La figura di Costantino nei Caesares di Giuliano l’Apostata
Costantino si pone come punto di convergenza di interpretazioni opposte1. Nella complessità della valutazione si inserisce, come una delle prime voci, Giuliano l’Apostata con la sua interpretazione della personalità dello zio. L’incisività della delineazione e l’essere la prima fonte ostile a Costantino rendono l’opera di Giuliano imprenscindibile per tutta la formazione della tradizione pagana. La storiografia pagana del IV secolo mostra, tra le diverse voci, alcuni punti di contatto che hanno portato a postulare l’ipotesi di una fonte comune2. Tale tradizione storiografica3 tende a ripartire in diverse fasi il regno di Costantino4. L’ultima fase, tratteggiata in modo negativo, è posta in correlazione con la vittoria su Licinio e i delitti familiari: da questo momento sarebbe avvenuto un mutamento nella condotta dell’imperatore, che si può ben riassumere nell’epigrafico giudizio eutropiano «Verum insolentia rerum secundarum aliquantum Constantinus ex illa favorabili animi docilitate mutavit. [...] Vir primo imperii tempore optimis principibus, ultimo mediis conparandus»5.
Il Breviarium, del 370 d.C., collega il mutamento nella condotta dell’imperatore a una data precisa, il 326, e ad avvenimenti determinati quali l’eliminazione del rivale Licinio e l’uccisione dei familiari; non esplicita però l’adesione dell’imperatore alla nuova fede né fa riferimento a un bisogno di purificazione6.
Di contro a questo silenzio, vi è una tradizione storiografica, confluita in Zosimo, che si fonda sul tema dell’eliminazione di Licinio e dei delitti familiari non solo per mostrare un cambiamento nella condotta di Costantino, che da optimus princeps diventava medius, ma anche per farne esplicito argomento di polemica anticristiana, collegando con tali episodi e con tale data il momento della ‘conversione’ dell’imperatore al cristianesimo, motivata dal bisogno di purificazione.
Questo riferimento al bisogno di purificazione come motivo dell’adesione al cristianesimo ha la sua più antica attestazione nei Caesares di Giuliano7.
Nella presentazione di Costantino nei Caesares, infatti, si possono distinguere due parti: la prima riguarda la condotta politica di Costantino8. La seconda parte riguarda la ‘conversione’ dell’imperatore. Costantino nelle pagine di Giuliano è descritto come un cattivo imperatore in cerca di divinità che potessero divenire ἀρχέτυπα τοῦ βίου. Nella sua ricerca, Costantino trova la Τρυφή e la Άσωτία, e infine viene attratto da Gesù, che con il battesimo prometteva la purificazione da ogni colpa a tutti i malfattori9. L’intento dello stesso Giuliano è quello di additare in Costantino il peggiore degli imperatori fino ad allora succedutisi e di indicare nel cristianesimo e nell’adesione a questa religione da parte di un imperatore empio la causa dei mali dell’Impero.
Egli non adotta la scansione in due periodi, propria della tradizione pagana, ma dà una lettura negativa radicale di tutto l’operato di Costantino. Le campagne contro Massenzio e Licinio, così come quelle contro i barbari, sono giardini di Adone10, vuote pretese di grandezza; la politica fiscale è caratterizzata dall’avidità e dallo spreco11; la scelta del cristianesimo è motivata da una somma di delitti per i quali impunità gli è garantita dal battesimo e dalla penitenza cristiana12. Giuliano non fissa nessun momento di svolta e non offre elementi per una cronologia. Si limita a contrapporre i modelli positivi a cui egli si ispira, in primo luogo Marco Aurelio, al modello da respingere, che è rappresentato, appunto, da Costantino.
Giuliano, infatti, nella seconda parte del suo giudizio su Costantino si concentra sulla ‘conversione’ dell’imperatore: guidato da Τρυφή e Άσωτία assunti come archetipi della vita, egli trova Gesù. La polemica a livello ideologico è chiara: sono i vitia a condurre l’imperatore alla fede cristiana. Costantino dedito alla Mollezza e alla Prodigalità era in un certo senso ‘incline’ al cristianesimo, visto come religione degli empi.
Gesù è raffigurato mentre invita al battesimo i peggiori tra gli uomini: «chiunque, seduttore, omicida, sacrilego e infame, venga con coraggio; bagnandolo con l’acqua ecco che io lo renderò subito puro e, se egli ricade negli stessi errori, quando si sarà percosso il petto e battuta la testa, io gli accorderò di ridiventare puro»13. Le parole che Giuliano fa pronunciare a Gesù promettono a chi si converta il perdono dei peccati commessi attraverso il battesimo («bagnandolo con l’acqua ecco che io lo renderò subito puro») e la possibilità di espiare le colpe che si commetteranno anche in seguito attraverso la penitenza («e, se egli ricade negli stessi errori, quando si sarà percosso il petto e battuta la testa, io gli accorderò di ridiventare puro»): questo a dire che una volta diventati cristiani si poteva sempre peccare. A tali parole Costantino accorre, conducendo con sé i figli, ma essi sono perseguitati dai demoni della vendetta a causa della loro ἀθεότης e per le uccisioni di familiari14.
Solo un profondo conoscitore della dottrina cristiana poteva fare un riferimento così preciso e solo uno spirito sdegnato per le efferatezze compiute, quali l’uccisione del padre nel 337 determinata da Costanzo II, poteva indicare nella dottrina del perdono cristiano un salvacondotto per i delitti peggiori, inespiabili nella religione tradizionale. Il riferimento al battesimo come modo di purificazione dai crimini commessi è il punto discriminante di Giuliano rispetto alla tradizione pagana. Per Giuliano non c’è periodizzazione, non c’è frattura nel regno di Costantino, ma predisposizione intrinseca all’empietà. Costantino è destinato a trovare il suo ἀρχέτυπον τοῦ βίου nella Τρυφή che conduce alla Άσωτία, caratteristica di tutto il suo operato. Giuliano non offre nessuna precisazione cronologica e non vuole alludere soltanto all’eliminazione di Crispo e Fausta15, ma vuole riferirsi anche alle successive stragi perpetrate dai Costantinidi16, ai quali il cristianesimo garantiva l’impunità. Infatti, subito dopo aver ascoltato le parole di Gesù, Costantino chiama i suoi figli per condurli da lui: questo a ribadire che sono tutti i crimini commessi dalla famiglia, non solo le uccisioni di Crispo e Fausta, quelli a cui Giuliano vuole riferirsi, includendo nel suo attacco polemico anche i figli di Costantino e le stragi del 337. Si noti che, nel contesto di Giuliano, οἱ παῖδες sono ancora innocenti: ciò a ribadire che Costantino era il vero responsabile della futura crudeltà dei figli17.
Giuliano vuole mostrare la pericolosità sociale di una religione che garantiva l’espiazione ai peggiori crimini, quali i delitti familiari perpetrati da Costantino e le stragi di cui Giuliano stesso era stato diretto testimone. Nella sua polemica egli colpisce al cuore la dottrina e la morale cristiane, attaccando il cristianesimo sul tema del battesimo e del perdono dei peccati18 con cui veniva meno il senso della responsabilità morale postulata dal concetto romano di nefas. Più che legare la ‘conversione’ di Costantino a una data precisa, quale il preteso 326, che egli sapeva bene non coincidere con una reale adesione al cristianesimo, egli preferisce dunque fissare una iunctura significativa fra empietà (e connesso bisogno di espiazione) e adesione al cristianesimo.
La tradizione pagana non recepisce subito – limitatamente agli autori rimasti – l’articolato e diretto attacco polemico espresso da Giuliano. La connessione tra colpa ed espiazione, stabilita dal sovrano, è ripresa, presumibilmente per il tramite di Eunapio19, dal solo Zosimo20; il quale, dopo aver narrato le uccisioni di Crispo e Fausta, dice che Costantino, consapevole dei crimini commessi, si rivolse ai sacerdoti pagani per richiedere la purificazione, ma questi gli negarono la possibilità di espiare quei delitti. In soccorso all’imperatore giunse allora, sempre secondo la narrazione di Zosimo, un «egiziano dell’Iberia» che gli garantì l’espiazione di tutte le colpe attraverso i riti della religione cristiana21.
Zosimo presenta in realtà due elementi che appartengono a due tradizioni diverse: i delitti familiari del 326, presenti nelle fonti dipendenti dalla Enmann Kaisergeschichte, e il bisogno di purificazione come motivo della conversione, che gli deriva, presumibilmente attraverso Eunapio, da Giuliano22. È evidente la combinazione di due filoni distinti. La tradizione pagana del IV secolo aveva fissato, con intento implicitamente polemico, nel 326 un momento di svolta in negativo della politica costantiniana in rapporto all’essere divenuto Costantino unico imperatore dopo l’eliminazione di Licinio e ai delitti familiari, ma non conosceva o quantomeno non menzionava il rapporto tra l’adesione dell’imperatore al cristianesimo e il bisogno di purificazione per tali delitti. Soltanto Giuliano nei Caesares ha individuato nel bisogno di purificazione l’incentivo alla conversione.
Zosimo registra l’avvenuta contaminazione di queste due tradizioni: il cambiamento di Costantino in negativo associato rispettivamente con l’essere egli diventato il solo reggente (tradizione pagana) e con la conversione in quanto motivata da un bisogno di purificazione (Giuliano).
Ma già nei primi decenni del V secolo l’articolata confutazione di Sozomeno23, secondo la quale Costantino, bisognoso di purificazione dopo l’uccisione di Crispo, ricevette da parte del filosofo Sopatro il rifiuto di espiarla con i riti pagani, mentre i vescovi cristiani gli garantivano la purificazione delle colpe mediante il battesimo24, indica che la tematica giulianea era stata recepita nella storiografia. L’argomentazione pagana che Sozomeno cerca di confutare si incentra sull’ambito morale: la purificazione delle colpe, impossibile nella religione pagana25, è garantita dalla conversione e dal battesimo: μετανοίᾳ καὶ βαπτίσματι [...] πάσης ἁμαρτίας καθαίρειν.
La complessa confutazione di Sozomeno rifiuta in primo luogo l’assioma della inespiabilità delle colpe nell’ambito della religione tradizionale26, ma passa poi a controbattere la tesi ‘pagana’ sul piano della cronologia, sostenendo che la conversione di Costantino era precedente: a quell’epoca Costantino non aveva potuto incontrare il filosofo Sopatro, e Crispo era ancora vivo nel ventesimo anno di regno di Costantino. L’attenzione per la cronologia su cui si basa la confutazione di Sozomeno attesta che le due argomentazioni, quella storico-politica imperniata sulla data del ‘mutamento’ di Costantino e quella morale-religiosa sui suoi motivi interiori e rituali, erano confluite nel dibattito storiografico in una iunctura che torna puntualmente – anche in prospettiva opposta, e quindi polemica – in Zosimo.
È verosimile che due autori pagani, come Virio Nicomaco Flaviano e soprattutto Eunapio, fonte ben presente a Zosimo, avessero già elaborato e messo in evidenza quanto Sozomeno si impegna a confutare. In particolare, Eunapio potrebbe essere l’oggetto diretto della polemica di Sozomeno, e il preciso riferimento a Sopatro può rinviare alla sua produzione. Nelle Vitae Sophistarum, infatti, Eunapio sottolinea che Sopatro era tenuto in grande onore da Costantino, e proprio la forte stima che l’imperatore nutriva per il filosofo determinò la sua disgrazia a causa delle trame dei cortigiani invidiosi, tra i quali in particolar modo Ablabio, che fu il principale artefice della morte di Sopatro27. È verosimile che anche nella perduta Storia di Eunapio Sopatro giocasse un ruolo principale in rapporto alla vicenda di Costantino e che la menzione del filosofo pagano derivi a Sozomeno da Eunapio28.
Riassumendo, appaiono ferme alcune acquisizioni, e cioè che una tematica sviluppata da Giuliano risulta recepita nel dibattito storiografico tra IV e V secolo, e torna in tutta evidenza come argomentazione centrale in Zosimo.
Le precisazioni cronologiche sono un prodotto della prima tradizione storiografica pagana, mentre i motivi morali-rituali di Zosimo sono quelli già esplicitati da Giuliano. È nei Caesares che il cristianesimo è visto come religione degli empi, che garantisce il perdono ai crimini più efferati; e Costantino, imperatore empio alla ricerca di ἀρχέτυπα τοῦ βίου sotto i quali porsi, trova in questa religione ciò che gli assicura l’impunità per la sua empietà: non solo per i crimini già commessi, ma anche per quelli che commetterà in futuro; Gesù, infatti, nel testo, assicura il perdono delle colpe attraverso il battesimo e la possibilità di espiarle nuovamente attraverso la penitenza29. In Zosimo, anziché Gesù, cosa possibile soltanto nella costruzione letteraria dei Caesares, Costantino incontra l’egiziano proveniente dalla Spagna dopo il rifiuto ricevuto da parte dei sacerdoti pagani; e si noti che, mentre Giuliano raffigura un Costantino ‘ateo’ che rifiuta le divinità tradizionali, Zosimo, per rimarcare la distinzione tra la religiosità pagana e il cristianesimo, la cui dottrina del perdono era nella mentalità pagana un incentivo alla colpa e all’irresponsabilità, sottolinea il rifiuto da parte dei sacerdoti pagani e l’accondiscenza del vescovo cristiano.
Giuliano, da profondo conoscitore della dottrina cristiana, nei Caesares fissa alcuni punti fondamentali sulla ‘conversione’ di Costantino. L’imperatore e i suoi figli, empi non solo per i delitti di Crispo e Fausta, a cui Giuliano non accenna direttamente, ma per tutto il loro operato nel suo complesso, trovano nella religione degli empi il loro archetipo di vita, in quanto essa assicura loro la purificazione dalle colpe, e aderiscono a tale religione: adesione sancita dal battesimo. Essi però, Costantino e i figli, sono perseguitati dai demoni della vendetta, in quanto il battesimo non può purificare dai crimini30: tematica ripresa anche nel Contra Galilaeos. Tutta l’argomentazione di Giuliano si muove sulla dialettica tra colpa e bisogno di purificazione, che corrisponde quella tra impossibilità di purificazione nella religione tradizionale e possibilità di purificazione attraverso il battesimo.
La sottile e precisa argomentazione di Giuliano, assente nella tradizione pagana, è presente in Zosimo con la stessa articolazione che è propria dei Caesares: empietà di Costantino, colpa-bisogno di purificazione, impossibilità di purificazione attraverso i riti cristiani, adesione alla fede cristiana. Che Eunapio, uno storico fortemente sensibile ai temi dell’etica e della filosofia, come dimostrano le sue Vite dei Sofisti, sia stato il tramite tra Giuliano e Zosimo, non è solo verisimile per la accertata continuità tra Eunapio e Zosimo, ma viene decisamente suggerito dalla elaborata argomentazione, in favore di Costantino, proposta da Sozomeno.
Si ristampa qui il lavoro pubblicato in Rivista storica dell’antichità, 32 (2002), pp. 141-149.
1 Sulla centralità di Costantino nel dibattito storiografico e le diverse interpretazioni cfr. G. Bonamente, La «svolta» costantiniana, in Cristianesimo e istituzioni politiche da Augusto a Costantino, a cura di E. Dal Covolo, R. Uglione, Roma 1995, pp. 91-116; K.M. Girardet, Die Konstantinische Wende und ihre Bedetung für das Reich. Althistorische Überlegungen zu den geistigen Grundlagen des Religionspolitik Konstantins d. Gr., in Die Konstantinische Wende, hrsg. von E. Mühlenberg 1998, pp. 9-122.
2 Il primo a ipotizzare l’idea di una fonte comune fu Alexander Enmann (cfr. A. Enmann, Eine verlorene Geschichte der römischen Kaiser und das Buch de viris illustribus urbis Romae. Quellenstudien, in Philologus, Suppl. 4 (1884), pp. 335-501). Da allora si sono moltiplicati gli studi, anche in riferimento a ogni singolo autore, tesi a evidenziare i parallelismi che accomunano la produzione storiografica del IV secolo e a chiarire le problematiche suscitate da tale ipotesi. Per un quadro generale della questione con rimando alla bibliografia si veda T.D. Barnes, The Lost Kaisergeschichte and the Latin Historical Tradition, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium 1968/69, ed. J. Straub, Bonn 1970, pp. 13-43; R.W. Burgess, On the Date of the Kaisergeschichte, in Classical Philology, 90 (1995), pp. 111-128; B. Bleckmann, Überlegungen zur Enmannschen Kaisergeschichte und zur Formung historischer Traditionen in Tetrarchischer und Konstantinischer Zeit, in Historiae Augustae Colloquium Bonnense 1994, a cura di G. Bonamente, K. Rosen, Bari 1997, pp. 11-37.
3 Sulla storiografia pagana post-giulianea cfr. W. Den Boer, Rome à travers trois auteurs du quatrième siècle, in Mnemosyne, 21 (1968), pp. 254-282; recentemente G. Bonamente, Minor Latin Historians of the Fourth Century A.D., in Greek and Roman Historiography in Late Antiquity. Firsth to Sixth Century A.D., ed. by G. Marasco, Leiden-Boston 2003, pp. 85-125.
4 V. Neri, Medius Princeps. Storia e immagine di Costantino nella storiografia latina pagana, Bologna 1992.
5 Eutr., X 6,3-7,1.
6 G. Bonamente, Eutropio e la tradizione pagana su Costantino, in Scritti storico-epigrafici in memoria di Marcello Zambelli, a cura di L. Gasperini, Macerata 1978, pp. 17-59; G. Bonamente, Giuliano l’Apostata e il ‘Breviario’ di Eutropio, Roma 1986.
7 L’empereur Julien, Oeuvres complètes, II/2, Discours de Julien Empereur, éd. par C. Lacombrade, Paris 1964. Circa l’ipotesi che la genesi della conversione di Costantino per il bisogno di espiazione della colpa sia da cercare nei Caesares cfr. F. Paschoud, Cinq études sur Zosime, Paris 1975, pp. 32-35; G. Bonamente, Eutropio e la tradizione pagana, cit., p. 37. Si veda anche G. Marasco, Giuliano e la tradizione pagana sulla conversione di Costantino, in Rivista di filologia, 122 (1994), pp. 340-354, in partic. 342.
8 Sui Caesares in generale cfr. B. Baldwin, The Caesares of Julian, in Klio, 60 (1978), pp. 449-446; J. Vogt, Kaiser Julian über seinen Oheim Constantin den Grossen, in Historia, 4 (1955), pp. 339-352; Orbis. Ausgewählte Schriften zur Geschichte des Altertums, hrsg. von J. Vogt, F. Taeger, K. Christ, Freiburg-Basel-Wien 1960, pp. 289-304; G.W. Bowersock, The Emperor Julian on his Predecessors, in Yale Classical Studies, 27 (1982), pp. 159-172; A. Alföldi, Die verlorene Enmannsche Kaisergeschichte und die Caesares des Julian Apostatas, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium, Bonn 1968, pp. 1-15.
9 Iul., Caes. 336A-C.
10 Iul., Caes. 329A-D. Quando Costantino enumera tutte le sue imprese, Sileno gli ribatte: «sarebbero questi i giardini d’Adone che tu presenti come tue opere?», per ribadire la vacuità delle imprese di Costantino; cfr. ed. Lacombrade, cit., p. 62 nota 1.
11 Iul., Caes. 335B.
12 Iul., Caes. 336A-C.
13 Iul., Caes. 336A-B. Giuliano combina in questo passo Mc 16,16; Lc 18,13; At 2,38 e 22,16; Mt 11,28.
14 Iul., Caes. 336B.
15 Giorgio Zucchelli sostiene che Giuliano «si riferisce alle uccisioni di Crispo e Fausta, ma non inquadra storicamente la conversione di Costantino in un preciso anno», cfr. G. Zucchelli, La propaganda anticostantiniana e la falsificazione storica in Zosimo, in I canali della propaganda nel mondo antico, a cura di M. Sordi, Milano 1976, pp. 224-225. Di contro Gabriele Marasco sostiene che Giuliano allude precisamente alla vicenda di Crispo e Fausta, cfr. G. Marasco, Giuliano e la tradizione pagana, cit., pp. 342-344.
16 Giuliano fa riferimento alle stragi del 337 anche nel discorso contro il cinico Eraclio, cfr. Iul., Or. VII 228A-B (éd. par G. Rochefort, in L’empereur Julien, Oeuvres complètes, cit., II/1, Discours de Julien Empereur, Paris 1963).
17 Sulle uccisioni familiari perpetrate da Costantino nel 326 cfr. K. Rosen, Qui nigrum in candida vertunt. Die Zeitgenössische Auseninandersetzung um Constantins Familientragödie und Bekehrung, in Rivista di Studi Bizantini e Slavi, 5 (2003), pp. 113-140.
18 Anche nel Contra Galileos Giuliano attacca il cristianesimo sul battesimo, ribadendo che esso non può avere un effetto purificatorio; cfr. Cyr., Iuln. 7,245, PG 76, cc. 873-876 = Iul., Gal. 59; Giuliano Imperatore, Contra Galilaeos, a cura di E. Masaracchia, Roma 1990, p. 59: «vedi che egli li giudica di questa risma, ma aggiunge che si sono santificati e purificati, perché l’acqua che hanno ricevuto, che penetrerà fino all’anima, ha la capacità di pulire e purificare. E il battesimo, mentre non cancella la lebbra del lebbroso, né scabbia, né pustole, né porri, né gotta, né dissenteria, né idropisia, né patereccio, nessun difetto fisico né piccolo né grande, sarà invece capace di cancellare adulteri, rapine, in una parola tutti i disordini dell’anima?».
19 Su Eunapio fonte di Zosimo, cfr. F. Paschoud, Le fragments de l’ouvrage historique d’Eunape correspondant aux deux premiers livres de l’Histoire Nuovelle de Zosime, in De Tertullien aux Mozarabes, I, Antiquité tardive et christianisme ancien (IIIe-VIe siècles). Mélanges offerts à Jacques Fontaine à l’occasion de son 70e anniversaire, Paris 1992, pp. 613-623; A. Baldini, Ricerche sulla storia di Eunapio di Sardi. Problemi di storiografia tardopagana, Bologna 1984, pp. 158-162.
20 Zos., II 29; Zosime, Histoire Nuovelle, éd. par F. Paschoud, Paris 2000.
21 Per la ‘conversione’ di Costantino in Zosimo cfr. F. Paschoud, Zosime 2,29 et la version païenne de la conversion sur Zosime, in Historia, 20 (1971), pp. 334-353, ripreso come secondo capitolo in Id., Cinq études sur Zosime, Paris 1975, pp. 24-62. Si veda anche il commento della nuova edizione di Zosimo: Zosime, Histoire Nouvelle, cit., pp. 234-240.
22 È ipotizzabile la conoscenza da parte di Eunapio di una fonte occidentale, identificabile negli Annales di Nicomaco Flaviano. Sia che Giuliano si inserisca direttamente come fonte di Eunapio, che ammirava profondamente Giuliano e che verosimilmente poteva leggere i Caesares, sia che arrivi attraverso la mediazione di Nicomaco Flaviano, il dato della conversione motivata dal bisogno di espiazione è stato immesso nella tradizione da Giuliano. Per gli Annales di Nicomaco Flaviano cfr. W. Hartke, Geschichte und Politik im spätantiken Rom, in Klio, 45 (1940), pp. 74-81; F. Paschoud, Cinq études sur Zosime, cit.; J. Schlumberger, Die verlorenen Annalen des Nicomachus Flavianus: ein Werk über Geschichte der römischen Republik oder Kaiserzeit?, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium 1982/1983, Bonn 1985, pp. 305-329; A. Baldini, Ricerche, cit., pp. 120-178; G. Zecchini, Ricerche di storiografia tardoantica, Roma 1993, pp. 51-64; B. Bleckmann, Die Reichskrise des III. Jahrhunderts in der spätantiken und byzantinischen Geschichtsschreibung. Untersuchungen zu den nachdionischen Quellen der Chronik des Johannes Zonaras, München 1992; Id., Bemerkungen zu den Annales des Nicomachus Flavianus, in Historia, 44 (1995), pp. 83-99; F. Paschoud, Nicomaque Flavien et la connexion byzantine (Pierre le Patrice et Zonara): à propos du récent livre de Bruno Bleckmann, in Antiquité Tardive, 2 (1994), pp. 71-82; M. Festy, Le début et la fin des Annales de Nicomaque Flavien, in Historia, 46 (1997), pp. 464-478.
23 Soz., h.e. I 5.
24 Si noti l’inversione chiastica di Sozomeno rispetto a Zosimo: in Zosimo alla genericità dei sacerdoti pagani corrisponde l’identificazione del vescovo cristiano, in Sozomeno all’individuazione del sacerdote pagano corrisponde la genericità dei vescovi cristiani. Per la confutazione di Sozomeno cfr. F. Paschoud, Zosime et Constantin. Nouvelles controverses, in Museum Helveticum, 54 (1997), pp. 17-28.
25 Sopatro risponde a Costantino che «μηδένα καθαρμὸν εἶναι τῶν τοιούτων ἁμαρτημάτων» (cfr. Soz., h.e. I 5,1).
26 Sozomeno (I 5,5) si limita a dire che nella religione pagana erano previsti riti purificatori, dicendosi stupito che vi fossero uomini i quali dicevano che Sopatro, τὸν ἐπισημότατον τότε, non lo sapesse.
27 Eunapio nelle Vitae Sophistarum (VI 2,1-12) narra che Sopatro, tenuto in grande onore da Costantino, fu fatto cadere in disgrazia da Ablabio, il quale lo accusò di aver imprigionato il vento e determinato così una carestia a Costantinopoli. Costantino mise a morte Sopatro. Eunapio sottolinea che Costantino, per il fatto di aver onorato Ablabio e aver messo a morte Sopatro, fu punito e morì; ma, per la morte di Costantino, Eunapio rimanda alla sua Storia perduta: «Κωνσταντῖνος μέν οὖν καὶ βλάβιον τιμῶν ἐκολάζετο, καὶ ὅπως γε ἐτελεύτα ἐν τοὶς περὶ ἐκείνου γέγραπται».
28 Antonio Baldini suppone che la versione pagana della conversione di Costantino citata da Sozomeno potesse essere presente nella prima edizione dell’edizione di Eunapio, cfr. A. Baldini, Il filosofo Sopatro e la versione pagana della conversione di Costantino, in Simblos. Scritti di Storia Antica, Bologna 1995, pp. 265-286.
29 Giuliano ritorna in modo polemico sulla penitenza in Caes. 325C.
30 Iul., Caes. 336B.