La genesi e lo sviluppo della civilta greca. Atene
Capitale dell’Attica (gr. Ἀθῆναι; lat. Athenae), prende il nome da Atena, protettrice della città. Al centro della pianura ateniese si erge l’altura dell’Acropoli, un rilievo di forma ellittica (305 x 137 m; alt. 156 m) che consiste in una massa di calcare su uno strato di scisto. Nelle immediate vicinanze dell’Acropoli a ovest si trovano l’Areopago, la collina delle Ninfe e la Pnice; a sud-ovest la collina del Mouseion. In quest’area si concentrano i maggiori monumenti e i quartieri principali della città: l’Acropoli e le sue pendici, l’Olympieion, l’Agorà e il Ceramico, il quartiere meridionale, che si estende fino alle rive dell’Ilisso; il quartiere settentrionale, fino al lato nord del muro di Temistocle; il quartiere orientale con le pendici orientali dell’Acropoli, la via dei Tripodi e il quartiere adrianeo che si estendeva verso est, al di là del circuito temistocleo. Le più antiche tracce d’insediamento provengono dall’Acropoli, ideale per la posizione dominante e per la presenza di sorgenti d’acqua.
La città nel corso del tempo venne racchiusa entro una cinta muraria, oggi in massima parte ricostruibile. Le porte si aprivano sulle più antiche direttrici di traffico, alcune delle quali di età preistorica. Sono state identificate 15 porte: la più importante è la porta Thriasia o Dipylon (come attesta un’iscrizione databile al 288/7 a.C.) nel Ceramico. Costituita da muri aggettanti, che formavano un’ampia corte fiancheggiata da torri, per le sue dimensioni (41 x 22 m) può essere considerata la più grande porta del mondo antico.
Le necropoli si formarono in corrispondenza delle vie principali, subito fuori dalle porte. La maggiore di esse si trovava nella zona del Ceramico, davanti al Dipylon; lungo la via dell’Accademia erano allineate le tombe degli uomini politici e quelle di chi era stato ucciso in guerra. La via Sacra, verso Eleusi, era fiancheggiata da tombe private. Un ramo secondario della via Sacra si dirigeva verso il Pireo; lungo questo percorso erano disposte tombe private e recinti di famiglia. A parte alcune sepolture isolate dell’Elladico Medio, la necropoli del Ceramico, situata lungo l’Eridano, fu utilizzata dall’età submicenea fino all’età romana; dalla necropoli proviene un kouros maggiore del vero rinvenuto nel 2002, scolpito nella tradizione della bottega del Dipylon.
Sull’Acropoli e sulle sue pendici, in particolare sui versanti meridionale e nord-occidentale, sono localizzati i resti più antichi risalenti al tardo Neolitico e databili al 3200 a.C. circa. Si tratta di muri e fondazioni di case, ceramica rozza e fosse di scarico (bothroi). A ovest delle pendici settentrionali, presso la Klepsydra, sono stati rinvenuti circa 20 pozzi ed erano utilizzate come abitazioni anche le grotte sul versante tra la Klepsydra e il santuario di Afrodite ed Eros. Tracce di abitazioni sono state trovate anche nell’area dell’Olympieion; le case hanno fondazioni in pietra, pavimenti di terra battuta e focolare. La ceramica è decorata con motivi geometrici dello stile di Dimini, mescolati con i primi motivi della fase di Sesklo; sono evidenti, tuttavia, gli elementi del Subneolitico e del Calcolitico. A. doveva avere in questo periodo contatti con la Tessaglia, con le Cicladi e con la Troade. L’Elladico Antico (EA, 3200-2100/1950 a.C.) di A. non è ben documentato; le aree abitate dovevano essere rimaste immutate ed erano ancora utilizzate le grotte, come quelle al di sopra dell’Asklepieion. La ceramica lucida (Urfirnis) mostra affinità con quella di Asine, Zygouries, Lerna ed Eutresis. Recentemente è stata scoperta vicino a Loutsa l’acropoli di Zaghani, databile intorno al 3000 a.C. L’insediamento in cima a una collina è circondato da un recinto fortificato. Si presumono contatti con il Peloponneso; tuttavia, verso la fine dell’EA III, deve essere aumentata l’influenza delle Cicladi. La documentazione è più consistente dall’Elladico Medio (EM, 2100/1950-1580 a.C.), quando si verificò l’espansione di A.: le testimonianze indicano un aumento della popolazione e una diffusione delle abitazioni. Queste sono concentrate in gruppi: i più cospicui si trovano nella zona dell’Olympieion, sulle pendici settentrionali e su quelle meridionali, nel quartiere meridionale, nell’Agorà e nel Ceramico. L’espansione verso ovest è documentata da gruppi di edifici tra il Ceramico e l’Accademia. L’Acropoli, accessibile per mezzo di un sentiero a nord, era utilizzata anche per sepolture con tombe a cista. Tipica del periodo è la cosiddetta “ceramica minia”; datano peraltro a questa fase i contatti di A. con il Peloponneso e con le Cicladi.
Il passaggio al Tardo Elladico (TE, 1580-1125 a.C.) avvenne senza cesure; mentre i sovrani micenei venivano deposti a Micene in tombe a pozzo, nell’A. del XVI sec. a.C., una comunità sostanzialmente agricola, continuarono a prevalere le deposizioni in tombe a cista. Caratteristica dell’EM è anche l’attardamento dei modelli ceramici. Non vi è alcuna testimonianza di invasioni dall’esterno. Con il TE IIA si nota una chiara influenza micenea; i contatti sono con l’Argolide e, in misura minore, con Creta. L’Acropoli diventò la sede del wanax, mentre cominciarono a diffondersi le tombe a camera di tradizione micenea: una stanza sotterranea rettangolare preceduta da un dromos. Sono documentati resti di abitazioni negli stessi luoghi del periodo precedente nell’area dell’Olympieion e in quella del quartiere meridionale. Le ricerche tendono a confermare in sostanza il passo di Tucidide (II, 15, 1, 3) sull’estensione della città limitata all’Acropoli e alle sue pendici meridionali. Per la prima volta una tomba a camera venne costruita nell’area dove successivamente si sviluppò la grande necropoli a sud dell’Acropoli, presso l’Ilisso. Sono assenti le grandi tombe a tholos, diffuse invece a Menidi, Thorikos e Maratona.
Nel TE IIIA1 (1410-1380 a.C. ca.), A. divenne ancora più popolata, con una preferenza per il quartiere meridionale, mentre continuarono a essere utilizzate le abitazioni sull’Acropoli. Oltre alle due necropoli in uso, nell’Agorà e nella via Demetrakopoulou, appartengono a questa fase le tracce di una terza necropoli sulle pendici settentrionali della collina delle Ninfe. L’abitato si estendeva dall’Olympieion fino al versante meridionale dell’Acropoli e dal lato occidentale di questa fino alla collina delle Ninfe: il territorio era probabilmente abitato da comunità sparse. Tucidide, quando descrive le condizioni degli antichi stati greci, dice che la popolazione viveva katà komas o in piccole comunità. Tale situazione di diverse comunità insediate intorno all’Acropoli (che aveva ruolo preminente) ha portato a spiegare la forma plurale del nome (Athenai), nonché a ipotizzare una parziale corrispondenza con le leggende (Cecrope, Eretteo-Erittonio). In questo periodo A. importava dall’Argolide ceramica e merce di lusso in avorio e oro; emergono anche contatti con l’Eubea e la Beozia. Le tombe a camera sulle pendici della collina dell’Areopago indicano un elevato status sociale; gli ori e gli avori dei corredi e la finezza dell’esecuzione sono indizi di sepolture principesche. Nel TE IIIA2 (1380-1300 a.C. ca.) rimasero immutate le aree abitative e le necropoli; A., diversamente dagli altri centri dell’Attica, entrò in una fase di isolamento evidenziata da una ceramica di stile conservativo e povero.
Il TE IIIB1 (1300-1230 a.C. ca.) fu il periodo di maggiore prosperità ed espansione: tutte le zone già note continuarono a essere occupate con una certa preferenza per le pendici settentrionali dell’Acropoli. A. assunse il ruolo di centro di uno stato forte con strette relazioni con gli altri abitati micenei del Peloponneso. L’Acropoli continuò a essere la sede del wanax, a cui si deve un sistema di terrazzamenti formati da grossi muraglioni, dove si sviluppò il palazzo miceneo. La collina rimase senza difese fino alla metà del XIII sec. a.C. quando fu fortificata con mura ciclopiche. Un’entrata secondaria conduceva al palazzo attraverso una piccola apertura sul lato settentrionale; l’accesso principale, su quello occidentale, era invece protetto da una torre massiccia e da una doppia porta. Nel corso del TE IIIB2 fu completata la costruzione di una rampa segreta, che conduceva a una fontana sotterranea ai piedi del versante settentrionale dove in seguito si attestò il culto di Aglauro; in tal modo veniva assicurato l’accesso all’acqua per gli abitanti della collina. È possibile che in questo periodo fosse già in uso la via del Peripato, che girava intorno alla collina.
Il TE IIIB testimonia un aumento del potere centrale, l’intensificarsi delle relazioni con i centri dell’Argolide e l’incremento della popolazione. Questo periodo di potenza e di prosperità terminò quando, verso il 1200 a.C., la maggior parte dei palazzi micenei venne distrutta da incendi. A. fu l’unica, tra le principali città, a sopravvivere agli eventi di quest’epoca; le fortificazioni dell’Acropoli devono avere protetto la popolazione, compresi i profughi provenienti secondo la tradizione dal distrutto palazzo di Pilo. Sui rapporti con il mondo miceneo e in particolare sui rapporti tra A. e Creta, il mito ateniese (dipendenza di A. da Creta, Teseo, il Minotauro) fornisce dati difficilmente accertabili sul piano archeologico. È notevole comunque il rinvenimento nell’Agorà di un anello con sigillo che rappresenta un uomo dalla testa di toro che conduce due donne prigioniere, datato al 1400-1375 a.C. in coincidenza con la presa micenea di Cnosso. È difficile stabilire se gli Ateniesi contribuirono a questa spedizione militare; non è comunque senza significato che in una versione si racconti che Teseo attaccò Creta insieme a Dedalo.
Nel TE IIIC (1190-1125 a.C.) A. dovette risentire delle condizioni d’instabilità presenti in Grecia. Tucidide (I, 12) afferma che dopo la guerra di Troia nelle città si scatenarono lotte civili e che otto anni dopo i Dori conquistarono il Peloponneso (1137/6 a.C.); tuttavia non vi fu interruzione nella vita di A. Un complesso di abitazioni presso la porta posteriore della cinta settentrionale costituisce un esempio delle tendenze di quest’epoca: le case furono abitate per meno di una generazione e vennero poi improvvisamente abbandonate, mentre la fontana sotterranea fu utilizzata ancora fino al crollo della sua scalinata lignea. È possibile che la cinta, che circondava il lato occidentale della collina (Pelasgikòn), sia stata estesa nel TE IIIC per venire in aiuto della popolazione durante i periodi di crisi. Risulta evidente dai dati archeologici che nella fase iniziale di questo periodo il potere del palazzo non era affatto diminuito: i resti delle stanze a est e a sud del Partenone testimoniano infatti la continuità dell’attività edilizia del palazzo.
Il periodo che segue, caratterizzato all’inizio dalla cultura submicenea (1125-1050 a.C. ca.), corrisponde a una fase di povertà e isolamento in tutta la Grecia. Tre mutamenti che influiscono sulla vita dopo il 1200 a.C. e prevalgono poi nel Submiceneo sono considerati come derivati dal TE IIIC: la cremazione tende a soppiantare l’inumazione, il defunto viene deposto in ciste e non più in tombe a camera e infine il ferro comincia a sostituire il bronzo. Questo periodo è ben documentato dalla necropoli del Ceramico, da quella attica di Perati e dalla necropoli dell’Arsenale di Salamina. Nel Ceramico, al di sotto del Pompeion, gli scavi tedeschi (1927-1938) hanno riportato alla luce 108 tombe disposte in 11 file; i defunti venivano deposti in fosse scavate nel banco roccioso o in ciste, i cui lati erano delimitati da lastre di pietra. La medesima pianificazione si ritrova nella necropoli dell’Arsenale. Le tombe contenevano ceramica semplice (fiaschette per olio, vasi e lekythoi) variamente decorata: da fasce orizzontali e da linee ondulate o da semicerchi concentrici dipinti a mano libera. Erano presenti anelli di ferro e fibule di bronzo; è significativo il ritrovamento di lunghe spille di bronzo, talvolta a coppie. Oggi si crede che le tombe a cista avessero connessioni con il mondo medioelladico. Che questa fosse un’epoca di transizione è indicato dalla progressiva affermazione della cremazione. L’A. del periodo submiceneo deve aver beneficiato dei contatti con il Mediterraneo orientale e in particolare con Cipro. Nuovi arrivi, o i Dori della tradizione devono avere esercitato un’influenza evidenziata dalla presenza delle spille accessorio tipico dei pepli dorici. Analoghi sono i rinvenimenti nella necropoli dell’Arsenale e di Perati.
Nel corso dell’età geometrica (900-700 a.C. ca.) la popolazione continuò a vivere in piccoli insediamenti sparsi su un ampio territorio. Sebbene non manchino tracce di abitazioni sull’Acropoli e nell’Agorà, le principali testimonianze si riferiscono alle necropoli: quella del Ceramico (Pompeion) ha caratteristiche innovative e testimonia la presenza di una nuova comunità. Le tombe submicenee avevano occupato la riva settentrionale dell’Eridano, la necropoli protogeometrica si sviluppò invece circa 100 m più a ovest, sulla riva opposta. Da tre tombe a cremazione provengono i primi vasi protogeometrici decorati con cerchi e semicerchi a compasso, losanghe e tratteggi incrociati. Il Protogeometrico (1050-900 a.C.) è caratterizzato dalla cremazione, dalla ceramica e da un utilizzo maggiore del ferro, impiegato nelle fibule e nelle armi.
A. doveva essere in questo periodo il centro più importante della Grecia. L’area di rinvenimento di materiali protogeometrici è estesa: fuori dai confini di A. si evidenziano due siti significativi, uno nel distretto dell’Accademia e l’altro sul lato occidentale dell’Imetto, presso i resti di un santuario di Zeus. Un’altra necropoli è quella sottostante all’Agorà, mentre ulteriori tombe sono state rinvenute nel quartiere settentrionale, sulle pendici meridionali dell’Acropoli, nel quartiere meridionale, sulla collina delle Muse e vicino alle porte di Acarne e di Diocare. Queste suggeriscono la presenza di comunità che occupavano un’area piuttosto estesa intorno all’Acropoli. Il ritrovamento di armi (spade, pugnali, coltelli, punte di lancia e di freccia), se non implica necessariamente l’arrivo di una nuova popolazione, è il segnale di una forza militare ed economica in crescita. Cominciarono a comparire i segnacoli costituiti da una pietra rozzamente sbozzata o da un vaso monumentale (un cratere o un’anfora). Da questo momento i segnacoli funerari vennero utilizzati con crescente diffusione per le tombe delle necropoli di A. e dell’Attica. La diffusione del Protogeometrico attico nella Grecia centrale, nelle Cicladi, nel Dodecaneso e sulle coste occidentali dell’Asia Minore testimonia l’influenza che A. esercitò nel resto della Grecia.
Nel corso dell’età geometrica si verificò ad A. un notevole sviluppo, rappresentato dalla crescita della città, dall’aumento dell’esportazione della ceramica e dalla produzione di una serie di raffinati vasi decorati. Dalla metà del IX sec. a.C. si aprirono contatti con i mercati del Vicino Oriente, portando così all’acquisizione di merci di lusso, avorio e oro. Una possibile fonte di ricchezza per la società ateniese della metà del IX secolo erano le miniere d’argento di Thorikos, sulle quali A. esercitava probabilmente il controllo. Le testimonianze del Geometrico antico (900-850 a.C. ca.) sono limitate alle necropoli: A. rimase un centro formato da prosperose comunità sparse. Per quello che riguarda i ritrovamenti funerari, questo periodo è rappresentato principalmente da circa 28 tombe, dal Ceramico e dalle pendici settentrionali dell’Areopago. Di particolare interesse è la tomba a cremazione di un guerriero dall’Areopago: intorno al collo dell’anfora cineraria era una spada di ferro, piegata e inservibile. Scambi con il Vicino Oriente e benessere sono evidenti nell’A. della metà del IX sec. a.C.: diademi e anelli d’oro, ornamenti d’avorio e coppe di bronzo importate dai Fenici distinguono alcune tombe del Ceramico. Nell’Agorà la sepoltura a cremazione di una ricca signora conteneva offerte in oro e in avorio e un modellino di terracotta con cinque depositi per il grano, simbolo del rango elevato della donna (850 a.C. ca.).
Nel Geometrico medio (850-760 a.C. ca.) l’esportazione di ceramica nell’Egeo era all’apice. È il territorio, specialmente l’area costiera, a restituire la documentazione più abbondante. Gli Ateniesi venivano seppelliti in aree funerarie diverse, indice della presenza di altre comunità sparse intorno all’Acropoli. I defunti venivano cremati, anche se alcune eccezioni dimostrano come l’inumazione stesse tornando in uso. Nel Geometrico medio sono importanti le necropoli dell’Agorà e dell’Areopago, del Ceramico, della via del Pireo e del quartiere meridionale (via Kavalotti). Una oinochoe dalla necropoli della via del Pireo, databile al terzo quarto dell’VIII sec. a.C. (tardo Geometrico Ib), reca sulla spalla un graffito, la più antica iscrizione greca.
Tra il 760 e il 700 a.C. circa cominciò per A. e per l’Attica una fase di prosperità. Le ricerche hanno accertato un aumento sia del numero dei pozzi relativi alle abitazioni nell’area dell’Agorà, sia della densità delle sepolture. Sono state rinvenute tombe nel Ceramico e nella necropoli della via del Pireo, intorno alle pendici settentrionali dell’Areopago, nel quartiere meridionale (via Kavalotti) e infine verso sud-est nella necropoli di Cinosarge. La necropoli della via del Pireo sembra avere collegamenti con le famiglie aristocratiche dei Medontidi, dei Filadi e molto probabilmente dei Neleidi. Ancora più verso sud-est (via Krieze) è stata trovata l’area di sepoltura di un’altra nobile famiglia che continuava a utilizzare il rito della cremazione. Un’ulteriore significativa zona di sepoltura era nell’angolo sud-occidentale dell’Agorà, vicino alla tholos. Il brusco aumento delle tombe e delle case è prova di un incremento demografico senza precedenti. Per comprendere il complesso modello insediativo del tardo Geometrico è necessario studiare le testimonianze indirette dei pozzi e delle fosse di scarico. I resti dei pozzi dell’Agorà confermano che la popolazione di A. era quasi triplicata: il numero di pozzi risulta infatti aumentato a 27 unità; questo sviluppo può essere collegato all’aumento dell’attività artistica, alla produzione di ceramica attica e alla sua massiccia diffusione in Grecia e sui mercati transmarini.
Subito dopo il 770 a.C. le raffigurazioni dei ceramografi ateniesi diventano più complesse: compaiono scene di attività umane. Nuove composizioni ricoprono l’intero corpo di anfore e crateri monumentali utilizzati come segnacoli. Un’inconsueta ricchezza si registra nel 770-740 a.C. circa, periodo nel quale le sepolture più ricche dell’Attica provengono da A. Intorno al 730 a.C. si verifica al contrario un calo di oggetti di lusso nelle tombe, mentre nel territorio si nota un aumento nella quantità e nella qualità del materiale: è l’inizio di una nuova fase in cui il benessere si concentra nel territorio. Questo repentino cambiamento coincise con il declino della produzione ceramica ateniese e con l’imporsi di quella corinzia. L’esclusione dai mercati stranieri dovette avere infatti conseguenze sul piano economico. Si ebbe una crescita della popolazione, sia nelle zone costiere che in quelle interne dell’Attica, e si formò a partire dal 700 a.C. un sistema di rapporti bilanciati tra polis e territorio. Pur avendo probabilmente problemi di sovrappopolazione, A. non partecipò alla spinta colonizzatrice verso Occidente: la sua assenza era dovuta forse anche alla rivalità con le grandi città del “gruppo occidentale” (Megara, Egina, Argo). Delle abitazioni di questo periodo rimangono scarsi resti; gli edifici più importanti si trovavano nei quartieri settentrionale e meridionale e specialmente nella zona dell’Agorà. Sui lati occidentale e meridionale della piazza sono state rinvenute tracce di abitazioni con muri rettilinei. I 27 pozzi dell’Agorà dovrebbero appartenere a un uguale numero di abitazioni. Importante è la cosiddetta Casa Ovale, situata sulla strada che porta al quartiere di Melite. L’edificio, abbandonato nel terzo quarto dell’VIII sec. a.C., è da interpretare come un recinto funerario. Tra le abitazioni dell’Agorà sono state trovate singole sepolture e un recinto funerario, nel sito della più tarda tholos, a pianta rettangolare, orientato nord-ovest/sud-est. Formato da blocchi di calcare privi di decorazione, era posto in corrispondenza della strada che correva lungo il lato occidentale dell’Agorà. Nel corso degli scavi furono rinvenute 20 tombe databili al periodo dal 750 al 700 a.C. circa. Il recinto venne rispettato durante il VII secolo, nonostante non fosse più in uso. L’area funeraria conteneva tombe a inumazione di adulti e spoglie di bambini poste all’interno di grandi vasi; le più ricche contenevano vasi per bere e armi, nel caso di defunti di sesso maschile, gioielli e pissidi per quelli di sesso femminile. La scoperta di pire ha fatto ipotizzare riti funerari. Le rappresentazioni sui vasi provenienti dalle pire (uomini recanti una ghirlanda e una spada per il defunto), il ricco contenuto dei corredi tombali e la posizione centrale dell’area funeraria suggeriscono che questa necropoli sia appartenuta a un’antica famiglia di A.
Non vi sono tracce di edifici pubblici e santuari nell’A. del periodo geometrico, mentre è oggetto di studi la presenza, già dalla fine dell’VIII secolo, di un tempio di Atena sull’Acropoli. Due menzioni, dall’Iliade (II, 549) e dall’Odissea (VII, 80, 81), sembrano attestare l’esistenza di un tempio già in età omerica. Due basi di colonne, considerate appartenenti al palazzo miceneo, sono invece probabilmente da attribuire a un tempio tardogeometrico; a questo originario tempio di Atena potrebbe appartenere il grande acroterio di bronzo con la raffigurazione di una gorgone tra animali.
Nel corso del VII sec. a.C. si ampliarono sia la necropoli del Ceramico che quelle a nord-nord-est (via del Pireo e via Krieze, porta di Acarne) e a sud-sud-est della città (via Kavalotti, via dell’Eretteo, necropoli dell’Olympieion). Le tombe tendono a raggrupparsi intorno a nuclei più antichi. Cessò l’uso dell’Agorà per scopi funerari: le ultime sepolture risalgono alla fine dell’VIII sec. a.C. Per quanto riguarda le abitazioni, notevoli sono i resti nell’Agorà e vicino alle pendici settentrionali dell’Areopago, nei pressi della strada meridionale. Immediatamente a sud della tholos è stato scoperto un complesso che costeggia il lato ovest della strada, orientato in senso est-ovest. Consisteva in una serie di stanze e in una corte, dove si trovava una fornace; le stanze erano costruite con pietre non lavorate legate con argilla e i pavimenti erano in terra battuta. Questo complesso, realizzato intorno al 700 a.C., fu abbandonato nel terzo quarto del VII sec. a.C. Alcuni depositi votivi, che suggeriscono la presenza di santuari, sono stati trovati nella piazza dell’Agorà e nei dintorni. Particolarmente interessante è quello rinvenuto nei pressi della cosiddetta Casa Ovale, il quale conteneva una placca di argilla con raffigurazione di una divinità femminile con serpenti. Altari per i defunti dovevano essere numerosi nelle diverse necropoli.
Già dal VII secolo doveva esistere sulle pendici nord dell’Acropoli un nucleo di santuari e di edifici pubblici. Aristotele fornisce un resoconto di ciascuna delle magistrature ateniesi e dell’edificio dove le funzioni venivano svolte (Ath. Pol., III, 2 ss.). Poiché il punto focale della vita ateniese era costituito dall’Acropoli, le prime assemblee furono tenute in quest’area, sulla sella tra l’Acropoli e l’Areopago. Solamente al tempo di Solone fu creata una nuova Agorà nella zona pianeggiante situata tra le pendici nord dell’Areopago, il Kolonòs Agoraios e l’Eridano a nord.
L’Agorà di Teseo
Il principale nucleo amministrativo e cultuale si era di fatto formato nel corso dell’VIII secolo e si estendeva dall’altare di Afrodite Pandemos all’ingresso dell’Acropoli fino alla grotta di Aglauro. Secondo una nuova iscrizione il santuario di Aglauro va identificato con la grande grotta alle pendici est dell’Acropoli. I due principali edifici, punti fissi per la localizzazione di altri monumenti della più antica Agorà, sono il santuario di Afrodite Pandemos e il Pritaneo. Il santuario è localizzabile nella zona dell’accesso occidentale dell’Acropoli. Il Pritaneo è menzionato due volte da Pausania (I, 18, 1,3 e I, 20, 1), che lo situa vicino all’altare di Aglauro e all’Anakeion, presso l’inizio della via dei Tripodi. Era la residenza dell’arconte eponimo prima dell’avvento del legislatore Dracone; vi si trovavano il focolare della città sempre acceso e le statue di Eirene e Hestia; all’interno era custodita anche parte delle leggi di Solone, incise su axones di legno. Ancora nelle vicinanze del santuario di Aglauro (Paus., I, 18, 2) si trovava l’Anakeion (Paus., I, 18, 1), dedicato ai Dioscuri: il santuario era costituito da una cella e da un largo recinto delimitato da horoi. Secondo Tucidide (VIII, 93), il recinto poteva contenere un gran numero di uomini armati; Polignoto vi aveva dipinto il ratto delle Leucippidi e Mikon il ritorno degli Argonauti. Aristotele (Ath. Pol., III, 5) ci consente di conoscere almeno i nomi di altri edifici della più antica Agorà. Tra questi sono notevoli l’Epilykeion, originariamente noto come Polimarcheion, il Thesmotheteion, sede dei tesmoteti o sei arconti minori. Un altro santuario connesso da vicino con il Thesmotheteion (Arist., Ath. Pol., LXII, 1; Aeschin., III, 13) era il Theseion (Plut., Thes., 36), che occupava una terrazza.
Non molto è conosciuto di altri importanti monumenti dell’Agorà di Teseo: il santuario di Gea Kourotrophos (Paus., I, 22, 3; Ar., Lys., 835), il santuario di Demetra Chloe (Paus., I, 22,3). Blaute, una divinità misterica, venne associata al culto di Demetra (IG II2, 5183); forse connesso con l’altare di Demetra era anche il Bouzygion, il campo per il rito dell’aratura con i buoi. Una sella poco elevata divide l’Acropoli dall’Areopago; questo era il luogo dove in epoca mitica le Amazzoni avevano sistemato il loro campo durante l’invasione di A. e dove i Persiani accamparono le loro truppe nel 480/79 a.C. (Hdt., VIII, 52). Sulla sommità della collina, livellata artificialmente, si trovano le trincee di fondazione per le mura di un piccolo edificio, connesso probabilmente con le funzioni della boulè dell’Areopago. Una scala scavata nella roccia portava sulla cima della collina, dove si trovavano le statue di Plutone, Hermes, Gea e un monumento dedicato ad Ares. In connessione con il tribunale dell’Areopago era la grotta delle Semnai (Eumenidi), con all’interno la Tomba di Edipo. Coloro che venivano assolti dall’Areopago dovevano compiere qui un sacrificio; il recinto era inoltre un santuario per i fuggiaschi, gli schiavi e gli assassini. A nord-ovest dell’accesso principale dell’Acropoli si trovava il Kyloneion, dedicato agli uomini di Cilone uccisi in modo sacrilego dagli Alcmeonidi.
L’Agorà di Solone
Nel corso del VI sec. a.C. la città entrò in una fase di recupero. Le riforme di Solone all’inizio del VI sec. a.C. portarono gli Ateniesi a trasferire il centro civile dalle pendici sud dell’Acropoli alla zona a est del Kolonòs Agoraios. Lo spazio per gli uffici pubblici, per i tribunali e per l’area dell’assemblea veniva in tal modo ampliato. Sull’Acropoli, già prima della morte di Solone (560/59 a.C.), venne dedicato il tempio di Atena Poliàs, forse in occasione della riorganizzazione delle Grandi Panatenee (566 a.C.). Altri resti di templi e di edifici testimoniano il carattere monumentale che andava assumendo la collina. Con l’avvento della tirannide di Pisistrato nel 561/60 a.C. si nota un calo d’interesse per l’Acropoli e un rinnovato fervore edilizio nell’area dell’Agorà. In questo periodo (tra il 546 e il 528/7 a.C.) vennero costruiti numerosi edifici lungo il lato occidentale della piazza. È notevole l’Edificio F identificato in via ipotetica con la residenza privata del tiranno. Sullo stesso lato sorsero diversi importanti santuari: tra questi notevoli sono gli altari di Zeus Agoraios e di Apollo Patroos. Al centro dell’Agorà furono tenute le prime rappresentazioni drammatiche nel 534 a.C.
Opere di maggiore portata furono concepite dai successori di Pisistrato, Ippia e Ipparco (528/7 fino al 511/10 a.C.). Tra i santuari vanno menzionati il tempio di Dioniso Eleutherios sulle pendici meridionali dell’Acropoli e in particolare il tempio di Zeus Olimpio, iniziato intorno al 520 a.C., il più grande tempio della Grecia continentale. Sull’Acropoli furono edificati i Propilei antichi e il tempio di Atena Poliàs fu ricostruito con frontoni in marmo pario (520 a.C. ca.). Nell’Agorà Pisistrato, figlio di Ippia, dedicò l’altare dei Dodici Dei (Thuc., VI, 54). Nell’area doveva trovarsi anche il monumento alle figlie di Leos, il Leokorion (Thuc., VI, 57, 59; Arist., Ath. Pol., XVIII, 3), presso il quale Armodio e Aristogitone uccisero Ipparco nel 514/3 a.C. All’iniziativa dei tiranni va attribuita anche l’organizzazione del rifornimento idrico: due condutture, provenienti dalle pendici del Monte Imetto, terminavano lungo il lato settentrionale e lungo quello meridionale dell’Acropoli. Il condotto settentrionale alimentava la fontana Enneakrounos; il ramo meridionale alimentava la fontana del quartiere di Melite, a sud-ovest dell’Areopago. I Pisistratidi proseguirono nella costruzione di un muro di cinta nell’Accademia, di un muro di fortificazione della collina di Munichia al Pireo e, infine, di un nuovo Telesterion a Eleusi in sostituzione di quello di Solone.
Clistene riorganizzò radicalmente il territorio attico e l’attività edilizia aumentò sia in Attica che ad A., dove le iniziative monumentali tornarono a concentrarsi sull’Acropoli. Nella decade 490-480 a.C. venne infatti avviata la costruzione del Partenone più antico e venne realizzato, all’entrata dell’Acropoli, il piccolo tempietto di Atena Nike; i resti al di sotto delle strutture del tempio di età classica potrebbero essere stati preceduti da una più antica eschara, databile al VII sec. a.C. Il grande tempio di Atena, dorico e in marmo pentelico, era, con l’eccezione del tempio di Zeus Olimpio, il più grande della Grecia continentale. È forse possibile ipotizzare che fu concepito per commemorare la vittoria ateniese di Maratona. Secondo W.B. Dinsmoor, la costruzione fu iniziata da Aristeide, arconte eponimo nel 489/8 a.C. L’Edificio B, costruito a nord dei Propilei, è stato interpretato come un precedente della Pinacoteca.
L’ampia area pianeggiante a est del Kolonòs Agoraios venne meglio definita. Sulla piazza si intersecavano diverse arterie; di particolare importanza erano due direttrici: la via delle grandi Panatenee e la via che costeggiava il lato occidentale, ai piedi del Kolonòs Agoraios. Lungo quest’ultima, negli anni successivi al 511/10 a.C., venne costruito un canale che convogliava l’acqua nell’Eridano. Il lato occidentale della piazza ospitava i principali edifici pubblici, a eccezione dell’assemblea del popolo o Ecclesia, che si riuniva nella zona pianeggiante della Pnice più a sud-ovest. L’Edificio F, forse residenza dei tiranni, fu ristrutturato e riutilizzato per ospitare i 50 pritani. Poco lontano venne costruito il bouleuterion antico e il tempio della Madre degli Dei (Metroon). Intorno al 500 a.C. venne realizzata la Stoà Basileios, di piccole dimensioni, con fronte colonnata orientata a est.
L’intera piazza venne delimitata con cippi marmorei. Sul lato meridionale, un grande recinto rettangolare è stato identificato con l’Heliaia, il più grande tribunale di A. Ancora più a sud-est, sulle pendici dell’Acropoli e sulla strada delle Panatenee, si trovava l’Eleusinion urbano (490 a.C. ca.). Sul lato settentrionale venne costruito un altare di marmo dedicato ad Afrodite. Subito dopo il 510 a.C. fu eretto vicino al Leokorion, presso l’orchestra per le celebrazioni delle grandi Dionisie, il gruppo dei Tirannicidi di Antenor. Furono intraprese importanti opere anche fuori dal territorio di A. Prima dell’invasione persiana del 490 a.C. vennero infatti iniziati da Temistocle, durante l’arcontato del 493/2 a.C., i lavori del porto del Pireo. Tra le opere realizzate fuori A. significativo è il thesauròs degli Ateniesi a Delfi, costruito poco dopo il 490 a.C.
Con il sacco persiano (480/79 a.C.) la città fu distrutta quasi per intero. Trasferiti gli abitanti a Salamina e a Trezene, A., priva di difese, cadde nelle mani del generale persiano Mardonio (Hdt., IX, 13). I santuari e le opere d’arte dell’Acropoli furono devastati; tra questi venne dato alle fiamme anche l’antico Partenone con le sue trabeazioni lignee. Nella città bassa e nell’Agorà tutti gli edifici giacevano in rovina, tranne un piccolo gruppo di case utilizzate dalle truppe persiane (Thuc., I, 89, 3). Nell’Agorà vennero subito riparati diversi edifici pubblici (bouleuterion, Stoà Basileios, Heliaia, Fontana sud-orientale), altri invece non vennero affatto ricostruiti (Edificio F) o vennero restaurati molto più tardi (altari di Zeus Agoraios e di Apollo Patroos). A una fase di pulizia e di ritorno alla funzionalità dell’Agorà appartengono i pozzi, con resti di frammenti architettonici e ceramica. Altri pozzi con caratteristiche simili sono stati trovati sull’Acropoli.
La ricostruzione della città ebbe inizio quando A. aveva ormai assunto un ruolo egemone all’interno della Lega delio-attica. Con le nuove possibilità finanziarie si procurarono i fondi necessari per i lavori di vari edifici dal 480/79 a.C. fino al 449/8 a.C. I lavori riguardarono innanzitutto le principali infrastrutture (mura cittadine, acquedotti). I grandi santuari non furono subito ricostruiti: ciò è da attribuire al giuramento fatto da tutti i Greci a Platea di non ricostruire i templi distrutti per ricordare così l’aggressione persiana. La ricostruzione di A. fu portata avanti in due fasi successive, prima da Temistocle e poi da Cimone. Le fortificazioni di A. classica furono iniziate da Temistocle, al quale si deve la costruzione del Pireo, mentre le fortificazioni dell’Acropoli e le Lunghe Mura appartengono alla fase attribuita a Cimone.
L’aumento della popolazione costrinse gli A. a realizzare un circuito murario più grande. Nella costruzione, concepita e curata da Temistocle (Plut., Them., 19, 1), furono anche utilizzati monumenti funerari dalle vicine necropoli. A questa fase iniziale vanno associate due opere pubbliche, la Stoà degli Ateniesi a Delfi e il Theseion di A. Il Theseion venne ristrutturato tra il 479 e il 476/5 a.C. Le pareti dell’altare furono decorate con scene riguardanti Teseo, realizzate dal pittore Mikon e forse da Polignoto; Cimone portò da Sciro e vi depose le ossa dell’eroe defunto. Sull’Acropoli le operazioni di sgombero delle macerie vennero iniziate in scala molto ridotta. Dopo il 479/8 a.C. furono restaurati il tempio di Atena Nike, i Propilei antichi e il tempio di Atena. Nell’Agorà tra i primi monumenti risistemati vi fu il gruppo bronzeo dei Tirannicidi, realizzato da Kritios e Nesiotes e collocato probabilmente nel 477/6 a.C. (Paus., I, 8, 5); l’opera sostituiva il gruppo originario trafugato dai Persiani. In questo periodo vennero costruiti lo Strategeion, l’edificio in poros e la tholos all’estremità meridionale del lato occidentale dell’Agorà. La tholos aveva pianta circolare e tetto conico; all’interno era custodito il fuoco sempre acceso della città. Circa 70 m a sud-ovest della piazza era un edificio identificato con la prigione di A.
Gli altri edifici costruiti per iniziativa di Cimone sono la Stoà delle Erme e la Stoà Poikile, sul lato settentrionale della piazza. Il sito preciso della prima non è stato ancora localizzato; fu eretta dopo la vittoria degli Ateniesi sui Persiani a Eion di Tracia, nel 476/5 a.C. La Stoà Poikile, in stile dorico, si sviluppava in senso est-ovest vicino alla via delle Panatenee e venne probabilmente costruita per commemorare la vittoria di Cimone all’Eurimedonte (469 a.C.). All’interno si trovavano le opere dei principali pittori: Polignoto, Mikon e Panaitios (Amazzonomachia, Ilioupersis, rappresentazione della battaglia di Maratona e di Oinoe argiva). Altra opera legata alle vittorie contro i Persiani era il tempio di Artemide Eukleia, che Pausania localizza nei pressi dell’Eleusinion urbano (I, 14, 5). Dopo la vittoria dell’Eurimedonte fu ricostruito il tratto meridionale delle mura dell’Acropoli. Imponenti furono le operazioni di sgombero: le macerie furono sepolte in grandi fosse vicino alle mura settentrionali e meridionali. Allo stesso programma edilizio deve essere con tutta probabilità attribuita la costruzione del tratto settentrionale delle mura dell’Acropoli. Nel muro settentrionale furono riutilizzati rocchi di colonne e frammenti della trabeazione del più antico tempio di Atena e del Partenone. Allo stesso periodo risale anche la ristrutturazione della Klepsydra, alle pendici settentrionali dell’Acropoli.
L’opera più importante dell’attività edilizia di Cimone è costituita dalle Lunghe Mura. Plutarco (Cim., XIII, 6, 7) ricorda in particolare le opere tecniche e le bonifiche necessarie per superare le paludi che occupavano l’area tra la città e il Pireo. Il tratto settentrionale delle Lunghe Mura e il muro del Falero erano ancora in corso di edificazione quando gli Ateniesi si scontrarono con gli Spartani a Tanagra (457 a.C.; Thuc., I, 107). Altri grandi lavori sono quelli riguardanti l’Hephaisteion, che coronava la sommità della collina del Kolonòs Agoraios sul lato occidentale dell’Agorà. Fu iniziato pochi anni prima della costruzione del Partenone, intorno al 449-444 a.C. e fu completato in due fasi successive, l’ultima delle quali dopo il 421 a.C.
Pericle dominò la vita politica e culturale di A. per due decenni (449/8431/30 a.C.). Nel 454 a.C. il tesoro della Lega delio-attica era stato trasferito sull’Acropoli e il ruolo egemone della città all’interno della Lega non era più in discussione. Il programma di ricostruzione della città e dell’Acropoli era oneroso e innovativo e fu portato avanti non senza polemiche e difficoltà. Un primo importante ostacolo era rappresentato dal giuramento di Platea di non ricostruire i templi distrutti dai Persiani. Dei progetti costruttivi non conosciamo i particolari, anche se la documentazione epigrafica ha restituito i nomi dei cittadini ateniesi vicini a Pericle che avevano presentato i progetti all’Ecclesia. Tra questi sono attestati i nomi di Glaukos e Hestiaios, per la costruzione del nuovo tempio di Atena Nike (435 a.C. ca.); di Hipponikos e Nikomachos, per l’esecuzione di lavori concernenti le fontane (434 a.C. ca.) e di Kallias, per la proposta di completamento dei lavori sull’Acropoli (434 a.C. ca.). I fondi necessari vennero assicurati da Pericle, che ottenne il consenso degli alleati. Il programma pericleo si concentrava sull’Acropoli e sui numerosi santuari periferici dell’Attica. Tra i vari progetti si può notare una netta preferenza nei confronti dei grandi santuari come il Partenone o il Telesterion di Eleusi. Il programma relativo all’Acropoli fu senz’altro il più impegnativo e vi furono coinvolte le principali personalità artistiche dell’epoca, primo fra tutti Fidia; fondamentale fu anche il ruolo degli architetti Ictino, Callicrate e Mnesicle.
Il primo edificio a essere innalzato fu il nuovo tempio dedicato ad Atena Parthenos (448/7-433/2 a.C.), costruito da Ictino e Callicrate, sotto la diretta supervisione di Fidia. Per il Partenone (443/2 a.C.) fu impegnata parte dei fondi prima dedicati alle Lunghe Mura (445-443 a.C.), il cui completamento fu considerato di secondaria importanza a seguito della pace con Sparta (446/5 a.C.). Il grande tempio dorico periptero (8 x 17), in marmo pentelico, fu costruito sulle rovine di quello distrutto dai Persiani; all’interno venne collocata la statua crisoelefantina della Parthenos, realizzata da Fidia tra il 438 e il 432 a.C. I nuovi Propilei di Mnesicle (437-432 a.C.) sostituirono quelli del periodo arcaico, armonizzando così con il Partenone il nuovo accesso monumentale all’Acropoli. A sud della via delle Processioni, che saliva sulla sommità dell’Acropoli attraverso i Propilei, sul luogo dell’antico bastione miceneo fu costruito il tempio di Atena Nike. Le fondamenta del tempio vennero preparate nel 437 a.C. e l’elevato fu forse realizzato nel 425/4 a.C. a opera dell’architetto Callicrate. Questi si occupò anche del progetto del tempio di Artemide Agrotera, sulle rive dell’Ilisso. Nel tempio di Atena Nike venne dedicata nel 425/4 a.C. una statua marmorea, che sostituiva l’antico xoanon.
Al programma di Pericle appartengono la stoà nel santuario di Artemide Brauronia e la Calcoteca. Superati i Propilei, a nord, erano forse inclusi nelle mura un edificio a due vani e, a nord dell’Eretteo, l’Arrephorion, probabilmente databili allo stesso periodo. All’estremità orientale della collina furono sistemati l’altare di Zeus Polieus e l’heroon di Pandion. La colossale statua bronzea di Atena Promachos, realizzata da Fidia subito dopo la vittoria dell’Eurimedonte, occupava una posizione preminente. Alle pendici sud-orientali dell’Acropoli si trovava l’odeion di Pericle (447-442 a.C.), costruito da Ictino. L’interesse di Pericle per l’Agorà si limitò a lavori di manutenzione ordinaria, mentre venne costruita una nuova entrata in marmo per l’Eleusinion urbano. A questo periodo dovrebbe risalire anche il piccolo santuario a pianta triangolare situato nell’angolo sud-occidentale della piazza, il cui culto risale all’inizio del VII sec. a.C.
Piuttosto scarsa è la documentazione sulle abitazioni private e sui quartieri residenziali della città. Gran parte della popolazione doveva certamente risiedere nel territorio circostante, ma la densità delle deposizioni rivela un notevole aumento demografico. Il numero degli abitanti di A. in questo periodo è ricostruibile solo in base a stime teoriche; A.W. Gomme ha calcolato un totale di circa 315.000 abitanti in tutta l’Attica, mentre per V. Ehrenberg la popolazione era di circa 215.000 persone (tra questi 110.000-150.000 cittadini). Considerando lo spazio incluso dalle mura cittadine, J. Travlos ha calcolato la probabile presenza di 6000 case per circa 36.000 abitanti. Le case erano modeste e consistevano in un cortile aperto circondato da stanze: alcune sono state scavate nella zona tra la Stoà Sud I e le pendici settentrionali dell’Areopago; un secondo complesso di abitazioni è stato rinvenuto sulla strada che collegava l’Agorà con la porta del Pireo. Non mancavano eccezioni di maggiore ricchezza, come le famose case di Poulytion (And., Intorno ai misteri, 12; Thuc., VI, 28) e di Callia. Alcune delle abitazioni più ricche si trovavano in campagna (Thuc., II, 65). Conosciamo anche i particolari dell’arredamento di una ricca casa ateniese dalle stele marmoree con l’elenco dei beni confiscati ad Alcibiade nel 415 a.C. Il quartiere presso la porta del Pireo appartiene al “distretto industriale” di A.; qui le case sono distinte dalla presenza di grandi stanze, forse gli andrones o stanze principali per i pasti. Uno stretto corridoio portava alle corti non porticate; i pavimenti erano in terra battuta o realizzati con ciottoli allettati nella malta. Alcune case dovevano essere a due piani; in una stanza della Casa C è presente un canaletto che fa pensare all’esistenza di un bagno. Nel gruppo di case a sud della Stoà Sud I costruite alla metà del V sec. a.C., le unità abitative, distribuite in isolati, si sovrapponevano al quartiere distrutto dal sacco persiano.
Con l’inizio della guerra del Peloponneso la popolazione dell’Attica rifugiatasi entro le mura di A. provocò un aumento demografico così improvviso da rendere presto la vita difficile (Thuc., II, 16). La maggioranza si insediò negli spazi aperti, i templi e gli altari; anche il venerato Pelasgikòn, che abbracciava le pendici occidentali dell’Acropoli, venne occupato nonostante i divieti religiosi. Le testimonianze più attendibili sull’aumento della popolazione ateniese provengono 277 dalle necropoli. Gli scavi hanno riportato alla luce numerose tombe lungo il circuito difensivo della città, in particolare lungo le strade che si irradiavano verso la campagna. La più alta concentrazione di deposizioni è stata rinvenuta lungo il lato nord-occidentale del circuito murario, di fronte al Dipylon, alla porta di Erie e a quella Sacra. Di notevole importanza è stata la scoperta, nella zona a nord del Ceramico, . di una tomba comune a fossa che conteneva 150 scheletri umani: potrebbe trattarsi delle vittime dell’epidemia menzionata da Tucidide (III, 19). Tra i quartieri residenziali della città erano il demo Kydathenaion, a sud dell’Acropoli; il Ceramico, che si estendeva dall’Agorà alle porte del Dipylon e di Erie; il demo di Melite, che si sviluppava dall’Agorà fino alla porta del Pireo e attraverso l’avvallamento tra la collina della Pnice e quella delle Ninfe e il Koile a sud-ovest della Pnice. Quest’ultimo era il quartiere più abitato di A. e conservò questa sua caratteristica fino alla fine del IV sec. a.C.
Mancano testimonianze su lavori pubblici nei primi anni della guerra del Peloponneso. La crisi economica aveva reso necessaria una tassa straordinaria sulla proprietà (Thuc., III, 19, 1; 428 a.C.); una terribile epidemia (430/29 e 427/6 a.C.) aveva falciato la popolazione e tra le vittime vi fu lo stesso Pericle. Una certa ripresa edilizia si registrò invece negli anni immediatamente seguenti la pace di Nicia (421 a.C.). Si provvide a completare i monumenti rimasti incompiuti allo scoppio della guerra e vennero iniziate alcune grandi opere, in particolare sull’Acropoli. Qui fu finito, nel 425/4 a.C., il tempio di Atena Nike; in marmo pentelico, l’edificio era ionico tetrastilo e anfiprostilo. Nel 421 a.C. si iniziarono i lavori per l’Eretteo, completato solo nel 406 a.C. Il tempio, ionico esastilo prostilo, aveva una struttura bipartita con due celle per ospitare i culti distinti di Atena e Poseidone; sul lato meridionale sei cariatidi di marmo sostenevano la copertura.
L’opera maggiore nell’Agorà in questo periodo fu l’Hephaisteion, rimasto incompiuto a metà nonostante occupasse una posizione di preminenza nella piazza, a causa dell’esclusione di questa zona dal programma edilizio pericleo. Dopo il 421 a.C. gli acroteri e le statue di culto di Efesto e di Atena, eseguiti da Alcamene, vennero eretti con fondi statali. Negli ultimi tre decenni del V secolo la piazza dell’Agorà venne definita dalla costruzione di nuovi edifici. Sul lato ovest fu costruito negli anni intorno al 415-406 a.C. il nuovo bouleuterion, a ovest di quello più antico, trasformato nel Metroon. Qui era custodita la statua di Rea eseguita da Agoracrito. Nell’angolo sud-occidentale della piazza era la tholos, gravemente danneggiata da un incendio (probabilmente nel corso dei disordini del 412 a.C.) e subito ricostruita. Sullo stesso lato della piazza venne restaurato l’arcaico tempio di Apollo Patroos. Più a nord era la Stoà di Zeus Eleutherios, che i frammenti ceramici consentono di datare nella decade 430-420 a.C. L’edificio, pianificato alla fine del programma edilizio di Pericle, era dorico e decorato con affreschi figurati.
La Fontana Est, la Stoà Sud I e la Zecca furono edificate sul lato meridionale dell’Agorà. La parte settentrionale del lato orientale della piazza venne definita con la costruzione di un complesso di tre tribunali, realizzati alla fine del V sec. a.C. Nell’area centrale dell’Agorà si trovavano altri importanti monumenti; tra questi era il monumento agli eroi eponimi. Nell’angolo nord-occidentale della piazza venne ricostruito intorno al 425 a.C. l’altare dei Dodici Dei. Un monumento molto significativo, situato a est della Stoà Basileios, è un recinto di forma quadrata che segnala il luogo di un antico altare. Vi fu rinvenuto un gran numero di offerte votive, la cui tipologia suggerisce che il recinto fosse dedicato a una divinità femminile; si tratta forse del Leokoreion.
Oltre al tribunale, costruito verso la fine del secolo nell’angolo nord-orientale dell’Agorà, nei pressi del Dipylon fu iniziato il Pompeion. Il progetto era stato avviato con difficoltà prima di essere nuovamente abbandonato alla fine della guerra del Peloponneso. I lavori cominciati alla fine del V secolo miravano a incrementare la ricettività degli edifici pubblici. Nel 403 a.C. fu ristrutturata l’ekklesia, che si riuniva regolarmente sulla Pnice dall’inizio del V secolo. Due stoài dovevano delimitare la terrazza superiore sopra il bema e fungere da ricovero in caso di maltempo. L’auditorium venne ampliato, mentre la tribuna degli oratori fu spostata a sud. Diversi santuari e altari restaurati o costruiti in tutta l’Attica dimostrano il fervore religioso provocato dalla guerra. Sulle pendici sud-est dell’Acropoli furono fatti notevoli progressi nel santuario di Dioniso e a nord del tempio venne costruita una grande stoà orientata in senso est-ovest. I frammenti ceramici rinvenuti nelle fondazioni permettono di datare l’edificio all’ultimo quarto del V sec. a.C. Poco più a ovest fu costruito nel 420/19 a.C. il santuario di Asclepio con la cura e i fondi personali di Telemaco di Acarne, un privato cittadino. Il progetto includeva un piccolo tempio e una stoà dorica che serviva per il culto e per i pazienti. Nel 413 a.C. il grosso dell’esercito ateniese venne annientato a Siracusa; dopo il disastro cominciò per A. un periodo di progressivo declino. Gli Spartani occuparono la fortezza di Decelea, azione che portò gli abitanti alla resa nel 405/4 a.C.; l’occupazione spartana fu tuttavia di breve durata e nel 403/2 a.C. la democrazia venne restaurata ad A. La fine della guerra del Peloponneso fu segnata dalle condizioni di pace imposte da Sparta: secondo il trattato di pace dovevano essere smantellate le fortificazioni del Pireo e le Lunghe Mura.
Il periodo che segue l’occupazione spartana è dominato dalla figura di Conone, che nel 393 a.C. iniziò la ricostruzione delle Lunghe Mura e delle fortificazioni del Pireo. Conone fece inoltre costruire un tempio ad Afrodite Cnidia. All’inizio del IV sec. a.C. venne edificato il nuovo Pompeion; si tratta di un edificio di marmo con accesso monumentale sull’angolo nord-est formato da una corte rettangolare circondata sui quattro lati da un portico a colonne, sul quale si affacciavano sale per banchetti. Il progressivo aumento del potere di Filippo di Macedonia portò a un conflitto aperto con gli altri stati greci. Nel 338 a.C., anno della sconfitta di A., Licurgo ottenne la carica di tesoriere e sotto la sua amministrazione (338-326 a.C.) A. visse un periodo di prosperità finanziaria. Nel decreto di Stratocle, che conferiva nel 307/6 a.C. onori postumi a Licurgo, si afferma che egli contribuì alla risistemazione della città e preservò l’indipendenza della polis. Licurgo si concentrò innanzitutto sulle fortificazioni della città: tra le opere più impegnative e urgenti va menzionato il proteichisma, il secondo muro di fortificazione tra la collina delle Ninfe e quella delle Muse. La sua costruzione cominciò dopo la battaglia di Cheronea (338 a.C.) e il circuito murario fu ulteriormente rinforzato alla fine del IV sec. a.C. con la costruzione di un’altra linea difensiva, il diateichisma, tra le due colline. Le opere di difesa create da Licurgo segnarono di fatto l’abbandono delle Lunghe Mura, che caddero presto in disuso. Il quartiere di Koile, escluso dalla linea del diateichisma, perse presto il suo carattere residenziale e divenne area di necropoli.
Sulla Pnice fu rielaborata su scala maggiore la nuova sistemazione dell’assemblea popolare, introdotta alla fine del V sec. a.C. Un poderoso muro semicircolare venne costruito per sostenere la terrazza dell’auditorium e venne scavato nella roccia un nuovo bema, distruggendo così parte dell’antico santuario di Zeus Hypsistos. Un taglio rettangolare sopra il bema appartiene all’altare di Zeus Agoraios, trasferito nell’Agorà all’epoca di Augusto. Nel programma era inclusa la costruzione di due grandi stoài con propileo centrale a sud-ovest del bema, strutture che non furono mai terminate. Nel programma edilizio di Licurgo particolari attenzioni si prestarono alle pendici sud-orientali dell’Acropoli e all’Agorà: il Teatro di Dioniso venne ristrutturato con un progetto sistematico di ampliamento e probabilmente in questa occasione fu costruita una scena costituita da una stoà. Forse sempre in questo periodo i sedili di legno vennero sostituiti con altri in pietra. Nell’ambito dello stesso programma venne edificato anche il tempio di Dioniso Eleutherios, dove si trovava la statua di culto realizzata da Alcamene. A ovest del santuario di Asclepio fu costruita una lunga stoà, probabilmente a due piani. La grotta situata dietro il muro di fondo conteneva una sorgente.
In questo periodo venne curato anche l’abbellimento della via dei Tripodi. La strada cominciava sopra l’Eleusinion urbano e, dopo aver tracciato un cerchio intorno alla collina, entrava nel santuario di Dioniso attraverso un propileo monumentale. Lungo questa via i ricchi coreghi avevano fatto erigere tripodi per commemorare le loro vittorie; gran parte di questi monumenti è stata rinvenuta vicino alle pendici est dell’Acropoli. A sud-est, lungo questa strada, sono stati trovati resti di stoài vicino al monumento di Lisicrate eretto nel 335/4 a.C. Quest’ultimo è a pianta circolare, su un basamento rettangolare; la parte principale consiste in un colonnato corinzio, collegato alle lastre curve del corpo cilindrico centrale. Una decorazione floreale, che coronava il tetto conico, sosteneva il tripode bronzeo oggi perduto. Un altro interessante monumento coregico fu costruito vicino all’estremità est della più tarda Stoà di Eumene; qui sono visibili le fondamenta del monumento di Nicia, a pianta templare, con facciata dorica esastila, costruito nel 320/19 a.C; la decorazione architettonica fu incorporata nella porta Beulè, all’entrata dell’Acropoli. Negli stessi anni il corega Trasillo fece costruire un altro monumento sopra la cavea del Teatro di Dioniso, nel punto dove le pareti della collina erano state rese verticali dal taglio della roccia. La facciata del monumento di Trasillo celava una grotta: le ante sporgenti e un pilastro mediano rettangolare sostenevano un epistilio con iscrizione, mentre la copertura piana era coronata da una base sormontata da un tripode.
Nell’Agorà, sul lato sud del mercato, venne costruita la fontana sud-orientale a forma di L, con lunga vasca e portico a colonne. Contro la facciata nord dell’Heliaia fu eretta una monumentale clessidra o orologio ad acqua con un serbatoio di pietra e un congegno galleggiante che segnava il trascorrere delle ore. Sul lato nord della piazza, subito a sud della Stoà di Zeus, venne costruito il nuovo tempio di Apollo Patroos; la statua, di cui è stato rinvenuto il torso, è opera di Euphranor. Il monumento degli eroi eponimi viene datato intorno al 330 a.C.; in origine doveva trovarsi nell’area della Stoà di Mezzo. Altre opere pubbliche dell’epoca di Licurgo sono: il grande stadio sulle rive meridionali dell’Ilisso, costruito per le gare delle Grandi Panatenee intorno al 330-329 a.C. (IG II2, 351); l’altare di Apollo Liceo nel Liceo, a est delle mura, nonché i resti di una palestra, trovati a est del dromos lungo due stadi. Aristotele insegnò nel Liceo; Teofrasto, il suo successore, insegnò invece in un giardino di fronte alla porta di Dio-care, dove era un altare dedicato alle Muse. Un cippo iscritto consente di identificare il sito nell’area pianeggiante a nord del Liceo. Altri ginnasi che coprivano le esigenze di A. si trovavano a Cinosarge e all’Accademia. Il ginnasio di Cinosarge, dedicato a Eracle e ai suoi compagni, era posto a sud-est delle mura vicino alle rive meridionali dell’Ilisso; la sua posizione è precisata anche dal testo di un decreto databile intorno al 420 a.C. Le fonti epigrafiche attestano anche la presenza di un dromos per le esercitazioni dei giovani, noto come “il dromos verso Agrai” (IG II2, 2119; I, 128).
Due porte sul lato nord-occidentale delle mura costituivano il passaggio per i famosi sobborghi di A.; dalla porta di Erie una strada conduceva al Kolonòs Hippios, mentre la via dell’Accademia, più larga, lasciava la città dal Dipylon e portava all’Accademia. Questa strada attraversava la necropoli principale di A.; subito fuori del Dipylon, leggermente verso est, si trovava il Demosion Sema, la necropoli dove avevano luogo le sepolture pubbliche. Tra le tombe della necropoli che fiancheggiava il dromos dell’Accademia si trovavano anche alcuni santuari. Pausania (I, 29, 2) menziona gli altari di Ariste e Kalliste, appellativi di Artemide e quindi connessi con il culto della dea. Il santuario è stato identificato a 250 m circa dalla porta del Dipylon; in quest’area si trovava anche un altare dedicato a Dioniso. La via dell’Accademia portava verso nord-ovest al santuario dell’Accademia, che includeva la casa di Akademos, un giardino e il ginnasio. Risale probabilmente all’epoca di Licurgo il grande peristilio quadrato trovato nell’Accademia; allo stesso periodo appartiene anche l’Arsenale del Pireo, costruito da Filone, parte del quale è stata portata in luce recentemente. Il deposito navale è dettagliatamente descritto nell’iscrizione di un edificio.
Dopo la morte di Alessandro Magno (323 a.C.) la città passò nelle mani di Cassandro, che nominò reggente di A. Demetrio Falereo; questi governò A. con autorità assoluta per dieci anni, a partire dal 318/7 a.C. Nell’intento di rinnovare la lista di coloro che godevano dei pieni diritti civili, egli si basò sul censimento registrato da Ctesicle (apud Ath., VI, 272b), secondo il quale A. aveva 21.000 cittadini e 10.000 meteci. Demetrio stabilì inoltre diverse leggi suntuarie che limitavano le spese per le sepolture e i monumenti funerari. Il governo di Demetrio Falereo fu soppresso nel 307 a.C. da Demetrio Poliorcete, che conservò il potere per sei anni. In questi anni si prestò scarsa attenzione ai monumenti della città, concentrando invece l’attenzione sulle fortificazioni. Furono infatti eseguiti lavori sulla cinta muraria e sulle mura del Pireo, attestati da un’iscrizione del 307/6 a.C., e vennero ripristinate anche le Lunghe Mura. Durante il regno di Demetrio Poliorcete venne sistemato un presidio sulla sommità della collina delle Muse, che venne fortificata con mura robuste (294 a.C.). Nell’Agorà furono dedicate statue d’oro a Demetrio Poliorcete e ad Antigono e su una delle porte dell’Agorà, subito a est della Stoà Poikile, fu collocato un trofeo eretto per commemorare la vittoria da parte della cavalleria ateniese nel 303/2 a.C.
Nel III sec. a.C. la città si trovò coinvolta in una continua lotta tra la fazione nazionalista e quella pro-macedone; la scena politica di A. ruotò intorno alle relazioni con le case reali di Antigono e di Tolemeo, fino alla comparsa di Roma sulla scena politica, verso la fine del III sec. a.C. Filippo V di Macedonia invase due volte l’Attica; quando fu costretto a ritirarsi nel 200 a.C. venne approvato un decreto che stabiliva la distruzione di tutti i monumenti connessi con i sovrani macedoni. Nell’Agorà si trovano due strutture principali appartenenti al III sec. a.C.: il peristilio quadrato, che occupa la parte settentrionale del lato est della piazza, e l’Arsenale, situato sulle pendici settentrionali del Kolonòs Agoraios. Il peristilio quadrato non fu mai terminato. Dell’Arsenale sono rimasti vari blocchi e tagli di fondazione; si trattava di un edificio rettangolare con due file interne di otto pilastri ed era probabilmente utilizzato come deposito di attrezzature militari. A nord di questo si trovano le rovine di un tempio probabilmente dedicato ad Afrodite Urania. Un altare ad Afrodite Urania, Demos e le Grazie fu dedicato intorno al 177/6 a.C.
Dopo la sconfitta di Filippo V nel 197 a.C., cominciò per la città un periodo di pace e stabilità. Molti grandi monumenti furono edificati grazie alla generosità e al filellenismo dei sovrani ellenistici: Attalo I (241-197 a.C.) dedicò sull’Acropoli nel 200 a.C. circa la copia di bronzo di una composizione pergamena che commemorava la sua vittoria sui Galli (Paus., I, 25, 2). Il sovrano curò anche l’abbellimento dei giardini dell’Accademia e del Liceo. Antioco IV (175-164 a.C.) fece erigere una testa dorata di Gorgone sulle mura meridionali, di fronte al teatro di Dioniso (Paus., I, 21, 3). L’Agorà continuò a essere l’area di maggior interesse e attività edilizia. Per incrementarne la funzione di centro civico e commerciale di A., intorno alla metà del II sec. a.C. la pianta dell’Agorà venne sistemata in forma simmetrica rettangolare. Il lato est fu occupato dalla Stoà di Attalo I (159-138 a.C.), costruita intorno al 150 a.C.; di fronte si trovava il monumento di Atta-lo e più a ovest il bema o tribuna degli oratori. Il lato sud era formato dalla Stoà di Mezzo (180 a.C. ca.), orientata est-ovest, forse costruita grazie a Farnace, re del Ponto. Poco più a sud venne eretta la Stoà Sud II (metà del II sec. a.C.), orientata est-ovest. Tra i due edifici si trovava la piazza meridionale, forse un centro commerciale, costeggiata a est dalla Stoà Est (metà del II sec. a.C.). A questo periodo appartiene il nuovo Metroon, costituito da quattro vani affiancati e con un’entrata formata da un portico con colonne ioniche. L’altare fu eretto intorno al 140 a.C. e Pausania (I, 3, 5) deve aver visto all’interno dell’edificio la statua crisoelefantina della Madre degli Dei. Dalla fine del II sec. a.C. tutti i lati della piazza furono chiusi da portici e da altri edifici. A ovest dell’Agorà la strada delle Panatenee si dirigeva in linea retta verso il Ceramico. In questo tratto, nel quale la strada era larga oltre 20 m, erano allineati diversi monumenti. Circa 200 m a ovest della Stoà Basileios è stato scavato il monumento dello scultore ateniese Eubulide (floruit 140 a.C. ca.), menzionato da Pausania (I, 2, 5). Più a nord, oltre una stoà che si sviluppava da est a ovest, sul lato settentrionale della strada si trovava la famosa Casa di Poulytion, dove nel 415 a.C. Alcibiade avrebbe rappresentato una parodia dei misteri eleusini; al tempo di Pausania casa e proprietà circostanti costituivano un temenos dedicato a Dioniso Melpomenos (Paus., I, 2, 5).
La benevolenza dei sovrani dell’Asia Minore si manifestò anche in altre zone di A. Eumene II (197-159 a.C.) fece erigere una lunga stoà in senso est-ovest alle pendici meridionali dell’Acropoli. Gli Ateniesi in segno di gratitudine dedicarono a Eumene II e a suo fratello Attalo II due gruppi bronzei, uno nell’Agorà e l’altro sul lato nord dell’accesso all’Acropoli. Quest’ultimo era sistemato su di un alto piedistallo che venne ridedicato ad Agrippina in età giulio-claudia. Un piano più ambizioso fu iniziato da Antioco Epifane (175-164 a.C.), re di Siria: egli infatti completò la costruzione del tempio di Zeus Olimpio di dimensioni colossali; diptero, corinzio, con cella ipetrale, era stato progettato da Cossutius. In questa fase fu introdotto un nuovo tipo di ginnasio: i nuovi ginnasi vennero costruiti all’interno della città per l’allenamento degli efebi e per scopi educativi. Il ginnasio Diogeneion (fine del III sec. a.C.), a est dell’Agorà romana, prendeva il nome da Diogene, un generale macedone che fu onorato da A. per l’interesse dimostrato verso la città. Tolemeo VI Filometore (181-145 a.C.) fondò ad A. un secondo ginnasio, noto come Ptolemaion, localizzabile a sud dell’Agorà romana, presso il Theseion, in base a un passo di Plutarco (Thes., 36, 2).
Nell’86 a.C. la città fu occupata e quasi distrutta dalle truppe di Silla; le fortificazioni di A. e del Pireo vennero demolite e la città rimase così priva di difese fino alla metà del III sec. d.C. L’Acropoli non venne saccheggiata, mentre in altre parti i danni furono estesi. Nell’Agorà sono state notate tracce di distruzione nella piazza meridionale, in particolare nella Stoà Sud II, nella Stoà Est e nell’Heliaia. Nel lungo periodo che va dalla distruzione sillana fino all’invasione degli Eruli del 267 d.C. A. visse un’epoca di ripresa, testimoniata da un’intensa attività monumentale che culminò nell’età di Adriano (Paus., I, 20, 7). Verso il 50 a.C. fu costituita, grazie a Cesare, una nuova area di mercato a est dell’Agorà classica. L’Agorà romana era una grande piazza di marmo, circondata sui lati da un peristilio a colonne. Sulla strada che collegava le due zone venne dedicato un propileo ad Atena Archegetis. Sul lato est del mercato del marmo venne costruito nel I sec. d.C. l’orologio di Andronico Kyrrhestes (noto come Torre dei Venti), formato da una torre ottagonale decorata con un fregio rappresentante gli otto venti. Più a sud-est era l’Agoranomion, la sede dei funzionari che controllavano l’attività del mercato. A est del peristilio del mercato si trova un piccolo edificio rettangolare interpretato come una latrina pubblica (II sec. d.C.).
Il trasferimento a est delle attività commerciali consentì di liberare il centro della città; nuovi monumenti vennero così realizzati nell’Agorà classica e ne mutarono il precedente aspetto. Nel sito dell’antica orchestra Agrippa fece costruire un grandioso odeion: l’edificio, una sala per la musica con grande auditorium, poteva ospitare fino a 1000 spettatori. L’ampia copertura, con una luce di 25 m priva di supporti interni, crollò alla metà del II sec. d.C. L’aspetto più notevole della trasformazione dell’Agorà è tuttavia nel programma edilizio realizzato da Augusto, che prevedeva il trasferimento al centro della città di molti templi di epoca classica del territorio attico. L’abbandono di molti siti aveva infatti reso difficile la conservazione di importanti monumenti; tra questi particolarmente notevole è il tempio di Ares (440-436 a.C.), trasferito da Acarne, ricollocato a sud dell’altare dei Dodici Dei. Secondo recenti acquisizioni il tempio, dedicato originariamente ad Atena, era stato costruito a Pallene dall’architetto del Theseion e fu portato nell’Agorà in età augustea. Il Tempio Sud-Est, un edificio classico proveniente forse da Thorikos, fu sistemato tra l’odeion di Agrippa e la Stoà di Mezzo. Vennero trasferite anche otto colonne appartenenti al colonnato del tempio di Atena al Sunio (metà del V sec. a.C.). Un altare decorato con raffinate modanature (IV sec. a.C.), forse dedicato a Zeus Agoraios e proveniente dalla Pnice, fu ricollocato nell’Agorà nel corso del I sec. d.C.
Sull’Acropoli la presenza romana si limitò a pochi interventi: la larga rampa dell’accesso principale all’Acropoli fu rivestita da una scalinata marmorea (metà del I sec. d.C.); un alto pilastro rettangolare fu dedicato alla fine del I sec. a.C. dagli Ateniesi ad Agrippa. Alla fine del I sec. a.C. fu restaurato l’Eretteo, danneggiato da un incendio. In età augustea fu edificato a est del Partenone un tempio ionico circolare dedicato alla dea Roma e a Cesare Augusto. Nello stesso periodo venne restaurata o ricostruita la maggior parte degli edifici sulle pendici meridionali dell’Acropoli. Nerone finanziò la costruzione di un nuovo palcoscenico nel Teatro di Dioniso, mentre, secondo un’iscrizione (51/2 d.C.), altri lavori furono iniziati nel santuario di Asclepio. Con il finanziamento da parte del re di Cappadocia Ariobarnazo fu restaurato nel I sec. d.C. l’odeion di Pericle, precedentemente distrutto dagli stessi Ateniesi per impedire a Silla di utilizzarne il materiale ligneo della copertura. Nel corso del I sec. d.C. furono realizzate nuove stoài nell’Agorà lungo la via delle Panatenee, nel tratto che collegava l’Agorà con il Dipylon. Recenti lavori hanno riportato in luce i resti di due portici menzionati da Pausania (I, 2, 4), a est del monumento di Eubulide e sul lato opposto della strada. Intorno al 100 d.C. fu costruita una biblioteca a sud della Stoà di Attalo; l’edificio, noto come “biblioteca di Pantainos”, fu edificato da Tito Flavio Pantainos e dedicato ad Atena Poliàs, all’imperatore Traiano e ad A. È costituito da un peristilio rettangolare e dalla biblioteca principale a est; un’iscrizione proveniente dall’edificio riporta il regolamento per l’uso della biblioteca.
Uno dei periodi più importanti per la città fu quello del regno dell’imperatore Adriano (117-138 d.C.). Il programma edilizio adrianeo non coinvolse l’Acropoli, forse per una forma di rispetto nei confronti dei monumenti classici. Il Pompeion del Ceramico, distrutto da Silla, fu sostituito da una grande basilica a tre navate. Nell’Agorà l’odeion di Agrippa venne riparato tra il 150 e il 175 d.C. e nel corso del restauro venne aggiunto un portico sul lato nord. Il nuovo tetto era sostenuto da una fila di tre tritoni e tre giganti e da un muro a croce aggiunto nell’auditorium, che fu utilizzato come sala per conferenze. A questo periodo appartengono anche l’edificio circolare situato a nord-ovest della Stoà di Attalo e il Ninfeo, una fontana monumentale di forma semicircolare alimentata dall’acqua portata nell’Agorà dall’acquedotto adrianeo. Nell’angolo nord-orientale dell’Agorà, quasi a contatto con l’angolo nord-ovest della Stoà di Attalo, fu costruita una grande basilica decorata con rivestimenti marmorei e pilastri scolpiti. Nello stesso periodo fu pavimentata con lastroni la via delle Panatenee nel tratto compreso tra la biblioteca di Pantainos e l’Eleusinion. Le opere pubbliche riguardarono non solo edifici, ma anche strade, ponti, acquedotti e sistemi di scarico delle acque; queste ultime vennero incanalate verso il fiume Eridano, che fu coperto e fatto scorrere così sotto terra.
A est dell’Agorà classica Adriano fece costruire una grande biblioteca; tra questa e la Stoà di Attalo si trovava il ginnasio di Adriano, ora coperto da edifici moderni. La biblioteca era formata da un grande peristilio e aveva sul lato occidentale un propileo monumentale. Sul lato est si trovavano alcuni grandi ambienti, identificati con la biblioteca e gli auditoria. A est del mercato romano era il Pantheon, descritto da Pausania (I, 18, 9) come un grande edificio, probabilmente un tempio a tre navate. Adriano intraprese la ricostruzione dell’Olympieion, spogliato da Silla, durante la sua seconda visita ad A. nel 125 d.C. Il tempio era un diptero corinzio interamente in marmo; la cella conteneva la colossale statua crisoelefantina di Zeus. Un ampio recinto fu costruito come parte della sistemazione finale del santuario; il muro aveva contrafforti e presentava sugli angoli sostegni più massicci. Il nuovo tempio fu inaugurato nel 131/2 d.C. alla presenza dell’imperatore, al quale gli Ateniesi dedicarono nello stesso anno, al confine tra la città vecchia e il nuovo quartiere, un arco trionfale. Tra le altre opere pubbliche è notevole il grande acquedotto che portava l’acqua dal monte Parnete a una grande cisterna appositamente costruita sulle pendici sud-est della collina del Licabetto. La fronte della cisterna presentava un propileo ionico in parte ancora conservato; sull’architrave era scolpita un’iscrizione che si riferiva ad Adriano quale finanziatore del progetto. Il condotto che portava l’acqua alla cisterna era ricavato infatti nella roccia e presentava lungo il percorso una serie di pozzi verticali per le operazioni di manutenzione e pulizia.
In età adrianea si nota un considerevole aumento della densità abitativa della città, che si riempì di case anche vicino alla linea del circuito murario temistocleo. Una notevole espansione è stata notata nella zona orientale, al di là del giardino del Liceo. Quest’area di nuova occupazione si trovava in posizione particolarmente gradevole ed era occupata da abitazioni raffinate e da ville lussuose. Dai resti conservati è possibile ricostruire l’aspetto delle case: un peristilio centrale con colonne, circondato su tre o quattro lati da una serie di stanze. Case di quest’epoca sono conservate nel quartiere adrianeo, a ovest dell’Areopago e in altre zone della città. Altro benefattore della città fu Erode Attico, che fece costruire a sud dell’Acropoli un odeion in memoria della moglie Regilla, morta nel 160 o nel 161 d.C. L’edificio, con sedili in marmo pentelico, poteva ospitare 5000 spettatori. Il ricco ateniese fece anche ristrutturare il vecchio stadio vicino all’Ilisso e ne fece poi costruire uno nuovo, dove si celebrarono le Grandi Panatenee del 144 d.C.
Nel II sec. d.C. gli Ateniesi continuavano a seppellire i defunti fuori della linea del distrutto circuito difensivo di Temistocle. Tra i monumenti funerari del periodo è notevole quello di Filopappo, in posizione dominante sulla collina delle Muse. Fu costruito nel 114-116 d.C. per C. Giulio Antioco Filopappo, sovrano della Commagene in Asia Minore e benefattore della città di A. Il monumento presentava una facciata lievemente concava con una sezione superiore dove si aprivano tre nicchie, nella centrale delle quali era posta la statua di Filopappo. Il sarcofago del defunto si trovava all’interno di una camera funeraria situata dietro la facciata. Al tempo dell’imperatore Valeriano (253-260 d.C.) A. si trovò minacciata da un’invasione di Goti ed Eruli; Valeriano fece fortificare la città, seguendo l’antico circuito temistocleo, ma allargando a oriente la linea difensiva per includere il quartiere adrianeo. Nonostante questi provvedimenti, il violento attacco degli Eruli portò alla distruzione di A., che venne saccheggiata e incendiata nel 267 d.C.
Notizie di scoperte, relazioni di scavo e contributi sulla topografia della città sono reperibili nei volumi della serie Kerameikos, The Athenian Agorà e in numerose riviste, principalmente in: AA, ADelt, AEphem, AM, AntK, ASAtene, AJA, AW, BCH, BSA, Hesperia, JdI, JHS.
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