La fecondazione eterologa
Con ordinanza 7.6.2012, n. 150, la Corte costituzionale ha disposto la restituzione degli atti ai tribunali di Firenze, Catania e Milano, affinché i giudici rimettenti, alla luce della sopravvenuta sentenza della Grande Camera del 3.11.2011, S.H. e altri c. Austria, procedano ad un rinnovato esame dei termini delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, co. 3, dell’art. 9, co.1 e 3, e dell’art. 12, co. 1, l. 19.2.2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita)1.
I rimettenti avevano posto questione di legittimità costituzionale delle norme dinanzi indicate in riferimento all’art. 117, co. 1, Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 della CEDU, «nell’interpretazione offertane dalla Corte di Strasburgo» con la sentenza della Prima sezione 1.4.2010, S.H. e altri c. Austria. I tribunali a quibus radicavano la violazione dell’indicato parametro costituzionale, stando alla lettura della norma convenzionale così data dalla Corte di Strasburgo, per la quale l’ampio margine di discrezionalità spettante agli Stati nella materia della procreazione medicalmente assistita non sottrae la relativa regolamentazione dal dovere di essere coerente e di considerare adeguatamente i differenti interessi coinvolti, con conseguente irragionevolezza del divieto assoluto delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) di tipo eterologo e trasgressione degli artt. 8 e 14 della CEDU. Tale divieto, in specie, non si rivelerebbe l’unico mezzo possibile per evitare il rischio di sfruttamenti e di abusi, o per impedire parentele atipiche, né sussisterebbe un diritto assoluto del bambino a conoscere la sua discendenza effettiva.
La Corte costituzionale, nell’ordinanza n. 150/2012, ha quindi ricordato come, successivamente alle ordinanze di rimessione, la Grande Camera della corte di Strasburgo con la sentenza 3.11.2011, S.H. e altri c. Austria, si sia tuttavia pronunciata diversamente sul principio enunciato con la sentenza 1.4.2010 della Prima Sezione richiamata, al fine di identificare il contenuto delle norme della CEDU ritenute lese dalle disposizioni censurate. In particolare, la Grande Camera, dopo avere osservato che ad essa non spetta «considerare se il divieto della donazione di sperma e ovuli in questione sarebbe o meno giustificato dalla Convenzione», ma spetta, invece, decidere «se tali divieti fossero giustificati», ha affermato che «il legislatore austriaco non ha all’epoca ecceduto il margine di discrezionalità concessogli né per quanto riguarda il divieto di donazione di ovuli ai fini della procreazione artificiale né per quanto riguarda il divieto di donazione di sperma per la fecondazione in vitro» ed ha escluso la denunciata violazione dell’art. 8 CEDU, reputando che non vi fosse «alcuna ragione di esaminare separatamente i medesimi fatti dal punto di vista dell’articolo 14 in combinato disposto con l’ articolo 8 della Convenzione».
Ha perciò evidenziato l’ordinanza n. 150/2012 che tale diversa pronuncia della Grande Camera del 3.11.2011 finisce per incidere sul significato delle norme convenzionali considerate dai giudici rimettenti, influendo direttamente sulla questione di legittimità costituzionale così come proposta, ed ha perciò sollecitato i tribunali a quibus ad un nuovo esame.
Le ordinanze di rimessione, dunque, traevano fondamento dalla citata sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo 1.4.2010, n. 57813/20002, che aveva riconosciuto il contrasto della norma austriaca in materia di procreazione medicalmente assistita (nella parte in cui la stessa vieta l’utilizzo di gameti femminili esterni alla coppia per l’espletamento di una procedura di fecondazione eterologa, così come vieta l’utilizzo di gameti maschili esterni alla coppia per l’espletamento di una procedura di fecondazione eterologa in vitro, mentre lo consente per il caso di fecondazione eterologa in vivo) con la CEDU, ed in particolare con i principi della tutela della vita privata da interferenze della pubblica autorità (art. 8) e con il divieto di discriminazioni irragionevoli (art. 14).
Di seguito, tuttavia, come visto, la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’ uomo, con sentenza 3.11.2011 n. 57813/003, ha difformemente deciso che agli Stati parti della CEDU va comunque fatto salvo il diritto di scegliere la disciplina interna per l’accesso alla procreazione assistita di tipo eterologo, sia pur alla luce delle evoluzioni dalla scienza medica. Ciò ha indotto ad escludere la violazione degli art. 8 e 14 CEDU ad opera della normativa interna che, pur interferendo con il diritto al rispetto della vita privata e familiare degli aspiranti genitori, vieta il ricorso ad alcune forme di fecondazione eterologa, ponderando argomenti di carattere etico e giuridico.
Dietro il tema della “fecondazione eterologa”4, e, cioè, delle tecniche di procreazione medicalmente assistita che utilizzino materiale genetico proveniente da soggetti estranei alla coppia (e del divieto posto dall’art. 4, co. 3, l. n. 40/2004), si nasconde, in realtà, un dibattito ben più ampio. I profili affrontati spaziano, invero, fino al rilievo della questione di legittimità costituzionale delle norme interne in contrasto con le norme della CEDU in riferimento all’art. 117, co. 1, Cost., assumendo la Convenzione europea tuttora efficacia non di normativa comunitaria, ma di vincolo imposto al legislatore derivante da obblighi internazionali5. La questione di legittimità del divieto italiano di fecondazione eterologa ha investito, così, la Corte costituzionale del ruolo di giudice non (soltanto) delle leggi, ma (anche) dei diritti6.
Centrale risulta poi l’aspetto, ancor più complesso, dei limiti della potestà legislativa statale con riguardo alla libertà inviolabile della persona di vivere il momento della procreazione o, più ampiamente, della genitorialità7: correlandosi alle limitazioni riguardanti la possibilità di decidere della propria vita, contraddittoriamente frapposte dai diversi ordinamenti statuali, soprattutto nell’ambito dell’Europa, il deprecabile fenomeno del “turismo dei diritti”, che avvantaggia unicamente pochi gruppi di privilegiati. Riemerge, ancora, il rifiuto di concezioni etiche eteroimposte concernenti la famiglia e la relazione di coppia8.
C’è, inoltre, il rilievo da assicurare, nella particolare materia dei rapporti familiari, ai doveri di buona fede e correttezza intesi come sinonimo della solidarietà e del reciproco affidamento, a fronte del consenso preventivo prestato dal marito alla fecondazione assistita eterologa attuata dalla moglie, ed in relazione alle conseguenze sull’azione per il disconoscimento della paternità9. Investe, infine, la questione in esame altresì il tema dell’essenza della genitorialità, della sussistenza, cioè, di un nesso davvero irrinunciabile che vorrebbe legare la stessa all’impulso della trasmissione del materiale genetico, ovvero della possibilità di ravvisarne il fondamento, piuttosto, nella volontà e nella responsabilità. Si oppone ancora oggi che nel nostro ordinamento non c’è cittadinanza per l’inseminazione eterologa, come non esiste un diritto assoluto alla procreazione positiva, costituzionalmente garantito. O, meglio, un diritto di procreare potrebbe pure dirsi protetto dall’art. 2 Cost., ma sempre che esso si realizzi nell’ambito di una vicenda naturale, e non artificiale10.
Cosa sarebbe, allora, il frutto umano di una fecondazione eterologa? Un essere vizioso, come ogni specie di contronatura? O forse il provento di un desiderio illegittimo ed incontrollato, come il mangiare la carne degli animali, espediente parimenti contro natura, cui per fame, secondo Plutarco, fecero ricorso i primi uomini.
1 Trib. Firenze,ord. 6.9.2010, Trib. Catania, ord. 21.10.2010 e Trib. Milano, ord. 2.2.2011, in Fam. dir., 2010, 1135 ss., con nota di Salanitro, U., Fecondazione eterologa: la parola alla consulta; in Giur. mer., 2011, 2, 381 ss., con nota di Dell’Utri, M., La fecondazione eterologa nel sistema dei diritti fondamentali; in Dir. fam., 2011, 1, 40 ss., con nota di d’Avack, L., Sulla procreazione medicalmente assistita eterologa: il Tribunale di Firenze e quello di Catania rinviano la questione alla Corte Costituzionale, in Riv. ital. dir. proc. pen., 2010, 1425 ss., con nota di Dolcini, E., Strasburgo-Firenze-Roma: il divieto di fecondazione eterologa si avvia al capolinea?
2 In Europa e dir. priv., 2010, 1219, con nota di Cerri.
3 In Foro it., 2012, 5, IV, 209, con nota di Nicosia.
4 Su cui si vedano anche Borrello, F., Alcune riflessioni sulla disciplina della procreazione eterologa, in Fam. dir., 2010, 947 ss.; Liberali, B., Sulla legittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa, in Nuova giur. civ. comm., 2010, 774 ss.
5 In proposito, si rinvia a Dell’Utri, M., La fecondazione eterologa nel sistema dei diritti fondamentali, cit, 40 ss. Va qui menzionato altresì l’arrêt 28.8.2012 n. 54270/10 della Corte di Strasburgo, che ha ravvisato la violazione dell’art. 8 CEDU nel sistema posto dalla medesima legge italiana n. 20/2004, con cui si limita l’accesso alla diagnosi preimpianto, sistema ritenuto sproporzionato per le sue ingerenze nel diritto individuale al rispetto della vita privata e familiare.
6 In proposito, cfr. Bartoli, R., La totale irrazionalità di un divieto assoluto. Considerazioni a margine del divieto di procreazione medicalmente assistita eterologa, in Riv. it. dir. proc. pen. 2011, 90 ss.; e, di lì, Zagrebelsky, G., La Corte costituzionale italiana, in Come decidono le Corti costituzionali (e altre Corti), a cura di P. Pasquino, B. Randazzo, Milano, 2009, 59 ss.
7 Che è poi il discorso eterno dei limiti del diritto e del percorso tra diritto e non diritto: Rodotà, S., La vita e le regole, Milano 2009, 9 ss.
8 Su cui Dolcini, E., Strasburgo-Firenze-Roma: il divieto di fecondazione eterologa si avvia al capolinea?, cit., 1425 ss., e già Ferrando, G., La nuova legge in materia di procreazione medicalmente assistita: perplessità e critiche, in Corr. giur., 2004, 810.
9 Aspetto in ordine al quale si vedano, da un lato, C. cost., 26.9.1998, n. 347, con particolare attenzione al commento di Morelli, M.R., Ancora una nuova tipologia di decisione costituzionale: la «interpretativa di inammissibilità” (A proposito della sentenza n. 347 del 1998, sulla azione di disconoscimento di figlio nato mediante inseminazione eterologa), in Giust. civ., 1998, 10, 2409 ss.; nonché Cass. 16.3.1999, n. 2315, in Giust. civ., 1999, I, 1317; e dall’altro, però, l’art. 9, co. 1, l. n. 40/2004, nonché, di recente, Cass. 11.7.2012, n. 11644.
10 d’Avack, L., Sulla procreazione medicalmente assistita eterologa: il Tribunale di Firenze e quello di Catania rinviano la questione alla Corte Costituzionale, cit., 40 ss.