La forma nella intermediazione finanziaria
Nata nello ius civile arcaico con gli atti rituali, dove valeva alla produzione di effetti giuridici di per sé, senza particolare attenzione alla stessa volontà dei contraenti, la forma negoziale si evolve nel tempo ad assicurare, nei cd. contratti asimmetrici, la trasparenza e la piena comprensione dell’accordo da parte del contraente dotato di minore potere contrattuale, in funzione protettiva. Tali sono le forme imposte dal legislatore nella materia dell’intermediazione finanziaria, sulle quali diversi chiarimenti sono giunti dal giudice della nomofilachia.
Da tempo si afferma, nell’ambito della teoria sulle forme negoziali, che non tutte le prescrizioni svolgono un’identica funzione: la forma ad substantiam sorge, nei rapporti paritari dell’economia fondiaria, a tutela dei traffici immobiliari, quale criterio di imputazione della dichiarazione e strumento per indurre alla individuazione di contenuti chiari ed alla ponderazione della decisione. Laddove, al contrario, esiste una “parte debole” del rapporto, la forma ha la funzione protettiva di favorire la trasparenza e scongiurare l’approfittamento dell’altro contraente. Norma cardine in materia di operazioni finanziarie è l’art. 23 t.u.f. (d.lgs. 24.2.1998, n. 58), il quale dispone che i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento «sono redatti per iscritto» e che «un esemplare è consegnato ai clienti», mentre in caso di «inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo» e «la nullità può essere fatta valere solo dal cliente».
Con la consueta prolissità, ma anche attenzione alla concretezza dei problemi, la direttiva 2014/65/UE del 15.5.2014 relativa ai mercati degli strumenti finanziari ha prescritto, quale principio generale, che gli Stati impongano alle imprese di investimento di agire «in modo onesto, equo e professionale, per servire al meglio gli interessi dei loro clienti», fornendo informazioni «corrette, chiare e non fuorvianti», mentre le «comunicazioni di marketing sono chiaramente identificabili come tali» (art. 24); inoltre, esse dovranno predisporre «una registrazione che comprende il documento o i documenti concordati tra l’impresa di investimento ed il cliente in cui sono precisati i diritti e gli obblighi delle parti nonché le altre condizioni alle quali l’impresa di investimento fornirà servizi al cliente. I diritti e gli obblighi delle parti del contratto possono essere integrati mediante un riferimento ad altri documenti o testi giuridici» (art. 25).
Al riguardo, si discorre di “forma informativa” e di “forma di protezione”, in un ritorno al formalismo negoziale, a tutela però del solo contraente reputato “debole”: non per ragioni socio-economiche, ma in quanto sprovvisto delle informazioni professionali sul titolo e, più in generale, sugli andamenti del mercato finanziario. Tutte le prescrizioni formali della legislazione in materia finanziaria sono infatti funzionali solo alla completa e consapevole autodeterminazione dell’investitore.
La normativa di settore mira, pertanto, al governo degli scambi e alla protezione degli interessi di una delle parti del contratto, rispetto alle situazioni di irrazionalità che ne compromettono la libertà di scelta e che, nei contratti di investimento finanziario, si identificano con la scarsa conoscenza dei titoli e la disinformazione. La stessa esigenza di protezione ispira la seconda prescrizione, secondo cui, a norma dell’art. 23 t.u.f., la banca è obbligata a consegnare una copia o, come essa si esprime, «un esemplare» del contratto al cliente: se l’investitore non fosse in possesso di un modello del contratto da lui sottoscritto, potrebbe non riuscire a conoscere appieno la sua posizione soggettiva verso la banca. Il contratto si palesa strumento non solo di manifestazione della volontà, ma di trasmissione di informazioni, di dati e di notizie sull’operazione; la consegna della copia, imposta alla banca, ha riguardo alla ostensione dei dati con scopo di documentazione, onde non è un obbligo di forma in senso tecnico. Si è parlato così di “pluralismo di formalismi”, in dipendenza delle diverse funzioni e conseguenze, sovente di legislazione speciale o di provenienza comunitaria, degli obblighi imposti dalla legge.
La nullità che ne deriva, a sua volta, persegue finalità di protezione, onde viene conformata come invalidità relativa: essa è funzionale alla tutela della più ampia informazione dell’investitore, tanto da presentare rilevanti differenze di disciplina rispetto alla nullità del codice civile. La nullità di protezione palesa caratteri speciali: sopra tutte, la facoltà di essere invocata solo da parte del contraente a cui favore è dettata, con l’eventualità, quindi, di una sanatoria “di fatto” del negozio1. Peraltro, detta tutela, eliminando o riducendo le inefficienze derivate dagli abusi perpetrati dal contraente forte, giova in definitiva al mercato dei capitali e degli investimenti.
È il momento di ricordare alcuni orientamenti espressi in merito alla forma nei contratti di investimento finanziario.
Il contrattoquadro, che disciplina lo svolgimento del rapporto volto alla prestazione del servizio di negoziazione di strumenti finanziari, va redatto per iscritto a pena di nullità, deducibile solo dal cliente, secondo la prescrizione dell’art. 23 t.u.f., la quale non ammette equipollenti2. Non vi è dubbio che la sottoscrizione del cliente perfeziona il contratto-quadro, che senza di essa non viene ad esistenza, con la conseguente nullità di tutte le operazioni di investimento compiute sulla base del medesimo. Onde non è idonea ad integrare il requisito formale la sottoscrizione del cd. documento sui rischi generali, il quale assolve unicamente ad una funzione strumentale e propedeutica alla stipulazione del contratto di gestione e serve a rendere l’investitore più consapevole rispetto ai rischi dell’investimento e del mandato gestorio conferito all’intermediario3. Essendo indispensabile la sottoscrizione ad opera del cliente al contratto-quadro, quale requisito di forma posto a protezione esclusiva del medesimo, la mancanza della sua sottoscrizione non può essere superata con l’omessa contestazione dei rendiconti periodici4.
La natura indubbiamente bilaterale del contratto di investimento aveva fatto dubitare circa la necessità della sottoscrizione anche da parte del soggetto autorizzato a rappresentare la banca, ai fini della validità del negozio, secondo lo schema dell’art. 1325, n. 4, c.c.
Sono sopraggiunte le Sezioni Unite5 ad affermare che la prescrizione formale, prevista dall’art. 23 t.u.f., impone in verità la sola sottoscrizione del cliente, non anche dell’intermediario, il cui consenso, pur sempre necessario trattandosi di contratto, si può desumere alla stregua dei suoi comportamenti concludenti.
In tal modo, si è reputata adempiere al requisito della forma scritta la sottoscrizione, da parte del cliente, del modulo contrattuale contenente il contratto-quadro: la cd. forma informativa è così rispettata, perché soddisfatto è l’interesse alla conoscenza ed alla trasparenza, o scopo informativo, cui essa è preordinata.
L’altra parte del rapporto, ovvero l’intermediario finanziario, è il soggetto predisponente le condizioni generali di contratto, cui l’investitore aderisce: intermediario, per il quale nessuna di dette esigenze si rinviene.
La lettura offerta dalle S.U. evita l’uso opportunistico dello strumento formale, come avviene quando il contratto, a lungo e fruttuosamente eseguito con vantaggio per l’investitore, venga poi impugnato per nullità in ragione della mancata sottoscrizione della banca, a fronte di una perdita marginale successiva.
Il principio viene esteso ai contratti bancari ed all’art. 117, co. 3, t.u.b. (d.lgs. 10.9.1993, n. 385), in ragione della medesima finalità di protezione di detto formalismo6.
Si noti, fra l’altro, che, ove la banca avesse sottoscritto la sua copia e consegnato la stessa al cliente, questi sarebbe indotto a non produrre in giudizio tale copia, magari negandone l’avvenuta sottoscrizione: insomma, si apprezza la differenza “sociologica” con le nullità tradizionali ex art. 1350 c.c., dove la regola è l’interesse del contraente a sostenere (non la nullità, ma) la validità del contratto, onde ne conserva la copia firmata dalla controparte negoziale.
È ammesso che il contratto-quadro, sottoscritto dal cliente, operi un rinvio per relationem ad un diverso atto: così è stato espressamente affermato, con riguardo alle «Norme contrattuali che regolano i servizi bancari e finanziari» prestati dalla banca, riportate in un allegato visionato ed accettato dall’investitore. In tal modo, infatti, il regolamento negoziale è validamente fissato dalle parti per rinvio all’allegato, sulla base della regola più generale, secondo cui l’onere di forma può ritenersi adempiuto, allorquando le parti richiamino per iscritto elementi contenuti in un diverso atto, espressamente e specificamente menzionato nel contratto. Né la clausola recante la dichiarazione di avere ricevuto le norme contrattuali regolative del rapporto è vessatoria, trattandosi di una mera dichiarazione di scienza, non di una clausola che comporti uno squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell’art. 33 c. cons.7
È ferma la tesi secondo cui la forma imposta dall’art. 23 t.u.f. si riferisce al contrattoquadro, non ai singoli servizi di investimento o disinvestimento, la cui validità non è soggetta, in base alla legge, a requisiti formali8. La forma scritta convenzionale può essere invece prevista dalle parti stesse: con la finalità di assicurare una maggiore ponderazione da parte dell’investitore, di garantire all’operatore la serietà di quell’ordine e di permettergli una più agevole prova della richiesta ricevuta. Pertanto, si è deciso che l’intermediario possa a propria volta rifiutare di eseguire un ordine non impartito per iscritto dal cliente, e che la nullità dello stesso, per carenza del requisito della forma scritta convenzionale, può essere fatta valere da entrambi i contraenti9. Anche ove la previsione contenuta nel contratto quadro richiami la possibilità di impartire all’intermediario ordini telefonici, imponendo la registrazione ex post su nastro magnetico o altro supporto equivalente, la registrazione dell’ordine non costituisce un requisito di forma, neppure ad probationem, ma un mero strumento, atto a facilitare la prova, altrimenti più difficile, dell’avvenuta richiesta di negoziazione dei titoli10. Quando, ai sensi dell’art. 1352 c.c., il contratto-quadro preveda la forma scritta per i singoli ordini d’investimento, vale il principio di cui alla norma, secondo cui la forma convenuta dalle parti per la futura stipulazione di un contratto si presume pattuita ad substantiam, in quanto, in forza dell’art. 1324 c.c., la regola si estende agli ordini impartiti all’intermediario11. Ove sia prevista la forma scritta convenzionale degli ordini, inoltre, neppure una prolungata acquiescenza dell’investitore determina l’effetto sanante del difetto di forma12.
L’art. 29 reg. Consob n. 11522/1998 prescrive, in presenza di un’operazione di investimento inadeguata al cliente, un particolare procedimento in sequenza. Invero, in capo all’intermediario sussistono i seguenti obblighi: a) valutare l’operazione richiesta sotto i profili che la norma indica, vale a dire la tipologia, l’oggetto, la frequenza e la dimensione dell’investimento; b) fornire al cliente le dettagliate spiegazioni e ragioni che, sotto i vari profili indicati, sconsigliano l’operazione; c) acquisire, qualora il cliente insista nella richiesta, un ordine scritto, «in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute». La sottoscrizione, da parte del cliente, della clausola in calce al modulo d’ordine, contenente la segnalazione d’inadeguatezza dell’operazione sulla quale egli è stato avvisato, è quindi idonea a far presumere assolto l’obbligo previsto in capo all’intermediario dall’art. 29 cit.; tuttavia, a fronte della contestazione del cliente, il quale alleghi l’omissione di specifiche informazioni, grava sulla banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di averle specificamente rese13. Ed era già stato precisato come si tratti non tanto di forma predeterminata dell’atto per la sua validità, quanto di prescrizione di forma al fine di garantire l’operatore dall’esonero da ogni responsabilità in ordine all’operazione da compiere14.
Alcune questioni restano ancora aperte. Così, ci si chiede se, una volta dichiarata la nullità del contratto-quadro ad istanza del cliente ed avendo essa effetti ex tunc, a sua volta la banca sia legittimata a ripetere quanto versato a favore del cliente. O se sia ipotizzabile la convalida del contratto nullo, proprio per essere la nullità di tipo relativo, onde in ciò debba ravvisarsi uno di quei casi in cui la legge «dispone diversamente», ai sensi dell’art. 1423 c.c.: nel senso che, così come l’investitore può opporsi alla declaratoria di nullità (come ribadito da Cass., S.U., 12.12.2014, nn. 26242 e n. 26243), egli possa già provvedere, consapevole di quella nullità, a convalidare il contratto mediante i comportamenti concretamente tenuti. Ancora, vi è il tema del cd. uso “selettivo” della nullità, allorché l’investitore invochi il vizio del contratto-quadro solo rispetto ad alcuni ordini che desideri caducare, ma non rispetto ad altri: è l’uso abusivo del diritto o la condotta contraria a buona fede, di cui all’art. 1375 c.c. e della quale l’intermediario sia abilitato, ed a quali effetti, ad eccepire la violazione. A quest’ultimo riguardo, secondo una decisione15, quando manchi il contratto-quadro a monte delle singole operazioni di investimento, l’investitore potrebbe richiedere la declaratoria di nullità solo per alcune di esse, senza che al medesimo sia opponibile l’eccezione di dolo generale fondata sull’uso selettivo della nullità e, in ragione della protrazione nel tempo del rapporto, l’intervenuta sanatoria del negozio nullo per rinuncia a valersi della nullità o per convalida di esso, l’una e l’altra essendo prospettabili solo in relazione ad un contratto-quadro formalmente esistente. Peraltro, si è anche affermato che, a fronte dell’azione di nullità del contratto-quadro proposta dall’investitore, l’intermediario può sollevare l’eccezione di compensazione con riguardo all’intero credito restitutorio che deriva dal complesso delle operazioni compiute nell’ambito del contratto quadro dichiarato nullo: onde la banca, una volta caducato il contratto quadro, può eccepire l’esistenza di crediti pecuniari restitutori, in compensazione con il credito restitutorio vantato dal cliente16.
1 Lo rileva già C. giust., 4.6.2009, C243/08, Pannon, punti 31-32, in Foro it., 2009, IV, 489, secondo cui il giudice deve non applicare una clausola abusiva, salvo che il consumatore vi si opponga; C. giust., 14.62012, C618/10, Banco Español de Crédito SA, punti 42-43, ivi, 2013, IV, 170.
2 Cass., 24.2.2016, n. 3623; Cass., 31.12.2013, n. 28810.
3 Cass., 19.2.2014, n. 3889.
4 Cass., 22.3.2013, n. 7283; Cass., 22.12.2011, n. 28432.
5 Cass., S.U., 16.1.2018, n. 898 e 23.1.2018, n. 1653.
6 Cass., 12.9.2018, n. 22207. Il riferimento alle fattispecie simili degli artt. 117, 124 t.u.b. e degli artt. 35, 50, 67, 71 c. cons. (d.lgs. 6.9.2005, n. 206) era già nell’ordinanza interlocutoria Cass., sez. I, 27.4.2017, n. 10447.
7 Cass., 10.4.2018, n. 8751.
8 Cass., S.U., 16.1.2018, n. 898; e già Cass., 9.8.2017, n. 19759; Cass., 2.8.2016, n. 16053; Cass., 29.2.2016, n. 3950; Cass., 15.1.2016, n. 612; Cass., 13.1.2012, n. 384; Cass., 22.12.2011, n. 28432.
9 Cass., 2.8.2016, n. 16053.
10 Cass., 8.2.2018, n. 3087.
11 Cass., 9.8.2017, n. 19759; Cass., 29.2.2016, n. 3950.
12 Cass., 25.10.2017, n. 25335.
13 Cass., 6.6.2016, n. 11578.
14 Cass., 26.7.2013, n. 18140.
15 Cass., 24.4.2018, n. 10116.
16 Cass., 16.3.2018, n. 6664.