Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La fisiognomica nel Settecento costituisce un terreno sul quale si incontrano interessi scientifici e artistici. Ponendosi come fine la ricerca della forma ideale del corpo e dei principi che presiedono alla costituzione morfologica del vivente, giunge alla speculazione sull’origine dell’uomo e delle altre specie, anticipando le teorie evoluzioniste dell’Ottocento.
Premessa
I rapporti tra volto e anima trovano, nel Settecento, un affascinante terreno di elaborazione soprattutto nell’incontro di interessi scientifici e artistici: da L’uomo-macchina (1748) di Julien Offray de La Mettrie alle Lettere filosofiche sulle fisionomie (1748) dell’abate Jacques Pernetti, citato da Diderot a proposito dell’uso della fisiognomica nella pratica figurativa. La forma del corpo diventa terreno di misurazioni sistematiche e di costruzioni geometriche complicate dove confluiscono interessi di artisti, teorici dell’arte, naturalisti, anatomisti e fisionomi. È un’indagine che, ponendosi come fine la ricerca della forma ideale del corpo e dei principi che presiedono alla costituzione morfologica del vivente, giunge alla speculazione sull’origine dell’uomo e delle altre specie, anticipando così le teorie evoluzioniste dell’Ottocento. La conformazione ossea della testa diventa allora oggetto privilegiato per le sperimentazioni anche da parte di artisti quali Jean-Jacques Lequeu.
Il disegno come modello euristico
Punto d’incontro tra arte e scienza appare la Dissertazione fisica sulle differenze reali che presentano i tratti del viso di uomini di Paesi ed età differenti (Utrecht, 1791) del medico e fisiologo olandese Peter Camper che, ricorrendo al dispositivo grafico, illustra l’antica idea della “grande catena dell’essere”. Egli disegna infatti la linea di contiguità che lega gli uomini alle altre creature con l’intento di dimostrare come l’apertura dell’angolo facciale sia proporzionale all’intelligenza: secondo una linea di progressiva bestialità, l’angolo si restringerebbe gradualmente dall’europeo all’africano, per arrivare alla scimmia. Sebbene non si tratti di un’ipotesi nuova, l’artificio grafico adottato consente di visualizzare la continuità tra la forma della testa di un africano e quella delle scimmie, mostrando con chiarezza proprio quell’oscuro passaggio tra uomo e animale, fino a quel momento solo ipotizzato, di cui il nero è fatalmente l’anello mancante.
La paternità di questo dispositivo grafico viene energicamente contestata a Camper dal più famoso fisionomo di tutti i tempi, il pastore zurighese Johann Kaspar Lavater, per il quale peraltro il disegno non sarebbe solo un fondamentale strumento di rilevamento, ma anche l’unico mezzo in grado di fondare la fisiognomica come scienza.
Lavater raccomanda in particolare le silhouettes, che, per la loro essenzialità, consentono facili operazioni di scomposizione morfologica e misurazione. Al pari di Camper, egli dimostra come il semplice profilo del cranio sia sufficiente a determinarne matematicamente il livello di intelligenza. Lavater elabora infatti le “linee di animalità” che, seguendo una scala graduale, stabilirebbero la transizione evolutiva dalla rana alla scimmia fino ai primi segni di umanità nel Samoiedo, per arrivare al genio trascendente di Kant e di Newton.
Johann Kaspar Lavater
Tra il 1775 e il 1778 compaiono a Lipsia – in quattro volumi in folio con un centinaio di incisioni – i Frammenti fisiognomici di Lavater; famosissima è l’edizione francese curata da Jacques-Louis Moreau de La Sarthe (1805-1820).
L’opera riassume ogni sorta di suggestione, non solo scientifica, ma anche religiosa, ermetica e popolare. Per quanto interessato alla dottrina di Franz Anton Mesmer, i presupposti teorici di Lavater si identificano soprattutto con la sua salda visione religiosa che esclude radicalmente ogni forma di azzardo nella natura.
Secondo Lavater, infatti, l’ordine si riproduce con infallibile rigore in ogni più piccola parte del cosmo: forma e materia, corpo e anima sono retti da reciproco determinismo. Tutto sottostà al principio di “conformità”, ogni cosa dipende da un’altra e basta un solo dettaglio del corpo per ricostruirne l’intera fisionomia. E proprio quest’attenzione alla morfologia e al valore simbolico delle forme è l’elemento che più affascina Goethe, che collabora ai Frammenti fisiognomici con alcuni Beiträge.
Il rapporto di presupposizione reciproca tra anima e corpo comporta tuttavia una fondamentale questione di etica: per Lavater, l’uomo non sarebbe libero dalla sua conformazione fisica. La conformità alle leggi naturali sarebbe già tutta inscritta nelle forme del viso tanto da sapere in anticipo come un uomo pensi, agisca e soffra in relazione alla sua fisionomia. Per Lavater il determinismo presente nei tratti del viso giustifica quindi l’ineguaglianza socio-politica che sarebbe solo una fatale conseguenza della diseguaglianza tra talenti.
Contro questi presupposti Georg Christoph Lichtenberg, primo cattedratico di fisica sperimentale, nel suo Über Physiognomik wider die Physiognomen (1777) e soprattutto nei suoi Sudelbücher si impegna in una vera e propria crociata in nome della ragione. Se dovessimo seguire la fisiognomica di Lavater, sostiene Lichtenberg, si dovrebbero impiccare i bambini prima ancora che abbiano compiuto imprese degne della forca.
Fisiognomica e patognomica
La disputa tra Lichtenberg e Lavater riguarda in particolare l’opposizione tra fisiognomica e patognomica. Del resto questa distinzione è già tracciata da Buffon nella Storia naturale generale e particolare (1749), in cui scredita la fisiognomica a favore dello studio dell’espressione delle passioni; le idee di Buffon vengono poi raccolte dall’ Encyclopédie e in particolare da Louis de Jaucourt nella voce “Physionomie”. Per essere vera scienza, secondo Lavater, la fisiognomica deve fissare lo sguardo solo sugli elementi stabili del volto, dove l’anima si rivela senza intenzionalità né simulazioni. La fisiognomica deve quindi fondarsi su elementi statici e per questo si distingue dalla patognomica che mostra invece il carattere “in movimento”. Alla fisiognomica di Lavater, in quanto scienza oggettiva dei tratti fissi del volto, Lichtenberg oppone la patognomica, l’indagine delle espressioni mobili. Se per Lavater questa ha a che fare con l’arte della simulazione ed è costantemente ammorbata dal sospetto dell’inganno, Lichtenberg sostiene che è proprio una produzione segnica intenzionale a rendere l’espressione delle passioni così interessante per l’arte, per la mimica e per il discorso.
L’“intenzionalità”, inoltre, è importante anche per l’autodeterminazione dell’uomo, non più condizionato biologicamente dalla sua conformazione fisica.
Se da un lato la fisiognomica di Lavater, strettamente interessata a una simbolica della figura umana, incontra le simpatie di ambiti estetici e letterari – da Herder a Goethe, da Sulzer ai romantici, da Carus a Kassner – trovando seguaci anche nella frenologia e nell’antropologia criminale di fine Ottocento, dall’altro la patognomica “alla Lichtenberg”, orientata su una semiotica dell’espressione, riceve largo consenso soprattutto in Inghilterra, dove il problema della manifestazione dei caratteri e delle passioni è già alla moda nel primo Settecento. Di questa filosofia dell’espressione William Hogarth fa un vero manifesto nell’incisione Caratteri e caricature, dove un centinaio di teste manifestano tutte un’epressione diversa. E ancor prima di The Analysis of Beauty (1753) di Hogarth, appare il trattato Human Physiognomy Explain (1747) del dottor James Parsons; mentre le 64 “teste di carattere” di Franz Xaver Messerschmidt sono la dimostrazione di un interesse artistico per l’espressione delle emozioni fino alla sperimentazione estrema, in cui una smorfia è in grado di cancellare la stessa individuazione fisiognomica. La patognomica, infine, non riscuote solo il favore degli ambiti artistici – da Lessing a Johann Jakob Engel – ma anche di quelli scientifici, medici e psicologici – da Darwin a Piderit – per confluire poi nell’opera di Ludwig Klages e dei moderni “caratterologi”.