La genesi e lo sviluppo della civilta greca. Corinzia
di Luigi Caliò
Per Corinzia si intende la regione nord-orientale dell’Argolide, di cui Pausania sostiene essere parte, che comprendeva la zona immediatamente a nord dell’istmo, il Golfo Saronico e la parte orientale del Golfo di Corinto. A nord dell’istmo il territorio si estendeva per tutto il promontorio di Perachora, includendo le montagne dell’interno e nella costa saronica fino al monte Gerania, che segnava il confine con il territorio di Megara. La costa settentrionale della Corinzia si affacciava sul Golfo di Corinto fino al fiume Nemea, che segnava il confine con la regione di Sicione. A sud la regione confinava con il territorio di Argo. Al centro di quest’area l’intera regione è dominata dal picco dell’Acrocorinto, ai piedi del quale si trovava la capitale Corinto che era collegata ai due golfi dai porti di Kenchreai e di Lechaion, mentre nella Corinzia occidentale la cima più imponente era quella del Monte Apesas, odierno Phoukas; oltre ai centri nominati, nella regione si trovavano alcuni nuclei urbani di una certa consistenza, il più importante dei quali è Tenea, ma dalle fonti si conoscono almeno 37 toponimi che possono essere riferiti a centri urbani o a luoghi fortificati.
In periodo storico, l’intera regione gode di un’economia stabile che si basa sull’agricoltura e sulle imprese commerciali e industriali della capitale, sul controllo dell’istmo. Quest’ultimo fin da periodo miceneo era un’importantissima area strategica, soprattutto per la difesa del Peloponneso, e commerciale. La zona è stata occupata fin dall’Antico Elladico, epoca in cui si datano alcune strutture abitative, e successivamente fortificata, nel XIII sec. a.C., mediante un muro che doveva congiungere i due golfi; un secondo muro è stato in seguito edificato nel 480 a.C., finito nell’anno successivo e poi ricostruito in periodo ellenistico, nel 279 a.C., per opera della guarnigione di Antigono Gonata a Corinto. Altre fasi della fortificazione possono essere datate in periodo romano e tardoantico.
L’istmo, largo poco meno di 40 stadi (7,1 km), era attraversato da una strada pavimentata (Diolchos) mediante la quale le navi potevano superare la lingua di terra che separava il Golfo di Corinto da quello Saronico; quest’installazione probabilmente risale alla tirannide di Periandro e mostra successivi segni di riparazione e di manutenzione almeno fino al IV sec. a.C. anche se rimase in uso ancora a lungo dato che le fonti riferiscono come nell’883 d.C. fu utilizzato dalla flotta di Niceta Oriphas. Accanto alla costruzione del Diolchos si conoscono numerosi tentativi di scavare già in antico un canale che attraversasse l’istmo: Diogene Laerzio ci informa di un primo tentativo, o perlomeno dell’intenzione, da parte dello stesso Periandro. Altri progetti furono fatti studiare da Demetrio Poliorcete (che ne aveva affidato lo studio a Eratostene), Giulio Cesare, Caligola, Nerone, che partecipò personalmente al progetto durante la sua visita in Grecia (66/7 d.C.). Rimangono ancora forti tracce archeologiche dei lavori iniziati da Nerone, che tuttavia si interruppero poco dopo sotto Vespasiano.
Il porto più famoso sul Golfo Saronico era Kenchreai che, attivo a partire dal tardo arcaismo, mantenne la sua importanza per tutto il periodo imperiale ed era collegato tramite vie terrestri con Corinto e con il santuario di Isthmia. Gli scavi nel porto hanno portato alla luce i resti del tempio di Iside menzionato da Pausania e da Apuleio, che vi ambienta l’epilogo delle Metamorfosi; dall’Iseion, che alla fine del IV sec. d.C. fu trasformato in chiesa cristiana, proviene un’importante collezione di pannelli di opus sectile di vetro, con rappresentazioni di panorami nilotici e architettonici e diversi ritratti tra cui spiccano quelli di Omero e di Platone, conservata in un piccolo museo locale.
Sul Golfo di Corinto si trovava il porto di Lechaion, menzionato per la prima volta in un frammento di Simonide che ricorda che Medea aveva regnato su Corinto e Lechaion; sempre nel porto corinzio è ambientato il banchetto dei sette sapienti dello Pseudo-Plutarco. Probabilmente la fondazione di un porto importante a Lechaion si deve all’azione dei Bacchiadi, anche se la costa probabilmente serviva come luogo di approdo fin dalla preistoria. Il porto, che doveva accogliere la flotta militare, fu collegato a Corinto mediante delle Lunghe Mura intorno al 394 a.C. Il porto è stato scarsamente indagato anche se a ovest della zona portuale è stata rinvenuta una basilica cristiana di dimensioni eccezionali che si data alla metà del V secolo, mentre a sud-est del porto è stato rinvenuto un ninfeo romano di età imperiale.
Più problematica è l’individuazione di altri siti importanti della regione, come Tenea, che fu il luogo di residenza di Edipo dopo l’adozione da parte di Polibo, re di Corinto, e i cui abitanti parteciparono numerosi alla fondazione della colonia di Siracusa, che si trovava nella Corinzia centro-meridionale (forse identificabile con i resti antichi che si trovano presso Klenia), o come il sito di Coronia che Stefano di Bisanzio chiama “la seconda città del Peloponneso” e che si deve trovare nella Corinzia occidentale, presso il fiume Nemea, o ancora Orneae, citata in Omero, che secondo Strabone si trovava tra Corinto e Sicione. Altri siti hanno lasciato interessanti tracce archeologiche come la piccola città fortificata di Haghia Paraskevì, nella Corinzia sud-occidentale, che conserva tracce del circuito murario e delle torri, e che ha una continuità di vita tra il periodo classico e l’età imperiale; la città che sorgeva sul sito di Haghios Charalambos, sempre nella Corinzia occidentale, di dimensioni più importanti e con tracce di continuità tra il periodo arcaico e il tardo impero e, nella costa di Perachora, il sito di Asprokambos, dove sorgeva una città di periodo arcaico e classico.
Il santuario più importante presente nell’area è quello di Poseidone sull’istmo, sede di feste panelleniche e di giochi atletici, di cui rimangono i resti del tempio di Poseidone e di quello di Palemone, insieme con il teatro, lo stadio e alcune grotte cultuali. Il complesso era piuttosto ampio come fa intuire il testo dell’iscrizione di Licinio Prisco in cui sono ricordati diversi edifici e culti che la ricerca archeologica ancora non ha individuato.
A nord dell’istmo, sulla punta occidentale della Corinzia si trovava il santuario di Hera a Perachora, sede di un oracolo, scavato da H. Payne negli anni Trenta del XX secolo. Il santuario aveva due luoghi di culto, uno dedicato a Hera Akraia, che si trovava presso il mare intorno a una piccola insenatura della costa, e uno più in alto rispetto al livello del mare, dedicato a Hera Limenia. L’area su cui sorgono i due santuari ha restituito diverse rovine di edifici che sono stati interpretati come resti della città portuale che faceva capo al porto situato nella piccola baia; in realtà sembra poco probabile che in antico la baia potesse essere navigabile e recentemente è stata avanzata l’ipotesi che l’intera area si riferisse a un solo santuario dedicato a Hera Akraia e che gli edifici e le installazioni idriche rinvenuti non si potessero riferire a un agglomerato urbano quanto piuttosto alle strutture di accoglienza del santuario nel caso di pericolo per i residenti nel territorio, come sembra sottintendere il racconto di Senofonte del saccheggio di Agesilao (HG, IV, 5).
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di Charles Kaufmann Williams II
Antica città (gr. Kόρινϑος; lat. Corinthus) situata 2,5 km circa a sud del golfo omonimo, a sud-ovest dell’istmo che collega il Peloponneso alla Grecia continentale. Controllava la sponda orientale dell’istmo e l’accesso al Golfo Saronico mediante la città di Kenchreai e la sua baia; lo sbocco sul mare verso occidente era garantito dal porto del Lechaion sul Golfo di C., subito a nord della città. Questo secondo approdo era collegato a C. mediante un sistema di mura di fortificazione, erette probabilmente nella seconda metà del V sec. a.C.
Da un punto di vista archeologico è agevole dividere la storia della città in periodi ben definiti. Il primo periodo va dal Neolitico antico all’Antico Elladico III. Con ogni probabilità nell’Antico Elladico III la popolazione locale abbandonò il luogo a favore di Korakou, un insediamento posto su un promontorio nel Golfo di C. Nel Tardo Elladico IIIC, Korakou venne a sua volta abbandonato a favore di un nuovo centro ai piedi dell’Acrocorinto. I resti archeologici della città testimoniano una continua espansione di C. a partire dal Geometrico antico fino al 146 a.C., quando il sacco della città, a opera di L. Mummio, segnò l’inizio di un periodo di occupazione che si concluse solo nel 44 a.C. con la rifondazione, da parte di Giulio Cesare, della città come Colonia Laus Julia Corinthiensis; a questa fase seguirono ulteriori interventi da parte di Ottaviano. Come capitale della provincia romana C. conobbe un periodo di nuova prosperità, interrotta, come sembra, dall’invasione degli Eruli del 267/8 d.C., nonché da uno o da entrambi i terremoti che investirono la zona nel 365 e nel 375 d.C.; la calata di Alarico e dei Goti nel 395/6 d.C. e, forse, un ulteriore sisma contribuirono vieppiù al declino della città. La chiusura dei templi voluta da Teodosio nel 396 d.C. probabilmente accelerò il processo di abbandono e di demolizione degli edifici pagani, inaugurando peraltro una nuova fase nello sviluppo della città, che divenne un importante centro cristiano e sede di una diocesi. I dati archeologici avvalorano l’ipotesi di una continuità di occupazione del sito dalla fine del V sec. a.C. fino al 530 d.C. circa.
Più labili sono invece le testimonianze, rappresentate soprattutto da reperti provenienti da tombe, circa la vita della città bassa nella prima metà del VII sec. d.C. I resti archeologici si fanno più consistenti per quanto riguarda l’VIII sec. d.C. durante il quale, sotto il controllo bizantino, C. dovette conoscere un momento di ripresa, che però si interruppe nel 1147 con il sacco di Ruggero di Sicilia. Alla caduta dell’Acrocorinto, nel 1210, seguì la conquista di C. da parte dei Franchi, avvenuta nel corso della quarta Crociata; infine, dopo un nuovo sacco della città a opera dei Catalani nel 1312, ebbe inizio il processo di disgregazione urbana di C. I Bizantini divennero signori del territorio di C. nel XIV secolo inoltrato, con l’eccezione, alla fine del medesimo secolo, di un breve periodo di dominio dei Cavalieri di s. Giovanni. Dopo numerosi assalti ed episodi di saccheggio dell’area della città, nel 1458 i Turchi conquistarono C. e la tennero pressoché ininterrottamente fino alla guerra di indipendenza, con l’eccezione del periodo di occupazione veneziana della Morea, tra il 1687 e il 1715.
Il materiale preistorico, databile tra il Neolitico antico e l’Antico Elladico II, proviene dall’area della cosiddetta Collina del Tempio; reperti dell’Antico Elladico sono peraltro stati rinvenuti anche presso il ginnasio romano e presso l’Heliotomylos, al margine della pianura costiera, sul lato settentrionale della città di età classica. Ancora per quanto riguarda il rinvenimento di materiali, sembrerebbe esservi uno iato tra l’Antico Elladico II e il Tardo Elladico IIIC, benché siano stati rinvenuti alcuni resti sparsi databili in tale periodo. Una fattoria, probabilmente di epoca micenea, è stata scavata sul versante nord dell’Acrocorinto nell’area che fu successivamente occupata dal santuario di Demetra e Kore.
La fase più antica di occupazione, per quanto riguarda l’età del Ferro, è testimoniata dai resti di un’abitazione rinvenuti nella zona successivamente occupata dal Tempio E, mentre a un’epoca solo di poco più tarda appartengono altre abitazioni, pozzi e tombe presenti nella valle dove sorgerà il foro di età romana. L’uso di seppellire i defunti intorno alle abitazioni ebbe comunque fine, in quest’area, verso la metà dell’VIII sec. a.C.; la necropoli settentrionale nella pianura costiera a nord di C. divenne allora la principale area sepolcrale. Sembra che in età arcaica e classica l’area della valle sia stata destinata a celebrazioni festive e cultuali; infatti nel corso del tempo vi sorsero diversi santuari e venne costruita una pista per gare. Non sembra vi fossero stoài anteriormente al 330 a.C., anno della costruzione della stoà meridionale, ora definitivamente riconosciuta come una struttura eretta da Filippo di Macedonia per ospitare i visitatori ufficiali dei Giochi Istmici. È comunque possibile considerare tale monumento come una canonica stoà commerciale a due piani. In questa zona non sono ancora stati identificati edifici civili, quali tholoi o tribunali, così come non sono attestate iscrizioni civili di età preromana: quelle rinvenute, infatti, provengono da monumenti eretti per celebrare vittorie, o sono dediche a divinità. Un cippo di delimitazione dell’area (horos) che reca inscritto un divieto è stato rinvenuto in situ presso uno degli ingressi della Fonte Sacra; questa struttura comprende un grande temenos con acqua sacrale e un edificio absidato utilizzato forse per le abluzioni rituali o per alloggiarvi un oracolo. Un heroon ipetrale racchiuso da mura in pietra sorge sul versante meridionale della pista, sul lato opposto rispetto alla Fonte Sacra. Un secondo santuario all’aperto e circondato da mura è addossato sull’estremità occidentale della stoà meridionale. La sua forma attuale è dovuta al fatto che la costruzione della stoà lo ha diviso in due. La mancanza nella valle sia di strutture architettoniche sia di iscrizioni civili, nonché di templi dedicati alle divinità olimpiche sembra infirmare l’opinione consolidata secondo la quale l’agorà di C. in età classica doveva trovarsi in corrispondenza del foro di epoca romana, a un livello immediatamente inferiore rispetto a quest’ultimo. È da ritenersi invece che quest’area avesse funzioni commerciali e cultuali. Future indagini potrebbero portare alla localizzazione dell’antica agorà a nord, o a nord-est della cosiddetta Collina del Tempio.
La Collina del Tempio, nome moderno assegnato all’altura che si erge sul versante nord della valle del foro, è segnata da un temenos dedicato ad Apollo. Il tempio vero e proprio presentava un peristilio di 6 x 15 colonne, sette delle quali, monolitiche, si conservano tuttora. L’edificio venne eretto intorno al 550-540 a.C. in sostituzione di un tempio più antico, realizzato in pietra e con copertura a tegole. Eretto nel 680 a.C., quest’ultimo rappresenta al momento l’esempio più antico di tempio in pietra dell’età arcaica in Grecia. Sul versante orientale del crinale, dove la valle della via del Lechaion si eleva verso la zona in seguito occupata dal foro, è presente una struttura di V sec. a.C., sul lato est della quale venne aggiunto nel IV sec. a.C. un colonnato, noto come Edificio Nord; in età augustea vi venne sovrapposta una grande basilica.
Sul lato orientale della valle, quasi di fronte all’Edificio Nord, è la fonte nota come “fontana Peirene”, alimentata da due lunghi canali sotterranei; quello occidentale, in direzione sud-ovest, passa sotto il lato occidentale della stoà meridionale. Ricavata nel crinale a ovest del temenos di Apollo è la fontana Glauke. Sul lato settentrionale del crinale, più in basso rispetto alla fontana Glauke, è il teatro di età classica. Questo venne ricostruito nelle prime fasi della colonizzazione romana; successive fasi di restauro e ricostruzione, che comportarono l’aggiunta di una scena a tre piani decorata con metope scolpite, si ebbero alla fine del regno di Adriano o poco più tardi. A questa struttura vennero in seguito apportate ulteriori modifiche per consentire di praticarvi la caccia alla selvaggina e spettacoli acquatici.
Scavi condotti fuori dal centro di C. hanno restituito materiali del I millennio a.C., mentre indagini condotte in alcuni settori di un quartiere di vasai nel limite occidentale della città hanno portato alla luce un gruppo di tombe del tardo Geometrico, depositi di ceramica, piccoli santuari e resti di architetture domestiche databili tra il Protocorinzio e la fine del IV sec. a.C. Il complesso edilizio in miglior stato di conservazione è una bottega di coroplasta, la quale venne però alterata in occasione della costruzione della cinta muraria di IV sec. a.C. che ne attraversò il fianco occidentale. Sul limite settentrionale della città sorge un Asklepieion, che sovrasta la pianura costiera. Il santuario si compone di una corte con stoài, un piccolo tempio prostilo e un altare di forma allungata; nel santuario è stato rinvenuto un singolare deposito votivo formato da riproduzioni in terracotta di parti anatomiche a grandezza naturale, quali braccia, gambe, torsi e altro, databile tra la fine del V e l’inizio del IV sec. a.C. Adiacente al lato occidentale del santuario è una corte con fontane, cisterne e ambienti per banchetto a cui si accede mediante una rampa che discende lungo il lato sud del cortile del tempio. Tale zona è stata identificata con quella della fontana Lerna menzionata da Pausania (II, 4, 5); un secondo cortile con criptoportici e strutture termali si trova a ovest dell’Asklepieion; quest’area, pubblicata come Fontana delle Lucerne, potrebbe anch’essa essere indicata per la localizzazione della Lerna.
Sul versante settentrionale dell’Acrocorinto un solo santuario di età classica è stato finora scavato e identificato. Si tratta di un tempio con due terrazze dedicato a Demetra e Kore, menzionato anche da Pausania (II, 4, 7). Eretto nel periodo protocorinzio, come sembra lecito sostenere sulla base della ceramica votiva ivi rinvenuta (benché ve ne sia anche una limitata quantità di epoca anteriore), l’edificio si è conservato fino alla seconda metà del IV sec. d.C. La caratteristica più notevole del santuario è rappresentata dal fatto che il livello inferiore è interamente composto da un considerevole numero di ambienti per banchetto disposti su file, rimasti in uso fino al 146 a.C.; nella fase romana del santuario non sembrano esservi simili strutture destinate alla refezione. Il punto più elevato dell’Acrocorinto venne riservato al santuario di Afrodite Hoplismene; alcuni tagli nella roccia sono peraltro tutto quello che resta di tale edificio. Un’idea della forma del tempio in età romana e della relativa statua di culto può desumersi dalle rappresentazioni sulle monete; inoltre la statua è riprodotta in un affresco, databile tra il II e il III sec. d.C., che decorava una casa romana a est del teatro.
In età romana vennero reimpiegati molti santuari della città; tra questi, oltre a quelli di Afrodite e di Demetra e Kore sull’Acrocorinto, sono da ricordare il tempio di Apollo e il santuario di Asclepio nella città bassa. Nonostante i santuari siano stati restaurati sul luogo dove sorgevano in origine, gli aspetti rituali e cultuali subirono probabilmente dei cambiamenti. Da un punto di vista architettonico e urbanistico, C. come colonia romana si differenziò nettamente dalla città di età greca. I Romani vi applicarono la centuriazione, trasformando la via del Lechaion in cardo maximus. All’ingresso del foro, la strada, pavimentata e colonnata, venne coronata da un arco con rilievi scultorei commemorativi. L’estremità occidentale del foro venne delimitata da sette templi e da un monoptero. Due di questi templi (con ogni probabilità dedicati entrambi a Commodo) furono costruiti sul luogo di una fontana più antica dedicata a Posidone; tale particolarità topografica è riportata anche da Pausania (II, 2, 8). Sul foro si affacciavano tre basiliche: la prima, che si sovrapponeva all’Edificio Nord preromano, venne eretta in età augustea; la seconda venne edificata poco tempo dopo; la terza, gemella della seconda, è probabilmente databile all’età neroniana. Al centro del foro era l’elaborata struttura dei rostra, su entrambi i lati della quale si diramavano diversi ambienti, botteghe o uffici; la linea formata dalla successione di queste costruzioni divideva il foro in due livelli: uno superiore e uno inferiore. Quasi ogni tempio edificato in età romana si ergeva su un podio, secondo la maniera italica; il maggiore esempio in tal senso è rappresentato dalla seconda fase del Tempio E. L’esatta identificazione dell’edificio è però dibattuta; è incerto se fosse dedicato alla Triade Capitolina, o al culto imperiale.
Nella città numerose erano le terme; una, di grandi dimensioni e forse di epoca imperiale, si trovava sul lato orientale della via del Lechaion, un’altra sul versante opposto della stessa via, subito a nord del teatro. Resti di altre grandi strutture termali sono nel quartiere sud-occidentale della città, mentre sembra che nel quartiere sud-orientale sorgessero grandi complessi abitativi, alcuni dei quali decorati con elaborati mosaici pavimentali. Almeno una di queste abitazioni era dotata di terme private. Probabilmente la realizzazione di tali strutture fu resa possibile dalla costruzione dell’acquedotto adrianeo che adduceva le acque del lago Stymphalos.
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di William D. E. Coulson
Località (gr. ῎Ισϑμια) posta a sud dell’Istmo di Corinto che lega la Grecia centrale con il Peloponneso.
Oggi, un canale moderno (1881-93) unisce il Golfo di Corinto (a ovest) al Golfo Saronico (a est). Nell’antichità ci furono numerosi tentativi di scavare il canale, il più importante dei quali è stato quello dell’imperatore Nerone nel 67 d.C. In periodo tardo miceneo un muro ciclopico fu costruito a sud dell’Istmo di Corinto per la protezione del Peloponneso. Nel 410-420 d.C., leggermente a nord delle fortificazioni micenee, fu eretto un secondo monumentale muro di difesa con torri, l’Examilion, e una fortezza, con l’impiego di diversi elementi architettonici che provenivano dal vicino santuario di Poseidone, che si ergeva immediatamente a sud-est della fortezza. Questo monumento rappresentava il maggior santuario extraurbano dell’antica Corinto. Tra il 1952 e il 1967 è stato oggetto degli scavi della missione dell’Università di Chicago, sotto la direzione di O. Broneer; recenti indagini sono invece quelle condotte da una seconda missione diretta da E. Gebhard. A partire dal 582, anno di istituzione delle gare, nel santuario venivano tenuti giochi biennali, i celebri Giochi Istmici. Questi giochi, che costituivano una delle quattro feste panelleniche, furono i secondi a essere istituiti dopo quelli olimpici e da questi derivarono l’inclusione di gare sia atletiche sia musicali. Il santuario fu in uso a partire dal IX sec. a.C., come attestano diverse offerte votive.
Intorno al VII sec. a.C. fu eretto il primo tempio con muri di mattoni crudi che insistevano su un basamento di pietra. La cella era divisa in due parti per mezzo di un colonnato di legno e consacrata a Posidone e alla sua consorte Amphitrite. Appartengono a questa fase cronologica alcune trincee di fondazione, diverse tegole del tetto e un monumentale perirrhanterion in marmo (alto 1,26 m) sorretto da statue di korai. A est si trovava l’altare, a pianta rettangolare allungata (40 x 2 m). Il tempio arcaico fu distrutto da un incendio nel 470-460 a.C. e al suo posto venne costruito in poros un nuovo tempio dorico periptero (6 x 13 colonne). Tale nuovo edificio si colloca in un momento pressoché contemporaneo a quello del tempio di Zeus a Olimpia, al quale infatti si rifà come modello. Anche questo secondo tempio fu distrutto dal fuoco nel 390 a.C., ma fu successivamente restaurato nel IV sec. a.C. e in epoca romana. Nel II sec. d.C. fu costruito intorno al tempio un nuovo, monumentale temenos, con stoà all’interno e un propylon a sud-est.
Il teatro, posto nell’area nord-est del santuario, ha diverse fasi costruttive che si datano tra il IV sec. a.C. e l’epoca romana. A sud-est del santuario è stato rinvenuto uno stadio, in uso durante il periodo arcaico e nel primo periodo classico. Le 16 porte di partenza erano di forma complessa: basate forse su una soglia triangolare, esse erano inquadrate da stipiti verticali lignei, che definivano anche la larghezza delle corsie, e chiuse da barre orizzontali. Queste erano manovrate direttamente dal mossiere che dalla sua fossa, per mezzo di corde che scorrevano entro canali collegati alla soglia, poteva farle cadere simultaneamente aprendo così le porte ai corridori. Lo stadio venne successivamente spostato verso sud-est. Secondo il principale mito di fondazione, i Giochi Istmici furono instaurati da Sisifo, il mitico fondatore di Corinto, come giochi funerari in onore di Melikertes/Palaimon, l’eroe infante affogato presso l’Istmo di Corinto e seppellito dallo stesso Sisifo. Il tempio a lui dedicato dai Romani, il Palaimonion, si erge entro un recinto che ricopre parzialmente la partenza dello stadio più antico ed era composto da un podio con accesso sotterraneo e da un monoptero. Il podio trovava impiego per il giuramento degli atleti e degli ufficiali prima dei giochi; il monoptero conteneva una statua raffigurante il corpo di Melikertes/Palaimon trasportato da un delfino.
In generale:
L. Guerrini, s.v. Isthmia, in EAA, IV, 1961, pp. 246-48 (con bibl. prec.).
O. Broneer, s.v. Isthmia, in EAA, Suppl. 1970, 1973, pp. 379-82.
Id., s.v. Isthmus of Corinth, in PECS, 1976, pp. 418-19.
S. Lauffer, s.v. Isthmus, in Griechenland. Lexicon der historischen Stätten, München 1989, pp. 280-81.
Per i risultati degli scavi effettuati dalla American School of Classical Studies at Athens:
O. Broneer, Isthmia, I. Temple of Poseidon, Princeton 1971.
Id., Isthmia, II. Topography and Architecture, Princeton 1973.
Id., Isthmia, III. Terracotta Lamps, Princeton 1977.
M.C. Sturgeon, Isthmia, IV. Sculpture, 1. 1952-1967, Princeton 1987.
T.E. Gregory, Isthmia, V. The Hexamilion and the Fortress, Princeton 1993.
S. Lattimore, Isthmia, VI. Sculpture, 2. Marble Sculpture, 1967-1980, Princeton 1996.
I.K. Raubitschek, Isthmia, VII. The Metal Objects, 1952-1989, Princeton 1998.
C. Morgan, Isthmia, VIII. The Late Bronze Age Settlement and Early Iron Age Sanctuary, Princeton 1999.
Per quelli dell’Università di Chicago:
E.R. Gebhard - F.P. Hemans, University of Chicago Excavations at Isthmia, 1989, in Hesperia, 61 (1992), pp. 1-77.
E.R. Gebhard - F.P. Hemans, University of Chicago Excavations at Isthmia, 2, ibid., 67 (1998), pp. 1-63.
E.R. Gebhard -F.P. Hemans - J.W. Hayes, University of Chicago Excavations at Isthmia, 1989, 3, ibid., pp. 405-56.
Su aspetti particolari:
E.R. Gebhard, The Theater at Isthmia, Chicago 1973.
F.P. Hemans, The Archaic Roof Tiles at Isthmia, in Hesperia, 58 (1989), pp. 251-66.
E.R. Gebhard, The Early Stadium at Isthmia and the Founding of the Isthmian Games, in W. Coulson - H. Kyrieleis (edd.), Proceedings of an International Symposium on the Olympic Games (Athens, 5-9 September 1988), Athens 1992.
C. Morgan, The Evolution of a Sacral Landscape. Isthmia, Perachora, and the Early Corinthian State, in R. Osborne - S.E. Alcock (edd.), Placing the Gods. Sanctuaries and Sacred Space in Ancient Greece, Oxford 1994, pp. 105-42.
T.E. Gregory, The Roman Bath at Isthmia. Preliminary Report 1972-1992, in Hesperia, 64 (1995), pp. 279-313.
P.N. Kardulias, Architecture, Energy, and Social Evolution at Isthmia, Greece, Some Thoughts about Late Antiquity in the Korinthia, in JMedA, 8, (1995), pp. 33-59.
W. Werner, The Largest Ship Trackway in Ancient Times. The Diolkos of the Isthmus of Corinth, Greece, and Early Attempts to Build a Canal, in IntJNautA, 26 (1997), pp. 98-117.
P. Marchetti, Le nymphée d’Argos, le Palémonion de l’Isthme et l’agora de Corinthe, in Αργος και Αργολιδα. Τοπογραφια και πολεοδομια. Πρακτικα Διεθνους Συνεδριον (Αθηνα -Αργος, 28.4. - 1.5.1990). Argos et l’Argolide. Topographie et urbanisme. Actes de la table ronde internationale (Athènes - Argos, 28.4. 1.5.1990), Paris 1998, pp. 357-72.
M. Piérart, Panthéon et hellénisation dans la colonie romaine de Corinthe. La redécouverte du culte de Palaimon à l’Isthme, in Kernos, 11 (1998), pp. 85-109.
E.R. Gebhard, The Archaic Temple at Isthmia. Techniques of Construction, in Archaische griechische Tempel und Altägypten, Wien 2001, pp. 41-46.