La dolce vita
(Italia/Francia 1959, 1960, bianco e nero, 178m); regia: Federico Fellini; produzione: Giuseppe Amato per Ria-ma/Pathé/Gray; soggetto: Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano; sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano, Brunello Rondi; fotografia: Otello Martelli; montaggio: Leo Catozzo; scenografia e costumi: Piero Gherardi; musica: Nino Rota.
Un elicottero trasporta nel cielo di Roma una grande statua bianca di Cristo Lavoratore. Al seguito, il giornalista scandalistico Marcello Rubini e il fotografo Paparazzo. In un night club Marcello incontra la giovane ereditiera Maddalena, con cui passerà la notte in casa di una prostituta. All'alba, tornando a casa, Marcello scopre che Emma, la sua compagna, ha tentato il suicidio. Arriva a Roma la diva americana Sylvia. Dopo una serata al night club Caracalla's, Marcello si allontana con lei. Più tardi l'attrice lo invita a seguirla per un bagno nella Fontana di Trevi. Alle prime luci dell'alba, davanti al-l'hotel della donna, l'accompagnatore di Sylvia colpisce Marcello sotto i flash dei fotografi. Durante un servizio fotografico, Marcello incontra il vecchio amico Steiner, intellettuale estraneo alla mondanità. Mentre scrive sulla spiaggia il giornalista fa la conoscenza di una giovanissima cameriera, Paola, e resta incantato dalla sua innocenza. Una notte, insieme a Emma e a Paparazzo, Marcello si reca in una località della campagna romana dove sembra che due bambini abbiano visto la Madonna, ma il miracolo si rivela un inganno. Sotto una pioggia apocalittica, tra scene di isteria e fanatismo, la folla travolge i malati provocando una morte. Marcello ed Emma sono ospiti di Steiner e della sua famiglia; Marcello è colpito dal clima di purezza e serenità, anche sospetta, che si respira in casa. Una sera, a via Veneto, arriva il padre di Marcello, che con il figlio si reca in un locale notturno, dove si aggiunge alla compagnia la ballerina francese Fanny. La serata si conclude a casa della ragazza, dove il padre di Marcello ha un malore. Nel palazzo del principe Mascalchi, fuori città, ha luogo una festa; Marcello incontra di nuovo Maddalena a cui si dichiara senza successo. Alla periferia di Roma l'uomo litiga ancora una volta con Emma, poi si reca a casa di Steiner, dove si è appena consumata una tragedia: l'uomo ha ucciso i figli e si è suicidato. Turbato, Marcello accompagna il commissario a prendere la moglie di Steiner, ancora all'oscuro dell'accaduto. In una villa sul mare si svolge una festa a cui partecipa il solito sottobosco dello spettacolo: Marcello, cinico e insolente, conduce le danze. Lo spogliarello di Nadia è interrotto dall'arrivo del padrone di casa. All'alba la comitiva si aggira sulla spiaggia; i pescatori hanno appena tratto a riva un pesce gigantesco e mostruoso. La cameriera Paola riconosce Marcello; l'uomo, troppo lontano per udire le sue parole, la saluta rassegnato e si allontana con la sua compagnia.
Dopo Le notti di Cabiria (1957) Federico Fellini lavorò all'aggiornamento di una vecchia sceneggiatura, Moraldo in città, sulle avventure romane del protagonista dei Vitelloni. Moraldo '58 divenne la prima versione di quella che sarebbe stata La dolce vita. Al copione lavorarono Tullio Pinelli ed Ennio Flaiano con la collaborazione di Brunello Rondi. Spaventato dagli alti costi e dalla natura stessa del film, il produttore Dino De Laurentiis abbandonò il progetto; subentrò Peppino Amato che coinvolse come finanziatore Angelo Rizzoli. Le riprese cominciarono il 16 marzo 1959 e si prolungarono fino ai primi di settembre.
La dolce vita appartiene a quel ristretto novero di film ad alto costo in cui l'autore riesce a piegare alla propria visione la macchina industriale. Fin dalla sua prima uscita costituì un fenomeno di costume, preceduto e seguito da un'attenzione mediatica senza pari: anticipazioni, pettegolezzi, interrogazioni, tentativi censori, polemiche e scomuniche. Questo clamore ha rischiato, nel tempo, di offuscare l'autentico valore del film in favore dell'analisi sociologica. Eppure La dolce vita è davvero il film spartiacque di cui si è parlato. Innanzitutto rappresenta l'autentica fucina della mitologia felliniana: è con La dolce vita che nascono la leggenda del set felliniano come circo, la cattiva fama del regista dissipatore di capitali, la fabbricazione di icone e di neologismi, l'invenzione di una nuova forma di divismo 'riluttante' nella persona di Marcello Mastroianni, la progressiva migrazione dalle locations naturali ai teatri di posa. Sul piano formale si registrano alcune importanti novità: Fellini parla di un "rotocalco in pellicola", e allude al caos contemporaneo ignorando la struttura drammaturgica tradizionale. La dolce vita si presenta come un'accumulazione apparentemente casuale di episodi, incorniciati da un prologo e un epilogo. Il personaggio-guida di Marcello attraversa la città in un percorso erratico, tra l'accecante luce solare del mattino e l'artificiale carosello di luci elettriche della notte, in un corto circuito di giorni che si susseguono senza orologio e senza rapporti di causalità. Il risultato è l'immagine di un dormiveglia sonnambolico o di un sogno a occhi aperti che il regista esplorerà in profondità nei film successivi. È un'estetica che taglia definitivamente il cordone ombelicale con il neorealismo, ormai incapace di interpretare una realtà complessa e magmatica. Scambiato per un documento, il film è invece completamente calato in una dimensione soggettiva, antinaturalistica, quasi fantastica. Tutto, dal formato 1:2,35 Totalscope agli obiettivi a focale lunga con ridotta profondità di campo alla ricostruzione di via Veneto in studio, sembra contribuire alla reinvenzione della realtà.
Ma soprattutto c'è uno scarto inedito, una nuova prospettiva che maggiormente turberà i detrattori del film: fino ad allora il regista aveva ritratto in chiave poetica un'umanità marginale, al massimo raccontando la piccola borghesia. La dolce vita entra invece nel tempio della società borghese, opulenta, frenetica, intimamente disperata. E, complice Flaiano, lo fa attraverso il personaggio di un intellettuale ambiguo. Seguendo il suo itinerario Fellini legge nelle cronache mondane di via Veneto e dintorni i segni di un paese che sta cambiando: la fine di un momento storico, l'ingresso nel benessere, le prime figurazioni della società dello spettacolo, la minaccia invisibile della guerra fredda. È la perdita di ogni centro di gravità, un moto perpetuo, una coazione a ripetere riti collettivi e dinamiche private al cui fondo si ripropone implacabile il vuoto esistenziale. Non c'è nel film né riscatto né salvezza, nessuno spazio per le cosiddette 'forze sane' della società, ostinatamente invocate da alcuni intellettuali. Steiner, che cerca l'armonia nel superamento delle passioni, soccombe alla paura trascinando con sé le ultime speranze di Marcello. Come osservò Georges Simenon: "Il film colpisce là dove non vorremmo essere colpiti... l'uomo d'oggi non è sempre disposto a riconoscersi e Fellini lo obbliga a farlo suo malgrado".
Il film vinse la Palma d'oro al 13° Festival di Cannes, con la giuria presieduta dallo stesso Simenon. Sei nominations all'Oscar, una statuetta vinta per i migliori costumi, ritirata da Piero Gherardi.
Interpreti e personaggi: Marcello Mastroianni (Marcello Rubini), Anouk Aimée (Maddalena), Anita Ekberg (Sylvia), Yvonne Furneaux (Emma), Alain Cuny (Steiner), Annibale Ninchi (padre di Marcello), Lex Barker (Robert), Valeria Ciangottini (Paola), Walter Santesso (Paparazzo), Giulio Paradisi, Enzo Cerusico, Enzo Doria (fotografi), Magali Noël (Fanny), Renée Longarini (signora Steiner), Polidor (clown del tabarin), Giulio Questi (principe Giulio Mascalchi), Nadia Gray (Nadia), Laura Betti (Laura), Jacques Sernas (il divo), Riccardo Garrone (Riccardo), Adriano Celentano (cantante), Adriana Moneta (prostituta), Giò Staiano (Pierone), Nico Otzak (ragazza di via Veneto), Giuliana Lojodice (cameriera in casa Steiner), Gianfranco Mingozzi (pretino in casa Steiner).
G. Aristarco, La dolce vita, in "Cinema nuovo", n. 143, gennaio-febbraio 1960.
M. Morandini, È entrato nella maturità, in "Schermi", n. 20, febbraio 1960.
La dolce vita, in "Filmcritica", n. 94, febbraio 1960 (con interventi di P.P. Pasolini, C. Bo, E. Bruno et al.).
J.-L. Laugier, Il dolce Fellini, in "Cahiers du cinéma", n. 109, juillet 1960.
G. Nowell-Smith, La dolce vita, in "Monthly Film Bulletin", n. 645, October 1987.
A. Kiarostami, De Sophia Loren à 'La dolce vita', in "Positif", n. 400, juin 1994.
T. Kezich, Su 'La dolce vita' con Federico Fellini, Venezia 1996.
M. Verdone, Federico Fellini, Milano 1998.
Sceneggiatura: in La dolce vita, a cura di T. Kezich, Bologna 1960.