Joy McCorriston e Rita Wright, i quali attribuiscono particolare rilievo all’allevamento delle pecore e delle capre, peraltro una risorsa economica effettivamente importante nell’economia Tardo Uruk. Questa attività, secondo i due autori, era rivolta alla produzione tessile su vasta scala. Le immense greggi di pecore, la cui lana era destinata alla manifattura tessile, dovevano essere controllate dalle istituzioni centrali. Le enormi dimensioni di questa attività richiesero lo sfruttamento per il pascolo di vaste zone non destinate all’agricoltura. Per questo scopo furono ricercati territori periferici rispetto ai grandi centri urbani del meridione e tale necessità avrebbe portato parte della popolazione a occupare nuove regioni o a stabilire intense relazioni con le comunità delle aree pedemontane e degli altopiani. Al di là delle singole interpretazioni, è probabile che le ragioni dell’espansione Uruk siano più articolate e trovino radici molto più lontane nel tempo, probabilmente nella seconda metà del V millennio. All’inizio del IV questo processo inizia a consolidarsi, cioè quando le interazioni all’interno del vasto mondo mesopotamico, soprattutto lungo le direttrici del Tigri e dell’Eufrate, si fecero più intense.
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, Il Vicino Oriente Antico, Storia