La frenata dei neutrini
La notizia che i neutrini superassero la velocità della luce è stata poi smentita con grande sconcerto all’interno della comunità scientifica ma soprattutto dell’opinione pubblica. Un errore di calcolo ingigantito dai media.
Ma la storia della scienza è fatta di continue revisioni.
Il 23 settembre del 2011, l’esperimento OPERA (una collaborazione tra il CERN di Ginevra e i Laboratori nazionali del Gran Sasso) annuncia di aver ottenuto risultati che sembrerebbero in conflitto con uno dei cardini della teoria della relatività di Einstein, ovvero l’insuperabilità della velocità della luce. Fasci di neutrini prodotti al CERN e inviati in direzione dei rivelatori del Gran Sasso avrebbero coperto la distanza di 732 chilometri impiegando 60 miliardesimi di secondo in meno di quanto ci avrebbero messo viaggiando alla velocità della luce (ovvero circa 2,4 millisecondi). Apparentemente, quindi, i neutrini avrebbero coperto il tragitto superando la velocità della luce, un fatto che sarebbe in aperta contraddizione con gran parte dell’edificio della fisica moderna.
All’annuncio del risultato – che era stato preceduto da indiscrezioni e fughe di notizie – fa seguito una campagna di stampa internazionale con pochi precedenti nella storia recente della ricerca scientifica.
Un clamore comprensibile vista la posta in gioco, ma sostanzialmente di origine giornalistica. Una parte dei media, desiderosa di cavalcare la notizia di un possibile errore di Einstein, parla nei giorni successivi all’annuncio di ‘scoperta’ e di ‘rivoluzione’. Gli esperti, al contrario, fin dall’inizio suggeriscono cautela, enfatizzando la provvisorietà del risultato.
Gli stessi autori dello studio sollecitano la comunità scientifica a svolgere verifiche indipendenti, e si impegnano a fare ulteriori controlli per rintracciare eventuali cause di errore sfuggite alla prima analisi.
In effetti, pochi mesi dopo sono gli stessi autori dello studio a segnalare indizi di possibili errori. Il 23 febbraio 2012 una nota ufficiale di OPERA annuncia che la collaborazione avrebbe individuato due effetti che potrebbero avere influenzato la misura del tempo di percorrenza dei neutrini. Se essi fossero confermati, la significatività delle misure inizialmente annunciate da OPERA sarebbe fortemente ridimensionata. Poco meno di un mese dopo, il 16 marzo, arriva la prima misura indipendente del tempo di transito dei neutrini. La annuncia l’esperimento ICARUS (cui partecipa anche il premio Nobel Carlo Rubbia) che, negli ultimi mesi del 2011, ha rilevato la velocità dei neutrini lungo lo stesso percorso tra Ginevra e Gran Sasso preso in esame da OPERA. Le nuove misure non mostrano alcuna discrepanza nel tempo di percorrenza dei neutrini rispetto a quanto previsto se essi viaggiassero a velocità leggermente inferiore a quella della luce, come atteso teoricamente.
La nuova misura viene letta come una confutazione pressoché definitiva dei risultati di OPERA.
I media, dopo aver frettolosamente e acriticamente presentato i risultati di pochi mesi prima come rivoluzionari, parlano adesso di ‘flop’ e di ‘figuraccia’.
Qualche giorno più tardi, il responsabile di OPERA, Antonio Ereditato, si dimette dall’incarico, denunciando le spettacolarizzazioni eccessive e ingiustificate che hanno accompagnato, nei mezzi di comunicazione, l’annuncio dei risultati dell’esperimento, e riaffermando la correttezza e il rigore scientifico con cui ha agito la collaborazione di cui era responsabile. Allo stesso tempo, le dimissioni portano allo scoperto l’esistenza di tensioni interne al gruppo, divampate nei mesi precedenti sotto l’enorme pressione esterna. Il caso di OPERA è emblematico della tremenda accelerazione che sta subendo, negli ultimi anni, la comunicazione della ricerca scientifica, tra spinte competitive innescate dalle nuove politiche di finanziamento della ricerca e la facilità di accesso diretto alle fonti resa possibile dalle nuove tecnologie, e in particolare dalla Rete. Risultati interessanti ma problematici, che richiedono conferme e ulteriori indagini, arrivano ormai direttamente e in breve tempo al grande pubblico, scavalcando i consolidati filtri di convalida della comunità scientifica, come, ad esempio, il processo di revisione paritaria delle riviste scientifiche tradizionali. Il passaggio innesca un meccanismo perverso, in cui le parti in gioco seguono procedure e scopi divergenti. I media richiedono messaggi netti, sintetici, forti, in grado di sollevarsi al di sopra della soglia di rumore del flusso di notizie; gli scienziati non sono solitamente in grado di padroneggiare quel tipo di linguaggio, usano sfumature tecniche difficilmente comprensibili senza la dovuta formazione, e di cui non riescono a prevedere e a controllare la percezione pubblica. Così, un semplice risultato intermedio si trasforma, nelle cronache, in una scoperta; una anomalia diventa una rivoluzione; e un fisiologico errore sperimentale, connaturato alla metodologia stessa di indagine, diventa uno sbaglio. Il normale modo di procedere della scienza – fatto, oltre che di passi avanti, anche di tentativi abbandonati, di esiti provvisori e di continue revisioni – si trasforma in una sequela ormai quasi quotidiana di annunci sensazionali e di frettolose ritrattazioni.
Un’altalena emotiva che potrebbe alla lunga portare a una disaffezione dell’opinione pubblica nei confronti della scienza, oltre che a una percezione distorta del suo operato. E se nel caso di OPERA vanno riconosciuti agli scienziati coinvolti l’assoluta buona fede e il completo rispetto del metodo scientifico, in altri casi lo sfruttamento della credulità di parte dell’opinione pubblica, con la complicità di alcuni mezzi di informazione in cerca di facile spettacolarizzazione, appare volontario e quindi assai più preoccupante. Forse i tempi richiedono una vera alleanza tra scienziati e comunicatori.
Le parole
■ Neutrini
Sono le particelle più elusive finora scoperte: privi di carica elettrica e con una massa estremamente piccola, interagiscono raramente con la materia, di cui possono attraversare indisturbati enormi spessori. La loro esistenza fu proposta nel 1930 dal fisico Wolfgang Pauli; ma fu Enrico Fermi a dare al neutrino il suo nome. Si conoscono tre ‘famiglie’ di neutrini (il neutrino elettronico, il neutrino muonico e il neutrino tauonico). Mentre si propagano, ‘oscillano’ nella loro natura, trasformandosi da un tipo all’altro. L’esperimento condotto dal CERN di Ginevra e dall’Istituto nazionale di fisica nucleare si basa sull’invio di un fascio di neutrini muonici verso i Laboratori nazionali del Gran Sasso. I neutrini attraversano la crosta terrestre per 732 km e, una volta a destinazione, si scontrano con i rivelatori. Lo scopo dell’esperimento è osservare l’oscillazione dei neutrini, cioè la capacità di quelli muonici di trasformarsi in neutrini tauonici. I dati relativi a questa oscillazione sono importanti per ricavare informazioni sulle intrinseche proprietà di tali particelle.
■ Relatività
Nella teoria della relatività ristretta di Albert Einstein la velocità della luce nel vuoto (300.000 km/s) rappresenta un limite invalicabile. Le particelle dotate di massa (e i neutrini una piccola massa ce l’hanno) una volta che si avvicinano a quel limite la vedrebbero aumentare drammaticamente fino all’infinito: si comportano alla stre-gua di palle di neve che, rotolando sempre più veloci sui fianchi innevati di una montagna, vedono crescere con la velocità anche la propria massa. Se poi, come sembrava dai primi dati dell’esperimento OPERA, i neutrini dovessero addirittura superare la velocità della luce, risulterebbe allora necessario riscrivere l’intera impalcatura teorica che sorregge gran parte della fisica moderna.
Cronologia dei fatti
■ 23 settembre 2011. Facendo seguito ad alcune indiscrezioni giornalistiche apparse sui quotidiani il giorno prima, in una conferenza stampa viene annunciata, da parte di un’équipe di ricerca guidata dal fisico italiano Antonio Ereditato impegnata nell’esperimento OPERA (Oscillation Project with Emulsion-tRacking Apparatus), la scoperta di un’anomalia, in quel momento inspiegabile, in ragione della quale i neutrini viaggerebbero a velocità superiori a 300.000 chilometri al secondo, il limite considerato fino a oggi invalicabile dalla teoria della relatività di Einstein. Il rivelatore dell’esperimento OPERA è costituito da lastre di piombo, in cui avvengono le interazioni, alternate con particolari ‘emulsioni fotografiche’ che contengono vere ‘istantanee’ delle spettacolari interazioni tra i neutrini e i nuclei di piombo.
■ 23 febbraio 2012. Un comunicato dell’esperimento OPERA individua in una cattiva connessione di un cavo in fibra ottica, che veicola i dati Gps satellitari verso la scheda elettronica di acquisizione posta nel ventre della montagna abruzzese, la banale causa dell’errore sistematico di misura (60 miliardesimi di secondo) e della conseguente sovrastima della velocità dei neutrini.
■ 16 marzo 2012. L’esperimento ICARUS (Imaging Cosmic And Rare Underground Signals), coordinato dal premio Nobel Carlo Rubbia e condotto anch’esso nei Laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), smentisce la scoperta di OPERA. L’esperimento, basato su sette eventi rilevati nel novembre 2011, è stato effettuato con un sofisticato strumento costituito da 760 tonnellate di argon liquido. L’argon è usato come un bersaglio, e quando una particella colpisce i suoi nuclei il sistema è in grado di generare una corrente elettrica in tre serie di fili, evento che può essere ricostruito nelle tre dimensioni.
■ 28 marzo 2012. L’esperimento LVD (Large Volume Detector), anch’esso collocato nei Laboratori nazionali del Gran Sasso, conferma la presenza di un errore sistematico negli strumenti di misura di OPERA.
■ 30 marzo 2012. Antonio Ereditato si dimette dall’incarico di coordinatore della collaborazione OPERA.
Quelle scoperte che la fisica ha poi ‘riscoperto’
Nella storia della fisica non sono rari gli ‘abbagli’ che fisici, illustri e non, hanno talvolta preso. Va anche detto che la fisica, avvalendosi in modo sistematico di potenti meccanismi di autocorrezione, ha sempre saputo andare avanti, superando senza troppe scosse queste ‘incertezze’ legate quasi fisiologicamente alla crescita della conoscenza scientifica. Vediamone una breve rassegna.
Le sviste di Fermi e dei ragazzi di via Panisperna
Nel 1934 Fermi e il suo gruppo, e con loro l’intera comunità scientifica internazionale, prendono due grandi abbagli: dapprima non comprendono di aver realizzato il primo esperimento di fissione nucleare, nel quale il nucleo di un elemento pesante come l’uranio viene frantumato in tanti elementi più leggeri. Poi pensano di riconoscere fra gli elementi prodotti dalla reazione nucleare da loro innescata due elementi nuovi di zecca, di numero atomico maggiore di 92: il regime fascista, inneggiando alla grandezza nazionale, li farà prontamente battezzare con i nomi di ausonio ed esperio. Quattro anni più tardi, Fermi si avvede dell’errore, riconoscendo nei prodotti di quelle reazioni nucleari la presenza di bario, stronzio, kripton e rubidio. Si tratta cioè dei ‘pezzi’ del nucleo di uranio che si è frantumato nella reazione di fissione e quindi di elementi ben noti, aventi un numero atomico significativamente inferiore a 92: i primi elementi transuranici, aventi numero atomico 93 e 94, saranno invece scoperti negli USA nel 1940 e si chiameranno, rispettivamente, nettunio e plutonio.
L’errore che Einstein ammise e che oggi si scopre non essere più tale
Quando si scopre che l’Universo ha avuto inizio da uno scoppio iniziale, il famoso Big Bang, Einstein ammette che l’avere introdotto nelle sue equazioni di campo un termine ad hoc, la cosiddetta costante cosmologica, è stato il più grande errore della sua vita. L’aveva fatto per ottenere un modello di Universo statico, privo cioè di un’imbarazzante singolarità iniziale, quale il Big Bang, considerata allora poco plausibile. Ebbene, il fatto curioso è che adesso ci si è completamente ricreduti, tanto da ritenere che il buon Einstein non si fosse affatto sbagliato nell’aver introdotto la costante cosmologica. In effetti, nelle più recenti modellizzazioni cosmologiche la tanto vituperata costante cosmologica è stata reintrodotta perché riesce perfettamente a spiegare il motivo per cui l’Universo stia accelerando e non stia invece espandendosi a velocità costante. Insomma il vero errore di Einstein è stato quello di aver ammesso, per una volta, di aver sbagliato!