La fecondazione assistita: una sintesi comparativa
Addentrarsi in una rassegna comparativa della fecondazione assistita significa rendersi conto di come gli stessi principi etico-legali possano tradursi in diversi modelli culturali. Ciò non intacca la validità di questi principi, ma anzi ne conferma l'universalità. Le posizioni assunte a livello internazionale, sovranazionale o nazionale, relativamente sia agli aspetti clinici sia a quelli sperimentali delle tecnologie riproduttive, rivelano analogie e differenze in alcuni punti chiave. Essi riguardano gli interventi da includere in queste tecnologie, lo status, l'accesso, la donazione e la conservazione, nonché la produzione e gli eventuali usi di materiale genetico umano . Anche se, in definitiva, quel che più conta è il coraggio politico di intervenire su tale questione, la gamma delle opzioni - che vanno dalla proibizione alla tutela legislativa, all'autoregolamentazione professionale, fino a un approccio di libero mercato dimostra quanto sia difficile per uno Stato intervenire in una materia così personale e privata.
Introduzione
Molti paesi hanno adottato normative volte a regolare la fecondazione assistita, mentre altri, più restii a operare in tal senso, hanno elaborato in questo campo alcune raccomandazioni o direttive. Nonostante le diversità sociali, economiche, culturali e politiche esistenti tra i diversi paesi, ciò che emerge con forza è la crescente attenzione relativa al materiale genetico umano - e l'affermazione del rispetto per esso - nonché ai problemi che, in una prospettiva di lungo termine, l'uso di tale materiale implica per i nostri concetti di vita umana, di fecondazione e di famiglia. Questa preoccupazione influisce direttamente sugli aspetti clinici e sperimentali della fecondazione assistita.
Questo saggio concentra la propria attenzione sulle posizioni ufficiali dei diversi paesi. Inizialmente prenderemo brevemente in esame l'argomento della fecondazione assistita secondo il punto di vista degli organismi internazionali e sovranazionali in generale, considerando sia le posizioni governative sia quelle delle organizzazioni non governative. Passeremo quindi a confrontare e contrapporre le posizioni nazionali di vari paesi sulla regolazione giuridica delle tecnologie riproduttive per quanto riguarda gli aspetti clinici, esaminando specificamente i problemi relativi alle definizioni terminologiche, all'accesso alle tecniche di fecondazione assistita, alla donazione, alla donazione post mortem, alla conservazione del materiale genetico e all'anonimato. Successivamente tratteremo gli argomenti relativi alla ricerca, in particolare quelli che riguardano zigoti ed embrioni disponibili, embrioni creati a scopo esclusivamente sperimentale, restrizioni di carattere temporale, pratiche vietate e, infine, la situazione della diagnosi preimpianto.
Giurisprudenza internazionale e sovranazionale
Considerata la rapidità con la quale avvengono progressi e scoperte nel campo della fecondazione assistita, le posizioni internazionali si pongono necessariamente entro il quadro della salvaguardia della dignità umana. l diritti dell'uomo, che derivano dalla sua dignità, sono indissolubilmente connessi al rispetto per il corpo umano e per le sue parti costitutive, tra cui anche le cellule e i tessuti riproduttivi. Per quanto ciò non sia direttamente correlato alla fecondazione assistita, il rispetto per il materiale genetico umano è sicuramente evidente nel preambolo della Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti dell 'uomo proposta dall'UNESCO (United Nations Educational Scientific and Cultural Organization, Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura), nella quale si dichiara che la ricerca sul genoma umano deve rispettare la dignità umana e i diritti dell'individuo. Di conseguenza, in relazione alla ricerca scientifica nel campo della genetica la dichiarazione stabilisce che "i benefici provenienti dai progressi nei campi della biologia e della genetica riguardo al genoma umano verranno messi a disposizione di tutti, con la debita considerazione per la dignità e i diritti umani di ciascun individuo. [ ... ] La ricerca tenterà di offrire sollievo alla sofferenza e di migliorare la salute degli individui e dell'intero genere umano" (art. 12 a, b in fine). Inoltre afferma che "in nessun caso la ricerca o le sue applicazioni prevarranno sul rispetto per i diritti dell'uomo, le libertà fondamentali e la dignità umana" (art. 10).
Tra le organizzazioni non governative internazionali, anche il Comitato etico della HUGO (HUman Genome Organization, Organizzazione per il genoma umano) affronta il problema della ricerca effettuata nell'ambito del Progetto genoma e del Progetto diversità del genoma umano (Human Genome Diversity Project) nella Dichiarazione sulla condotta etica della ricerca genetica (1996). Nel citare i principi cui si riferisce, tale dichiarazione riporta "l'accettazione e il patrocinio della dignità umana e della libertà". Sebbene entrambe le dichiarazioni, sia quella dell'UNESCO sia quella della HUGO, esprimano l'intenzione di proteggere i diritti dell 'uomo rispetto alla ricerca sul genoma umano senza fare esplicita menzione delle tecniche riproduttive, tali strumenti mostrano in modo esemplare quale considerazione il materiale genetico umano abbia recentemente convogliato su di sé. Come tali, queste direttive hanno anche un effetto indiretto sulla normativa della fecondazione assistita.
Molte altre dichiarazioni emanate da organizzazioni non governative internazionali fanno riferimento o sono connesse in modo più diretto ai problemi della ricerca e della fecondazione assistita. Lo Statuto dei diritti sessuali e riproduttivi (1996), proposto dalla lnternational planned parenthood federation, tenta di fornire un quadro di riferimento per le questioni relative al diritto alla riproduzione e all'accesso ai servizi sanitari dedicati alla fecondazione nel contesto delle norme relative ai diritti umani già riconosciute nelle disposizioni legislative nazionali, nei documenti internazionali sui diritti umani e in altri documenti di intenti. Lo statuto afferma che, nell'ambito riconosciuto del "diritto di scegliere se e quando generare i propri figli" (art. 8), dovranno essere offerti a tutti gli utenti servizi sanitari generali relativi alla fecondazione - compresi, inter alia, adeguati servizi di prevenzione e cura della sterilità - che siano accessibili, economici, accettabili e praticabili. Inoltre, "il diritto alle cure e alla tutela sanitaria" (art. 9) e "il diritto di beneficiare dei progressi scientifici" (art. 10) dovrebbero comprendere, entro limiti legali, il diritto di coppie e individui a essere assistiti nel raggiungimento dei propri obiettivi riproduttivi, nonché ad avere accesso ai metodi di regolazione della fertilità, alle cure per la sterilità e a tecniche di fecondazione sicure e accettabili.
La International law association, nelle proprie Risoluzioni sulle tecnologie procreative e la tutela della persona umana, emanate nel 1988, aveva già proposto di estendere l'assunto generale della "dignità insita in qualsiasi rappresentante del genere umano" in quanto si stabiliva che "al di là di ogni definizione legale" l'embrione umano ha diritto alla stessa "insita dignità come membro della famiglia umana" (art. 2). Di conseguenza, la clausola relativa alla limitazione della ricerca o della manipolazione del materiale genetico umano agli scopi terapeutici, stante l'approvazione di un comitato etico e pena l'applicazione di sanzioni penali, è valida anche per l'embrione umano, considerato che la sperimentazione non terapeutica è proibita.
Anche la World medicaI association, nella Dichiarazione su fecondazione in vitro e trasferimento di embrione del 1987, fa riferimento alla dignità umana in quanto fa notare che vanno rispettati i principi della Dichiarazione di Relsinki. In particolare, nella dichiarazione si discutono gli aspetti relativi alla ricerca e alla donazione e si stabilisce che i medici devono tenere nella debita considerazione le implicazioni morali, legali ed etiche proprie oltre ai principi morali ed etici dei pazienti. Un medico quindi non dovrà violare i principi morali in cui crede. Inoltre, il medico dovrà astenersi da qualsiasi azione che risulti in conflitto con le norme giuridiche o etiche ovvero con i principi morali dei pazienti. Ciò implica da parte del medico una "maggiore responsabilità nel comunicare compiutamente con i pazienti che partecipano" alla ricerca, mentre il consenso pienamente consapevole da essi espresso dovrà soddisfare sia i requisiti legali sia lo speciale livello di responsabilità professionale imposto dalle norme etiche. Inoltre, ai medici si richiede di rispettare la salute sia della madre che dell'embrione.
A livello sovranazionale, il 19 novembre 1996, il Consiglio d'Europa ha adottato la Convenzione per la protezione dei diritti umani riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina: convenzione sui diritti dell 'uomo e la biomedicina che, una volta approvata dagli stati membri, sarà vincolante per gli stati nazionali. La convenzione stabilisce che essi "proteggeranno la dignità e l'identità di tutti gli esseri umani e garantiranno a tutti, senza discriminazioni, il rispetto della loro integrità e degli altri loro diritti e libertà fondamentali relativamente alle applicazioni della biologia e della medicina" (art. l) e che "gli interessi e il benessere dell'essere umano prevarranno sull'interesse esclusivo della società o della scienza" (art. 2). Essa fa inoltre specifico riferimento alla "utilizzazione di tecniche di fecondazione assistita" e, riguardo alla scelta del sesso del nascituro, sancisce che essa "non sarà permessa [ ... ] eccetto nel caso in cui si vogliano evitare gravi malattie ereditarie legate al sesso" (art. 14). Oltre a ciò la convenzione, sebbene non prenda una posizione precisa riguardo alla legittimità della ricerca sugli embrioni, decreta tuttavia che, nei casi in cui sia ammissibile compiere ricerche sugli embrioni in vitro, la ricerca "garantirà una protezione adeguata all'embrione" e che comunque "è proibita la creazione di embrioni umani per finalità di ricerca" (art. 18). È interessante notare come un documento informativo prodotto dal Consiglio d'Europa nel 1989, dal titolo Principi nel campo della fecondazione umana artificiale, che prendeva in esame, scendendo ben più in dettaglio, tutti i problemi centrati sulla fecondazione assistita e le relative iniziative sperimentali ammissibili, non sia stato mai adottato dal Consiglio dei ministri. Benché fosse originariamente inteso come una raccomandazione, il documento non è stato approvato perché due Stati membri non accettavano le tecniche di fecondazione assistita. Nel documento si accoglievano esplicitamente, inter alia, la fecondazione assistita per le coppie eterosessuali, la conservazione dei propri gameti per futuro uso personale e, in casi eccezionali, la donazione di gameti ed embrioni.
Il Parlamento europeo, nella risoluzione del 1989, relativa all'inseminazione artificiale in vivo e in vitro, ancora una volta basata sulla considerazione della dignità umana, riconosceva il valore della vita e in modo particolare il diritto dell'essere umano alla protezione. La risoluzione esprimeva inoltre preoccupazione per il potenziale eccesso di embrioni prodotti con le tecniche di fecondazione in vitro. Di conseguenza, essa stabiliva che le tecniche di fecondazione assistita non dovessero recare offesa all'embrione, che si raccogliesse soltanto il numero di ovuli che si intendeva impiantare e che non si dovesse permettere la selezione degli embrioni in vitro. Inoltre, tale documento indicava che la fecondazione assistita dovesse essere intrapresa soltanto a scopi terapeutici, ossia per superare la sterilità. Gli atti internazionali e sovranazionali sopra riportati forniscono un quadro normativo in merito alle tecniche di fecondazione assistita e ai relativi problemi concernenti la sperimentazione; un'analisi approfondita della regolamentazione a livello nazionale rivelerà in modo più esauriente i punti di convergenza nonché, come vedremo, le divergenze sugli aspetti sia clinici sia sperimentali.
Posizioni nazionali: aspetti clinici
Definizioni terminologiche
Le differenze tra le legislazioni e le raccomandazioni nazionali nel campo delle tecniche di fecondazione iniziano già nelle defmizioni. Sebbene la terminologia utilizzata zigote, preembrione, embrione e feto - sia collegata alle diverse fasi di sviluppo dal momento della fecondazione, spesso le defmizioni dei termini dipendono dagli obiettivi che si intende raggiungere.
Due paesi hanno tentato di definire la vita umana dal momento dell'impianto. In Australia il rapporto del National health and medicaI research council stabilì nelle direttive del 1983 che i termini "feto" e "tessuto fetale" comprendevano rispettivamente tutto o parte di ciò che viene chiamato "embrione", "feto" o "neonato" dal momento della fecondazione fino al compimento della gestazione. La legge sul trattamento della sterilità (lnfertility treatment act), promulgata nello stato del Victoria nel 1995, dà una definizione sia dello zigote sia dell'embrione. Il termine "zigote" corrisponde alla fase di sviluppo che va dalla penetrazione dell'ovulo da parte dello spermatozoo fino alla singamia non inclusa (ove questa viene definita come l'unione di due gameti nella fecondazione per formare lo zigote, posta a 24 ore dopo la fecondazione), mentre il termine "embrione" indica lo sviluppo dalla singamia in avanti (comma 3).
In Canada, il rapporto del 1993 della Royal commission on new reproductive technologies descriveva chiaramente il processo biologico. Le fasi dello sviluppo iniziano con lo zigote, cioè l'ovulo fecondato fino a circa 14 giorni dalla fecondazione; segue poi l'embrione, fino all'ottava settimana dopo la fecondazione, che si evolve quindi in feto dalla nona settimana fino alla nascita (p. 148). Allo stesso modo, in Canada, il disegno di legge C-47, che sarebbe dovuto diventare la legge sulle tecniche genetiche e la riproduzione umana (Human reproductive and genetic technologies act, 1996), definiva in modo analogo le tre fasi di sviluppo menzionate sopra, ma riferiva a ciascuna di esse la qualifica di organismo umano (comma 2). In seguito all'indizione di nuove elezioni nel 1997, il disegno di legge è decaduto.
Gli altri paesi presi in considerazione hanno fornito definizioni soltanto per il termine "embrione". In Germania, la legge sulla tutela degli embrioni (1990) defmiva l'embrione come "l'ovocita umano fecondato e vitale fin dal momento della cariogamia, e inoltre ogni cellula totipotente che, in presenza delle condizioni necessarie, sia in grado di dividersi e di svilupparsi per dare origine a un individuo" (comma 8.1). La parola "vitale" si riferisce alle "24 ore successive alla cariogamia a meno che prima della scadenza di tale lasso di tempo non venga appurato che esso non è in grado di svilupparsi oltre la fase monocellulare" (comma 8.2). In Svizzera sia il disegno di legge relativo alla normativa federale concernente la fecondazione assistita (1996), sia le direttive etico-sanitarie sulla fecondazione assistita (1990) dell'Accademia elvetica hanno definito l'embrione come il prodotto della fecondazione fino al termine dell'organogenesi, con l'indicazione, nelle direttive, che intendeva riferirsi alle fasi iniziali precedenti all'impianto (n. 1.5). Infine, in Gran Bretagna è stato sancito, nella legge sulla fecondazione umana e l'embriologia (Human Jertilization and embriology act, 1990), che per embrione si intende "un embrione umano vivente in cui il processo di fecondazione è completato". La legge, applicabile soltanto agli embrioni ex utero, specifica inoltre che la fecondazione non è completa fino alla comparsa di uno zigote bicellulare (comma 1.1). Negli Stati Uniti, infine, lo Human embryo research panel, costituito in seno alI'NIH (National Institute of Health), nel 1994 ha definito l'embrione umano prima dell'impianto come un ovocita fecondato in vitro mai trasferito o impiantato nell 'utero. Il gruppo di studio sosteneva l'opinione secondo la quale gli embrioni umani prima dell'impianto devono essere oggetto di un'adeguata considerazione morale in quanto potenziale forma di vita umana, sebbene a essi non si possa garantire lo stesso status morale di neonati e bambini. Le direttive emesse nel 1994 dall'Ethics committee of the american fertility society, tuttavia, preferirono l'uso del termine "preembrione" per la fase che si conclude 14 giorni dopo la fecondazione, affermando che il preembrione riveste una condizione unica in quanto la fecondazione assistita opera su di esso isolandolo e rendendo lo disponibile all'osservazione o all'intervento in modo diverso rispetto agli embrioni più avanzati e ai feti. Il Committee espresse l'opinione secondo la quale al preembrione, sebbene non abbia status di individuo, si dovrebbe comunque accordare uno status speciale poiché "si tratta di una entità umana vivente geneticamente unica che potrebbe divenire un individuo se impiantato e accolto in un utero ricettivo" (p. 32S).
In breve, esistono chiaramente problemi di ordine terminologico, in quanto il termine "embrione" viene riferito spesso allo zigote, mentre ad alcuni potrebbe sembrare che il termine "preembrione" sminuisca la dignità 'umana' dell'entità in via di sviluppo dal momento del concepimento in poi. Nondimeno, questo excursus delle definizioni dimostra sia le divergenze insite nelle legislazioni nazionali sia la 'manipolazione' terminologica per scopi morali e politici e inoltre prepara la strada per comprendere la diversità dei punti di vista sull'accesso alle tecniche di fecondazione assistita.
Accesso alle tecniche di fecondazione assistita
Al di là dei problemi economici e di consulenza, l'accesso alla fecondazione assistita solleva la questione relativa al diritto di ciascun individuo di formare una famiglia senza limitazioni, per esempio, di età, comportamento sessuale o condizioni di salute. Il problema dell'accesso alle tecniche di fecondazione riguarda quindi lo stato civile dei candidati, la loro età e le condizioni di salute.
Per iniziare con lo stato civile, alcune normative e raccomandazioni permettono l'accesso alla fecondazione assistita soltanto alle coppie eterosessuali che vivano in relazione matrimoniale, ovvero costituiscano una famiglia di fatto stabile. Spesso vengono esplicitamente tenuti in considerazione anche i fondamentali interessi del bambino, con particolare attenzione verso i fattori psicologici, sociali e familiari. Secondo questo criterio, è possibile concedere l'accesso alle tecniche di fecondazione assistita anche in presenza di avverse condizioni sanitarie o del rischio di trasmissione di malattie genetiche gravi o pericolose, ma soltanto quando i requisiti indicati precedentemente siano soddisfatti.
In Gran Bretagna, la legge sulla fecondazione umana e l'embriologia (1990) stabilisce che si dovrà tenere conto del benessere del bambino "compreso il bisogno del bambino di avere un padre" (comma 13.5), senza però indicare altri requisiti giuridici, come il matrimonio. Il Codice deontologico della Human fertilization and embryology authority si esprime in modo più specifico in quanto fornisce informazioni esplicite sui fattori da considerare riguardo al benessere del bambino (da comma 3.12 a comma 3.32). Questo criterio non è invece altrettanto evidente nella legislazione francese (art. L. 152.2 Codice di sanità pubblica), in quella australiana nello stato del Victoria (comma 8.1), austriaca (comma 3) e svizzera, nelle quali l'approccio è più diretto e si sancisce che possono avere accesso alla fecondazione assistita le coppie sposate o conviventi in una unione di fatto, senza ulteriori requisiti in relazione agli interessi di un eventuale bambino.
Le coppie non sposate oppure omosessuali possono incontrare restrizioni o requisiti più severi nell'accesso alle tecniche di fecondazione. Così in Austria, per esempio, per dettato della legge federale sulla fecondazione assistita del 1992 (una delle leggi più restrittive nell'ambito delle tecniche di fecondazione), le coppie, anche se sposate (e quindi eterosessuali) devono ottenere un'autorizzazione alla fecondazione effettuata utilizzando i gameti del donatore in vivo, ossia non congelati (comma 7), mentre la procedura per le coppie conviventi in un'unione di fatto è ancor più restrittiva. Queste ultime devono ottenere anche un'autorizzazione che indichi la durata ammessa del trattamento e inoltre devono sottoporsi a una procedura di consulenza a opera dell'autorità giudiziaria o di un notaio prima di accedere a ciascun trattamento, nonché pagare una tassa (comma 8). Inoltre, poiché la stato di coppia non sposata convivente può ragionevolmente estendersi a coppie dello stesso sesso che potrebbero quindi valersi delle tecniche di riproduzione, in Francia la legge 94-654 del 30 luglio 1994 sulla donazione e l'uso di parti e prodotti del corpo umano, sulla fecondazione assistita e sulla diagnosi prenatale sancisce esplicitamente che la coppia che richiede il trattamento sia costituta da un uomo e una donna (art. L. 152.2 Codice di sanità pubblica).
Al contrario, in Canada la Royal commission on new reproductive technologies non limita l'accesso alle tecnologie alle sole coppie sposate o conviventi, ma piuttosto raccomanda che tali servizi siano disponibili a tutti, senza limitazione di orientamento sessuale, stato civile o condizioni economiche (atti 94.f, 99.d, 121 e 145). Allo stesso modo, in Spagna la legge 35/1988 sulle tecniche di fecondazione assistita permette l'accesso a tali tecniche a tutte le donne che hanno raggiunto la maggiore età (18 anni) e in piena capacità di agire (art. 6.1). Se ne può dedurre che ciò permetterebbe a coppie di donne omosessuali e a donne nubili di intraprendere le procedure per la fecondazione assistita. In questo ambito, nei Paesi Bassi un rapporto del 1997 sull'inseminazione in vitro ha dichiarato nelle raccomandazioni riassuntive che "escludere i casi riguardanti tutte le donne omosessuali e nubili, per le quali la fecondazione in vitro è indicata dal punto di vista medico, può risultare illegale" (p. 14).
Tuttavia, per quanto riguarda l'età ammessa, la Royal commission canadese ha posto come limite la menopausa e ha espresso il parere che le donne che utilizzano le tecniche di fecondazione assistita debbano essere in età adatta al concepimento (atti 141, 162 e 172). Allo stesso modo, l'Ethics committee of the american fertility society ha espresso dubbi di ordine sanitario e sociale in merito alla maternità oltre la normale età fertile. Tuttavia, in circostanze speciali, ove le condizioni di salute della donna permettano il concepimento e vi siano state consulenze e valutazioni esaurienti delle condizioni sociali, il comitato ha espresso l'opinione che la donazione dell'ovocita non può essere esclusa soltanto in base all'età. Nonostante ciò, la generale probabilità statistica di una debilitazione fisica o psichica connessa all'età ha convinto il Committee a ritenere contro indicate le tecniche di fecondazione assistita per donne e uomini con più di 40 anni. A questo riguardo, il Committee ha indicato che qualsiasi limite di età per la riproduzione deve riferirsi tanto agli uomini quanto alle donne (p. 49S). Nei Paesi Bassi, il citato rapporto del 1997 sull'inseminazione in vitro indica che le donne di età superiore a 45 anni possono essere sottoposte a fecondazione in vitro soltanto nel contesto di una ricerca sperimentale (p. 99). Lo stesso rapporto limita la partecipazione a tali programmi di ricerca alle donne di età uguale o inferiore a 48 anni all'inizio della procedura. Per le donne che utilizzano invece ovociti congelati o embrioni provenienti da donazione, si prescrive un'età massima di 44 anni all'inizio del trattamento. Infine in Spagna, come già detto, la legge 35/1988 stabilisce soltanto che la donna deve avere compiuto almeno 18 anni per sottoporsi alle procedure di fecondazione assistita; dunque l'età avanzata non costituisce una barriera all'accesso alle tecniche alternative di riproduzione. Questa legge sancisce che la donna "dovrà essere informata dei possibili rischi per la discendenza e per la gravidanza derivanti dall'età inadeguata" (art. 6.2). Tuttavia, una norma di principio indica che le procedure di fecondazione assistita possono essere impiegate soltanto ove non vi sia un rischio grave per la salute della madre e della possibile discendenza (art. 2.1). Quest'ultima limitazione sembra temperare quindi l'apparente assenza di qualsiasi tetto di età.
Sebbene la maggioranza di questi paesi concordi nel ricorrere alla fecondazione assistita in caso di patologie, quali l'ostruzione delle tube di Falloppio, la scarsa produzione di seme o la completa assenza delle gonadi, altri considerano la sterilità come un problema sanitario più vasto, in sintonia con la definizione di salute espressa dall'Organizzazione mondiale della sanità. Così, se Canada, Stati Uniti e Spagna sostengono una definizione di sterilità di carattere più sociale che funzionale, in Francia, al contrario, si esige esplicitamente che la sterilità sia di natura patologica e come tale sia stata diagnosticata da un medico (art. L. 152.2.2 Codice di sanità pubblica). È interessante notare la posizione assunta nei Paesi Bassi, dove il rapporto del 1997 sulla fecondazione in vitro stabilisce, come avviene anche in Gran Bretagna, che "quando decide di assistere una coppia, un medico dovrà tenere presente gli interessi (futuri) di qualsiasi bambino nato in conseguenza della fecondazione in vitro" (p. 17).
Infine, molti paesi hanno stabilito che la fecondazione assistita dovrebbe essere praticata allo scopo di evitare la trasmissione al feto di gravi malattie ereditarie. In relazione a questo punto, in Francia si fa riferimento alla prevenzione della trasmissione di una malattia particolarmente grave (art. L. 152.2 Codice di sanità pubblica), mentre la legge sul trattamento della sterilità, promulgata dallo stato del Victoria in Australia nel 1995, cita più apertamente il rischio di trasmissione di malattie o anomalie genetiche (comma 8.30b) e, in Svizzera, il disegno di legge relativo alla normativa federale concernente la fecondazione assistita stabilisce che tale malattia ereditaria, oltre alla gravità, deve anche avere il carattere di incurabilità (artt. 5.1a, b). Nei Paesi Bassi, ancora una volta, mentre non viene fatta menzione specifica delle indicazioni genetiche, il medico che decide di assistere la coppia deve tenere in considerazione gli interessi del bambino che potrebbe venire alla luce mediante la fecondazione in vitro (p. 17). In Austria invece, in sintonia con il suo carattere restrittivo, la legge federale sulla fecondazione assistita (1992) esclude esplicitamente che una malattia genetica grave sia indicazione adeguata per accedere alle tecniche di fecondazione assistita (art. 2).
Il problema dell'accesso alle tecniche di fecondazione assistita solleva infine quesiti sulla possibilità della donazione di seme, ovociti, zigoti o embrioni nei diversi paesi.
Donazione
Le tecniche di riproduzione possono implicare la donazione di gameti, sia fecondati sia non fecondati. Sebbene la donazione di seme non generi la stessa preoccupazione suscitata da quella di ovuli, si dovranno tenere in conto, in entrambi i casi, le implicazioni psicosociali relative al donatore e alla coppia ricevente, nonché il benessere del nascituro. Il seme di un donatore darebbe a una coppia eterosessuale (nella quale il maschio presenti difetti qualitativi o quantitativi dello sperma), a una coppia omosessuale di donne oppure a una donna nubile (qualora la legge lo permetta), la possibilità di avere un figlio che abbia con i genitori una relazione genetica parziale. Sebbene ora la donazione di seme ai fini dell'inseminazione artificiale non susciti generalmente alcuna rimostranza (se si escludono i problemi relativi all'orientamento sessuale) e costituisca una routine comune (laddove è consentito), alcuni paesi hanno comunque imposto delle restrizioni. In Austria la legge federale sulla fecondazione assistita (1992), come già detto, permette soltanto in casi eccezionali di far ricorso al seme di un terzo, nel caso in cui il seme del marito o del partner sia inabile alla riproduzione (comma 3) e neanche le indicazioni di tipo genetico sono sufficienti ad assicurare l'accesso a tale trattamento. Allo stesso modo, sono presenti restrizioni anche in Svizzera nelle direttive etico-sanitarie sulla fecondazione assistita e nel disegno di legge relativo alla normativa federale concernente la fecondazione assistita in quanto, come menzionato in precedenza, soltanto le coppie sposate possono beneficiare della donazione di seme da parte di un terzo (n. 3.2, art. 3.3). La Royal commission canadese, invece, approva l'accesso al seme di un donatore sulla base di criteri sanitari e di fattori sociali. In modo simile, in altri paesi, quali Australia (stato del Victoria), Gran Bretagna, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna e Stati Uniti, non si pongono limitazioni all'accesso al seme del donatore, salvo naturalmente l'opportuno consenso.
Anche la donazione di ovociti fecondati o non fecondati da utilizzare per le procedure di fecondazione in vitro è soggetta a limitazioni di vario tipo nei paesi presi in esame. È vietata la donazione di entrambi in Austria (comma 3), Germania (commi 1.1.1 e 2) e Norvegia; quest'ultimo paese permette la fecondazione in vitro soltanto con ovociti e seme appartenenti alla coppia stessa. La donazione di ovociti fecondati è proibita in Danimarca dalla legge sul sistema di comitati etico-scientifici e sul trattamento di progetti di ricerca biomedica (comma 14.5). La maggioranza del Consiglio danese, tuttavia, ha chiarito, nel suo rapporto etico sulla fecondazione assistita (1995), la propria generale opposizione alla fecondazione in vitro, emanando raccomandazioni sulla proibizione della donazione dell'ovocita sia fecondato sia non fecondato. La maggioranza del Consiglio si opponeva al frazionamento della maternità - e in generale delle relazioni parentali - in componenti genetiche e componenti sociali.
In Francia, al contrario, in virtù della legge 94-654 del 30 luglio 1994 sulla donazione e l'uso di parti e prodotti del corpo umano, sulla fecondazione assistita e sulla diagnosi prenatale, è permessa la donazione di ovociti non fecondati solo se i donatori sono sposati o conviventi e hanno già un figlio essi stessi (ora incluso nell'art. L. 673.2 Codice di sanità pubblica). La donazione inoltre è ammessa soltanto se la fecondazione assistita, effettuata utilizzando i gameti della coppia che richiede il trattamento, non abbia avuto esito positivo (art. 152.6 Codice di sanità pubblica). Inoltre, "sposi o partner che, allo scopo di procreare, ricorrano all'assistenza sanitaria richiedendo l'intervento di un donatore devono esprimere il proprio consenso in presenza di un giudice o di un notaio [ ... ]" (art. L. 152.10 Codice di sanità pubblica). Benché in Francia non sia normalmente permessa la donazione di ovociti fecondati, in casi eccezionali una coppia può dare il proprio consenso affinché l'ovocita fecondato sia ricevuto da un'altra coppia (artt. L. 152.3 e 152.5 Codice di sanità pubblica). l requisiti per la donazione consistono nel consenso scritto della coppia che ha geneticamente originato l'ovocita fecondato e nell'approvazione dell'autorità giudiziaria (art. L. 152.5 Codice di sanità pubblica). L'autorità che dà l'approvazione (solitamente un giudice) si deve assicurare che la coppia ricevente offra la tutela del benessere familiare, educativo e psicologico del nascituro.
Con maggior tolleranza, l'Ethics committee of the american fertility society, negli Stati Uniti, ha considerato "eticamente ammissibile" la donazione di ovociti fecondati e non, permettendo inoltre la donazione designata "poiché non sembrano esistere motivi di ostacolo" per escludere una donazione "da parte di conoscenti, quali parenti o amici" (pp. 49s, 5ls). Nei Paesi Bassi il rapporto sulla fecondazione in vitro del 1997 dà parere favorevole ad autorizzare la donazione di ovociti fecondati e non. Inoltre, in esso si afferma che "l'alternativa della fecondazione in vitro con entrambi i gameti provenienti da donatori può essere scelta nel caso in cui la coppia desideri utilizzare seme o ovociti (o entrambi) appartenenti a un membro della famiglia. Questo metodo garantisce almeno una certa relazione genetica con uno o con entrambi i futuri genitori" (p. 89). In Canada, sebbene la Royal commission on new reproductive technologies preveda la donazione degli ovociti fecondati e non fecondati, tale donazione sarebbe limitata alle donne già sottoposte a procedure chirurgiche o a prelievo dell'ovocita nel corso di una cura (atti 174), mentre il prelievo dell'ovocita al solo scopo di donazione non sarebbe ammissibile, come d'altra parte la donazione designata (atti 172). Si noti che il disegno di legge C-47 adottava un approccio più aperto in relazione alla donazione: la donazione dell'ovocita ai fini dell'inseminazione sarebbe stata permessa se solo il donatore avesse consentito a tale uso. lnfine, la legge sul trattamento della sterilità del 1995, emessa dallo stato del Victoria in Australia (comma 12) e il rapporto olandese sulla fecondazione in vitro del 1997 prevedono simili requisiti riguardanti il consenso e quindi ammettono la possibilità della donazione. Il consenso è dunque un aspetto sempre essenziale, ma esso assume una particolare importanza in quei paesi che permettono la donazione post mortem.
Donazione post mortem
L'impianto di zigoti o embrioni conservati dopo la morte di uno dei partner suscita dubbi non solo in relazione al diritto di successione o all'eredità, ma anche per quanto riguarda il benessere del nascituro, in particolare per le conseguenze implicite nel fatto di venire al mondo come figlio di un padre o di una madre già morti. Le normative o le raccomandazioni emanate in Australia, Austria, Canada, Danimarca, Francia, Germania e Svizzera proibiscono l'inseminazione o la donazione, o entrambe, dopo la morte del genitore. La legge sul trattamento della sterilità, approvata nello stato del Victoria in Australia nel 1995, è piuttosto esplicita nel proibire tale pratica e stabilisce che un individuo non deve: praticare l'inseminazione con seme di un uomo la cui morte sia accertata; effettuare il trasferimento di un gamete donato da un individuo la cui morte sia accertata; effettuare il trasferimento di uno zigote o di un embrione generato dal gamete di un individuo la cui morte sia accertata; generare uno zigote con seme di un uomo la cui morte sia accertata; infine generare uno zigote se è stata accertata la morte della donna che ha donato l'ovocita utilizzato per generarlo (comma 43).
In Canada, la Royal commission on new reproductive technologies ha indicato nelle sue raccomandazioni che la conservazione degli zigoti deve essere consentita soltanto affrnché ne faccia uso la coppia stessa, fino al decesso di uno dei due partner (atti 180, cfr. anche atti 171) e questo nonostante l'esistenza di delibere in cui si ammette l'accesso all'inseminazione da donatore anche alle donne nubili e alle coppie omosessuali di sesso femminile. Il disegno di legge C-47 non menziona la donazione post mortem, mentre invece stabilisce che il donatore di seme deve esprimere il proprio consenso all'uso prescelto del seme, permettendo eventualmente, in questo modo, l'inseminazione post mortem in caso di consenso. In Germania, la legge sulla tutela degli embrioni (1990) punisce con una pena massima di tre anni di reclusione o con un'ammenda chiunque "consapevolmente effettua la fecondazione artificiale di un ovocita con lo sperma di un uomo deceduto" (comma 4.1.3). Infine anche la costituzione, la legge federale e le direttive medico-etiche svizzere proibiscono l'inseminazione post mortem; queste ultime suggeriscono inoltre che sia l'impianto sia l'inseminazione dopo il decesso di uno dei genitori dovrebbero essere negati e che in caso di conservazione dell'embrione esso venga distrutto "al più tardi al decesso di uno dei costituenti la coppia".
Sia gli Stati Uniti sia la Gran Bretagna permettono la donazione o l'inseminazione, o entrambe, dopo il decesso del donatore. L'Ethics committee ofthe american fertility society ritiene ammissibile, su richiesta della moglie, l'inseminazione con il seme del marito deceduto. Sull'argomento questa stessa commissione ha espresso l'opinione secondo la quale l'esistenza di un legame matrimoniale, precedente sia alla conservazione del seme sia al decesso del marito, costituisce una condizione sufficiente a rendere tale evento ammissibile (p. 42S). In Gran Bretagna, la legge sulla fecondazione umana e l'embriologia (1990) consente a ciascuno di decidere della sorte dei propri gameti nell'eventualità della propria morte, purché abbia dato il proprio consenso scritto prima della morte. Dunque, consentire la conservazione dei propri gameti e specificare che essi potranno essere utilizzati dopo il proprio decesso non sono azioni contrarie alla legge (allegato 3, par. 2.2b). A differenza dei paesi citati precedentemente, dove probabilmente l'attenzione è puntata all'amministrazione delle proprietà e al diritto di successione e di eredità, la legge britannica stabilisce che, nel caso si generi un embrione con seme di un uomo deceduto, quest'ultimo non assume la paternità postuma del figlio procreato, sia che la donna abbia usato il seme del marito deceduto sia che abbia usato quello di un donatore sconosciuto (comma 28.6b). Lo status legale che si viene a determinare per il nascituro può servire a scoraggiare, in fin dei conti, la fecondazione post mortem. In ogni caso, la donazione post mortem richiede per lo meno la conservazione del seme e quindi solleva i problemi riguardanti la durata ammissibile della conservazione stessa.
Conservazione
Mentre le cellule spermatiche e gli ovociti fecondati possono essere congelati e successivamente scongelati per aumentare le possibilità di successo nella fecondazione assistita, mantenere la vitalità degli ovociti non fecondati in crioconservazione è spesso più difficile. Alla difficoltà di conservare il seme, gli ovociti in soprannumero e gli embrioni si aggiungono i dubbi legali ed etici relativi ai diritti di proprietà e all'autorità decisionale, nonché i problemi pratici legati alla regolamentazione e alle conseguenze della conservazione a lungo termine. In ogni caso, lo scopo ultimo della conservazione di gameti o embrioni, o di entrambi, consiste nell'aumentare le possibilità del concepimento.
In genere, il congelamento o la conservazione del seme ai fini dei programmi di inseminazione da donatore o nei casi in cui un trattamento medico minacci la sopravvivenza delle cellule spermatiche (per esempio, nei casi di vasectomia, orchiectomia o chemioterapia) non è proibito. Inoltre, alla crioconservazione del seme spesso non vengono affatto posti limiti di tempo. In Norvegia, la legge concernente l'applicazione delle biotecnologie in medicina (1994) permette di congelare o conservare seme nelle istituzioni autorizzate a praticare tecniche di fecondazione assistita (comma 2.5). La legge non pone un limite temporale alla conservazione né stabilisce quando e se il seme debba essere distrutto. Allo stesso modo l'Ethics committee of the american fertility society non ha consigliato un intervallo di tempo fisso per la conservazione del seme. Questo ente ha espresso l'opinione secondo la quale la crioconservazione del seme è accettabile, dal punto di vista etico e medico, entro i confini di adeguate procedure di tutela e di una piena informazione in merito agli effetti della conservazione a lungo termine (p. 42S). Di conseguenza, chi richiede la conservazione del proprio seme dovrà essere informato delle ridotte caratteristiche di sopravvivenza del seme congelato e successivamente scongelato in termini di capacità fecondativa. La Royal commission canadese ha espresso parere favorevole, a questo particolare riguardo, al congelamento del seme in centri autorizzati.
Nonostante la summenzionata assenza di disposizioni relative alla limitazione del periodo di conservazione o di congelamento, o di entrambi, del seme, alcuni paesi impongono in realtà dei limiti temporali. In Spagna, la legge 35/ 1988 sulle tecniche di fecondazione assistita stabilisce un periodo massimo di conservazione pari a 5 anni per il seme (art. 11.1), mentre la legge sul trattamento della sterilità, promulgata dallo stato del Victoria in Australia nel 1995 (comma 51.1), indica un periodo di 10 anni, passato il quale il seme deve essere distrutto. In Gran Bretagna, la legge sulla fecondazione umana e l'embriologia del 1990 (comma 14.3) autorizza un periodo di conservazione non superiore a 10 anni, ma prevede anche la possibilità di una riduzione o, in circostanze che possono essere specificate nelle normative, anche di un'estensione di tale periodo (comma 14.5). In effetti, si ammette un'eccezione per pazienti colpiti da cancro: in questo caso il seme verrà congelato finché il paziente non raggiunga i 55 anni o, a sua richiesta, per un periodo più breve. In realtà, qualsiasi limite temporale imposto dalla legge ammette la possibilità per il paziente di richiedere un periodo di conservazione più breve.
È possibile disporre che gli ovociti non fecondati crioconservati e immagazzinati siano restituiti alla donna dalla quale sono stati generati, oppure siano donati per scopi sperimentali o per consentire una gravidanza a un' altra donna. L'ordinanza concernente la crioconservazione e la donazione di ovociti umani, emanata nel 1994 in Danimarca, consente il congelamento di ovociti umani non fecondati per un periodo non superiore a l anno, trascorso il quale essi devono essere distrutti (commi 1.1 e 3.1), disponendo altrove che prima di effettuare le operazioni di scongelamento si debba ottenere il consenso del genitore/donatore (comma 2.2). Altri paesi, invece, ammettono la conservazione di ovociti non fecondati includendo li nella più generale voce "gameti". Di conseguenza, come osservato anche nel caso del seme, in Australia è stato ammesso un periodo di conservazione pari a 10 anni, mentre in Gran Bretagna si è fissato un periodo non superiore a 5 anni, salvo diversa disposizione dell'autorizzazione, concedendo cioè, come nel caso del seme, la possibilità di sostituire tale periodo di conservazione con uno più breve o più lungo in alcune circostanze specificate nella normativa. Inoltre, di nuovo come nel caso del seme, si prevede la possibilità per i pazienti di richiedere un accorciamento o un allungamento del periodo nel caso di persone colpite dal cancro, fino all'età di 55 anni.
La legge concernente l'applicazione delle biotecnologie in medicina promulgata in Norvegia nel 1994, al contrario, sancisce il bando della crioconservazione di ovociti non fecondati (comma 2.12) e lo stesso prevede la legge 35/1988 sulle tecniche di fecondazione assistita in Spagna, "finché non vi siano garanzie sufficienti della vitalità dell'ovulo dopo il congelamento" (art. 11.2). Dalla formulazione delle restrizioni imposte in Spagna, sembra chiaro che tali proibizioni erano probabilmente dovute al fatto che al momento della promulgazione della legge risultava impossibile congelare gli ovociti non fecondati senza danneggiare il materiale cromosomico. Sulla stessa scia, in vista della possibilità effettiva di conservare gli ovociti, l'Ethics committee of the american fertility society considerava la "crioconservazione degli ovociti un'area sperimentale preliminare" e consigliava di "considerare la fecondazione e/o il trasferimento di ovociti crioconservati come una sperimentazione clinica da attuarsi una volta completata la ricerca preliminare".
Gli ovociti fecondati (zigoti o embrioni) vengono solitamente conservati in vista di un successivo impianto nella donna dalla quale sono stati generati o, in casi eccezionali, di una donazione a una coppia che ne faccia richiesta. Oltre a ciò, essi possono essere destinati a scopi di ricerca. Sebbene, come indicato più avanti, molti paesi impongano o raccomandino un periodo massimo di congelamento di 5 anni, le alternative di 1 o 3 anni, previste in altri paesi, esprimono quello che ciascuno di essi considera il limite temporale ragionevole per la conservazione, allo stato attuale delle conoscenze.
In Canada, la Royal commission on new reproductive technologies ha espresso il parere secondo il quale gli zigoti vanno conservati per un periodo di 5 anni, ovvero fino al decesso di uno dei partner o del donatore del gamete (atti 171 e 180). Lo zigote dovrà quindi essere distrutto prima della scadenza dei 5 anni nel caso il donatore muoia, senza considerare i desideri che egli può avere espresso per iscritto. Tuttavia, nel disegno di legge C-47 si contempla la possibilità del congelamento, poiché la defmizione di zigote che fa riferimento all'esclusione di "qualsiasi periodo trascorso in stato di congelamento" non fornisce in effetti alcuna indicazione in relazione alla durata consentita. In Francia la legge 94-654 permette di congelare gli ovociti fecondati per un periodo di 5 anni. Entrambi i membri della coppia devono effettuare una richiesta scritta di conservazione e devono ribadire ogni anno la loro intenzione di divenire genitori (art. L. 152.3 Codice di sanità pubblica). La legge sul trattamento della sterilità, approvata nello stato del Victoria nel 1995, permette un prolungamento dei 5 anni generalmente consentiti, purché sia stato concesso un permesso scritto per il periodo massimo di 5 anni e l'autorità competente abbia approvato l'estensione (comma 52.4). In altri termini, se è stato dato il consenso al congelamento per un periodo inferiore ai 5 anni, non si potrà estendere la conservazione oltre il limite fissato originariamente. In Spagna il periodo di criopreservazione riconosciuto dalla 1. 35/1988 si riferisce ai preembrioni in soprannumero generati nel corso delle procedure di fecondazione in vitro e non trasferiti nell'utero (art. 11.3). La legge stabilisce inoltre che i preembrioni non richiesti dai donatori dopo 2 anni di conservazione siano messi a disposizione delle banche autorizzate (art. 11.4). lnfine, la legge sulla fecondazione umana e l'embriologia promulgata in Gran Bretagna nel 1990, tra le disposizioni relative alle autorizzazioni di conservazione, prescrive un periodo di conservazione degli embrioni non superiore a 5 anni, a meno che l'embrione non sia stato generato a partire da gameti conservati, nel qual caso, al massimo, esso potrà essere conservato per 15 anni (art. 14.4, allegato 2, par. 2.3). Il consiglio di sanità olandese ha suggerito (1997) un approccio più flessibile: "il periodo normale rimarrà fissato a 5 anni anche nella nuova normativa, ma potrà essere esteso a 10 anni su richiesta della coppia. Successivamente in casi speciali saranno possibili ulteriori estensioni di 2 anni".
L'ordinanza danese del 1994 stabilisce che gli ovociti fecondati non possono essere congelati per più di un anno, dopodiché devono essere distrutti. Tuttavia, la maggioranza del consiglio danese sarebbe favorevole a vietare la crioconservazione degli ovociti fecondati, in parte a causa della generale opposizione alla fecondazione in vitro, in parte a causa degli aspetti disumanizzanti delle operazioni di congelamento e scongelamento. lnfine, la legge norvegese del 1994 consente il congelamento degli embrioni per un periodo massimo di 3 anni (comma 2.12). Le note esplicative che accompagnano il testo giustificano la crioconservazione soltanto in quanto essa risparmierebbe alla donna lo stress di un'ulteriore stimolazione ormonale e di un eventuale intervento in caso di fallimento del primo tentativo terapeutico. Inoltre, un periodo di 3 anni renderebbe praticabile anche una seconda gravidanza che non dovrebbe quindi essere affrontata immediatamente dopo la prima nascita.
l paesi che proibiscono la deliberata creazione di embrioni in soprannumero rendono controverso, da un punto di vista teorico, il problema della conservazione degli ovociti fecondati (embrioni), considerando che durante un ciclo possono essere prelevati soltanto gli ovuli che si intende fecondare. Sebbene il congelamento e la conservazione degli embrioni siano proibiti a qualsiasi fine, molte delle leggi più restrittive accolgono però delle eccezioni in particolare nei casi di malattia.
In Svizzera, la costituzione federale ("soltanto il numero di ovociti che è possibile impiantare immediatamente" art. 24.2c), il disegno di legge relativo alla normativa federale concernente la fecondazione assistita ("soltanto gli ovociti fecondati necessari per indurre la gravidanza durante un solo ciclo, e in numero mai superiore a tre" art. 17.1), nonché le direttive etico-sanitarie ("in generale gli embrioni possono essere tenuti in vita soltanto per la durata della cura in atto" n. 10.3) sono tutti concordi nel proibire la conservazione degli embrioni in soprannumero. Tuttavia, sia il disegno di legge sia le direttive riconoscono che, nel caso in cui la coppia non possa procedere al trasferimento dell'embrione, è possibile in via eccezionale conservarlo, purché l'unico scopo della coppia sia con certezza l'impianto. Non vengono precisati limiti temporali specifici per la conservazione, ma nelle direttive si indica che la conservazione deve essere limitata a "un periodo opportunamente fissato e deve essere posta a termine, al più tardi, al decesso di uno dei componenti la coppia" (n. 10.3).
In Germania, la legge sulla tutela degli embrioni del 1990, mentre commina sanzioni a chiunque "effettui il trasferimento in una donna di oltre tre embrioni all'interno di un medesimo ciclo" (art. 1.1.3), permette anche ai medici di effettuare la "conservazione di un embrione umano" (art. 9.3) e ciò fa pensare che vi sia almeno una ristretta possibilità di ricorrere alla conservazione degli embrioni, ma non la deliberata intenzione di creare embrioni in soprannumero. Il rapporto olandese del 1997 sulla fecondazione in vitro prevede la possibilità di creare e conservare embrioni in soprannumero per uso dei genitori (p. 54). lnfine, negli Stati Uniti, l'Ethics committee of the american fertility society prevede la crioconservazione degli embrioni in soprannumero e ritiene che tale sistema di conservazione abbia "applicazioni di esito relativamente buono".
Tali diversità culturali seguitano ad apparire evidenti nell'affrontare il tema dell'anonimato.
Anonimato
Il problema dell'anonimato di una terza parte donatrice nelle tecniche di fecondazione assistita si concretizza nel dibattito tra il paradigma dell'anonimato assoluto (eccettuati forse i casi di necessità sanitaria) e l'insorgenza di un nuovo criterio, secondo il quale si ha "diritto a conoscere le proprie origini". Sebbene gran parte delle normative e raccomandazioni nazionali dei paesi considerati decreti il mantenimento dell'anonimato e la salvaguardia dell'identità del donatore, tale principio può essere scavalcato in caso di primarie necessità sanitarie.
In Canada, nel caso della fecondazione assistita, la Royal commission on new reproductive technologies ha prescritto che tutte le informazioni anagrafiche relative al donatore rimangano strettamente confidenziali (atti 88, 94 e 163). Inoltre, come ha stabilito anche la provincia del Quebec, la commissione ha riconosciuto il criterio di rendere accessibili le informazioni non anagrafiche, per cui le informazioni genetiche, sociali e sanitarie relative al donatore (tenute presso la National reproductive technologies commission) possono essere acquisite in qualsiasi momento dalle parti in causa, compreso il figlio. Soltanto eccezionalmente e in casi straordinari di necessità sanitaria, stabiliti dall'autorità giudizi aria, potranno essere divulgate informazioni nominative (atti 94i). Tali eventualità devono essere in realtà rare, in quanto la commissione ha sottolineato che, anche in caso di malattie ereditarie, non sarebbe solitamente necessario rilasciare informazioni anagrafiche. Il disegno di legge C-47 non affronta questo argomento poiché sui diritti civili in Canada legiferano le province, ma nei commenti esplicativi allegati si prevedeva di abrogare l'istituto dell'anonimato e di creare un registro nazionale dei donatori.
In modo simile, in Spagna la legge 35/1988 sulle tecniche di fecondazione assistita stabilisce che le donazioni siano anonime e che i particolari relativi all'identità del donatore siano "tenuti nel massimo segreto" (comma 5.5). Gli individui così generati hanno il diritto, personalmente o tramite un rappresentante legale, di ottenere informazioni generali e non anagrafi che sul donatore. ln circostanze straordinarie che "comportino un comprovato pericolo per la vita del figlio", è possibile svelare l'identità del donatore purché "detta rivelazione sia indispensabile per evitare il pericolo" (comma 5.5).
Anche l'Ethics committee ofthe american fertility society ritiene che l'anonimato debba essere mantenuto e, in modo simile, ha sottolineato che le informazioni anagrafiche dovrebbero essere rivelate soltanto in situazioni estreme (p. 44S). Tale comitato, come già detto, ha espresso l'opinione secondo la quale, anche se il mantenimento dell'anonimato potrebbe essere un obiettivo desiderabile, questo non dovrebbe d'altro canto precludere l'opzione di una donazione designata tra amici o parenti (p. 49S, 5lS), senza però approfondire ulteriormente la questione delle eventuali conseguenze dell'applicazione di un tale criterio sul benessere del figlio e sulle dinamiche familiari. Su questo argomento, nei Paesi Bassi il rapporto del 1997 sulla fecondazione in vitro mette in luce, senza prendere una posizione, la necessità di effettuare un'indagine sulle effettive conseguenze della donazione anonima contrapposta a quella non anonima. lnfine, anche in Francia, possono essere divulgate soltanto le informazioni non anagrafiche, sebbene nella legge 94-654 francese si dispongano, per i casi straordinari, eccezioni alla generale norma dell'anonimato per le coppie donatrici e riceventi (artt. L. 152.5 e L. 152.13 Codice di sanità pubblica in relazione alla donazione dell'embrione e L. 673-6 Codice di sanità pubblica in relazione alla donazione di gameti). Alcuni paesi non prevedono il mantenimento dell'anonimato del donatore. In tali casi, le informazioni anagrafiche possono essere rese pubbliche anche in assenza di necessità sanitaria. In Austria, a norma della legge federale sulla fecondazione assistita del 1992, il donatore non ha diritto all'anonimato. Un individuo nato con inseminazione da donatore può richiedere, dall'età di 14 anni, informazioni concernenti l'identità di questo, mentre le cliniche per la fertilità sono obbligate a tenere un archivio contenente in ordine nomi, luoghi e date di nascita, nazionalità, residenza, ecc., dei donatori (comma 20).
In Australia, la legge sul trattamento della sterilità, promulgata dallo stato del Victoria nel 1995, stabilisce che chiunque sia nato a seguito di una procedura di donazione può, al raggiungimento dei 18 anni, presentare una richiesta scritta alle autorità preposte, al fine di conoscere le informazioni registrate nell'archivio centrale, che possono rivelare sia i dati anagrafici sia quelli non anagrafici del donatore (commi 79 e 80). La legge inoltre prevede che, prima di rilasciare tali informazioni, si tenti nei modi opportuni di contattare il donatore. Anche il donatore può richiedere informazioni sull'individuo nato in conseguenza della sua donazione oppure sui genitori di tale individuo (purché siano soddisfatti gli opportuni requisiti relativi all'età e al consenso) senza limitazione a informazioni anagrafi che o meno (commi 76 e 77). In Svizzera, in conformità con l'art. 24g della costituzione, in cui si sancisce che "a ciascuno è garantito l'accesso alle informazioni relative ai propri genitori", il disegno di legge relativo alla normativa federale concernente la fecondazione assistita riconosce all'individuo, nato in seguito a donazione e che abbia raggiunto l'età di 16 anni, il diritto di ottenere informazioni anagrafi che sul donatore senza dover dimostrare necessità sanitarie. Il donatore deve venire informato di tale richiesta e, in caso egli rifiutasse di incontrarlo, il figlio verrebbe avvisato e informato dei propri diritti (comma 27.3). Inoltre, ove si presentasse una necessità giustificata, il figlio, senza alcun limite d'età, avrebbe diritto a conoscere tutte le informazioni (anagrafiche e non) relative al donatore (comma 27.2).
Infine, in Gran Bretagna, la legge sulla fecondazione umana e l'embriologia del 1990 fissa dei criteri restrittivi in relazione al diritto di accesso alle informazioni per chi è nato (o ritiene di essere nato) per mezzo di fecondazione assistita. La legge predispone la redazione di un archivio consensuale che riconosce a chiunque, compiuti i 18 anni, il diritto a richiedere e ottenere alcune informazioni relative al donatore oppure a questioni relative alla parentela ai fini di un matrimonio (comma 13.4). Perché l'autorità competente possa divulgare tali informazioni, l'archivio deve registrare che il richiedente è nato - ovvero potrebbe essere nato - in seguito a un trattamento di inseminazione e che egli ha avuto la possibilità di ricevere un'adeguata consulenza in merito alle implicazioni insorgenti dall'esaudimento della sua richiesta (comma 31.4). Nelle note esplicative della norma si legge che lo scopo dichiarato del governo è che tali informazioni non rivelino l'identità del donatore. In casi straordinari, tuttavia, potrà essere permessa la loro comunicazione (comma Il.8 Codice di attuazione).
Indipendentemente dai criteri applicati, tutti i paesi sonc concordi nell'affermare che non esiste legame filiale tra i donatore e il nato.
A conclusione di questa prima parte relativa agli aspett sanitari, risulta immediatamente evidente che, mentre s riscontra una certa omogeneità per quanto riguarda il tipe di problemi sollevati nei vari paesi presi in considerazione lo stesso non si può dire dell'effettiva soluzione di tal problemi nella pratica medica. In realtà, se è pur vero che in un'area in cui si interviene direttamente sulla 'produzione della vita, risulta essenziale stabilire con certezza ciò che può o non può essere offerto, a chi, in quali condizioni ee entro quali limiti (per non dire del benessere dell'individue che ne viene generato), paradossalmente le normative etico· legali sono talmente numerose da rischiare di minare i processo di consenso informato che si proponevano di realizzare! Forse ciò è dovuto alle nostre permanenti difficoltà nei riguardi delle nuove tecnologie di fecondazione, esse stesse in continua evoluzione, o forse si pensa che l'enumerazione dettagliata delle possibilità riuscirà a coprire tutte le circostanze reali e immaginabili, in modo tale da proteggere le parti in causa. Rimane inoltre da vedere se questo approccio non finirà anche per minare la responsabilità professionale e la libertà di giudizio. Soltanto l'esperienza nell'applicazione clinica e l'attuale eterogeneità delle interpre· tazioni dimostreranno se le diversità culturali soggiacent alle normative, così come sono tradotte in una giurisprudenza ufficiale più tollerante o più restrittiva, sono o meno significative.
Tali diversità culturali sono esacerbate e diventano ber più evidenti quando si affronta il controverso argomento della ricerca.
Posizioni nazionali: aspetti sperimentali
Zigoti ed embrioni disponibili in vitro
Il dibattito relativo alla ricerca su embrioni umani si impernia sul difficile problema di determinare in quale fase dello sviluppo si deve attribuire all'embrione umano lo status di individuo. Nei paesi che permettono la ricerca (non terapeutica) sull'embrione, per legge o in direttive e raccomandazioni, si sostiene che la ricerca, tra l'altro, dovrà servire allo sviluppo di nuovi approcci per la prevenzione delle malattie genetiche, dovrà contribuire ad accelerare il progresso delle tecniche di fecondazione assistita e della diagnosi preimpianto e dovrà essere d'aiuto nella comprensione della sterilità. Altri paesi ammettono soltanto la sperimentazione (terapeutica) sugli embrioni allo scopo di accrescere le possibilità di esito positivo nel loro impianto e nel loro sano sviluppo. Come si vedrà più avanti, ove tale ricerca è ammessa, essa deve essere effettuata sugli embrioni prima del quattordicesimo giorno dalla fecondazione.
In Canada, la Royal commission on new reproductive technologies ha approvato la ricerca su zigoti ed embrioni allo scopo, inter alia, di migliorare le terapie esistenti per favorire la fertilità e sviluppare nuove tecniche di fecondazione assistita, nonché per acquisire conoscenze nell'ambito della sterilità umana, scoprire e prevenire anomalie genetiche e cromosomiche negli esseri umani, studiare nuovi metodi contraccettivi e progredire nella conoscenza dello sviluppo umano e dei suoi disturbi (atti 183). La commissione ha tuttavia raccomandato che gli embrioni utilizzati nella sperimentazione non vengano trasferiti in utero fino al momento in cui le conoscenze ottenute non abbiano raggiunto la certezza che tali manipolazioni aumentano con buona probabilità la possibilità di concepire (atti 189). La normativa avrebbe richiesto il rilascio di una licenza ai laboratori che conducono tali ricerche, l'assicurazione che vengano fatte le opportune richieste per condurre test clinici e che si ottenga il consenso pienamente informato delle persone che hanno donato i gameti utilizzati per generare lo zigote (atti 186). Fatta eccezione per le pratiche generalmente proibite (v. oltre), il disegno di legge C-47 non avrebbe posto distinzioni tra sperimentazioni ammissibili e non ammissibili, ma avrebbe proibito, con sanzioni penali, la ricerca sull'embrione, eccettuati i casi nei quali venisse fornito il consenso da parte dei donatori di ovocita e seme.
In Gran Bretagna, la legge sulla fecondazione umana e l'embriologia del 1990 consente la sperimentazione sugli embrioni e prevede la concessione di licenze per la sperimentazione, purché il protocollo di ricerca si riferisca in linee generali a una delle categorie previste tra le finalità della ricerca (allegato 2, par. 3.2). Queste fmalità comprendono il progresso nella cura della sterilità (par. 3.2a), l'ampliamento delle conoscenze sulle cause degli aborti spontanei (par. 3.2c) e lo sviluppo di metodi più efficaci sia per la contraccezione (par. 3.2d), sia per la rilevazione della presenza di anomalie genetiche o cromosomiche negli embrioni prima dell'impianto (par. 3.2e). La legge inoltre dispone che la ricerca deve "incrementare le conoscenze sulla creazione e lo sviluppo dell'embrione o sulle malattie connesse, ovvero permettere l'applicazione di tali conoscenze" (allegato 2, par. 3.3). Le competenze assegnate dalla legge al rilascio delle licenze e alla supervisione garantiscono che le restrizioni delle ricerche ammissibili siano rispettate. Il codice deontologico redatto dalla Human fertilization and embryology authority fornisce ulteriori specificazioni (parte 10); esso dichiara che non possono essere concesse licenze per progetti di ricerca che implicano la scissione dell'embrione con l'intenzione di aumentare il numero degli embrioni che si intende trasferire (comma 10.5). Inoltre, "i centri dovranno sottoporre ciascun progetto di ricerca all'approvazione di un comitato etico adeguatamente costituito prima di richiedere la licenza a sperimentare" (comma 10.7) e infine "le proposte di ricerca che implicano l'uso di embrioni saranno sottoposte a revisione accademica da parte di un gruppo adeguato di giudici accademici scelti dall'ente" (comma 10.9).
La legge sul sistema di comitati etico-scientifici e sul trattamento di progetti di ricerca biomedica, promulgata in Danimarca nel 1992, consente la ricerca sugli embrioni purché sia stata concessa un'opportuna autorizzazione e lo scopo della ricerca sia quello di "migliorare le condizioni della fecondazione in vitro allo scopo di ottenere una gravidanza" (comma 14). Tale legge sancisce inoltre che gli embrioni utilizzati nella ricerca non possono essere trasferiti sulla donna a meno che il rischio di trasmissione di malattie ereditarie, difetti, deformità o simili sia nullo (comma 14.4). In Spagna, la legge 35/1988 sulle tecniche di fecondazione assistita consente la ricerca a scopi terapeutici (commi 15.1 e 15.2) e non (comma 15.3), ma in quest'ultimo caso l'embrione non deve essere "vitale" e si deve dimostrare che le prove su animali da laboratorio sono insufficienti per il protocollo sperimentale. In tutti i casi si richiede un'adeguata autorizzazione. Il rapporto del 1994 stilato dallo Human embryo research panel dell'NIH statunitense esprimeva l'opinione secondo la quale la ricerca sugli embrioni può essere effettuata purché sia stato stabilito che essa promette risultati scientifici o benefici clinici significativi e che non è possibile utilizzare animali o gameti non fecondati per soddisfare gli obiettivi della ricerca. Tra i progetti di ricerca considerati validi vi sono gli studi mirati all'incremento delle possibilità di portare a termine una gravidanza, all'esame del processo di fecondazione e di sviluppo dell'embrione, nonché allo studio delle malattie ereditarie.
Alcuni paesi consentono la sperimentazione su embrioni in soprannumero se l'obiettivo è diagnostico (terapeutico), cioè se la ricerca si pone lo scopo di determinare lo sviluppo o la vitalità dell'embrione ai fini dell'impianto. La legge sul trattamento della sterilità, promulgata dallo stato del Victoria in Australia nel 1995, consente la ricerca soltanto su quegli embrioni il cui sviluppo non è giunto fino alla singamia e che possono in seguito essere trasferiti nella donna (commi 24 e 25). La legge quindi proibisce tutte le sperimentazioni sugli embrioni che potrebbero risultare dannose per l'embrione stesso o ridurre la possibilità di una gravidanza (s. 24). In modo simile, in Austria, la legge federale sulla fecondazione assistita del 1992 permette l'esame e il trattamento di embrioni "vitali" se, tenuto conto dello stato attuale della scienza medica e dell'esperienza, tale operazione è necessaria per ottenere la gravidanza (comma 9.1). Infine - un'eccezione alla generale proibizione di tutta la sperimentazione sugli embrioni umani sancita nella normativa - la legge 94-654 francese permette l'esame degli embrioni in vitro purché vi sia uno scopo medico e l'embrione non venga danneggiato. La coppia che ha generato l'embrione deve fornire il consenso scritto e la commissione nazionale per la medicina, la biologia, la fecondazione e la diagnosi prenatale deve approvare l'esame (art. L. 152.8.7 Codice di sanità pubblica). In questo contesto lo studio deve tentare di determinare le possibilità che l'impianto dell'embrione dia buon esito ovvero contribuisca al progresso della fecondazione assistita, sebbene sia possibile effettuare ricerche più complete nel campo della diagnosi preimpianto (disegno di legge 27 maggio 1997, art. R.152.8.1). Si deve comunque far notare che questa limitata concessione alla ricerca sugli embrioni in soprannumero è in realtà piuttosto ristretta in quanto risulta molto difficile, se non impossibile, dimostrare che gli embrioni non verranno danneggiati. Infine, alcuni paesi vietano assolutamente tutte le sperimentazioni sugli embrioni. In tal senso, il prelievo, l'uso e lo sviluppo di embrioni generati a scopo di ricerca sono assolutamente proibiti in Germania dalla legge sulla tutela degli embrioni del 1990. Utilizzare un embrione umano per qualsiasi scopo diverso dalla conservazione viene considerato un abuso delle tecnologie di fecondazione, punibile con un'ammenda o con la reclusione (artt. 1.1.6 e 2). Anche la legge concernente l'applicazione delle biotecnologie in medicina promulgata in Norvegia nel 1994 preclude, senza eccezioni, qualsiasi tipo di ricerca sugli embrioni (comma 3.1) e lo stesso concetto è espresso, in Svizzera, dalla costituzione federale, dal disegno di legge relativo alla normativa federale concernente la fecondazione assistita e dalle direttive etico-sanitarie. Sebbene sia difficile distinguere tra gli embrioni che rimangono in soprannumero e quelli generati per uno scopo specifico, il problema degli embrioni deliberatamente generati a scopo sperimentale viene spesso considerato più controverso.
Embrioni creati a scopo esclusivamente sperimentale
Il vantaggio che deriva dall'autorizzazione a generare embrioni a scopo sperimentale consiste nel fatto che manipolando il processo della fecondazione è possibile comprenderne meglio alcuni aspetti particolari. Molti paesi permettono dunque la deliberata creazione di embrioni da destinare alla ricerca. La Royal commission canadese ha espresso la raccomandazione che "vengano generati zigoti a scopo sperimentale soltanto se i gameti da destinare a questo uso sono disponibili senza dover applicare ulteriori procedure invasive" (atti 188). Per poter meglio definire tale ricerca, la commissione ha posto le seguenti condizioni: i donatori dei gameti devono dare il proprio consenso informato prima della donazione, l'obiettivo scientifico della ricerca non deve essere raggiungibile per mezzo di studi su embrioni animali o su linee cellulari, gli ovociti ottenuti non devono essere stati prelevati specificamente per i soli scopi sperimentali, l'obiettivo della ricerca deve andare a beneficio della salute umana e non del profitto commerciale e infine la ricerca deve essere svolta in un laboratorio autorizzato. In Gran Bretagna, la norma contenuta nella legge sulla fecondazione umana e l'embriologia del 1990, che autorizza la ricerca sugli embrioni, autorizza allo stesso modo anche la creazione deliberata di embrioni a scopo sperimentale (allegato 2, par. 3). Come già indicato sopra, tale ricerca è possibile purché soddisfi uno degli scopi elencati (par. 3.2) e i requisiti posti dal Codice deontologico (parte 10). Da ultimo, anche il rapporto dell'NIH statunitense relativo alla ricerca sull'embrione umano, pubblicato nel 1994, consente di creare embrioni destinati esclusivamente a scopi sperimentali se la ricerca non può essere condotta in altro modo e tale produzione di embrioni è necessaria per confermare gli studi e "il valore scientifico e terapeutico potenzialmente rilevante" che si ritiene di ricavarne. Infine, la maggior parte delle raccomandazioni e delle normative giuridiche non solo vietano la deliberata creazione di embrioni a scopo sperimentale, ma prevedono sanzioni penali per chi lo faccia. Il disegno di legge C-47, cioè la proposta di legge sulle tecniche genetiche e la riproduzione umana presentata al parlamento canadese nel 1996, a differenza delle raccomandazioni della Royal commission riportate sopra, prevede sanzioni penali per la creazione di embrioni a scopo sperimentale, decretando che "nessuno tenterà scientemente di praticare la fecondazione di un ovulo al di fuori del corpo umano per scopi di ricerca" (art. 4.1k). In modo simile, la 1. 94-654 francese esclude il concepimento in vitro di embrioni umani a scopo di studio, ricerca o sperimentazione e stabilisce una pena massima di 7 anni di reclusione o un'ammenda in caso di violazione (art. L. 151.18 Codice penale).
Con la sanzione di un periodo di reclusione fino a 3 anni o un'ammenda, la legge tedesca sulla tutela degli embrioni del 1990 punisce chiunque si renda responsabile dello sviluppo in vitro (extracorporeo) di un embrione umano finalizzato a qualsiasi scopo diverso da quello di ottenere una gravidanza (art. 2.2). Resta da vedere se la ricerca relativa al raggiungimento di esiti positivi nella gravidanza potrà scavalcare questa disposizione. Infine, in Svizzera, sia il disegno di legge in questione sia le direttive etico-sanitarie specifiche proibiscono la creazione di embrioni a scopo sperimentale. Il disegno di legge dispone la reclusione per chiunque produca un embrione a scopi diversi dall'induzione della gravidanza (art. 29.1), mentre le direttive stabiliscono che un medico si deve astenere dalla collaborazione nella creazione artificiosa di embrioni a fini estranei alla fecondazione (n. 12.1).
Restrizioni di carattere temporale
Nei paesi in cui la ricerca è permessa vengono però indicate esplicitamente restrizioni di carattere temporale. Nonostante le differenze terminologiche, la ricerca autorizzata viene limitata ai primi quattordici giorni dello sviluppo a partire dalla fecondazione. Oltre tale periodo (che si approssima a quello necessario per l'impianto), la sperimentazione è proibita e qualsiasi embrione utilizzato deve essere distrutto. Per esempio, la legge sulla fecondazione umana e l'embriologia emanata nel 1990 in Gran Bretagna (comma 3.3a) e il rapporto dell'NIH statunitense fanno entrambi riferimento alla proibizione della ricerca dopo "la comparsa della linea primitiva", che avviene non più tardi del quattordicesimo giorno dopo l'unione dei gameti. In Australia, la legge sul trattamento della sterilità, promulgata dallo stato del Victoria nel 1995, utilizzando termini leggermente diversi, stabilisce che, se viene utilizzato uno zigote, la ricerca dovrà arrestarsi prima della singamia (comma 26). Oltre alla proibizione delle sperimentazioni sugli embrioni dopo il quattordicesimo giorno, altre pratiche sono state espressamente vietate dalla giurisdizione in materia.
Pratiche vietate
In genere, i paesi presi in esame elencano le pratiche sperimentali per le quali in nessun caso si potrebbe autorizzare la ricerca. La maggior parte di essi proibisce interventi sulla linea germinale, ossia l'alterazione della costituzione genetica delle cellule riproduttive in modo tale da permetterne la trasmissione, poiché tali modificazioni influirebbero in definitiva sul patrimonio genetico dei discendenti. A questa tendenza si allineano l'Austria, con la legge federale sulla fecondazione assistita del 1992 (comma 9.2), l'Australia, con la legge sul trattamento della sterilità del 1995 (comma 39.1), il Canada, con il disegno di legge C-4 7, proposta di legge sulle tecniche genetiche e di riproduzione umana del 1996 (art. 4.1), la Francia, con l'art. L. 152.8.1 Codice di sanità pubblica, la Germania, con la legge sulla tutela degli embrioni del 1990 (art. 5.1), la Norvegia, con la legge concernente l'applicazione della biotecnologia in medicina (comma 7.1), la Svizzera, con il comma 24 novies della costituzione federale del 29 maggio 1874 e con il disegno di legge relativo alla normativa federale concernente la fecondazione assistita (art. 35), la Gran Bretagna, con la legge sulla fecondazione umana e l'embriologia del 1990 (allegato 2, par. 3.4).
È interessante notare come la legge sulla fecondazione umana e l'embriologia, emanata in Gran Bretagna nel 1990, consenta un'eccezione a questo divieto nelle circostanze (se esistono) specificate dal dispositivo di attuazione (allegato 2, par. 3.4; art. 10.4 Codice deontologico). Infine, il rapporto dell'NIH del 1994 negli Stati Uniti, considerando la terapia della linea germinale una procedura di particolare delicatezza, ha stabilito di esprimere "un parere presuntivamente negativo nei confronti del finanziamento di tali ricerche nel futuro prossimo", facendo notare tuttavia che tale parere potrebbe essere ribaltato se fosse dimostrato un merito scientifico e terapeutico straordinario.
Sebbene i progressi dell'applicazione di alcune tecniche sperimentate sugli animali possano contribuire alla cura della sterilità, tutti i paesi presi in esame, ossia Australia (comma 45), Canada (Royal commission, atti 184, disegno di legge C47, art. 4.1), Danimarca (comma 15.4), Germania (comma 7.1.3), Svizzera (costituzione comma 24), Gran Bretagna (commi 3.2 e 3) e Stati Uniti, bandiscono la fusione di gameti umani e animali e gli esperimenti il cui scopo è rendere possibile la gestazione di embrioni umani nell 'utero di altre specie. Tuttavia, si deve notare che in Spagna (legge 35/1988, comma 14.4), in Gran Bretagna (legge sulla fecondazione umana e l'embriologia, allegato 2, par. 3.5) e negli Stati Uniti secondo l'NIH si consente di praticare la prova detta test del criceto. Questo test permette di studiare la costituzione cromosomica del seme e quindi aiuta a determinare il contributo della parte maschile alle anomalie genetiche e alla sterilità. La pratica di tale test potrebbe essere estesa ad altri animali se si scoprisse che essi sono fonte adeguata per la verifica. Molti paesi proibiscono esplicitamente la clonazione umana. Questa può essere ottenuta sia per divisione sia per separazione (gameti fecondati) dell'embrione, oppure con la recente tecnica detta di Dolly (gameti non fecondati), ossia per trapianto di nucleo in ovocita denucleato. In Australia, la legge sul trattamento della sterilità, promulgata nello stato del Victoria nel 1995 , proibisce la clonazione, che viene definita come "la formazione, al di fuori del corpo umano, di un embrione umano geneticamente identico a un altro embrione o individuo" (art. 3). Allo stesso modo in Germania, la legge sulla tutela degli embrioni del 1990 proibisce di "provocare artificialmente lo sviluppo di un embrione umano che possieda lo stesso patrimonio genetico di un altro embrione, di un feto, di un essere umano vivente o deceduto" (art. 6.1). La legge sulla fecondazione umana e l'embriologia, emanata in Gran Bretagna nel 1990, vieta "la sostituzione del nucleo cellulare di un embrione con un nucleo prelevato da una cellula di un altro embrione, individuo o fase successiva dello sviluppo di un embrione" (art. 3.3d). Sebbene lo scopo di questi paesi sia proibire la clonazione umana, non è chiaro se quest'ultima definizione comprenda la tecnica di Dolly. Al contrario, la legge 503 (comma 15.1) danese, il Codice civile francese (art. 16-4) e la legge 35/1988 (comma 20.2.Bk) spagnola proibiscono in generale la ricerca sulla creazione o la produzione di "esseri umani geneticamente identici". Questa formulazione può intendersi in senso abbastanza vasto da comprendere la proibizione di entrambe le forme di clonazione poiché si concentra sui risultati piuttosto che sulla tecnica utilizzata. Inoltre, molti paesi, in particolar modo Canada, Germania, Spagna, Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti, proibiscono anche le ricerche connesse alla generazione di chimere, alla partenogenesi (creazione di uno zigote esclusivamente dal gamete femminile) e alla ectogenesi (sviluppo di un feto fino alla fase di vitalità al di fuori dell'utero, in un grembo artificiale) considerando non eticamente sostenibili e moralmente reprensibili tali manipolazioni.
Tra le altre pratiche proibite si notano l'uso della mescolanza di seme originato da individui diversi per gli scopi della fecondazione assistita (Austria e Canada) e le procedure che prevedono il prelievo dell'ovocita o del seme dal feto o da cadavere con l'intenzione di lasciar maturare l'ovulo al di fuori del corpo umano per poi fecondarlo e impiantarlo nella donna (Australia e Canada).
Diagnosi preimpianto
La diagnosi preimpianto - tuttora in larga misura in fase sperimentale - si prefigge in parte lo scopo di scoprire se gli embrioni siano soggetti a malattie ereditarie. La maggior parte dei paesi presi in considerazione proibisce la diagnosi genetica preimpianto finalizzata alla selezione del sesso del nascituro, ma di per sé tali procedure possono essere utilizzate non solo per la selezione del sesso. Tuttavia, in caso fosse necessario che il nascituro sia di un sesso piuttosto che dell'altro per evitare il rischio di trasmissione di una anomalia genetica o di una malattia, allora la diagnosi preimpianto degli embrioni può essere ritenuta accettabile.
Seguendo questo criterio, in Canada la Royal commission on new reproductive technologies ha raccomandato che le richieste di diagnosi preimpianto destinate alla predeterminazione del sesso di un embrione per motivi non sanitari siano negate (atti 265). La commissione ha espresso l'opinione secondo la quale un tale uso "[traviserebbe] il ruolo della diagnosi preimpianto, che è quello di evidenziare la presenza di gravi malattie genetiche in una fase molto precoce dello sviluppo dello zigote" (art. 906). Peraltro, opporre un rifiuto al trasferimento di uno zigote soltanto sulla base del suo sesso è stato ritenuto incoerente con i principi del rispetto della dignità e della vita umana. La legge 35/ 1988 spagnola proibisce per lo stesso motivo la selezione del sesso a scopo non terapeutico (comma 20.2.Bn) e lo stesso è stabilito anche in Svizzera nel disegno di legge relativo alla normativa federale concernente la fecondazione assistita (art. 33) e nelle direttive etico-sanitarie (n. 12.3).
La legge tedesca sulla tutela degli embrioni del 1990 proibisce la selezione del sesso eccettuati i casi in cui "la selezione di uno spermatozoo effettuata a opera di un medico sia intesa a prevenire l'insorgere nel nascituro della distrofia muscolare (forma di Duchenne) o di un'altra grave malattia ereditaria legata al sesso" (comma 3). Si tratta di una posizione interessante dal punto di vista della selezione eugenetica, considerato che in Germania è proibita la donazione degli embrioni sulla base del rispetto per la vita dell'embrione. In Norvegia, la legge concernente l'applicazione delle biotecnologie in medicina proibisce l'esame di un embrione se effettuato al solo scopo di determinare il sesso del nascituro (comma 4.3), ma ammette la diagnosi preimpianto in caso di malattie ereditarie incurabili connesse al sesso (comma 4.2).
L'Ethics committee of the american fertility society ha ritenuto controversa la questione relativa all'uso della selezione del sesso per scopi non sanitari (cioè, per equilibrare la composizione della famiglia). Il Committee ha sottolineato che "potrebbe essere prematuro dichiarare che assolutamente non esistono circostanze in cui sarebbe possibile utilizzare la selezione del sesso, al di là delle tecniche messe in atto per ottenere questo scopo" (p. 66S). A parte la selezione del sesso, il Committee ha consigliato l'uso della diagnosi preimpianto per prevenire le malattie ereditarie "che causano un grave danno per quanto riguarda la qualità della vita umana o la longevità" (p. 66S).
In questo contesto, la legge 94-654 francese stabilisce che la diagnosi preimpianto può essere consentita in casi eccezionali qualora un medico attesti che la coppia ha forti probabilità di dar vita a un figlio affetto da una grave malattia genetica di cui sia accertata l'incurabilità dal momento della diagnosi, ma la vieta per determinare il sesso del nascituro. La singola o molteplice anomalia di uno dei genitori deve essere identificata con precisione e la coppia deve fornire il proprio consenso scritto a usare tale tecnica (art. L. 162.17 Codice di sanità pubblica).
La legge 35/1988 promulgata in Spagna fa riferimento a interventi diagnostici e terapeutici in vitro su preembrioni vivi. Tale normativa dispone che, agli scopi diagnostici, l'intervento "non potrà avere altra finalità che la valutazione della vitalità o la rilevazione di malattie ereditarie al fine di sconsigliare il suo trasferimento" (comma 12.1). A scopi terapeutici, secondo la legge l'intervento "non avrà altra finalità che curare una malattia o impedire la sua trasmissione con garanzie di successo ragionevoli e verificate" (comma 13.1).
Infine, riferendosi alla diagnosi preimpianto, la legge sulla fecondazione umana e l'embriologia, emanata in Gran Bretagna nel 1990, fa riferimento a finalità terapeutiche e sperimentali. Per quanto riguarda i fmi terapeutici, è possibile emettere un'autorizzazione per le "pratiche destinate a garantire che gli embrioni siano in condizioni adeguate per essere impiantati nella donna ovvero a determinare se gli embrioni siano effettivamente adatti a tale scopo" (allegato 2, par. 1.1d). In riferimento a questo argomento, il dibattito pubblico ha fatto sì che la legge proibisse la diagnosi preimpianto allo scopo di selezionare il sesso e inserisse tale divieto in qualità di condizione necessaria per concedere le autorizzazioni ai laboratori. Per quanto riguarda i fini sperimentali, può essere richiesta un'autorizzazione per ricercare "metodi per la rilevazione della presenza di anomalie geni che o cromosomiche negli embrioni prima del loro impianto" (allegato 2, par. 3.2e).
Conclusioni
La legislazione internazionale afferma l'importanza di proteggere sia gli esseri umani sia il materiale genetico umano. Nonostante tali direttive giuridiche, le discrepanze a livello nazionale sottolineano la difficoltà di regolare la realizzazione e l'uso delle tecniche emergenti in materia di fecondazione assistita. Le differenze sono dovute senza dubbio ad approcci culturalmente diversi e alle differenti politiche sociali che devono stabilire un equilibrio tra il progresso scientifico e la dignità umana. In questo saggio, abbiamo illustrato un ampio spettro di criteri, dai più restrittivi (Austria, Germania) ai più liberali (Gran Bretagna). È la natura stessa della fecondazione assistita e della ricerca sugli embrioni a mostrare chiaramente che una normativa, in certa misura, è necessaria. Il settore della ricerca sugli embrioni, inoltre, dovrà essere necessariamente sottoposto a un esame critico e a un controllo aggiuntivi da parte degli organi legislativi. L'embrione 'esposto' è particolarmente vulnerabile e la manipolazione o la selezione vengono fortemente limitate, se non proibite completamente, per garantire che la possibilità di accesso a queste tecniche non porti poi all'attuazione di pratiche eugenetiche. Sebbene le tecniche moralmente inaccettabili, quali la creazione di chimere, siano bandite, la diagnosi preimpianto resta una zona di compromesso in cui ci si trova di fronte alla difficile scelta di iniziare una gravidanza a rischio per dover poi affrontare l'ulteriore scelta di un eventuale aborto più tardi, quando la gravidanza è ormai avanzata. Chi dovrebbe portare questo carico, la gestante o l'embrione allo stadio di preimpianto? Le diverse scale di valori nei diversi paesi si rispecchiano nella gamma, ristretta o ampia, delle scelte offerte. Non è certo se i vari approcci verranno modificati in rapporto al progredire delle tecniche e all'accumulo delle conoscenze. Ciò che rimane da stabilire è se il meccanismo di regolazione che serve a garantire la dignità umana debba imporre un divieto punibile con la pena ovvero se siano sufficienti direttive pragmatiche e più flessibili.
Ringraziamenti
Gli autori desiderano ringraziare Sonia Le Bris per gli esperti consigli e Michelle Laflanune per la preziosa assistenza.
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