Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel corso dei secoli XIII e XIV la Francia, che ha raggiunto la dimensione di grande Stato feudale, avvia un processo di riorganizzazione interna, attraverso il rafforzamento dell’autorità monarchica. Sul piano internazionale la monarchia si schiera a sostegno del papato contro l’impero e avvia una politica di potenza in Italia con la conquista angioina del Regno di Sicilia. Infine afferma il vigore delle nuove posizioni statali ridimensionando il papato. La fine della dinastia capetingia e l’avvio della guerra dei Cent’anni ridimensionano il ruolo della monarchia francese come conseguenza di sconfitte militari e di nuovi problemi dinastici.
All’inizio del XIII secolo, la dinastia capetingia, sotto la guida di Filippo II Augusto (1188-1223) raggiunge i confini naturali della Francia, acquisendo il controllo del Mezzogiorno e della grande feudalità, sottoposta all’omaggio feudale. I sovrani francesi riescono anche a recuperare una consistente fetta del loro spazio politico interno. Gli sviluppi particolaristici che avevano indebolito la monarchia indeboliscono anche la feudalità; nello stesso tempo la riforma ecclesiastica sottrae al particolarismo feudale, come pure alla monarchia, il controllo di vescovadi e monasteri. Inoltre, la Chiesa disapprova la violenza e la conflittualità alimentata dall’aristocrazia, appoggiando e accentuando la sacralità della monarchia.
Sotto l’impulso di Sigieri di Brabante (1235 ca.-1282), docente all’università di Parigi nella seconda metà del Duecento, i sovrani francesi razionalizzano gli atteggiamenti politici della monarchia, delineando contro i grandi feudatari un abbozzo di amministrazione centrale e distinguendo la figura del sovrano da quella di una semplice autorità feudale. Sul territorio si delinea, a sua volta, un’amministrazione regia, che ha i suoi cardini prima, fra XI e XII secolo, nei prevosti, percettori di entrate del re, e quindi nei balivi e siniscalchi, con più ampie competenze giudiziarie e militari.
Dal punto di vista delle relazioni internazionali, Filippo II Augusto, sostenendo il candidato papale alla corona imperiale, ottiene da Innocenzo III (1160-1216) un riconoscimento di indipendenza dall’impero, che sancisce definitivamente lo statuto internazionale della monarchia, diretta erede della tradizione franca e carolingia, e rafforza l’amministrazione regia, riducendo sotto il suo controllo gran parte della feudalità. Così, Luigi VIII (1223-1226) continua l’opera di conquista che interessa nel 1224 la Rochelle e, in un secondo, momento la Guascogna. Il tentativo, però, fallisce perché Bordeaux resta fedele agli Anglo-Normanni che mantengono una posizione salda nel nord della Francia.
A causa della morte prematura del sovrano e della minorità dell’erede al trono Luigi IX (1226-70), il regno viene retto dalla regina madre, Bianca di Castiglia (1188-1252), la quale mostra notevoli capacità politiche e riesce a sconfiggere coalizioni di grandi feudatari che minacciano le conquiste territoriali della dinastia capetingia. Queste minacce vengono riproposte all’indomani dell’ascesa al trono del sovrano legittimo, che riesce a debellarle.
Il ritorno alla convivenza pacifica è conseguente all’atteggiamento che Luigi IX assume nei confronti delle province meridionali, dopo avere interpretato le frequenti congiure ordite nei confronti della monarchia come il segnale di un malcontento che imperversa in queste regioni. È per questo che concede l’autonomia alla contea di Poitiers, dove colloca il fratello minore Alfonso, che ha sposato la figlia del conte di Tolosa, ereditando alla morte del suocero il feudo. La contea si muove, grazie all’esistenza di stretti rapporti familiari, nell’orbita della monarchia.
Cessati gli anni di agitazione della reggenza materna, il sovrano capetingio organizza la vita interna delle sue province, indicando le direttive per una politica di pace e di giustizia. Luigi IX giunge ad incarnare il modello di principe in grado di determinare la sistemazione della Francia feudale sotto il baluardo dell’autorità regia, realizzando la fusione delle due autorità: quella di capo della gerarchia feudale e di monarca di diritto divino. In effetti, la fisionomia e il significato di questa rinnovata monarchia sono diversi da quelli dell’impero carolingio. Il sovrano assume un ruolo di protezione e di vigilanza che differisce sia dal modello costantiniano dell’imperatore quale “vescovo per le cose esterne” e sostegno della fede, in un impero non ancora tutto cristiano o tutto riducibile alla Cristianità, sia dal modello carolino dell’imperatore, quale patriarca laico della Cristianità e coadiutore del papa nel reggimento del popolo cristiano, in uno Stato che può essere considerato un tutt’uno con il mondo cattolico.
Luigi IX è consapevole, come del resto in seguito lo saranno i suoi successori, di regnare per diritto divino, di fondare la successione del suo Stato sul principio dell’ereditarietà, di essere alla guida di una struttura statale che può governare avendo come punto di riferimento un territorio determinato, nel quale è in grado di controllare, grazie alla sua potenza militare e finanziaria, i ceti sociali che ne fanno parte, ivi compresa la feudalità.
Il rapporto con le città diventa di grande importanza nel progetto politico di Luigi IX che, nel 1262, impone ai comuni l’obbligo di rinnovare ogni anno i reggenti cittadini e di presentare annualmente agli ufficiali regi, operanti nei centri abitati, lo stato delle entrate e delle spese di parte comunale. Si tratta di provvedimenti di forte valore innovativo, poiché tendono alla regolamentazione e al mantenimento dell’ordine civile nelle realtà cittadine, le quali anche come conseguenza di questa politica diventano il polo di attrazione di migliaia di persone, che sfuggono al mondo rurale dominato dalla gerarchia feudale. L’esempio di Parigi si mostra peculiare: essa accoglie Normanni, Bretoni, Tolosani e Provenzali, alcuni dei quali entrano a far parte dell’amministrazione regia. La sua popolazione ha una densità maggiore di quella di altre città del regno e già nel 1200 la città mette insieme una rilevante attività commerciale, legata alle sue dimensioni demografiche, alla presenza dell’università e dell’amministrazione regia. Parigi, quindi, domina il resto della Francia e la monarchia ne è il simbolo. Luigi IX, viene santificato e il suo operato politico ne rappresenta una motivazione di non poco rilievo. Le sue vengono seguite dai suoi successori.
La ricompattata monarchia manifesta vivacità e ambizione politica tanto che, nel 1273, avanza mire elettive sulla corona del Sacro romano Impero, proponendosi come la garante dell’intera cristianità. Nei decenni precedenti Luigi VIII e Luigi IX, avevano mostrato concretamente l’ambizione di impadronirsi della corona dei re d’Inghilterra. In effetti nel 1215, Luigi VIII viene proclamato re da un gruppo di feudatari inglesi a lui fedeli e l’anno successivo fa il suo ingresso a Londra, dove i maggiorenti gli prestano omaggio.
L’Europa nei confronti di questa profonda novità, politica e dinastica non sta a guardare; con l’appoggio del papa e dei suoi alleati europei, oltre che di forze nazionali inglesi, il successore di Giovanni Senzaterra, Enrico III (1207-1272), riconquista la corona perduta. A sua volta, Luigi IX, succeduto al padre, rinuncia alla corona inglese in cambio di una corrispettiva rinuncia del sovrano inglese alle regioni ancora formalmente britanniche quali la Normandia, l’Angiò e la Turenne. Il re d’Inghilterra mantiene sul continente alcuni territori, ma a condizione di proclamarsi vassallo del sovrano francese. Accordi simili Luigi IX sottoscrive sui territori delle Fiandre e col re d’Aragona, in cambio di una rinuncia, da parte di quest’ultimo, alla Linguadoca. Intanto incoraggia la spedizione di Carlo d’Angiò (1226-1285), nel Regno di Napoli, ove è stato chiamato dal papato. Decisiva in questa vicenda è proprio la volontà del sovrano capetingio, che manifesta così all’Europa le ambizioni da grande potenza della nuova Francia.
Le ambizioni italiane dei Francesi vengono ridimensionate dalla perdita della Sicilia, come conseguenza della guerra del Vespro (1282) Agli inizi del XIV secolo, però, è Carlo di Valois, fratello di Filippo IV il Bello (1285-1314), a operare tentativi di insediamento in Toscana, con l’appiglio di condurre in questa regione una politica di pacificazione tra i comuni toscani. Vent’anni dopo, è sempre Carlo di Valois (1270-1325) a perseguire il progetto italiano rivolgendo le sue mire, questa volta, alla Lombardia.
Con Filippo IV il Bello la monarchia assume atteggiamenti politici nuovi. A determinare i nuovi comportamenti è la crisi dell’universalismo imperiale di origine medievale, collegato alla decadenza del Sacro romano Impero (come nel caso del grande interregno del 1256-1273) che segna il fallimento dell’idea di una compagine europea fondata sulla convivenza di più etnie e su principi comuni religiosi e politici.
A sopravvivere è solo l’idea papale del primato universale della Chiesa, che rimane l’unico elemento aggregativo attraverso il quale i Paesi dell’Europa potrebbero ritrovare un valore comune in cui identificarsi. Contro questa possibilità si mobilita Filippo IV, agli inizi del Trecento, in nome di una politica che si fonda sulla netta separazione tra potere temporale e potere spirituale, rimarcando le posizioni dei nuovi teorici del diritto romano e dell’assolutismo monarchico, che pullulano nelle università europee. Lo scontro col papato si svolge in varie fasi, tra il 1296 e il 1303, culminando nell’umiliazione del papa Bonifacio VIII (1235-1303) con l’episodio dello schiaffo di Anagni. A muovere l’atteggiamento ostile nei confronti della massima autorità cristiana è l’ambizione che nutre il sovrano francese di controllare la società politica europea. Dopo la morte di papa Bonifacio, nello stesso anno dell’avvenuta umiliazione, Filippo fa eleggere dal conclave a nuovo pontefice un ecclesiastico francese, che assume il nome di Clemente V (?-1314). Qualche anno dopo papa Clemente V deve accettare tutte le pretese avanzate dal sovrano francese, abbandonando Roma, la tradizionale sede papale, per trasferirsi ad Avignone, sottomettendosi al controllo del monarca e dell’alto clero francese (1309). Il successo ottenuto in questa vicenda spinge il sovrano a progettare nuove iniziative espansioniste in Europa, assumendo l’idea, propugnata da Pierre Dubois, di costruire una confederazione europea sotto il vessillo francese.
Il ruolo egemonico della Francia nella vita europea sembra essere offuscato dalla crisi dinastica che si verifica fra i Capetingi a partire dalla scomparsa di Filippo. La discontinuità nella gestione dello Stato, che vede alternarsi i suoi tre eredi tra il 1314 e il 1328, genera un periodo di incertezza e malgoverno, determinando proteste e agitazioni. Tanto più che l’assenza di eredi maschi, tra tutti e tre i sovrani, provoca l’adozione di una prassi che dal feudo si estende a regolamentare anche la successione regia, e si trasforma a partire dal 1358 in legge salica codificata, escludendo le donne dall’ereditarietà della corona francese. Uno dei fattori che alimenta la crisi è quello fiscale, poiché lo Stato, per i suoi impegni interni ed esterni, necessita di nuove risorse, per cui convoca i sudditi in assemblee divise per gruppi sociali, corrispondenti al ruolo che coprono e ai privilegi di cui sono destinatari. Sono le prime adunanze che, in seguito, saranno definite Stati Generali.
Alla morte dell’ultimo dei figli di Filippo il Bello, Carlo IV (1294-1328), l’estinzione della dinastia capetingia determina l’ascesa al trono, nel 1328, del ramo cadetto del Valois, già signori della contea di Tolosa. La linea prossima di successione indica come erede naturale il nipote del re, Edoardo, in quanto figlio di una sorella, ma che, terzo tra gli Edoardi, è il re d’Inghilterra. Tale soluzione dinastica si rivela inaccettabile per i francesi, da gran tempo ostili agli Inglesi, dati i continui conflitti militari intercorsi fra le due compagini statali. Per questo motivo viene preferita la successione sul trono francese di Filippo VI di Valois (1293-1350), cugino dell’ultimo sovrano capetingio.
La Francia che la nuova dinastia dei Valois si avvia a governare si configura come una realtà politica economica e sociale di grande rilievo. La popolazione ha raggiunto e superato i 20 milioni di abitanti e svolge attività economiche che consentono un notevole accrescimento della ricchezza del Paese. Profonde trasformazioni rurali hanno mutato il paesaggio agrario e innovato molte attività produttive. Le campagne francesi sono divenute quelle che un paio di secoli dopo Machiavelli descriverà con “maraviglia” e che rafforzeranno il mito della “douce France”. Di non minore importanza appare lo sviluppo delle città e dei gruppi sociali che producono e detengono la ricchezza.
A metà del XIV secolo, tuttavia, una grande crisi sociale ed economica colpisce la Francia e l’Europa. La lunga fase di espansione demografica si arresta, carestie ed epidemie devastanti, come la peste nera del 1348, producono una forte riduzione della popolazione. Molti villaggi e centri minori sono abbandonati e la miseria delle zone rurali spinge a un forte inurbamento. Sia l’agricoltura che le più ricche e sviluppate manifatture dell’epoca subiscono un declino. Un terzo degli europei è sterminato da questi eventi, i rapporti sociali divengono tesi e si diffondono in Francia le rivolte urbane e rurali. In questo contesto maturano le ragioni di un nuovo grande conflitto bellico tra Francia e Inghilterra.
L’estromissione dalla successione di Edoardo d’Inghilterra (1312-1377) pone in essere le condizioni per la nascita di un ulteriore motivo di conflitto fra la corona inglese, delusa nelle sue ambizioni espansionistiche, e quella francese, intenzionata a difendere la sua autonomia nel contesto degli Stati europei. A distanza di nove anni, nel 1337, scoppia una nuova e decisiva guerra fra i due Paesi, destinata a durare a lungo, tanto da essere conosciuta come la guerra dei Cent’anni. Dal punto di vista della tecnica militare essa esprime la novità della vittoriosa forza delle fanterie inglesi contro la cavalleria feudale francese, fino ad allora, e da molti secoli, regina delle battaglie. Grazie alla sua superiorità militare, l’Inghilterra in questa prima fase è in netto vantaggio e la stessa sopravvivenza della monarchia francese appare in pericolo. Nelle battaglia di Crécy del 1346, nella presa di Calais da parte degli Inglesi nel 1347, nella battaglia di Poitiers la Francia esce sempre sconfitta. Dopo Poitiers, il successore di Filippo di Valois, Giovanni II il Buono (1319-1364), viene addirittura catturato e portato prigioniero in Inghilterra.
Il luogotenente del Regno, il delfino Carlo, futuro Carlo V (1338-1380), per affrontare la drammatica emergenza politico-militare, convoca gli Stati Generali. Parigi, però, si rivolta e la borghesia cittadina porta al potere, nel 1358, il mercante Étienne Marcel. Questi, già alla guida della corporazione dei mercanti, viene designato dagli Stati Generali come consigliere del re. Progressivamente Marcel si trasforma in oppositore della politica monarchica, diventando sostenitore di una sempre più ampia autonomia della città, e prosegue la sua azione politica contestando il delfino e la nobiltà che lo sostiene. Il delfino Carlo, allora, fugge da Parigi, convoca gli Stati Generali e circonda la capitale con le sue truppe; ha infine la meglio sulla resistenza parigina, poiché Marcel viene assassinato e la città fallisce i suoi obiettivi politici. Il disagio economico legato alle condizioni di miseria e alle devastazioni delle truppe, sia francesi che nemiche, provoca, a partire dalla regione di Compiègne, assalti da parte dei contadini ai castelli dei feudatari, considerati responsabili in quanto favorevoli alla guerra in atto. Lo stesso Marcel tenta di collegare la rivoluzione parigina con le rivolte che dilagano nella campagne. Le truppe contadine sono guidate da un vecchio soldato, Charles Guillaume, ma i contadini vengono sconfitti dai feudatari e il loro capo viene decapitato.
Al momento dell’avvento al trono il delfino assume il nome di Carlo V. L’obiettivo principale della sua politica diviene la riconquista dei territori perduti durante le fasi della sconfitta militare, sanzionate dalla pace di Brétigny, che impone alla Francia la perdita di province importanti nel Sud-Ovest, antiche conquiste dei sovrani capetingi. Carlo tenta di sollevare il prestigio dei Valois rivendicando grandi regioni esenti dal controllo francese, in primo luogo la Borgogna, ma anche la Normandia, palesando ambizioni anche verso possedimenti castigliani. Ottiene comunque significativi successi politici, perché riesce a riallacciare i rapporti con l’imperatore, Carlo IV (1316-1378), che, nel 1374, giunge in visita a Parigi e qualche tempo dopo riconosce al sovrano francese la regione di Arles, in cui si trova Marsiglia. La morte di Carlo V nel 1380, la minorità del figlio, il futuro Carlo VI (1368-1422) – gravemente colpito, una volta salito al trono, da turbe psichiche che gli impediscono di governare –, minacciano l’autorità della monarchia, perché il potere cade nelle mani dei principi di sangue reale, che sono grandi feudatari.