La falcidia del credito IVA nel concordato preventivo
A seguito della riforma della legge fallimentare e, quindi, della possibilità per il proponente il concordato preventivo di sottoporre ai creditori un piano contenente la proposta di pagamento dei crediti con diritto di prelazione, si è subito posta all’attenzione degli operatori la problematica del pagamento falcidiato del credito IVA, sia per la sua importanza pratica, sia perché l’assolvimento di tale imposta è oggetto di vincoli sovranazionali. Il presente contributo ripercorre il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sul punto, fino al recente arresto delle Sezioni Unite e alla modifica legislativa dell’art. 182 ter l. fall.
L’art. 1, co. 81, della l. 11.12.2016, n. 232 (cd. legge di stabilità 2017) ha interamente riscritto l’art. 182 ter l. fall., cambiandone financo la rubrica. Laddove si parlava di Transazione fiscale si fa oggi riferimento al Trattamento dei crediti tributari e contributivi nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti. La modifica normativa giunge al culmine di un tormentato percorso che ha impegnato per lunghi anni giurisprudenza e dottrina, soprattutto sulla questione principale, quella della cd. falcidiabilità del credito IVA. Com’è noto, a seguito del processo di riforma della legge fallimentare, iniziato con il d.l. 14.3.2005, n. 35, conv. con modif. dalla l. 14.5.2005, n. 80, e proseguito con il d.lgs. 9.1.2006, n. 5 e con il d.lgs. 12.9.2007, n. 169, la proposta di concordato preventivo, differentemente che nel passato, oggi «può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d)» (art. 160, co. 2, l. fall.). Il tutto, peraltro, a condizione che non venga alterato l’ordine delle cause legittime di prelazione. Con riferimento, poi, ai crediti tributari e previdenziali, l’art. 182 ter l. fall. (nella formulazione previgente alla modifica di cui si è detto) prevedeva, altresì, la possibilità di un loro pagamento parziale, fatta eccezione per i tributi costituenti risorse proprie della UE, mentre per ciò che concerne l’IVA (e successivamente anche per le ritenute operate e non versate), veniva prevista – a seguito delle prime modifiche apportate alla disposizione in commento dall’art. 32, co. 5, lett. a), d.l. 29.11.2008, n. 185, conv. con modif. dalla l. 28.1.2009, n. 2 – esclusivamente la dilazione di pagamento.
Tale essendo la cornice normativa di riferimento, la Suprema Corte è intervenuta con due famose sentenze cd. gemelle: Cass., 4.11.2011, n. 22931 e n. 22932. Con questi due arresti: i) viene stabilito che lo strumento della transazione fiscale costituisce una facoltà del debitore, nel senso che il proponente il concordato preventivo che intende proporre un pagamento parziale dei crediti tributari o previdenziali non deve necessariamente ricorrere alla transazione, giusta l’efficacia esdebitatoria dell’omologazione del concordato sancita dall’art. 184 l. fall. nei confronti di tutti i crediti anteriori, ivi comprese le pretese erariali; ii) viene affermato il principio secondo il quale il credito IVA non è mai falcidiabile, pena l’inammissibilità della domanda, e ciò indipendentemente dal fatto che la proposta concordataria sia o meno accompagnata dalla transazione fiscale. Ciò, peraltro, senza che ne consegua l’effetto di trascinamento verso l’alto del trattamento di crediti privilegiati di grado potiore1 . Due sono le ragioni concorrenti addotte dalla Corte a sostegno di tale ultima affermazione: a) l’IVA è un’imposta armonizzata a livello comunitario che gli Stati hanno l’obbligo di incassare, sicché non può demandarsi all’imprenditore proponente il concordato la decisione in ordine al suo integrale pagamento; b) il divieto di falcidiabilità dell’IVA sancito dall’art. 182 ter, co. 1, l. fall. è di applicazione generale, in quanto la norma che lo pone ha natura sostanziale e non processuale. Le menzionate sentenze hanno trovato il successivo conforto della giurisprudenza della Cassazione2, anche in sede penale3, nonché l’autorevole conferma di C. cost., 25.7.2014, n. 225, la quale dichiarava non fondata la questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Verona4, sicché può senz’altro ritenersi che una simile interpretazione è stata considerata dagli operatori pratici per un lungo periodo quale diritto vivente.
Nonostante tutto, peraltro, la predetta interpretazione, con particolare riguardo al tema della falcidia dell’IVA, non ha mai convinto dottrina maggioritaria e gran parte della giurisprudenza di merito, che non ha mancato di muovervi numerosi rilievi. In primo luogo, è stato evidenziato che dalla considerazione della facoltatività della transazione fiscale, pienamente in linea con il principio del favor concordati che informa la riforma delle procedure concorsuali, è stata fatta discendere incoerentemente una disciplina dell’IVA che è, invece, orientata teleologicamente in senso diametralmente opposto, finendo per condizionare pesantemente lo stesso confezionamento della proposta concordataria5. Secondariamente, si è evidenziato che la collocazione della norma, che prevede l’impossibilità di falcidiare l’IVA nella disciplina speciale della transazione fiscale anziché in quella generale prevista dall’art. 160 l. fall.6, nonché la mancanza dell’intenzione del legislatore di creare un “superprivilegio” IVA idoneo a sovvertire l’ordine dei privilegi per come indicato dall’art. 2778 c.c. (disposizione, infatti, rimasta inalterata)7 costituiscono chiari argomenti ostativi all’accoglimento della tesi volta a considerare di diritto sostanziale la norma che sancisce l’impossibilità di falcidiare l’IVA, dunque applicabile anche ai concordati senza transazione fiscale.
Infine, si è osservato che se è vero che l’ordinamento sovranazionale può imporre limiti a chi amministra il tributo IVA e che quindi l’Amministrazione finanziaria, in sede di transazione fiscale, non può accettare pagamenti parziali dell’imposta, non significa che ciò non possa accadere contro la volontà dell’Amministrazione. «Se il patrimonio del debitore è conformato in modo tale da risultare non capiente per la soddisfazione del credito IVA, nessuna disposizione transnazionale potrà mai imporre il soddisfacimento integrale perché questo dipende dalla consistenza del patrimonio»8. Ed allora l’Erario subirà la falcidia dell’IVA nel concordato preventivo (senza transazione fiscale) allo stesso modo di come la subisce nel fallimento. A questo punto del dibattito è intervenuta C. giust., 7.4.2016, C546/14, Degano Trasporti s.a.s. di Ferruccio Degano & C. in liquidazione9, che si è pronunciata in favore della compatibilità del diritto eurounitario della falcidia dell’IVA in sede di concordato preventivo, affermando, in particolare, che «l’art. 4, paragrafo e), TUE nonché gli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, non ostano a una normativa nazionale ... interpretata nel senso che un imprenditore in stato di insolvenza può presentare a un giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo, al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito dell’imposta sul valore aggiunto attestando, sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di proprio fallimento». Offrendosi, dunque, quella che è stata definita una «lezione di semplicità», è stata valorizzata «l’architettura concordataria interna, specie facendo leva sul criterio della “miglior soddisfazione possibile”, secondo le “alternative concretamente praticabili”, contenuto nell’art. 160 l. fall.»10.
I tempi sono, dunque, maturi per un nuovo intervento della Suprema Corte teso a rivalutare integralmente la questione della falcidia dell’IVA; intervento che puntualmente c’è stato, stavolta a sezioni unite, con la sentenza 27.12.2016, n. 26988, la cui massima ufficiale così recita: «L’art. 182 ter, comma 1, l. fall., come modificato dall’art. 32 del d.l. n. 185 del 2008, conv. con l. n. 2 del 2009, laddove esclude la falcidia sul capitale dell’IVA, così sancendo l’intangibilità del relativo debito, costituisce un’eccezione alla regola generale, stabilita dall’art. 160, comma 2, l. fall., della falcidiabilità dei crediti privilegiati, compresi quelli relativi ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, e trova, quindi, applicazione solo nella speciale ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale»11. Con la menzionata sentenza, le Sezioni Unite hanno: a) confermato «la facoltatività del ricorso alla transazione fiscale, sulla base del decisivo argomento testuale desumibile dall’incipit dello stesso art. 182 ter l. fall., che prevede appunto la mera facoltà del debitore di promuovere contestualmente sia la procedura di concordato preventivo sia il sub procedimento per la conclusione della transazione fiscale», con la conseguenza che il concordato con transazione fiscale è una forma speciale di concordato preventivo, che viene in considerazione solo in presenza di debiti tributari e solo se il proponente lo vuole; b) ritenuto che dalla specialità del concordato preventivo con transazione fiscale ne derivi necessariamente l’impossibilità di estendere la disciplina dell’istituto speciale all’istituto generale e, dunque, l’impossibilità di considerare generale la norma che vieta, in sede di transazione fiscale, la falcidia dell’IVA; del resto considerare come eccezionale e sostanziale la norma che ha introdotto il divieto di falcidia dell’IVA – come fatto da Cass., 4.11.2011, n. 22931 e n. 22932 – costituisce un argomento fragile «se si consideri da un canto la nota relatività della distinzione tra norme processuali e norme sostanziali, dall’altro la inafferrabilità di un concetto di norma eccezionale ancorato al solo rapporto tra regola ed eccezione, che renderebbe eccezionali pressoché tutte le norme giuridiche, tanto frequentemente in rapporto di eccezione le une con altre»; c) considerato superato dalla sopra menzionata sentenza della Corte di giustizia l’argomento che fa leva sull’incompatibilità con le disposizioni eurounitarie della possibilità di procedere alla falcidia del credito IVA in sede di concordato preventivo, «in ragione della serietà del procedimento destinato a verificare l’impossibilità di una migliore soddisfazione della pretesa tributaria in caso di fallimento».
La decisione delle Sezioni Unite è, peraltro, intervenuta tardivamente, rivestendo oggi «un interesse pratico molto modesto, potendo essa trovare una applicazione limitata ai procedimenti e alle impugnazioni tuttora pendenti»12. Invero, come già segnalato al § 1, la legge di stabilità per l’anno 2017 ha completamente modificato la disciplina del trattamento dei crediti tributari e contributivi, rendendo in primo luogo obbligatorio il ricorso all’art. 182 ter l. fall. tutte le volte che il proponente il concordato preventivo voglia addivenire alla falcidia degli stessi («esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del presente articolo»), nonché omettendo qualsiasi riferimento all’IVA, reso del tutto superfluo dal segnalato intervento della Corte di giustizia.
In buona sostanza, si prevedono per la falcidia dei crediti tributari e contributivi nel concordato preventivo13 regole speciali rispetto alla generale disciplina prevista per i crediti privilegiati e chirografari dall’art. 160 l. fall. Peraltro, la specialità ha riguardo essenzialmente alla procedura, mentre il trattamento sostanziale è oggi tendenzialmente conforme alle regole comuni. Il debito erariale gode in gran parte del privilegio generale sui beni mobili del debitore, ed in ragione di ciò la possibilità della falcidia non è assoluta ma, così come accade per tutte le altre categorie di debito privilegiato, è legata alle condizioni previste dall’art. 160, co. 2, l. fall. In altri termini, anche per i debiti tributari e contributivi, come accade anche per i comuni crediti privilegiati, è possibile offrire il pagamento percentuale, ma solo nel caso in cui i beni che sono assoggettati alla garanzia sono in tutto o in parte incapienti, e cioè hanno un valore che nell’ipotesi alternativa del fallimento non consentirebbe un ricavato maggiore e ai creditori una migliore soddisfazione. Ed il valore viene determinato nell’ambito di una relazione di un professionista la cui congruità e logicità è a sua volta oggetto dell’attestazione prevista dall’art. 161 l. fall. La norma prevede anche che la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. Se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole. Inoltre, se viene proposta la falcidia del credito tributario o contributivo privilegiato, la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un’apposita classe, il che consentirà all’Erario, in caso di voto contrario alla proposta, di proporre opposizione avanti al tribunale, anche in modo autonomo, per ragioni di convenienza. La modifica normativa intervenuta per il concordato preventivo (e per gli accordi di ristrutturazione dei debiti) con riferimento all’art. 182 ter l. fall. non ha invece investito le procedure di sovraindebitamento del consumatore, in relazione alle quali, l’art. 7, co. 1, l. 27.1.2012, n. 3 prevede l’esclusiva dilazione di pagamento con riferimento ai tributi costituenti risorse proprie della UE, all’IVA ed alle ritenute operate e non versate, per le quali l’istituto della transazione fiscale non era già previsto. Ne consegue, pertanto, l’infalcidiabilità dell’IVA con riferimento a tali procedure; ed una conseguente disparità di trattamento tra gli imprenditori fallibili e quelli non fallibili (perché non raggiungono le soglie di fallibilità previste dall’art. 1, co. 2, l. fall.) e che, pertanto, possono accedere unicamente alle procedure di sovraindebitamento e non anche al concordato preventivo14. Ciò ovviamente ove non si cerchi una soluzione ermeneutica che tenga conto dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale, anche in sede eurounitaria, in materia di IVA, nell’ambito del concordato preventivo, così come è stato tentato recentemente dalla giurisprudenza di merito15.
1 Il che avrebbe condotto a conseguenze devastanti, se solo si considera che l’IVA ha un grado di privilegio molto basso secondo la previsione dell’art. 2778 c.c.
2 Si vedano Cass., 16.5.2012, n. 7667; Cass., 30.4.2014, n. 9541; Cass., 25.6.2014, n. 14447; Cass., 9.2.2016, n. 2560.
3 Si vedano Cass. pen., 31.10.2013, n. 44283, per la quale quella sull’intangibilità dell’IVA sarebbe una norma «inderogabile e di ordine pubblico economico internazionale», sicché un «atto di autonomia privata, di iniziativa del debitore», qual è ritenuto il concordato preventivo, «non può portare ad elidere gli obblighi giuridici, specie quelli aventi rilievo pubblicistico, quali l’obbligo del versamento dell’IVA, la cui omissione è sanzionata penalmente». Conf. Cass. pen., 31.3.2016, n. 8804.
4 Trib. Verona, 10.4.2013, in Fall., 2014, 320, con nota di Miconi, F., Concordato preventivo, infalcidiabilità dell’Iva e buon andamento dell’azione amministrativa. Va, peraltro, evidenziato, che la sentenza della Corte costituzionale fa riferimento ad un concordato preventivo con transazione fiscale.
5 Vella, P., Transazione fiscale facoltativa e trattamento Iva inderogabile, in Fall., 2012, 175.
6 App. Genova, 27.7.2013, in www.osservatorio-oci.org, 2014, ms. 845.
7 App. Venezia, 7.5.2013, in www.osservatorio-oci.org, 2014, ms. 867.
8 Fabiani, M., La falcidiabilità di tutti i crediti tributari e l’equivoco della lettura della Cassazione, in Fall., 2014, 270.
9 La si legge in Foro it., 2016, I, 263, con note di Fabiani, M., La caduta dell’alibi sovranazionale a proposito di concordato preventivo e soddisfacimento integrale del debito Iva, e Perrino, A.M., “Ad impossibilia nemo tenetur” tra eccesso di zelo e stupita sorpresa in tema di falcidiabilità dell’Iva.
10 Così Vella, P., Transazione fiscale ed esdebitazione tributaria nelle procedure concorsuali alla luce del diritto dell’Unione Europea, in Il Caso.it, 6 novembre 2016, 1.
11 La sentenza è stata immediatamente seguita da Cass., S.U., 13.1.2017, n. 760, di contenuto analogo, nonché, in senso conforme, da Cass., 19.1.2017, n. 1337.
12 Stasi, E., La transazione fiscale secondo le Sezioni Unite della Cassazione, in Fall., 2017, 272.
13 E anche negli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis l. fall., per i quali è prevista una disciplina peculiare, non oggetto della presente trattazione.
14 Cfr. Limitone, G., La falcidia del credito iva dopo le sezioni unite e il nuovo art. 182ter l.f., in IlCaso.it, 12 gennaio 2017, 4.
15 Trib. Pistoia, 26.4.2017, in www.osservatorio-oci.org, 2017, msv. 71.